Discorso dell’Ambasciatore degli Stati Uniti John Phillips
“L’America Decide” – Maratona Election Night
The Westin Excelsior, Roma
Martedì 8 novembre 2016
(traduzione di cortesia)
Benvenuti a “L’America Decide”, l’appuntamento elettorale che vede circa 134 milioni di americani al voto per decidere chi si insedierà alla Casa Bianca per i prossimi quattro anni e quali partiti politici controlleranno la Camera dei Rappresentanti ed il Senato degli Stati Uniti.
Comunque vada, di una cosa possiamo essere certi: queste elezioni cambieranno la storia come mai fino ad ora.
Prima di condividere con voi alcuni pensieri su queste elezioni, vi prego di unirvi a me in un grande applauso per gli sponsor di questa serata, i cui nomi potete vedere sui poster e sugli schermi televisivi.
Siamo a tre ore dalla chiusura dei seggi sulla East Coast e a sei ore per la West Coast.
Abbiamo davanti a noi una lunga notte ma la serata sarà densa di aggiornamenti e approfondimenti. Preparatevi a fare un giro sull’ottovolante.
Da un lato è giusto restare svegli tutta la notte per seguire i risultati. Questo perché la campagna elettorale ha portato ansiosi cittadini americani a perdere il sonno per settimane, se non mesi. Social media, tweet alle 3 del mattino, email violate si sono solo aggiunte allo stress.
Mai a mia memoria si ricordano elezioni con due candidati su posizioni nettamente diverse in merito al ruolo dell’America nel mondo. Se le elezioni del 2008 e del 2012 si sono caratterizzate per slogan come “Hope” e “Yes We Can”, quelle del 2016 si possono riassumere con le espressioni “Fear” e “No, You Can’t”.
Come è possibile che la politica americana sia arrivata fino a questo punto? Lasciate che vi offra qualche spunto di riflessione.
Il Presidente Barack Obama si è insediato sull’onda di aspettative elevate. Ha raggiunto molti traguardi: la riforma del sistema sanitario, che ha garantito copertura sanitaria a 20 milioni di americani che non erano assicurati, la creazione di 15,5 milioni di posti di lavoro nel settore privato, un accordo sui cambiamenti climatici, la normalizzazione delle relazioni con Cuba, l’accordo sul nucleare iraniano. Ma soprattutto, all’inizio del suo mandato, un pacchetto di stimolo economico da 1000 miliardi che ha salvato l’economia americana che era in caduta libera.
Ma un sistema politico americano disfunzionale ha impedito al Presidente Obama di attuare molte delle sue promesse elettorali. I suoi oppositori politici hanno bloccato la macchina del governo, si sono rifiutati di approvare le leggi di bilancio e hanno impedito che le nomine di giudici fossero votate in Senato. Il compromesso è stato visto come una debolezza, e l’ostruzionismo e’ diventato la regola.
La conseguenza? Molti elettori hanno espresso la loro frustrazione per lo stallo politico e hanno smesso di fidarsi di un sistema che ritengono non funzioni più. Queste elezioni cosi’ amaramente contestate sono un sottoprodotto di tutto questo.
Nonostante tutto, rimango ottimista sul potere di ripresa dell’America. L’esperienza mi ha portato a fidarmi della buona fede e del buon senso del popolo americano. In tanti modi, l’entusiasmo con cui i cittadini americani vogliono portare a termine queste elezioni estenuanti è un chiaro segno del loro desiderio di andare avanti in un modo positivo e costruttivo.
La California, dove ho svolto gran parte della mia carriera, offre un esempio significativo dell’impatto positivo di una riforma strutturale. Agli inizi degli anni 2000, la California era considerata da molti un “failed state”, con deficit di spesa crescenti, incapacità di pagare i debiti e il più basso tasso di credito di qualunque altro Stato dell’Unione. Per disperazione, gli elettori si sono rivolti ad Arnold Schwarzenegger per essere salvati, proprio come nei film. Ma neanche Terminator ce l’ha fatta.
La salvezza della California non è arrivata con le sembianze di un politico ma grazie ad un processo innovativo adottato dagli elettori. Attraverso una serie di referendum di iniziativa popolare, la California ha attuato importanti riforme elettorali e legislative, compresi aumenti della pressione fiscale. Tali cambiamenti hanno garantito trasparenza e accountability.
Il risultato è che la California ha prosperato, diventando la sesta economia più importante al mondo, superando anche l’Italia. I californiani hanno iniziato a vedere il governo come uno strumento per unire invece che dividere. Repubblicani e democratici oggi lavorano insieme.
Questo è stato un fattore chiave nella svolta.
La California potrebbe dunque essere considerata un apripista per la nazione e per altri paesi.
Uno dei punti di forza dell’America è la sua storia di nazione di immigrati. Chiunque in America viene da un altro posto, compreso me. I miei nonni italiani si sono trasferiti negli Stati Uniti a cavallo del secolo scorso. L’America ha beneficiato degli spiriti più talentuosi, coraggiosi ed imprenditoriali.
Un’ultima riflessione. Mentre seguite i risultati stasera, prestate attenzione agli approfondimenti sui voti degli immigrati. Il voto anticipato mostra elevati livelli di partecipazione tra questi nuovi americani, specialmente tra di quelli di origine ispanica. Un’affluenza alta alle urne può essere decisiva in stati chiave, come la Florida, la Pennsylvania, l’Arizona e il Nevada.
Non sarebbe un bel finale se i sognatori americani, i nostri nuovi concittadini immigrati, si rivelassero un catalizzatore in grado di far riacquistare la nostra fiducia e quella del mondo, nel sogno americano?
Vi ringrazio per esser con noi in quella che ritengo sia una delle giornate più importanti per il nostro paese. Che l’America scelga con saggezza!