13 aprile 2016
Rapporto sul rispetto dei diritti umani – Italia
(available in English)
SINTESI
La Repubblica italiana è una democrazia multipartitica, con un Parlamento bicamerale composto dalla Camera dei deputati e dal Senato. La Costituzione attribuisce il potere esecutivo al Consiglio dei ministri, guidato dal presidente del consiglio. Il presidente della Repubblica, che è il capo dello Stato, nomina il presidente del consiglio dopo un giro di consultazioni con i leader di tutti i partiti politici rappresentati in Parlamento. Gli osservatori internazionali hanno giudicato le elezioni parlamentari nazionali del 2013 libere e corrette. Le autorità civili esercitano un controllo effettivo sulle forze di sicurezza.
Nel corso dell’anno, un’ondata di migranti e rifugiati ha messo il Governo nell’impossibilità di pronunciarsi tempestivamente sulle richieste di asilo. I migranti e i profughi vivono per periodi prolungato in strutture spesso inadeguate o di qualità scadente e sono esposti al rischio di lavoro forzato e altri abusi; tale rischio è particolarmente elevato per i minori non accompagnati. I ritardi del sistema giudiziario in molti casi si sono tradotti in una mancata giustizia, sia per gli innocenti che per i colpevoli. La corruzione rimane un problema rilevante.
Fra gli altri problemi legati ai diritti umani figurano: l’uso eccessivo e improprio della forza da parte delle forze dell’ordine, il sovraffollamento carcerario e la detenzione di persone in attesa di giudizio nelle stesse strutture dove sono detenuti criminali condannati con sentenza definitiva, gli abusi sessuali ai danni dei bambini e gli atti vandalici antisemiti. Esiste il problema del traffico di persone finalizzato allo sfruttamento sessuale e lavorativo. Sono stati registrati casi di discriminazione contro persone disabili. I pregiudizi diffusi nella società e le politiche messe in atto da alcune amministrazioni comunali hanno reso possibili maltrattamenti ai danni di minoranze, fra cui i rom, aggravando la loro esclusione sociale e limitandone l’accesso all’istruzione, alle cure mediche, all’impiego e ad altri servizi sociali. Alcuni osservatori hanno riportato anche casi di violenze contro persone lesbiche, gay, bisessuali, transgender e intersessuali e discriminazioni basate sull’orientamento sessuale nelle scuole e nei luoghi di lavoro. Rappresentano un problema, in particolare nel settore dei servizi e nella regione agricola del Sud Italia, anche il lavoro forzato, lo sfruttamento della manodopera e il lavoro minorile.
Lo Stato indaga, persegue penalmente e punisce i funzionari pubblici che commettono reati e abusi, sia all’interno delle forze dell’ordine che in altre aree dell’amministrazione pubblica. Sono stati registrati alcuni casi di impunità.
Sezione 1. Rispetto dell’integrità della persona, inclusa la garanzia di non incorrere in:
a. Esecuzioni arbitrarie o illegali
Sono stati registrati casi di uccisioni arbitrarie o illegali commesse da esponenti delle forze dell’ordine. Il 29 luglio, a Padova, un carabiniere ha sparato a Mauro Guerra uccidendolo: Guerra soffriva di un disturbo psicologico e aveva manifestato un comportamento aggressivo; i suoi genitori avevano richiesto l’assistenza delle forze dell’ordine, da cui Guerra stava fuggendo nel momento in cui ha aggredito un agente.
b. Sparizioni
Non sono stati registrati casi di sparizioni legate a ragioni politiche.
c. Torture e altri trattamenti o punizioni crudeli, inumani o degradanti
La Costituzione e la legge vietano pratiche di questo genere. Organizzazioni non governative e organizzazioni internazionali hanno richiamato l’attenzione sulla mancanza, nel sistema giudiziario italiano, di una legge che renda la tortura un reato penale. In base alla legge esistente, si può procedere penalmente per tortura solo se la vittima si fa avanti per denunciare l’aggressione.
Sono stati registrati casi sporadici in cui le forze dell’ordine hanno fatto un uso eccessivo della forza nei confronti di individui, specialmente immigrati, arrestati per reati comuni o nel corso di controlli dei documenti. L’8 maggio, a Roma, un giudice ha condannato gli agenti di polizia Guido Faggiani, Adriano Cramerotti, Andrea Serrao e Roberto Marinelli a 5 anni di carcere e all’interdizione perpetua dai pubblici uffici per abuso di potere e lesioni gravi ai danni di Stefano Gugliotta nel 2010, nonché a pagare un risarcimento di 100.000 euro per calunnia e per aver falsificato il verbale di arresto. Nel giugno 2014, un giudice aveva già condannato in primo grado i quattro agenti a 4 anni di carcere e a un risarcimento di 40.000 euro.
Condizioni delle prigioni e delle strutture detentive
Le condizioni delle prigioni e delle strutture detentive nella maggior parte dei casi rispettano i parametri internazionali, ma alcune prigioni soffrono di seri problemi di sovraffollamento e vetustà delle strutture.
Condizioni fisiche: secondo i dati del ministero della Giustizia, alla data del 31 ottobre il numero dei detenuti ammontava a 52.434, distribuiti in 197 strutture carcerarie progettate per una capienza di 49.640 persone. Il livello di sovraffollamento del sistema carcerario è del 106 per cento, ma in alcune strutture è particolarmente grave: Como (185 per cento), Taranto (174 per cento) e Larino, in provincia di Campobasso (168 per cento). La legge prescrive che i detenuti in attesa di giudizio vengano tenuti separati da quelli che hanno ricevuto una condanna definitiva, ma le autorità in certi casi li mettono nelle stesse sezioni del carcere. Secondo l’organizzazione non governativa Ristretti Orizzonti, che segue quanto succede nelle carceri, sul totale di 98 detenuti morti in prigione tra il 1° gennaio e il 5 novembre, 37 si sono suicidati.
Nel dicembre del 2014, a Milano, un giudice ha assolto Roberta De Simone, una psicologa che lavorava in un carcere milanese, dalle accuse relative al suicidio di un detenuto, Luca Campale, avvenuto nel 2009. Precedentemente, un giudice aveva condannato la De Simone per omicidio colposo, per aver negato a Campale cure adeguate.
Alcune amministrazioni regionali non hanno messo in pratica una legge del 2014 che impone di creare centri speciali per detenuti con disturbi psichiatrici entro il marzo del 2015, in sostituzione degli ospedali psichiatrici giudiziari esistenti, giudicati inadeguati. Ad aprile, l’Osservatorio di epidemiologia – Settore sociale ha riferito che oltre il 40 per cento dei detenuti soffre di problemi psichiatrici, collegati, nel 57 per cento dei casi, alla dipendenza da sostanze stupefacenti.
Amministrazione: I detenuti hanno la facoltà di presentare esposti alle autorità giudiziarie, che generalmente, se le affermazioni sono credibili, aprono un’inchiesta.
Vigilanza indipendente: Il Governo consente a organizzazioni indipendenti per la difesa dei diritti umani, ai parlamentari e ai mezzi di informazione di visitare le carceri e i centri di detenzione. Il Governo, inoltre, garantisce ai rappresentanti dell’Ufficio dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR) e alle organizzazioni non governative l’accesso ai centri di detenzione per immigrati clandestini, in linea con i criteri normalmente adottati dall’UNHCR.
Miglioramenti: l’11 marzo, il ministro di Grazia e giustizia ha istituito il Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale, per promuovere i diritti costituzionali dei detenuti e l’attuazione di norme internazionali sui diritti umani ratificate dal Governo.
d. Arresti o detenzioni arbitrarie
La Costituzione proibisce gli arresti e le detenzioni arbitrarie e il Governo in generale rispetta tali divieti.
Ruolo della polizia e degli apparati di sicurezza
Due delle cinque forze di polizia nazionali, la Polizia di Stato e i Carabinieri, hanno il compito di mantenere la sicurezza interna. I Carabinieri sono la forza di polizia militare nazionale; nonostante rappresentino una delle cinque suddivisioni delle forze armate, svolgono anche compiti di polizia civile. Il ministero dell’interno svolge un ruolo di coordinamento fra la Polizia di Stato e i reparti non militari dei Carabinieri. Le forze armate sono responsabili della sicurezza esterna, ma hanno anche compiti specifici in materia di sicurezza interna, ad esempio per quanto riguarda la sorveglianza degli edifici pubblici. Le altre tre forze di polizia sono la Polizia penitenziaria, che gestisce il sistema carcerario, il Corpo forestale dello Stato, che fa rispettare la legge nei parchi e nelle foreste, e la Guardia di finanza, il corpo di polizia doganale sottoposto al controllo del ministero dell’Economia e delle finanze.
Le autorità civili esercitano un controllo effettivo sulla Polizia di Stato e i Carabinieri e lo Stato dispone di meccanismi per individuare e sanzionare i casi di abusi e corruzione. Anche se nel corso dell’anno non sono stati registrati casi di reati impuniti riguardanti le forze di sicurezza, in alcune occasioni il protrarsi delle indagini da parte della magistratura e di altre autorità ha limitato l’efficacia dei meccanismi previsti per indagare e sanzionare gli abusi delle forze dell’ordine.
Procedure di arresto e trattamento dei detenuti
Per arrestare una persona le forze dell’ordine hanno bisogno del mandato di un giudice, tranne nei casi in cui sia in corso un reato o esista un pericolo specifico e immediato a cui far fronte. La legge impone alle autorità di informare un detenuto sulla ragione del suo arresto. Quando le autorità arrestano una persona senza un mandato, un magistrato inquirente è chiamato a decidere, entro 24 ore, se esistono prove sufficienti per richiedere la convalida dell’arresto. Il pubblico ministero a quel punto ha 48 ore per confermare l’arresto e raccomandare l’eventuale rinvio a giudizio. Nei casi di presunta attività terroristica, le autorità possono trattenere i sospettati per 48 ore prima di portare il caso davanti a un magistrato. Come salvaguardia contro detenzioni ingiustificate, i detenuti possono chiedere periodicamente ai giudici del tribunale del riesame di riprendere in considerazione il loro caso e stabilire se il proseguimento della reclusione sia giustificato. Tali diritti sono generalmente rispettati.
Non esiste l’istituto della libertà su cauzione; tuttavia, i giudici possono concedere la libertà provvisoria a detenuti in attesa di giudizio. Lo Stato si fa carico dei costi dell’assistenza legale per le persone indigenti. La legge impone alle autorità di consentire a un detenuto di parlare con un avvocato entro 24 ore dall’arresto, o entro 48 ore nel caso di presunte attività terroristiche. In circostanze eccezionali (di solito in casi di criminalità organizzata o quando c’è il pericolo che gli avvocati possano tentare di inquinare le prove) il magistrato inquirente può prendersi fino a 5 giorni per interrogare il sospettato prima che questi abbia la possibilità di parlare con un legale. La legge consente ai familiari dei detenuti di incontrare i loro congiunti.
Carcerazione preventiva: la lunghezza della carcerazione preventiva e i tempi lunghi dei processi sono un problema. A ottobre, il 34 per cento circa di tutti i detenuti era in attesa di giudizio o di sentenza definitiva. Il termine massimo di carcerazione preventiva va dai 2 ai 6 anni, a seconda della gravità del reato. Secondo analisti indipendenti e magistrati, la lunghezza dei processi è dovuta al gran numero di casi di droga e immigrazione in attesa di giudizio, alla mancanza di misure di riparazione giudiziaria e alla distribuzione insufficiente degli uffici e delle risorse, che include la carenza di magistrati e personale giudiziario. Ad aprile, il Parlamento ha affidato ai giudici il potere discrezionale di evitare l’incarcerazione di un imputato prima di una condanna e introdotto misure alternative alla carcerazione preventiva, come gli arresti domiciliari e l’affidamento ai servizi sociali.
Detenzione prolungata di richiedenti asilo o apolidi: le autorità possono trattenere immigrati clandestini all’interno dei centri di espulsione per un massimo di 18 mesi.
e. Negazione del diritto a un processo pubblico ed equo
La Costituzione garantisce l’indipendenza del potere giudiziario e in generale il Governo rispetta l’indipendenza della magistratura. Sono stati registrati casi sporadici in cui la giustizia è stata ostacolata da episodi di corruzione giudiziaria, e casi di indagini condotte da magistrati per motivazioni politiche. Un numero rilevante di processi subisce lunghi ritardi.
Procedure processuali
La Costituzione garantisce il diritto a un processo equo e una magistratura indipendente in generale fa rispettare tale diritto. La legge garantisce la presunzione di innocenza e il diritto degli imputati a essere informati in maniera rapida e dettagliata delle accuse a loro carico, nonché a usufruire di servizi di interpretariato o traduzione, laddove necessario. I processi sono pubblici.
Le Corti di assise, che hanno competenza in primo grado sui reati più gravi, sono composte da 2 magistrati di professione e da 6 cittadini comuni scelti a caso tra i cittadini di età compresa fra i 30 e i 65 anni. La legge garantisce agli imputati il diritto di consultare tempestivamente un avvocato, ma nella pratica le autorità non sempre rispettano tale diritto. Gli imputati dispongono di un tempo adeguato per discutere e preparare il processo insieme ai loro avvocati in strutture appropriate messe a disposizione in tutte le prigioni. I pubblici ministeri devono mettere le prove a disposizione degli imputati e dei loro avvocati, se questi lo richiedono. Tutti gli imputati possono chiedere un contraddittorio con i testimoni d’accusa o interrogarli, e presentare testimoni e prove a loro discarico Gli imputati non possono essere costretti a deporre o a confessare la propria colpevolezza, e hanno il diritto di ricorrere in appello contro le sentenze. Tali diritti si estendono a tutti gli imputati.
Le istituzioni nazionali ed europee continuano a criticare la lentezza delle procedure giudiziarie. Il 13 giugno, il ministero di Grazia e giustizia ha riferito che i processi civili che includevano un ricorso alla Corte di cassazione avevano una durata media di 103 mesi. Le norme sulla prescrizione stabiliscono che i processi penali devono terminare entro una certa data. Sono i tribunali a decidere sull’applicabilità di tali norme. Gli imputati hanno spesso sfruttato a proprio vantaggio i ritardi delle procedure giudiziarie per far scadere i termini della prescrizione, in modo da evitare una sentenza di condanna o assicurarsi il rilascio in attesa del processo di appello
Prigionieri e detenuti politici
Non sono stati registrati casi di prigionieri o detenuti per ragioni politiche.
Procedure giudiziarie civili e risarcimenti
Secondo la legge, gli individui e le organizzazioni possono chiedere risarcimenti in sede civile per le violazioni dei diritti umani. Gli individui, una volta esaurite tutte le possibilità di appello nei tribunali nazionali, possono rivolgersi, per casi riguardanti presunte violazioni dei diritti umani da parte dello Stato, alla Corte europea dei diritti dell’uomo. Secondo la Corte di cassazione, nel 2014 la lunghezza media dei processi civili era di 44 mesi.
f. Violazioni arbitrarie della privacy, dei diritti della famiglia, del domicilio o della corrispondenza
La legge proibisce questo tipo di azioni e non sono stati registrati casi in cui il Governo non abbia rispettato tali divieti. Le perquisizioni e la sorveglianza elettronica generalmente sono consentite solo dietro mandato giudiziario e in circostanze accuratamente specificate. Il procuratore generale della Corte di cassazione può autorizzare intercettazioni ai danni di persone sospettate di terrorismo su richiesta del presidente del consiglio. Secondo osservatori indipendenti, le procure non sempre limitano l’uso delle intercettazioni a casi di assoluta necessità, come richiesto dalla Corte di cassazione. La legge consente ai magistrati di distruggere intercettazioni illegali scoperte o confiscate dalle forze dell’ordine considerate irrilevanti ai fini del processo o che costituiscono spionaggio industriale. A luglio, Rosario Crocetta, il presidente della Regione Sicilia, ha intentato causa al settimanale L’Espresso chiedendo un risarcimento di 10 milioni di euro per la pubblicazione della presunta trascrizione di intercettazioni telefoniche in cui era coinvolto; gli inquirenti non avevano incluso la trascrizione in alcun procedimento giudiziario.
Secondo notizie riportate dai mezzi di informazione, il Comune di Firenze ha omesso di fornire informazioni riguardo a una banca dati contenente dati personali sui mendicanti residenti in città al Garante nazionale per la protezione dei dati personali, che ne aveva fatto richiesta nel dicembre del 2014. Nel novembre del 2014, tre cittadini romeni avevano sporto reclamo contro il Comune presso il Garante nazionale, dopo essere stati multati tre volte per accattonaggio ed essere stati inseriti nella banca dati.
Sezione 2. Rispetto delle libertà civili, fra cui:
a. Libertà di stampa e di espressione
La Costituzione garantisce la libertà di stampa e di espressione e in generale il Governo rispetta tali diritti. Una stampa indipendente, una magistratura efficiente e un sistema politico democratico funzionante concorrono insieme ad assicurare la libertà di stampa e di espressione.
Libertà di parola ed espressione: i discorsi di incitamento alla violenza basati sulla discriminazione razziale, etnica, nazionale o religiosa costituiscono un reato punibile con una pena fino a 18 mesi di reclusione. Il 16 ottobre, il Parlamento ha approvato una legge che stabilisce che la negazione dell’Olocausto costituisce circostanza aggravante nelle procedure giudiziarie contro i discorsi di incitamento alla violenza. Nel corso dell’anno non sono stati registrati casi di condanne per questo reato.
Le offese contro qualsiasi divinità sono considerate blasfemia, reato punibile con un’ammenda da 51 a 309 euro. Nel corso dell’anno non sono stati registrati casi relativi all’applicazione di queste leggi.
Il 2 settembre, la deputata Giorgia Meloni ha protestato contro il Governo dopo aver ricevuto una lettera dall’Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali (UNAR), che fa parte della Presidenza del consiglio dei ministri, in cui le si chiedeva di moderare le sue dichiarazioni, talvolta incendiarie, sugli immigrati musulmani e di evitare commenti razzisti. La lettera era privata, ma la Meloni ha scelto di renderla pubblica nel quadro della sua protesta. L’UNAR non ha la facoltà di sanzionare o censurare formalmente un parlamentare.
Libertà di stampa: le leggi che limitano la libertà di espressione si applicano anche alla libertà di stampa. Lo scenario dell’informazione indipendente è molto vivace ed esprime un’ampia varietà di opinioni. Il dibattito politico si è spesso focalizzato sul pericolo rappresentato dalla faziosità e partigianeria di alcuni dei principali organi di stampa. Attraverso la sua azienda di famiglia, la Fininvest, l’ex presidente del consiglio Silvio Berlusconi controlla la più importante compagnia televisiva privata del Paese (Mediaset), la maggiore casa editrice (Mondadori) e la maggiore società di raccolta pubblicitaria (Publitalia). Il fratello di Berlusconi è proprietario di uno dei più importanti quotidiani nazionali, Il Giornale. Gli organi di informazione tendono a riflettere il punto di vista dei loro proprietari o finanziatori, che si tratti di un’entità imprenditoriale o di un gruppo politico.
Leggi contro la diffamazione: i giornalisti riconosciuti colpevoli di diffamazione possono essere condannati a pene detentive fino a sei anni. Continuano a essere numerosi i casi di funzionari pubblici che citano giornalisti per diffamazione. Il 14 gennaio, Andrea Signorelli, direttore della rivista online Blogo.it, ha versato 8.000 euro al senatore Nitto Francesco Palma per evitare un processo per diffamazione; nel 2013, Signorelli aveva erroneamente citato il senatore come uno dei politici accusati di aver garantito finanziamenti illeciti a partiti politici. Secondo Reporter senza frontiere, il numero di cause per diffamazione contro giornalisti è cresciuto dalle 84 del 2013 alle 129 del 2014.
Impatto delle organizzazioni non governative: la Federazione nazionale della stampa italiana (FNSI) ha denunciato alcuni casi di minacce contro giornalisti da parte di esponenti di organizzazioni criminali. Il 5 maggio, il prefetto di Roma ha messo sotto protezione speciale il giornalista Sandro Ruotolo: Ruotolo aveva ricevuto minacce di morte da un’organizzazione criminale dopo aver denunciato sospette attività illecite.
Libertà di accesso a internet
Il Governo non ha ristretto o interrotto l’accesso alla Rete né ha censurato contenuti online, e non si sono avute denunce credibili di controlli da parte del Governo sulle comunicazioni private per via telematica senza apposita autorizzazione legale. Secondo le statistiche dell’Unione internazionale delle telecomunicazioni, nel 2014 circa il 62 per cento della popolazione usava internet. Il Centro nazionale per il contrasto alla pedopornografia, un’unità speciale del Servizio della polizia postale e delle comunicazioni della Polizia di Stato, monitora i siti web per individuare reati legati alla pornografia minorile.
Libertà di ricerca e di eventi culturali
Non sono stati registrati casi di limitazioni della libertà di ricerca o di eventi culturali da parte dello Stato.
b. Libertà di riunione pacifica e di associazione
La Costituzione garantisce la libertà di riunione e di associazione e in generale il Governo rispetta tali diritti.
c. Libertà di culto
Si veda il rapporto International Religious Freedom Report del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti d’America all’indirizzo www.state.gov/j/drl/irf/rpt.
d. Libertà di movimento, sfollati interni, protezione di rifugiati e apolidi
La Costituzione garantisce la libertà di spostarsi all’interno del Paese, di viaggiare all’estero, di emigrare e di tornare in patria, e in generale il Governo rispetta tali diritti. Il Governo collabora con l’UNHCR e altre organizzazioni umanitarie per garantire protezione e assistenza ai rifugiati, ai richiedenti asilo, agli apolidi e alle altre categorie assimilabili.
Protezione dei rifugiati
Nel corso dell’anno, molti Paesi dell’Unione Europea e dell’Europa sudorientale hanno sperimentato un’ondata migratoria senza precedenti dal Medio Oriente, dall’Africa e dall’Asia, composta, fra gli altri, da un mix di richiedenti asilo/potenziali rifugiati, migranti economici e vittime del traffico di persone. Per semplicità, il presente rapporto si riferirà a queste popolazioni con la definizione “migranti e richiedenti asilo”, quando non sono disponibili informazioni più specifiche.
Accesso al diritto d’asilo: la legge prevede la concessione dell’asilo politico o dello status di rifugiato e l’Italia dispone di un sistema per garantire protezione ai rifugiati.
Nel corso dell’anno è arrivato nel Paese un numero elevato di migranti e rifugiati, sovraccaricando il sistema per la concessione del diritto d’asilo. Tra il 1° gennaio e il 27 novembre, il Governo ha ricevuto 62.917 richieste di asilo e ha concesso asilo o altre forme di tutela legale a 26.767 persone. I flussi di migranti e rifugiati in arrivo via mare da Grecia e Turchia (in larga parte siriani) è diminuito rispetto all’anno precedente, ma è aumentato nettamente il numero di arrivi dall’Africa subsahariana attraverso la Libia. Tra il 1° gennaio e il 14 dicembre, hanno raggiunto l’Italia via mare in totale 149.400 migranti e rifugiati. Di questi, circa il 26 per cento era costituito da eritrei, il 14 per cento da nigeriani, l’8 per cento da somali e il 5 per cento da siriani.
Le organizzazioni non governative e gli osservatori indipendenti hanno denunciato le carenze nell’identificazione degli stranieri e nelle procedure per la richiesta di asilo, ad esempio l’incoerenza dei criteri applicati nei centri di accoglienza e le difficoltà di accesso alle informazioni. Alla data del 18 dicembre, l’Italia aveva trasferito 160 rifugiati in altri Stati membri dell’Unione Europea, nel quadro di un piano concordato a maggio.
Tra gennaio e il 10 ottobre, sono arrivati nel Paese in totale 10.322 minori non accompagnati. Alla data del 31 agosto, circa 8.900 minori non accompagnati erano ospitati in comunità protette (si veda la sezione 6, Minori).
Paese d’origine o di transito sicuro: l’Italia aderisce al Regolamento di Dublino dell’Unione Europea e alle sue successive revisioni, che prevedono in linea generale il trasferimento della domanda di asilo al primo Stato membro in cui è arrivato il richiedente asilo, o il rimpatrio del richiedente asilo nel Paese di provenienza, se è giudicato sicuro. Fra gennaio e agosto, il Governo ha espulso o rimpatriato 8.497 migranti, prevalentemente verso la Tunisia, l’Egitto e la Nigeria. Tra gennaio e il 1° dicembre, le autorità hanno anche espulso dal Paese 60 stranieri per presunti legami con gruppi estremisti islamici.
Abusi ai danni dei rifugiati: Rappresentanti dell’UNHCR, dell’Organizzazione internazionale delle migrazioni e di altre organizzazioni umanitarie hanno condannato casi di presunti abusi ai danni di minori richiedenti asilo, il prolungato periodo di detenzione di questi ultimi e l’accesso inadeguato a mediatori culturali e avvocati. Immigrati e rifugiati di diversa provenienza spesso sono rimasti nei centri più a lungo del limite di 35 giorni fissato dalla legge.
Il 7 agosto, circa 300 fra migranti e rifugiati hanno occupato un’autostrada nei pressi di Napoli per protestare contro le condizioni di vita scadenti nel centro in cui erano ospitati. Durante l’anno, i richiedenti asilo hanno inscenato proteste anche contro le condizioni di vita inadeguate e la lunghezza delle procedure per l’esame della richiesta di asilo nei centri di Bresso, Crotone e Bari.
Impiego: i datori di lavoro continuano a discriminare i non cittadini nel mercato del lavoro. Inoltre, i datori di lavoro e la criminalità organizzata continuano ad approfittare della mancanza di tutele legali contro lo sfruttamento per i non cittadini per assoggettarli a condizioni di lavoro vessatorie. Organizzazioni non governative e comunità di immigrati sostengono che la mancanza di servizi di orientamento e programmi di formazione rende più difficile per i rifugiati trovare un lavoro. L’insufficienza delle misure di protezione ufficiali per i nuovi immigrati, regolari o no, rende queste comunità particolarmente vulnerabili allo sfruttamento da parte di organizzazioni criminali. A giugno, il sindacato del settore agricolo FLAI-CGIL e l’associazione Faso Zekola hanno denunciato lo sfruttamento del lavoro e le condizioni di vita inaccettabili di numerosi immigrati originari di Nigeria, Ghana e Burkina Faso che lavoravano come braccianti in Campania (si vedano anche le sezioni 7.d e 7.e).
Accesso ai servizi di base: le autorità hanno allestito centri temporanei per ospitare immigrati di diversa provenienza, tra cui figurano anche rifugiati e richiedenti asilo, ma non sono riuscite a tenere il passo con l’elevato numero di arrivi. Alcune organizzazioni non governative hanno denunciato che migliaia di stranieri con e senza permesso di soggiorno, tra cui migranti e rifugiati, vivevano in edifici abbandonati a Roma e in altre grandi città, e avevano un accesso limitato ai servizi pubblici. La stampa ha denunciato casi di cure mediche insufficienti, strutture inadeguate e sovraffollate, mancato accesso a servizi di consulenza legale e all’istruzione di base. Rappresentanti dell’UNHCR, dell’Organizzazione internazionale delle migrazioni e di altre organizzazioni umanitarie hanno denunciato condizioni di vita inumane nei centri di accoglienza, in particolare per via del sovraffollamento.
Soluzioni durature: il Governo in generale ha cercato di garantire integrazione, insediamento e rimpatri nel quadro di soluzioni durature per i rifugiati, con risultati altalenanti. Gli sforzi delle autorità per integrare gli immigrati nella società italiana sono stati limitati. A questo bisogna aggiungere che l’elevato tasso di disoccupazione ha limitato le possibilità di trovare un impiego legale per molti rifugiati. Il Governo ha distribuito i richiedenti asilo nelle diverse aree del Paese e ha garantito loro alloggio e servizi in attesa che venga presa in esame la loro richiesta, oltre a servizi di insediamento dopo la concessione dell’asilo. I tempi di elaborazione delle richieste di asilo vanno dai 6 ai 15 mesi a seconda delle regioni.
Protezione temporanea: il Governo ha offerto protezione anche a individui privi dei requisiti per richiedere asilo. Tra gennaio e il 20 ottobre, il Governo ha garantito protezione umanitaria a 10.821 persone e protezione sussidiaria a 7.247 persone.
Sezione 3. Libertà di partecipare al processo politico
La Costituzione garantisce ai cittadini la possibilità di cambiare il proprio Governo e i cittadini esercitano tale diritto attraverso elezioni a scadenze periodiche, libere e corrette, basate sul suffragio universale.
Elezioni e partecipazione politica
Elezioni recenti: Gli osservatori internazionali hanno giudicato le elezioni parlamentari nazionali del 2013 libere e corrette.
Sezione 4. Corruzione e mancanza di trasparenza nell’amministrazione pubblica
La legge prevede sanzioni penali per la corruzione dei pubblici ufficiali e in generale il Governo applica queste leggi in modo efficace, ma a volte i pubblici ufficiali coinvolti in pratiche di corruzione restano impuniti. Sono stati registrati casi di corruzione nel corso dell’anno.
Corruzione: la Guardia di finanza ha dichiarato che nel 2014 la corruzione di pubblici funzionari ha causato la perdita di circa 2,6 miliardi di euro di fondi pubblici, e le frodi hanno provocato la perdita di altri 1,3 miliardi di euro. Le autorità hanno riscontrato irregolarità negli appalti pubblici per un valore di 1,8 miliardi di euro. Tra gennaio e giugno, la Corte dei conti ha accusato di evasione fiscale e corruzione 4.835 dipendenti pubblici impiegati nella sanità pubblica.
A giugno, i magistrati del tribunale di Roma responsabili delle indagini preliminari hanno ordinato l’arresto di 44 funzionari e dipendenti pubblici locali. Fra i funzionari arrestati figura l’ex presidente del Consiglio comunale di Roma, Mirko Coratti, implicato in un caso di corruzione per la gestione di alcuni centri di accoglienza per migranti a Roma.
Trasparenza finanziaria: i parlamentari hanno l’obbligo di divulgare la propria situazione patrimoniale e il proprio reddito. Ogni Camera ha creato sul proprio sito web un bollettino accessibile al pubblico che contiene informazioni su ogni parlamentare, previo consenso dell’interessato alla pubblicazione online. La legge stabilisce che i presidenti di ciascuna Camera devono ordinare ai non parlamentari che non ottemperano a tale obbligo di presentare le dichiarazioni nell’arco di 15 giorni, ma non prevede altre sanzioni. La situazione patrimoniale dei ministri dev’essere pubblicata online. Il ministro per la Semplificazione e la pubblica amministrazione ha incoraggiato i dirigenti di tutti i ministeri ad aderire volontariamente alle linee guida per la divulgazione della propria situazione patrimoniale.
Accesso dei cittadini alle informazioni: la legge garantisce ai cittadini il diritto di accedere ai documenti pubblici e di essere informati sulle procedure amministrative. Tranne alcune eccezioni legate a problematiche di sicurezza, il Governo e gli enti locali rispettano tale diritto, sia per i cittadini italiani sia per gli stranieri e la stampa estera. La legge viene applicata in modo efficace, ma di solito le risposte arrivano con notevole ritardo.
Sezione 5. Atteggiamento del Governo riguardo a inchieste internazionali e di organizzazioni non governative su presunte violazioni dei diritti umani
Le varie organizzazioni nazionali e internazionali per i diritti umani in generale svolgono la loro attività senza alcuna restrizione da parte del Governo, indagando e pubblicando quello che scoprono riguardo a casi di violazioni dei diritti umani. I funzionari pubblici hanno un atteggiamento attento e collaborativo nei confronti di questi gruppi.
Organismi dello Stato per la difesa dei diritti umani: il Comitato interministeriale dei diritti dell’uomo del ministero degli Affari esteri e la Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani del Senato della Repubblica si occupano di casi internazionali e di casi nazionali di alto profilo. L’Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali (UNAR) del dipartimento per le Pari opportunità della Presidenza del consiglio dei ministri assiste le vittime di discriminazioni. Il 24 febbraio, la Commissione europea contro il razzismo e l’intolleranza ha espresso riserve per l’insufficiente grado di indipendenza dell’UNAR dal Governo.
Sezione 6. Discriminazioni e abusi da parte della società e traffico di persone
La legge vieta ogni discriminazione basata su razza, genere, religione, idee politiche, origine nazionale o cittadinanza, origine sociale, orientamento sessuale o identità di genere, età, lingua, disabilità, condizione di sieropositività o altre malattie trasmissibili e garantisce un certo grado di protezione contro le discriminazioni basate su disabilità, lingua o condizione sociale. In generale il Governo fa rispettare tali divieti: persistono tuttavia alcune discriminazioni all’interno della società nei confronti delle donne, degli individui affetti da disabilità, degli immigrati, delle minoranze etniche come i rom e delle persone lesbiche, omosessuali, bisessuali, transgender e intersessuali.
Donne
Stupri e violenze domestiche: la pena prescritta per lo stupro, incluso lo stupro coniugale, va dai 5 ai 12 anni di reclusione. La legge considera reato penale i maltrattamenti fisici ai danni di una donna, anche se a commetterli sono dei familiari, persegue penalmente gli autori di violenze contro le donne e protegge l’identità delle donne coinvolte. Le tutele giuridiche contro le violenze all’interno della famiglia consentono, per i casi urgenti, la presentazione di un’istanza di parte presso un tribunale civile. Le forze dell’ordine e le autorità giudiziarie perseguono i responsabili di violenze contro le donne, ma le vittime spesso rifiutano di sporgere denuncia per paura, vergogna o ignoranza della legge. Una legge che riguarda specificamente lo stalking prevede, fra le altre cose, la detenzione obbligatoria per atti di violenza sessuale, anche quando a commetterli è il partner. La legge lascia ai Comuni la responsabilità di garantire una residenza protetta alle vittime, ma alcuni Comuni non mettono a disposizione fondi sufficienti a tale scopo.
Il 24 settembre, l’Istituto nazionale di statistica (ISTAT), ha riferito che il 21 per cento delle donne è rimasto vittima di violenze sessuali almeno una volta nel corso della vita, mentre il 20 per cento è rimasto vittima di violenza psicologica e il 5 per cento di aggressione sessuale e stupro.
Il dipartimento per le Pari opportunità gestisce un numero verde per le vittime di violenze che cercano assistenza immediata e un rifugio temporaneo. Il dipartimento gestisce anche un numero verde per vittime di stalking. Tra agosto 2014 e luglio 2015, secondo i dati del ministero dell’Interno, vi sono state 10.002 denunce per stalking, nel 76 per cento dei casi contro uomini. Le forze dell’ordine hanno preso misure contro 1.395 stalker, e in molti casi hanno ordinato loro di lasciare il Comune dove risiede la vittima.
Mutilazioni genitali femminili: le mutilazioni genitali femminili rappresentano un problema in alcune comunità di immigrati. Sono un reato punibile con pene fino a 12 anni di reclusione. La maggior parte delle mutilazioni sono state eseguite al di fuori del Paese. Alcune delle vittime sono state sottoposte a infibulazione per mano di parenti, molto spesso senza anestesia o con l’utilizzo di bisturi rudimentali. Il 7 agosto, i Carabinieri hanno arrestato una coppia di nigeriani residenti in Italia per aver sottoposto le due figlie minorenni a mutilazione genitale femminile durante un viaggio in Nigeria[FG1] . Le forze dell’ordine hanno attivato un numero verde per le vittime e altre parti coinvolte che richiedono il supporto delle autorità e delle organizzazioni non governative. Una commissione interministeriale guidata dal dipartimento per le Pari opportunità ha il compito di combattere le mutilazioni genitali femminili.
Molestie sessuali: le molestie sessuali sono illegali. La legge sulla violenza sessuale prevede pene che vanno dai 5 ai 12 anni di reclusione. I casi minori di molestie sessuali verbali in pubblico sono punibili con la reclusione fino a 6 mesi e un’ammenda fino a 516 euro. Il Governo fa rispettare efficacemente la legge. Secondo un decreto del Governo, gli abusi emotivi basati sulla discriminazione di genere costituiscono un reato; molte vittime, tuttavia, non sporgono denuncia. Le forze dell’ordine indagano sulle denunce di molestie presentate alle autorità.
Diritti riproduttivi: il governo riconosce alle coppie e ai singoli individui il diritto fondamentale di scegliere liberamente e consapevolmente quanti figli avere, a che distanza l’uno dall’altro e quando averli, di gestire la propria salute riproduttiva e di ottenere le informazioni e gli strumenti in tal senso, senza discriminazioni, coercizioni e violenze.
Discriminazioni: la legge attribuisce alle donne gli stessi diritti degli uomini, compresi quelli previsti dal diritto di famiglia, dal diritto del lavoro, dal diritto di proprietà e dal diritto ereditario. In molti casi le vittime di discriminazioni non sono disposte a richiedere le forme di tutela offerte dalle leggi sul lavoro o dai contratti collettivi. Le donne rimangono sottorappresentate in molti settori, per esempio nella direzione delle aziende, nell’imprenditoria e nelle professioni specialistiche. Sono stati registrati casi di discriminazioni contro le donne nell’impiego e nella professione (si veda la sezione 7.d).
Minori
Iscrizione all’anagrafe: un bambino ottiene automaticamente la cittadinanza italiana se è figlio di cittadini italiani, se nasce in territorio italiano da genitori ignoti o apolidi o se è figlio di genitori stranieri il cui Paese di origine non riconosce la cittadinanza a un bambino nato all’estero. La cittadinanza è inoltre garantita se il bambino viene abbandonato sul suolo italiano e in caso di adozione. Gli enti locali registrano immediatamente tutte le nascite. I minori non accompagnati che entrano nel Paese ricevono automaticamente un permesso di soggiorno.
Abusi ai danni dei minori: nel 2014, il Telefono Azzurro, un’organizzazione non governativa che difende i diritti dei minori, ha ricevuto 2.098 richieste di assistenza, di cui il 13 per cento riguardava casi di abusi fisici, il 12 per cento casi rapporti difficili con i genitori e il 9 per cento casi di disagio emotivo. Nel 72 per cento dei casi le vittime erano di sesso femminile. Nel 44 per cento dei casi le vittime avevano 11 anni o meno. Dal 2012 al 2014, la percentuale di chiamate riguardanti episodi di pedofilia online è più che triplicata, passando da 4 al 14 per cento.
Matrimoni precoci e matrimoni forzati: Matrimoni precoci e matrimoni forzati: l’età minima prescritta dalla legge per potersi sposare è 18 anni, ma i tribunali minorili possono autorizzare il matrimonio di minori che abbiano compiuto almeno 16 anni. Nel corso dell’anno, uno studio ha calcolato che 2.000 ragazze nate in Italia sono state costrette a sposare uomini del loro Paese di origine, in particolare in Bangladesh, Pakistan, India e Sri Lanka.
Mutilazioni genitali femminili: per le informazioni sulle minorenni, si veda la sezione dedicata alle donne più sopra.
Sfruttamento sessuale ai danni di minori: la pena per la pornografia minorile va dai 6 ai 12 anni di reclusione. Il Centro nazionale per il contrasto alla pedopornografia, un’unità speciale del Servizio della polizia postale e delle comunicazioni della Polizia di Stato, monitora circa 18.000 siti web. Nel 2014, il Centro ha aggiunto 1.745 siti all’elenco. Le autorità hanno denunciato alla magistratura 428 persone e ne hanno arrestate 38 per reati legati alla pornografia minorile su internet. Il 20 giugno, le forze dell’ordine, in collaborazione con le autorità tedesche, hanno arrestato 17 persone e ne hanno indagate altre 91 per pedofilia.
L’età minima per avere rapporti sessuali consensuali varia dai 13 ai 16 anni, in base al rapporto fra i partner.
Minori sfollati: il ministero dell’Interno ha riferito che tra gennaio e il 10 ottobre sono arrivati nel Paese circa 10.300 minori non accompagnati. Alla data del 31 agosto, circa 8.900 di loro erano ospitati in comunità protette. Il 23 per cento del totale era costituito da egiziani, il 15 per cento dal albanesi e il 10 per cento da gambiani.
Sottrazione internazionale di minori: il Paese aderisce alla Convenzione dell’Aja del 1980 sugli aspetti civili della sottrazione internazionale di minori. Per maggiori informazioni, si vedano il rapporto del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti d’America sul rispetto di tale convenzione all’indirizzo https://travel.state.gov/content/childabduction/en/legal/compliance.html e le informazioni specifiche sui diversi Paesi all’indirizzo https://travel.state.gov/content/childabduction/en/country/italy.html.
Antisemitismo
In Italia risiedono approssimativamente 30.000 ebrei. I pregiudizi antisemiti nella società perdurano. Alcuni gruppi estremisti si sono resi responsabili di dichiarazioni e azioni antisemite, fra cui atti vandalici e pubblicazione di materiale antisemita su internet.
Secondo uno studio pubblicato dal Kantor Center for the Study of Contemporary Jewry (Centro Kantor per lo studio della comunità ebraica contemporaneo), con sede in Israele, i casi di antisemitismo documentati in Italia sono raddoppiati dal 2013 al 2014, passando da 12 a 23.
Il 12 novembre, un cittadino israeliano ebreo ortodosso residente a Milano è stato accoltellato mentre tornava a casa a piedi, in uno dei quartieri con maggior presenza di ebrei in città. L’assalitore è fuggito e le autorità non hanno indicato nessuna motivazione ufficiale per il suo gesto.
Ad aprile, slogan antisemiti sono comparsi in scuole e strade della capitale dopo la morte dell’ex rabbino capo di Roma, Elio Toaff.
Traffico di persone
Si veda il Trafficking in Persons Report del Dipartimento di Stato all’indirizzo http://www.state.gov/j/tip/rls/tiprpt .
Persone con disabilità
La legge vieta le discriminazioni contro persone affette da disabilità fisiche, sensoriali, intellettuali e mentali nel mondo del lavoro, nell’istruzione, nel trasporto aereo e in altri tipi di trasporto, nell’accesso all’assistenza sanitaria e nell’erogazione di altri servizi pubblici. Il Governo fa rispettare con efficacia tali disposizioni, ma sono stati registrati episodi di discriminazione da parte della società e nell’impiego (si veda la sezione 7.d).
Anche se la legge impone di garantire l’accesso agli edifici pubblici per le persone con disabilità, le barriere fisiche, in particolare nel trasporto pubblico, continuano a rappresentare un problema, specialmente al Sud. Molte città mancano delle infrastrutture necessarie (ascensori nelle stazioni della metro, stazioni funicolari e rampe di accesso sui marciapiedi) per persone costrette su una carrozzella o con mobilità ridotta. In molti casi, i Comuni garantiscono servizi di trasporto gratuito per le persone con disabilità che ne fanno richiesta.
Il ministero della Pubblica istruzione ha riferito che 74.000 insegnanti sono assegnati al sostegno per gli studenti con disabilità. I diritti delle persone con disabilità di votare e partecipare alla vita civica sono garantiti. La responsabilità di applicare i programmi in favore delle persone con disabilità spetta al ministero del Lavoro e delle politiche sociali.
Minoranze nazionali/razziali/etniche
Le violenze e le discriminazioni da parte della società contro le popolazioni rom, sinti e camminanti, e altre minoranze etniche, continuano a costituire un problema. Nel 2014, l’UNAR ha ricevuto 252 denunce di presunte discriminazioni basate sulla razza o sull’etnia. La magistratura ha aperto indagini nei confronti dei presunti autori di 99 casi di discriminazione. Sono stati registrati casi di discriminazioni basate sulla razza o sull’etnia nella professione e nell’impiego (si veda la sezione 7.d).
Alcune organizzazioni non governative hanno calcolato che i rom concentrati ai margini delle aree urbane, nel Centro e nel Sud del Paese, sarebbero tra i 150.000 e i 180.000, compresi 75.000 in possesso della cittadinanza italiana.
La stampa e le organizzazioni non governative hanno riportato casi di attacchi demagogici, aggressioni violente, sgomberi forzati da accampamenti abusivi, vessazioni da parte delle autorità comunali e tentativi da parte delle autorità pubbliche di togliere i bambini rom ai loro genitori. La stampa ha riportato casi, in alcune città, di diffusione di messaggi discriminatori nei confronti delle comunità rom anche attraverso i social media. Il 14 luglio, il tribunale penale di Torino ha condannato sei persone per aver commesso reati basati sull’odio razziale nei confronti dei rom e ha assegnato alle vittime 15.000 euro di risarcimento.
La questione abitativa continua a costituire un problema serio. Amnesty International ha dichiarato che almeno 4.000 persone vivono in campi segregati con servizi inadeguati. Secondo l’organizzazione non governativa Associazione 21 Luglio, l’alloggio rimane un problema grave per i rom nati all’estero. Il 30 maggio, un tribunale civile ha stabilito che i campi rom creati dal Comune di Roma hanno prodotto segregazione e discriminazione basata sull’etnia, violando le leggi nazionali ed europee contro la discriminazione: il tribunale ha ordinato alle autorità locali di cessare il trattamento discriminatorio e venire incontro alle esigenze della comunità rom.
Amnesty International ha dichiarato che il Governo ha lasciato inattuata gran parte della strategia nazionale per l’inclusione di rom, sinti e camminanti. Esponenti del Governo e amministratori locali, tra cui rappresentanti del ministero dell’Interno e dell’UNAR, si incontrano periodicamente con i rom e i loro rappresentanti.
Atti di violenza, discriminazioni e altri abusi basati sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere
Esistono leggi contro la discriminazione e si applicano specificamente alle persone lesbiche, gay, bisessuali, transgender e intersessuali vittime di reati omofobici e transfobici, ma non esiste alcuna disposizione di legge che consideri l’orientamento sessuale della vittima una circostanza aggravante nei reati generati dall’odio.
Nel 2014, la Gay Help Line, un’organizzazione non governativa che gestisce un numero verde che offre supporto alle persone lesbiche, gay, bisessuali, transgender e intersessuali, ha ricevuto 20.000 chiamate. Circa il 40 per cento delle persone sotto i 25 anni che hanno chiamato ha denunciato problemi a scuola e con la famiglia, mentre la maggior parte degli adulti (il 38 per cento) ha denunciato discriminazioni sul lavoro (si veda la sezione 7.d). La stampa ha riportato alcuni casi di violenze contro coppie di gay e lesbiche avvenute nel corso dell’anno.
Il 26 maggio, l’associazione Gay Center, a Roma, ha riferito che cinque adolescenti avevano insultato e aggredito un transessuale a Latina: i cinque ragazzi hanno minacciato la vittima con un coltello e le hanno sputato addosso.
Sezione 7. Diritti dei lavoratori
a. Libertà di associazione e diritto alla contrattazione collettiva
La legge, inclusi i regolamenti e i relativi statuti, sancisce il diritto dei lavoratori di costituire organizzazioni sindacali indipendenti e di aderirvi, di condurre contrattazioni collettive e di convocare scioperi nell’ambito della legge. Il Governo rispetta tali diritti. La discriminazione antisindacale è illegale e i lavoratori licenziati per attività sindacali hanno il diritto di chiedere il reintegro se il loro datore di lavoro ha più di 15 dipendenti in un reparto o più di 60 in tutto il Paese.
La legge proibisce di costituire organizzazioni sindacali all’interno delle forze armate e consente agli accordi contrattuali a livello aziendale e territoriale di discostarsi dai contratti collettivi nazionali di settore che regolano i diritti e le condizioni di lavoro. Per gli scioperi che riguardano servizi pubblici essenziali (come trasporti, servizi igienico-sanitari e sanità), la legge stabilisce l’obbligo di fornire un preavviso maggiore e il divieto di scioperi multipli, a pochi giorni di distanza l’uno dall’altro. Nel settore del trasporto pubblico, la legge consente lo sciopero solo se le sigle sindacali che lo convocano rappresentano almeno il 50 per cento della forza lavoro.
Il Governo fa rispettare efficacemente queste leggi. I datori di lavoro che violano la legge sono soggetti ad ammende fino a 50.000 euro e alla reclusione fino a 3 mesi, o entrambe le cose. Queste sanzioni in genere rappresentano un deterrente sufficiente a scoraggiare le violazioni, anche se le procedure amministrative e giudiziarie a volte sono soggette a lunghi ritardi. I giudici hanno efficacemente sanzionato alcuni casi di violazioni.
Lo Stato e i datori di lavoro in generale rispettano la libertà di associazione e il diritto di condurre contrattazioni collettive. I datori di lavoro in generale rispettano il diritto dei lavoratori di organizzarsi e di condurre contrattazioni collettive, anche se sono stati registrati casi in cui i datori di lavoro hanno annullato unilateralmente accordi contrattuali. I datori di lavoro continuano a usare contratti a tempo determinato e subappalti per evitare di assumere lavoratori con diritto alla contrattazione collettiva.
b. Divieto di lavoro forzato o coatto
La legge vieta qualsiasi forma di lavoro forzato o coatto e il Governo fa rispettare con efficacia la legge. Le risorse e le ispezioni in generale sono adeguate. Le pene, che vanno dagli 8 ai 20 anni di reclusione, sono sufficientemente severe. Le condanne effettivamente comminate per lavoro forzato e coatto sono notevolmente più basse di quelle previste dalla legge.
Nel 2014, la Guardia di finanza ha individuato circa 13.369 lavoratori irregolari (persone che lavorano con un contratto che un modo o nell’altro viene violato, di solito come risultato di uno sfruttamento da parte del datore di lavoro), fra i quali 11.936 lavoratori non dichiarati (persone che lavorano senza un contratto formale e ricevono il salario unicamente in contanti), una parte dei quali, soprattutto immigrati clandestini, erano vittime di sfruttamento. Questi lavoratori irregolari erano spesso sottopagati, lavoravano in condizioni anti-igieniche o erano esposti a rischi per la sicurezza. Prassi di questo tipo interessano soprattutto il settore dei servizi, l’edilizia e l’agricoltura. Nel 2014, l’ispettorato del ministero del Lavoro e delle politiche sociali e altri organismi pubblici hanno segnalato 181.629 irregolarità, fra cui di lavoratori privi di qualsiasi contratto, orari di lavoro eccessivi e violazioni delle norme di sicurezza.
Nel corso dell’anno sono stati registrati casi di lavoro forzato. Nell’edilizia, nei servizi domestici, negli alberghi, nei ristoranti e nel settore agricolo, soprattutto al Sud, sono stati registrati casi di servitù per debiti. Sono stati registrati casi di uomini e donne cinesi costretti a lavorare in stabilimenti tessili e persone con disabilità provenienti da Romania e Albania costrette a mendicare. Il 5 giugno, le forze dell’ordine hanno arrestato, con l’accusa di sfruttamento della manodopera e assunzione di lavoratori irregolari, sette reclutatori di braccianti immigrati a Reggio Calabria; i braccianti erano soggetti a trattamenti umilianti e ricevevano paghe irrisorie. Sono stati registrati anche casi di bambini vittime di lavoro forzato (si veda la sezione 7.c).
Si veda anche il Trafficking in Persons Report del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti d’America all’indirizzo www.state.gov/j/tip/rls/tiprpt.
c. Divieto di lavoro minorile ed età lavorativa minima
La legge proibisce di assumere minori al di sotto dei 16 anni di età. Per i ragazzi al di sotto dei 18 anni e per le ragazze al di sotto dei 21 anni sono previste restrizioni specifiche all’impiego in lavori rischiosi o pericolosi per la salute. Le pene per chi assume manodopera minorile includono pesanti ammende a carico del datore di lavoro o la sospensione delle attività commerciali dell’azienda. Il Governo in generale riesce ad applicare efficacemente queste leggi nel settore dell’economia legale. L’applicazione è inefficace nel settore, relativamente ampio, dell’economia sommersa, specialmente al Sud, dove sono comuni le imprese a conduzione familiare.
Sono stati registrati casi di lavoro minorile nel corso dell’anno. Dal Nord Africa e dai Paesi asiatici entrano regolarmente e clandestinamente nel Paese immigrati clandestini di età compresa fra i 15 e i 18 anni, che lavorano principalmente nel settore manifatturiero e nei servizi. L’11 settembre, le autorità hanno scoperto un bambino cinese di 8 anni che lavorava in condizioni di sfruttamento in uno stabilimento di Varese, insieme a suo padre e ad altri 20 operai non dichiarati. L’organizzazione non governativa Save the Children calcola che nel 2014 lavoravano in Italia 340.000 minorenni, 28.000 dei quali in condizioni insalubri. I due terzi circa di questi minorenni erano di sesso maschile e il 7 per cento era di nazionalità straniera; il 45 per cento lavorava con la famiglia e il 22 per cento nel settore della ristorazione. Nel 2014 gli ispettori del lavoro hanno denunciato 172 casi di minori che lavoravano illegalmente, nella maggioranza dei casi (il 70 per cento) nel settore dei servizi.
Il ministero del Lavoro e delle politiche sociali, in collaborazione con la Polizia di Stato e i Carabinieri, ha il compito di far rispettare le leggi sul lavoro minorile, ma i suoi sforzi hanno prodotti risultati limitati. Alla data del 31 agosto, il ministero dell’Interno aveva identificato 14.378 minori non accompagnati nel Paese, 8.944 dei quali erano ospitati in strutture autorizzate. Fra quelli assistiti, il 95 per cento era di sesso maschile e circa l’81 per cento aveva fra i 16 e i 17 anni di età. I primi tre Paesi di origine per i lavoratori minorenni erano Egitto, Albania ed Eritrea.
Adulti di etnia rom sfruttano regolarmente bambini rom di tutte le età costringendoli a mendicare e, in alcuni casi, anche a prostituirsi e a rubare (si veda la sezione 6, Minori). Le forze dell’ordine non sempre intervengono per impedire l’accattonaggio forzato dei bambini rom.
Il ministero del Lavoro e delle politiche sociali è consapevole che i minori non accompagnati corrono rischi maggiori di essere avviati al lavoro minorile e si impegna per impedire che vengano sfruttati collocandoli in comunità protette che offrano loro istruzione e altri servizi.
d. Discriminazioni nell’impiego o nella professione
La legge proibisce le discriminazioni nell’impiego basate su razza, colore della pelle, sesso, religione, idee politiche, origine nazionale o cittadinanza, origine sociale, disabilità, orientamento sessuale o identità di genere, età, lingua, condizione di sieropositività o altre malattie trasmissibili. La legge stabilisce che a parità di lavoro vada corrisposto lo stesso salario. Il Governo fa rispettare efficacemente la legge imponendo multe sufficienti a scoraggiare le violazioni.
Sono stati registrati casi di discriminazioni nell’impiego basate sulla razza o l’etnia. Nel 2014, l’Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali (UNAR) ha riferito che l’80 per cento dei 252 casi di presunte discriminazioni basate sulla razza o l’etnia che gli sono stati segnalati riguardava discriminazioni nell’accesso all’impiego. L’UNAR ha fornito assistenza legale e ha svolto un ruolo di mediazione nelle controversie.
Sono stati registrati anche casi di discriminazioni basate sul genere, la religione, la disabilità, l’orientamento sessuale e l’identità di genere. Il 25 settembre, un lavoratore disoccupato si è dato fuoco di fronte alla sede del Comune di Nardò, in provincia di Lecce, per protestare contro la discriminazione che sosteneva di aver subito nel suo precedente luogo di lavoro per via del suo orientamento sessuale.
Le donne sono sottorappresentate nella direzione delle aziende (il 26 per cento del totale secondo l’Organizzazione mondiale del lavoro). La Commissione nazionale per le società e la Borsa (CONSOB) ha riferito che nel 2014 le donne rappresentavano circa il 23 per cento dei consiglieri di amministrazione delle società quotate in Borsa. Secondo i dati di EUROSTAT, le donne guadagnano in media il 73 per cento di quello che guadagnano gli uomini. Sono stati registrati anche casi di discriminazioni basate sullo stato di gravidanza o la maternità.
e. Condizioni di lavoro accettabili
La legge non stabilisce un salario minimo, ma i contratti collettivi di lavoro negoziati tra i sindacati e i datori di lavoro hanno fissato dei minimi salariali per diversi settori economici. Nel corso dell’anno, il Governo ha fissato la soglia di povertà ufficiale a 1.047 euro al mese per una famiglia di due persone. Per legge, la settimana lavorativa è di 40 ore. Gli straordinari non possono andare oltre le 2 ore al giorno, o una media di 12 ore a settimana. A meno che un contratto collettivo non disponga diversamente, la legge stabilisce che nel settore industriale lo straordinario non possa superare le 80 ore a trimestre e le 250 ore all’anno. La legge vieta gli straordinari forzati e prevede ferie annue retribuite, impone periodi di riposo pari a 1 giorno a settimana e 11 ore al giorno, prevede una retribuzione maggiore per gli straordinari e fissa i parametri di base per la salute e la sicurezza del lavoro, nonché le linee guida per gli indennizzi in caso di infortuni sul lavoro. La legge proibisce lo sfruttamento della manodopera e l’intermediazione illecita.
Il Governo, con il costante stimolo dei sindacati, fa rispettare efficacemente tali parametri nel settore dell’economia legale. Nel settore dell’economia sommersa, le leggi sul lavoro vengono fatte rispettare solo in parte. L’organismo incaricato di far rispettare le norme è il ministero del Lavoro e delle politiche sociali.
Le risorse, le ispezioni e le sanzioni pecuniarie in generale sono adeguate a garantire il rispetto della legge solo nel settore dell’economia legale. Le violazioni sono punite con la reclusione fino a 6 mesi e ammende fino a 6.400 euro, ma queste sanzioni non sono sufficienti a scoraggiare integralmente le violazioni.
Un centro di ricerca indipendente, la Fondazione studi dei consulenti del lavoro, ha calcolato che nel 2014 lavoravano nel settore dell’economia sommersa circa due milioni di individui. Chi lavora nell’economia sommersa spesso è sottopagato ed è esposto a rischi per la sicurezza. Di questi lavoratori, il 66 per cento lavora nel settore dei servizi, il 15 per cento nell’edilizia, il 14 per cento nell’industria e il 6 per cento nell’agricoltura. Le autorità hanno multato complessivamente 41.030 persone per lavoro in nero.
Secondo l’ISTAT, il 43 per cento degli 1,2 milioni di lavoratori del settore agricolo non ha un contratto di lavoro legale e deve confrontarsi con condizioni di lavoro e di vita molto dure. I parenti e i minori che lavorano in imprese a conduzione familiare si trovano in condizioni analoghe. A ottobre l’istituto di ricerca indipendente Eurispes ha calcolato che nel settore agricolo i lavoratori irregolari, principalmente stranieri, rappresentavano il 32 per cento del totale ed erano costretti dai datori di lavoro a lavorare fino a 12 ore al giorno per un salario giornaliero medio di 20 euro. Nel 2014, il ministero del Lavoro e delle politiche sociali ha sospeso 6.800 aziende per aver assunto lavoratori non registrati.
L’Osservatorio Placido Rizzotto, della FLAI-CGIL, ha denunciato che circa 70.000 lavoratori stranieri erano assunti illegalmente nel settore agricolo e in molti casi sfruttati da intermediari italiani. Il salario medio secondo le stime era di 3 euro l’ora per una media di 10 ore al giorno. In alcune aree della Calabria, della Puglia, della Campania e della Sicilia sono stati registrati numeri elevati di lavoratori stranieri in nero, che vivono e lavorano in condizioni inadeguate o insicure.
L’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL) ha dichiarato anche che in genere i lavoratori sono in grado di rifiutare condizioni che mettano a repentaglio la salute o la sicurezza senza mettere a rischio il mantenimento del posto di lavoro, e le autorità tutelano i lavoratori in questa situazione.