marzo 2017
Rapporto sul rispetto dei diritti umani – Italia
(available in English)
SINTESI
La Repubblica italiana è una democrazia multipartitica, con un Parlamento bicamerale composto dalla Camera dei deputati e dal Senato. La Costituzione attribuisce il potere esecutivo al Consiglio dei ministri, guidato dal presidente del consiglio. Il presidente della Repubblica, che è il capo dello Stato, nomina il presidente del consiglio dopo un giro di consultazioni con i leader di tutti i partiti politici rappresentati in Parlamento. Gli osservatori internazionali hanno giudicato le elezioni parlamentari nazionali del 2013 libere e corrette.
Le autorità civili esercitano un controllo effettivo sulle forze di sicurezza. Alla data del 7 dicembre, i migranti e rifugiati arrivati nel Paese durante l’anno erano più di 175.100, un dato superiore al precedente record registrato nel 2014. Il persistere di questo flusso elevato di migranti e rifugiati ha messo a dura prova la capacità del Governo di ospitare richiedenti asilo e minori non accompagnati. I migranti e i profughi rimangono per periodi prolungati in strutture spesso inadeguate o di qualità scadente e sono esposti al rischio di lavoro forzato e altri abusi; tale rischio è particolarmente elevato per i minori non accompagnati. La corruzione rimane un problema rilevante.
Fra gli altri problemi legati ai diritti umani figurano: l’uso eccessivo e improprio della forza da parte delle forze dell’ordine, il sovraffollamento carcerario e la detenzione di persone in attesa di giudizio nelle stesse strutture dove sono detenuti criminali condannati con sentenza definitiva, le condizioni fatiscenti delle strutture carcerare, la lentezza della giustizia, l’abuso delle leggi contro la diffamazione per soffocare le critiche contro funzionari pubblici, la violenza domestica, gli episodi di mutilazioni genitali femminili, gli abusi ai danni di minori, la pedopornografia e l’incitamento all’odio antisemita su internet. Sono stati registrati casi di tratta di persone finalizzata allo sfruttamento lavorativo e sessuale. I pregiudizi diffusi nella società e le politiche messe in atto da alcune amministrazioni comunali hanno dato luogo a maltrattamenti ai danni di minoranze, fra cui i rom, aggravando la loro esclusione sociale e limitandone l’accesso all’istruzione, alle cure mediche, all’impiego e ad altri servizi sociali. Alcuni osservatori hanno riportato anche casi di violenze contro persone lesbiche, gay, bisessuali, transgender e intersessuali. Rappresentano un problema, in particolare nel settore dei servizi e nell’agricoltura, anche il lavoro forzato, lo sfruttamento della manodopera e il lavoro minorile. Sono stati registrati casi di discriminazioni basate sull’etnia, il genere, la religione, la disabilità, l’orientamento sessuale e l’identità di genere nei luoghi di lavoro.
Lo Stato indaga, persegue penalmente e punisce i funzionari pubblici che commettono reati e abusi, sia all’interno delle forze dell’ordine che in altre aree dell’amministrazione pubblica. Sono stati registrati alcuni casi di impunità.
Sezione 1. Rispetto dell’integrità della persona, inclusa la garanzia di non incorrere in:
a. Esecuzioni arbitrarie e altre uccisioni illegali o dettate da motivazioni politiche
Sono stati registrati casi di uccisioni arbitrarie o illegali commesse da esponenti delle forze dell’ordine. Il 13 luglio, un tribunale di Firenze ha condannato tre carabinieri, Vincenzo Corni, Stefano Castellano e Agostino Della Porta, a pene detentive fra i sette e gli otto mesi per omicidio colposo in occasione della morte di Riccardo Magherini, avvenuta durante il suo arresto, nel 2014. Il collegio giudicante ha appurato che i tre carabinieri avevano ammanettato Magherini e lo avevano tenuto fermo in una posizione che ostacolava la respirazione.
Un altro carabiniere è sotto inchiesta a Padova per l’uccisione di Mauro Guerra, nel luglio del 2015. Guerra soffriva di un disturbo psicologico e mostrava comportamenti aggressivi. I suoi genitori avevano richiesto l’assistenza delle forze dell’ordine, da cui Guerra stava scappando quando ha aggredito un agente.
b. Sparizioni
Non sono stati registrati casi di sparizioni legate a ragioni politiche.
c. Torture e altri trattamenti o punizioni crudeli, inumani o degradanti
La Costituzione e la legge vietano pratiche di questo genere. Organizzazioni non governative e organizzazioni internazionali hanno richiamato l’attenzione sulla mancanza, nel sistema giudiziario italiano, di una legge che consideri la tortura un reato penale. In base alla legge esistente, si può procedere penalmente per tortura solo se la vittima si fa avanti per denunciare l’aggressione.
Il 20 gennaio, un tribunale di Genova ha ordinato al ministero della Giustizia di pagare 4.300 e 4.900 euro a due detenuti costretti a vivere in celle sovraffollate a Milano, Cremona, Genova e Chiavari.
Condizioni delle prigioni e delle strutture detentive
Le condizioni delle prigioni e delle strutture detentive nella maggior parte dei casi rispettano i parametri internazionali, ma alcune strutture soffrono di seri problemi di sovraffollamento e vetustà.
Condizioni fisiche: secondo i dati del ministero della Giustizia, alla data del 30 settembre il numero dei detenuti ammontava a 54.465, distribuiti in 193 strutture carcerarie progettate per una capienza di 49.796 persone. Complessivamente il livello di sovraffollamento del sistema carcerario è del 109 per cento, ma in alcune strutture è particolarmente grave: Como (176 per cento), Brescia (175 per cento) e Larino, in provincia di Campobasso (174 per cento). La legge prescrive che i detenuti in attesa di giudizio vengano tenuti separati da quelli che hanno ricevuto una condanna definitiva, ma le autorità in certi casi li mettono nelle stesse sezioni del carcere. Secondo il sito di Ristretti Orizzonti, un’organizzazione non governativa che segue quanto succede nelle carceri, sui 115 detenuti morti complessivamente nelle carceri tra il 1° gennaio e il 14 ottobre, 27 si sono suicidati e altri 48 sono morti per cause naturali.
Le amministrazioni regionali di Toscana e Sicilia non hanno messo in pratica una legge del 2014 che impone di creare centri speciali per detenuti con disturbi psichiatrici entro il marzo del 2015, in sostituzione di due ospedali psichiatrici giudiziari esistenti, giudicati inadeguati dal Governo e dagli osservatori internazionali. Queste strutture alla data del 13 settembre ospitavano 37 detenuti.
Amministrazione: alla data del 4 luglio, secondo i dati del ministero della Giustizia, 732 detenuti, nella maggior parte dei casi condannati per reati legati alla criminalità organizzata o al terrorismo, erano sottoposti a limitazioni speciali nelle interazioni con altri detenuti e con i loro stessi parenti.
Vigilanza indipendente: il Governo consente a organizzazioni indipendenti per la difesa dei diritti umani, ai parlamentari e ai mezzi di informazione di visitare le carceri e i centri di detenzione. Inoltre, garantisce ai rappresentanti dell’Ufficio dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR) e alle organizzazioni non governative l’accesso ai centri di detenzione per migranti e rifugiati, in linea con i criteri normalmente adottati dall’UNHCR. Dall’8 al 21 aprile, una delegazione del Comitato per la prevenzione della tortura del Consiglio d’Europa ha visitato il Paese. Alla fine dell’anno, il rapporto sulla visita della delegazione non era ancora stato pubblicato.
d. Arresti o detenzioni arbitrarie
La Costituzione proibisce gli arresti e le detenzioni arbitrarie e il Governo in generale rispetta tali divieti.
Ruolo della polizia e degli apparati di sicurezza
La Polizia di Stato e i Carabinieri hanno il compito di mantenere la sicurezza interna. I Carabinieri sono la forza di polizia militare nazionale. Nonostante rappresentino una delle cinque suddivisioni delle forze armate, svolgono anche compiti di polizia civile. Il ministero dell’Interno svolge un ruolo di coordinamento fra la Polizia di Stato e i reparti non militari dei Carabinieri. Le forze armate sono responsabili della sicurezza esterna, ma hanno anche compiti specifici in materia di sicurezza interna, ad esempio per quanto riguarda la sorveglianza degli edifici pubblici. Le altre tre forze di polizia sono la Polizia penitenziaria, che gestisce il sistema carcerario, il Corpo forestale dello Stato, che fa rispettare la legge nei parchi e nelle foreste, e la Guardia di finanza, il corpo di polizia doganale sottoposto al controllo del ministero dell’Economia e delle finanze.
Le autorità civili esercitano un controllo effettivo sulla Polizia di Stato e i Carabinieri e lo Stato dispone di meccanismi per individuare e sanzionare i casi di abusi e corruzione. Anche se nel corso dell’anno non sono stati registrati casi di reati impuniti riguardanti le forze di sicurezza, in alcune occasioni il protrarsi delle indagini da parte della magistratura e di altre autorità ha limitato l’efficacia dei meccanismi previsti per indagare e sanzionare gli abusi delle forze dell’ordine.
Procedure di arresto e trattamento dei detenuti
Per arrestare una persona le forze dell’ordine hanno bisogno del mandato di un giudice, tranne nei casi in cui sia in corso un reato o esista un pericolo specifico e immediato a cui far fronte. La legge impone alle autorità di informare un detenuto sulla ragione del suo arresto. Quando le autorità arrestano una persona senza un mandato, un magistrato inquirente è chiamato a decidere entro 24 ore se esistono prove sufficienti per richiedere la convalida dell’arresto. A quel punto ha 48 ore per confermare l’arresto e raccomandare l’eventuale rinvio a giudizio. Nei casi di presunta attività terroristica, le autorità possono trattenere i sospettati per 48 ore prima di portare il caso davanti a un magistrato. Questi diritti sono generalmente rispettati.
Non esiste l’istituto della libertà su cauzione; tuttavia, i giudici possono concedere la libertà provvisoria a detenuti in attesa di giudizio. Lo Stato si fa carico dei costi dell’assistenza legale per le persone indigenti. La legge impone alle autorità di consentire a un detenuto di parlare con un avvocato entro 24 ore dall’arresto, o entro 48 ore nel caso di presunte attività terroristiche. In circostanze eccezionali (di solito in casi di criminalità organizzata o quando c’è il pericolo che gli avvocati possano tentare di inquinare le prove) il magistrato inquirente può prendersi fino a 5 giorni per interrogare il sospettato prima che questi abbia la possibilità di parlare con un legale. La legge consente ai familiari dei detenuti di incontrare i loro congiunti.
Carcerazione preventiva: la lunghezza della carcerazione preventiva e i tempi lunghi dei processi rappresentano un problema. A settembre, il 34 per cento di tutti i detenuti era in attesa di giudizio o di sentenza definitiva. Il termine massimo di carcerazione preventiva va dai 2 ai 6 anni, a seconda della gravità del reato. Secondo analisti indipendenti e magistrati, la lunghezza dei processi è dovuta al gran numero di casi di droga e immigrazione in attesa di giudizio, alla mancanza di misure di riparazione giudiziaria, alla presenza di oltre 18.000 detenuti stranieri che in alcuni casi non possono essere messi agli arresti domiciliari per mancanza di una loro residenza legale e alla distribuzione insufficiente degli uffici e delle risorse, e in particolare carenza di magistrati e personale giudiziario..
Capacità del detenuto di contestare la legittimità della detenzione di fronte a un tribunale: le persone che vengono arrestate o incarcerate hanno il diritto di contestare di fronte a un giudice la fondatezza giuridica o natura arbitraria della loro detenzione. Se il giudice stabilisce che non esistono ragioni sufficienti per l’arresto, dispone il loro pronto rilascio. Le persone sottoposte a detenzione illegale hanno facoltà di richiedere un risarcimento. Come salvaguardia contro detenzioni ingiustificate, i detenuti possono chiedere periodicamente ai giudici del tribunale del riesame di riprendere in considerazione il loro caso e stabilire se il proseguimento della reclusione sia giustificato.
e. Negazione del diritto a un processo pubblico ed equo
La Costituzione garantisce l’indipendenza del potere giudiziario e in generale il Governo rispetta l’indipendenza della magistratura. Sono stati registrati casi sporadici in cui la giustizia è stata ostacolata da episodi di corruzione giudiziaria, e casi di indagini condotte per motivazioni politiche. Un numero rilevante di processi subisce lunghi ritardi.
Procedure processuali
La Costituzione garantisce il diritto a un processo pubblico ed equo, e una magistratura indipendente in generale fa rispettare tale diritto. La legge garantisce la presunzione di innocenza e il diritto degli imputati a essere informati in maniera rapida e dettagliata delle accuse a loro carico, nonché a usufruire di servizi di interpretariato o traduzione, laddove necessario. I processi sono pubblici ed equi, ma possono subire ritardi. Gli imputati hanno il diritto di essere presenti al processo.
Le Corti di assise, che hanno competenza in primo grado sui reati più gravi, sono composte da 2 magistrati di professione e da 6 cittadini comuni scelti a soteggio tra i cittadini di età compresa fra i 30 e i 65 anni. La legge garantisce agli imputati il diritto di consultare tempestivamente un avvocato scelto da loro, o di fornirne uno a spese dello Stato se non sono in condizioni di pagarlo. Gli imputati dispongono di un tempo adeguato per discutere e preparare il processo insieme ai loro avvocati, in strutture appropriate messe a disposizione in tutte le prigioni. I pubblici ministeri devono mettere le prove a disposizione degli imputati e dei loro avvocati, se questi lo richiedono. Tutti gli imputati possono chiedere un contraddittorio con i testimoni d’accusa o interrogarli, e presentare testimoni e prove a proprio discarico. Gli imputati non possono essere costretti a deporre o a confessare la propria colpevolezza e hanno il diritto di ricorrere in appello contro le sentenze. Tali diritti si estendono a tutti gli imputati.
Le istituzioni nazionali ed europee continuano a criticare la lentezza delle procedure giudiziarie. Alla data del 3 maggio, secondo i dati del ministero della Giustizia, la durata media di un processo civile per la sentenza di primo grado era di 367 giorni. Le norme sulla prescrizione stabiliscono che i processi penali devono terminare entro una certa data. Sono i tribunali a decidere sull’applicabilità di tali norme. Gli imputati hanno spesso sfruttato a proprio vantaggio i ritardi delle procedure giudiziarie per far scadere i termini della prescrizione ed evitare in tal modo una sentenza di condanna o assicurarsi il rilascio in attesa del processo di appello.
Prigionieri e detenuti politici
Non sono stati registrati casi di prigionieri o detenuti per ragioni politiche.
Procedure giudiziarie civili e risarcimenti
Secondo la legge, gli individui e le organizzazioni possono chiedere risarcimenti in sede civile per le violazioni dei diritti umani attraverso i tribunali nazionali. Gli individui, una volta esaurite tutte le possibilità di appello nei tribunali nazionali, possono rivolgersi, per casi riguardanti presunte violazioni dei diritti umani da parte dello Stato, alla Corte europea dei diritti dell’uomo. Secondo il ministero della Giustizia, nel 2015 la lunghezza media dei procedimenti giudiziari civili, inclusi i gradi di giudizio successivi, era di 86 mesi.
f. Violazioni arbitrarie della privacy, dei diritti della famiglia, del domicilio o della corrispondenza
La legge proibisce questo tipo di azioni e vi sono stati alcuni casi in cui il Governo non ha rispettato tali divieti. Il procuratore generale della Corte di cassazione può autorizzare intercettazioni ai danni di persone sospettate di terrorismo su richiesta del presidente del consiglio. Secondo osservatori indipendenti, le procure non sempre limitano l’uso delle intercettazioni a casi di assoluta necessità, come richiesto dalla Corte di cassazione. La legge consente ai magistrati di distruggere intercettazioni illegali scoperte o confiscate dalle forze dell’ordine considerate irrilevanti ai fini del processo o che costituiscono spionaggio industriale.
La stampa ha riportato che lo Stato, nel 2015, ha speso oltre 200 milioni di euro per le intercettazioni. Il 26 febbraio, la procura di Palermo ha chiesto il rinvio a giudizio per gli autori di un articolo pubblicato dal settimanale L’Espresso, contenente presunte trascrizioni di intercettazioni telefoniche che coinvolgevano il presidente della Regione Sicilia Rosario Crocetta.
Sezione 2. Rispetto delle libertà civili, fra cui:
a. Libertà di stampa e di espressione
La Costituzione garantisce la libertà di stampa e di espressione e in generale il Governo rispetta tali diritti. Una stampa indipendente, una magistratura efficiente e un sistema politico democratico funzionante concorrono insieme ad assicurare la libertà di stampa e di espressione.
Libertà di parola e di espressione: i discorsi che incitano alla violenza basati sulla discriminazione razziale, etnica, nazionale o religiosa costituiscono un reato punibile con una pena fino a 18 mesi di reclusione. Il 13 luglio è entrata in vigore una legge che rende la negazione dell’Olocausto una circostanza aggravante nei procedimenti giudiziari contro questo tipo di discorsi. Nel corso dell’anno non sono stati registrati casi di condanne per questo reato.
Le offese contro qualsiasi divinità sono considerate blasfemia, reato punibile con un’ammenda da 51 a 309 euro. Nel corso dell’anno non sono stati registrati casi relativi all’applicazione di queste leggi.
Libertà di stampa e di informazione: le leggi che limitano la libertà di espressione si applicano anche agli organi di stampa. Lo scenario dell’informazione indipendente è molto vivace ed esprime un’ampia varietà di opinioni. Il dibattito politico si è spesso focalizzato sul pericolo rappresentato dalla faziosità e partigianeria di alcuni dei principali mezzi di informazione. Attraverso la sua azienda di famiglia, la Fininvest, l’ex presidente del consiglio Silvio Berlusconi controlla la più importante azienda televisiva privata del Paese (Mediaset), la maggiore casa editrice (Mondadori) e la maggiore società di raccolta pubblicitaria (Publitalia). Il fratello di Berlusconi è proprietario di uno dei più importanti quotidiani nazionali, Il Giornale. Gli organi di informazione tendono a riflettere il punto di vista dei loro proprietari o finanziatori, che si tratti di un soggetto imprenditoriale o di un gruppo politico.
Leggi contro la diffamazione: i giornalisti riconosciuti colpevoli di diffamazione possono essere condannati a pene detentive fino a 6 anni. Continuano a essere numerosi i casi di figure pubbliche che citano giornalisti per diffamazione. Il 16 luglio, un giudice del tribunale di Milano ha condannato un giornalista, Antonio Rossitto, e il direttore della rivista Panorama, Giorgio Mule, e ha ordinato loro di pagare 800 euro di multa e 45.000 euro di risarcimento al presidente della regione Sicilia Rosario Crocetta, che li aveva citati in giudizio per diffamazione. Nel 2012 la rivista aveva pubblicato un articolo che asseriva l’esistenza di legami tra Crocetta e gruppi della criminalità organizzata.
Impatto delle organizzazioni non governative: la Federazione nazionale della stampa italiana (FNSI) ha denunciato alcuni casi di minacce contro giornalisti da parte di esponenti di organizzazioni criminali. Il 12 febbraio la polizia ha arrestato Gionbattista Ventura, capo di una famiglia della mafia siciliana, per ripetute minacce all’indirizzo di Paolo Borrometi, un giornalista che aveva scritto diversi articoli sulle attività del clan Ventura nella provincia di Ragusa.
Libertà di accesso a internet
Il Governo non ha ristretto o interrotto l’accesso alla Rete né ha censurato contenuti online, e non si sono avute denunce credibili di controlli da parte del Governo sulle comunicazioni private per via telematica senza apposita autorizzazione legale. Il Centro nazionale per il contrasto alla pedopornografia, un’unità speciale del Servizio della polizia postale e delle comunicazioni della Polizia di Stato, monitora i siti web per individuare reati legati alla pornografia minorile. Secondo le statistiche dell’Unione internazionale delle telecomunicazioni, nel 2015 circa il 66 per cento della popolazione usava internet e il 24 per cento aveva un abbonamento di telefonia fissa a banda larga.
Libertà di ricerca e di eventi culturali
Non sono stati registrati casi di limitazioni della libertà di ricerca o di eventi culturali da parte dello Stato.
b. Libertà di riunione pacifica e di associazione
La Costituzione garantisce la libertà di riunione e di associazione e in generale il Governo rispetta tali diritti.
c. Libertà di culto
Si veda l’International Religious Freedom Report del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti d’America all’indirizzo http://www.state.gov/religiousfreedomreport/.
d.Libertà di movimento, sfollati interni, protezione di rifugiati e apolidi
La Costituzione garantisce la libertà di spostarsi all’interno del Paese, di viaggiare all’estero, di emigrare e di tornare in patria, e in generale il Governo rispetta tali diritti.
Abusi ai danni di migranti, rifugiati e apolidi: rappresentanti dell’UNHCR, dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni (OIM) e di altre organizzazioni umanitarie hanno condannato casi di presunti abusi ai danni di minori richiedenti asilo, il prolungato periodo di detenzione a cui sono sottoposti e l’accesso inadeguato a mediatori culturali e avvocati. Immigrati e rifugiati di diversa provenienza spesso sono rimasti nei centri di accoglienza più a lungo del limite di 35 giorni fissato dalla legge. Alcune organizzazioni non governative, fra cui Parsec, On the Road e Save the Children, hanno affermato che una parte delle donne nigeriane detenute nei centri di espulsione erano vittime di traffico di persone. Amnesty Internationali ha riportato episodi isolati di presunti abusi ai danni di migranti e rifugiati che si sono rifiutati di sottoporsi alle procedure di identificazione nei porti di ingresso.
L’OIM, l’UNHCR e le organizzazioni non governative hanno riportato casi di sfruttamento lavorativo di richiedenti asilo, in particolare nell’agricoltura e nel settore dei servizi (si veda la sezione 7.b), e di sfruttamento sessuale di minori non accompagnati (si veda la sezione 6, Minori).
L’8 luglio, circa 200 fra migranti e rifugiati hanno occupato un’autostrada nei pressi di Roma per protestare contro le condizioni di vita scadenti nel centro in cui erano ospitati e i lunghi ritardi nell’esame delle richieste di asilo. Durante l’anno, i richiedenti asilo hanno inscenato proteste contro le condizioni di vita inadeguate e la lunghezza delle procedure per l’esame della richiesta di asilo anche nei centri di accoglienza di Messina, Salerno e Bari.
L’11 settembre, la rivista L’Espresso ha denunciato le condizioni inadeguate di un grande centro di accoglienza per richiedenti asilo a Foggia. Secondo il servizio dell’Espresso il centro, che era gestito da una cooperativa su appalto del ministero dell’Interno, ospitava più di 1.000 persone nonostante fosse stato progettato per ospitarne 636. La protezione degli addetti alla sicurezza riusciva a coprire solo alcune parti del complesso: l’autore del servizio sosteneva di essere entrato attraverso un buco nella recinzione e di aver trascorso sette giorni all’interno del centro. Affermava inoltre che alcuni richiedenti asilo ospitati nel complesso dormivano nei cortili esterni, a volte insieme a cani randagi. Sempre secondo il settimanale, bande criminali nigeriane si erano infiltrate nel complesso e costringevano alcune residenti di sesso femminile a prostituirsi. I reclutatori di manodopera illegale avrebbero assunto diversi uomini che si trovavano all’interno del centro per lavorare nelle fattorie vicine a 15 euro al giorno, meno di quanto venivano pagati nella zona altri migranti e rifugiati che vivono al di fuori del centro.
Il 3 novembre, Amnesty International ha pubblicato un rapporto in cui sono descritti episodi isolati in cui le forze dell’ordine avrebbero fatto un uso eccessivo della forza per costringere i migranti e i richiedenti asilo in arrivo a sottoporsi alle procedure di identificazione nei porti di ingresso.
Il Governo collabora con l’UNHCR e altre organizzazioni umanitarie per garantire protezione e assistenza ai rifugiati, ai richiedenti asilo, agli apolidi e alle altre categorie assimilabili.
Protezione dei rifugiati
Accesso al diritto d’asilo: la legge prevede la concessione dell’asilo politico o dello status di rifugiato e l’Italia dispone di un sistema per garantire protezione ai rifugiati. Alcune organizzazioni non governative e osservatori indipendenti hanno evidenziato difficoltà nelle procedure di asilo, come l’incoerenza dei criteri applicati nei centri di accoglienza e l’inadeguata quantità di assegnazioni delle vittime del traffico di persone e dei minori non accompagnati a servizi di assistenza appropriati.
Nel corso dell’anno è arrivato nel Paese un numero elevato di migranti e rifugiati, sovraccaricando il sistema di esame delle richieste di asilo. Tra il 1° gennaio e il 31 ottobre, il Governo ha ricevuto 98.477 richieste di asilo, ne ha esaminate 75.960 e ha negato l’asilo o altre forme di tutela legale a 47.456 persone.
Tra il 1° gennaio e il 28 novembre, sono arrivati nel Paese in totale 24.235 minori non accompagnati. Alla data del 30 settembre, 14.225 minori non accompagnati erano ospitati in comunità protette (si veda la sezione 6, Minori).
Paese d’origine o di transito sicuro: l’Italia aderisce al Regolamento di Dublino dell’Unione Europea e alle sue successive revisioni, che prevedono in linea generale il trasferimento della domanda di asilo al primo Stato membro in cui è arrivato il richiedente asilo, o il rimpatrio del richiedente asilo nel Paese di provenienza, se è giudicato sicuro.
Libertà di movimento: La legge consente alle autorità di trattenere i migranti e i richiedenti asilo in centri di identificazione ed espulsione fino a 90 giorni, se le autorità stabiliscono che rappresentano un pericolo per l’ordine pubblico o c’è il rischio che cerchino di sottrarsi a una sentenza di espulsione o a una condanna detentiva che precede l’espulsione. Nel 2015, circa 400 stranieri erano detenuti in 9 centri; oltre il 25 per cento di loro ha presentato domanda d’asilo.
Impiego: i richiedenti asilo possono lavorare legalmente per due mesi dopo la presentazione della domanda d’asilo. I datori di lavoro continuano a operare discriminazioni contro i non cittadini nel mercato del lavoro, approfittando dell’insufficiente applicazione delle disposizioni legali che tutelano i non cittadini dallo sfruttamento.
Accesso ai servizi di base: le autorità hanno allestito centri temporanei per ospitare immigrati di diversa provenienza, tra cui figurano anche rifugiati e richiedenti asilo, ma non sono riuscite a tenere il passo con l’elevato numero di arrivi e l’incremento del numero di domande di asilo. Il sistema di centri di accoglienza e strutture per richiedenti asilo è stato messo a dura prova. Alla data del 7 dicembre, più di 175.100 persone erano ospitate in diversi siti in tutto il Paese. Il 13 per cento circa era ospitato in centri gestiti direttamente dalle autorità locali, generalmente considerati di alta qualità, mentre il resto alloggiava in centri di qualità molto variabile, che includono strutture riadattate come ex scuole, caserme militari e appartamenti in edifici residenziali. Alcune organizzazioni non governative hanno denunciato che migliaia di stranieri con e senza permesso di soggiorno, tra cui migranti e rifugiati, vivevano in edifici abbandonati a Roma e in altre grandi città e avevano un accesso limitato ai servizi pubblici. La stampa ha denunciato casi di cure mediche insufficienti, strutture inadeguate e sovraffollate e mancanza di accesso a servizi di consulenza legale e all’istruzione di base. Rappresentanti dell’UNHCR, dell’OIM e di altre organizzazioni umanitarie hanno denunciato condizioni di vita inumane in alcuni centri di accoglienza, in particolare per via del sovraffollamento.
Soluzioni durature: il Governo in generale ha cercato di garantire l’integrazione e il reinsediamento dei rifugiati, con risultati altalenanti. Gli sforzi delle autorità per integrare i rifugiati nella società italiana sono limitati; inoltre, l’elevato tasso di disoccupazione riduce le possibilità di trovare un impiego legale per molti rifugiati. Il Governo ha distribuito i richiedenti asilo nelle diverse aree del Paese e ha garantito loro alloggio e servizi in attesa che venga presa in esame la loro richiesta, oltre a servizi di insediamento dopo la concessione dell’asilo. Il Governo, in collaborazione con l’OIM, ha aiutato i migranti e i rifugiati che hanno scelto di tornare nel loro Paese d’origine. Le Commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale impiegano tra i 6 e i 15 mesi, a seconda della regione, per prendere in esame le richieste di asilo. Se si tiene conto anche degli appelli, la procedura può durare fino a due anni.
A luglio, l’OIM ha insediato nel Paese 12 famiglie di rifugiati sudanesi, per un totale di 48 persone, nel quadro dei primi spostamenti dal Sudan basati sul sistema di quote per il reinsediamento di rifugiati adottato dal Governo nel 2015.
Protezione temporanea: il Governo ha offerto protezione anche a individui privi dei requisiti per richiedere asilo. Tra gennaio e ottobre, il Governo ha garantito protezione umanitaria a 15.001 persone e protezione sussidiaria a 9.356 persone.
Sezione 3. Libertà di partecipare al processo politico
La Costituzione garantisce ai cittadini la possibilità di scegliere il proprio Governo attraverso elezioni a scadenze periodiche, libere e corrette, con voto segreto e basate su un suffragio universale e paritario.
Elezioni e partecipazione politica
Elezioni recenti: gli osservatori internazionali hanno giudicato le elezioni parlamentari del 2013 libere e corrette.
Partecipazione delle donne e delle minoranze: nessuna legge limita la partecipazione delle donne e dei membri delle minoranze al processo politico, e vi prendono effettivamente parte.
Sezione 4. Corruzione e mancanza di trasparenza nell’amministrazione pubblica
La legge prevede sanzioni penali per la corruzione dei pubblici ufficiali e in generale il Governo applica queste leggi in modo efficace, ma a volte i pubblici ufficiali coinvolti in attività corruttive restano impuniti. Sono stati registrati casi di corruzione nel corso dell’anno.
Corruzione: secondo l’Autorità nazionale anticorruzione, nel 2015 i cittadini hanno denunciato 3.000 casi di corruzione e oltre 1.400 casi di “insufficiente trasparenza” di uffici pubblici. La Guardia di finanza ha annunciato che nel 2015 ha arrestato 177 persone e ne ha indagate altre 3.000 circa per abuso di potere (56 per cento dei casi), corruzione (23 per cento dei casi) e truffa (21 per cento dei casi). Inoltre, ha denunciato irregolarità nell’esecuzione di quasi il 30 per cento degli appalti pubblici sottoposti a verifica nel 2015.
Il 29 giugno, la procura di Roma ha annunciato un’indagine su 78 persone, fra cui 11 funzionari pubblici, 3 esponenti politici locali e un leader di una comunità rom, nell’ambito di un caso di corruzione riguardante la gestione dei campi per famiglie rom finanziati dal Comune di Roma.
Trasparenza finanziaria: i parlamentari hanno l’obbligo di divulgare la propria situazione patrimoniale e il proprio reddito. Ogni Camera ha creato sul proprio sito web un bollettino accessibile al pubblico che contiene informazioni su ogni parlamentare, previo consenso dell’interessato alla pubblicazione online. La legge stabilisce che i presidenti di ciascuna Camera possono ordinare ai parlamentari che non ottemperano a tale obbligo di presentare le dichiarazioni nell’arco di 15 giorni, ma non prevede altre sanzioni. La situazione patrimoniale dei ministri dev’essere pubblicata online.
Accesso dei cittadini alle informazioni: la legge garantisce ai cittadini il diritto di accedere ai documenti pubblici e di essere informati sulle procedure amministrative. Tranne alcune eccezioni legate a problematiche di sicurezza, il Governo e gli enti locali rispettano tale diritto, sia per i cittadini italiani sia per gli stranieri e la stampa estera. La legge viene applicata in modo efficace, ma di solito le risposte arrivano con notevole ritardo.
Sezione 5. Atteggiamento del Governo riguardo a inchieste internazionali e di organizzazioni non governative su presunte violazioni dei diritti umani
Le varie organizzazioni nazionali e internazionali per i diritti umani in generale svolgono la loro attività senza alcuna restrizione da parte del Governo, indagando e pubblicando quello che scoprono riguardo a casi di violazioni dei diritti umani. I funzionari pubblici hanno un atteggiamento collaborativo nei confronti di questi gruppi e prestano attenzione ai loro pareri.
Organismi dello Stato per la difesa dei diritti umani: il Comitato interministeriale dei diritti dell’uomo del ministero degli Affari esteri e la Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani del Senato della Repubblica si occupano di casi internazionali e di casi nazionali di alto profilo. L’Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali (UNAR) del dipartimento per le Pari opportunità della Presidenza del consiglio dei ministri assiste le vittime di discriminazioni. In un rapporto sul Paese pubblicato il 7 giugno, la Commissione europea contro il razzismo e l’intolleranza (ECRI) ha criticato il Governo per il mancato rispetto dell’indipendenza dell’UNAR e per non aver fornito questo ente delle risorse adeguate per intervenire su casi di discriminazione.
Sezione 6. Discriminazioni e abusi da parte della società e traffico di persone
Donne
Stupri e violenze domestiche: la pena prescritta per lo stupro, incluso lo stupro coniugale, va dai 5 ai 12 anni di reclusione. La legge considera reato penale i maltrattamenti fisici ai danni di una donna anche se a commetterli sono dei familiari, persegue penalmente gli autori di violenze contro le donne e protegge l’identità delle donne coinvolte. Le tutele giuridiche contro le violenze all’interno della famiglia consentono, per i casi urgenti, la presentazione di un’istanza di parte presso un tribunale civile. Le forze dell’ordine e le autorità giudiziarie perseguono i responsabili di violenze contro le donne, ma le vittime spesso rifiutano di sporgere denuncia per paura, vergogna o ignoranza della legge. Una legge che riguarda specificamente lo stalking prevede, fra le altre cose, la detenzione obbligatoria per atti di violenza sessuale, anche quando a commetterli è il partner. La legge lascia ai Comuni la responsabilità di garantire una residenza protetta alle vittime, ma alcuni Comuni non mettono a disposizione fondi sufficienti a tale scopo.
Tra marzo 2014 e marzo 2015, le autorità hanno ricevuto 3.624 denunce di episodi di violenza sessuale, nel 91 per cento dei casi contro donne, e 11.223 denunce di episodi di violenza domestica, nell’82 per cento dei casi contro donne. Secondo uno studio del centro di ricerca indipendente Demoskopica pubblicato a marzo, tra il 2010 e il 2014 ci sono stati quasi 23.000 casi di violenza contro donne, 6.000 dei quali contro minorenni. Tra gennaio 2015 e maggio 2016, 155 donne sono state uccise dal proprio partner o da un ex partner. Le forze dell’ordine hanno arrestato 22.000 persone accusate di questi reati.
Il dipartimento per le Pari opportunità gestisce un numero verde per le vittime di violenze che cercano assistenza immediata e un rifugio temporaneo, e anche un numero verde per vittime di stalking. Tra gennaio e giugno, il dipartimento ha ricevuto circa 16.600 chiamate, il 90 per cento delle quali da parte di donne. Tra gennaio e luglio, secondo i dati del ministero dell’Interno, sono state presentate 9.875 denunce per stalking, nel 78 per cento dei casi contro uomini. Le forze dell’ordine hanno preso misure contro 1.385 stalker, e in 285 casi hanno ordinato loro di lasciare il Comune dove risiede la vittima.
Mutilazioni genitali femminili: le mutilazioni genitali femminili rappresentano un problema in alcune comunità di immigrati. Sono un reato punibile con pene fino a 12 anni di reclusione. La maggior parte delle mutilazioni sono state eseguite al di fuori del Paese. Alcune delle vittime sono state sottoposte a infibulazione per mano di parenti, molto spesso senza anestesia o con l’utilizzo di bisturi rudimentali. Secondo gli esperti, l’incremento del numero di arrivi dal Gambia, dalla Nigeria, dal Sudan e dal Senegal ha prodotto un incremento del numero di vittime di mutilazioni genitali femminili nelle comunità di immigrati e rifugiati, ma non sono disponibili dati statistici. Il dipartimento per le Pari opportunità ha attivato un numero verde per le vittime e altre parti coinvolte che vogliono richiedere il supporto delle autorità e delle organizzazioni non governative.
Molestie sessuali: i casi minori di molestie sessuali verbali in pubblico sono punibili con la reclusione fino a 6 mesi e un’ammenda fino a 516 euro. Il Governo fa rispettare efficacemente la legge. Secondo un decreto del Governo, gli abusi emotivi basati sulla discriminazione di genere costituiscono un reato; molte vittime, tuttavia, non sporgono denuncia. Le forze dell’ordine indagano sulle denunce di molestie presentate alle autorità.
Diritti riproduttivi: le coppie e i singoli individui hanno il diritto di scegliere quanti figli avere, a che distanza l’uno dall’altro e quando averli, gestiscono la loro salute riproduttiva e dispongono delle informazioni e degli strumenti in tal senso, senza discriminazioni, coercizioni e violenze.
Discriminazioni: la legge attribuisce alle donne gli stessi diritti degli uomini. Il governo fa rispettare le leggi vietando ogni forma di discriminazione in tutti i settori. Sono stati registrati casi di discriminazioni contro le donne nell’impiego e nella professione.
Minori
Iscrizione all’anagrafe: un bambino ottiene automaticamente la cittadinanza italiana se è figlio di cittadini italiani, se nasce in territorio italiano da genitori ignoti o apolidi o se è figlio di genitori stranieri il cui Paese di origine non riconosce la cittadinanza a un bambino nato all’estero. La cittadinanza è inoltre garantita se il bambino viene abbandonato sul suolo italiano e in caso di adozione. Gli enti locali registrano immediatamente tutte le nascite. I minori non accompagnati che entrano nel Paese ricevono automaticamente un permesso di soggiorno.
Abusi ai danni dei minori: nel 2014, il Telefono Azzurro, un’organizzazione non governativa che difende i diritti dei minori, ha ricevuto chiamate di denuncia per un totale di 2.680 casi di abusi ai danni dei minori e 116 casi di bambini scomparsi. Altri 2.067 casi sono stati segnalati a un numero verde del dipartimento per le Pari opportunità gestito dal Telefono Azzurro.
Matrimoni precoci e matrimoni forzati: l’età minima prescritta dalla legge per potersi sposare è 18 anni, ma i tribunali minorili possono autorizzare il matrimonio di minori che abbiano compiuto almeno 16 anni. Secondo le organizzazioni non governative, centinaia di donne sono state vittime di matrimoni forzati, specialmente all’interno delle comunità di immigrati provenienti da Asia e Africa.
Mutilazioni genitali femminili: si veda la sezione dedicata alle donne più sopra.
Sfruttamento sessuale ai danni di minori: le autorità fanno rispettare le leggi che proibiscono lo sfruttamento sessuale, la vendita di minori, l’offerta o l’induzione di un minore alla prostituzione e le pratiche legate alla pedopornografia. Gli osservatori indipendenti e il Governo stimano che siano almeno 2.500 i minori stranieri vittime di sfruttamento sessuale. Nel 2015 le autorità hanno arrestato 68 persone accusate di sfruttamento di minorenni a fini di prostituzione, e ne hanno indagate altre 370.
Tra gennaio 2015 e il 12 aprile, il Centro nazionale per il contrasto alla pedopornografia, un’unità speciale del Servizio della polizia postale e delle comunicazioni della Polizia di Stato, ha monitorato 23.981 siti web, e per 1.849 di essi ha disposto la chiusura. Le autorità hanno denunciato alla magistratura 574 persone e ne hanno arrestate 79 per reati legati alla pedopornografia su internet. Il 23 agosto la polizia, in collaborazione con l’Europol e le autorità di 24 Stati membri dell’Unione Europea, ha arrestato 75 persone sospettate di aver creato una rete internazionale per la condivisione di pedopornografia e ne ha messe altre 100 sotto inchiesta.
L’età minima per avere rapporti sessuali consensuali varia dai 13 ai 16 anni, in base al rapporto fra i partner.
Minori sfollati: il ministero dell’Interno ha riferito che tra gennaio e il 10 ottobre sono arrivati nel Paese circa 10.300 minori non accompagnati. Alla data del 31 agosto, circa 8.900 di loro erano ospitati in comunità protette. Il 23 per cento del totale era costituito da egiziani, il 15 per cento da albanesi e il 10 per cento da gambiani.
Sottrazione internazionale di minori: il Paese aderisce alla Convenzione dell’Aja del 1980 sugli aspetti civili della sottrazione internazionale di minori. Si veda l’Annual Report on International Parental Child Abduction del dipartimento di Stato all’indirizzo: https://travel.state.gov/content/childabduction/en/legal/compliance.html
Antisemitismo
In Italia risiedono approssimativamente 30.000 ebrei. I pregiudizi antisemiti nella società perdurano. Alcuni gruppi estremisti si sono resi responsabili di dichiarazioni e azioni antisemite, fra cui atti vandalici e pubblicazione di materiale antisemita su internet.
L’Osservatorio antisemitismo della Fondazione Centro di documentazione ebraica contemporanea ha riferito che il 22 maggio, a Milano, una persona di identità ignota ha colpito con un pugno un boyscout ebraico dopo aver gridato insulti antisemiti contro un gruppo di scout.
Nel rapporto Spring 2016 Global Attitudes Survey, pubblicato l’11 luglio, il Pew Research Center ha riferito che il 24 per cento dei partecipanti italiani al sondaggio aveva un’opinione negativa della minoranza ebraica, contro il 69 per cento che aveva un’opinione negativa dei musulmani e l’82 per cento che aveva un’opinione negativa dei rom. Lo scopo principale del rapporto era analizzare i sentimenti dell’opinione pubblica rispetto alle migrazioni e al terrorismo, ma ha evidenziato l’esistenza di percezioni negative nei confronti di altri gruppi minoritari in tutto il continente.
Slogan e scritte antisemite sono comparsi in alcune città, fra cui Roma e Viareggio. L’incitamento all’odio su internet e gli atti di bullismo sono le forme più comuni di aggressioni antisemite, secondo il Centro di documentazione ebraica contemporanea.
Traffico di persone
Si veda il Trafficking in Persons Report del Dipartimento di Stato all’indirizzo http://www.state.gov/j/tip/rls/tiprpt.
Persone con disabilità
La legge vieta le discriminazioni contro persone affette da disabilità fisiche, sensoriali, intellettuali e mentali nel mondo del lavoro, nell’istruzione, nel trasporto aereo e in altri tipi di trasporto, nell’accesso all’assistenza sanitaria, nel sistema giudiziario e nell’erogazione di altri servizi pubblici. Il Governo fa rispettare con efficacia tali disposizioni, ma sono stati registrati episodi di discriminazione da parte della società e nell’impiego.
Anche se la legge impone di garantire l’accesso agli edifici pubblici per le persone con disabilità, le barriere fisiche, in particolare nel trasporto pubblico, continuano a rappresentare un problema, specialmente al Sud. Molte città mancano delle infrastrutture necessarie (ascensori nelle stazioni della metro, stazioni funicolari e rampe di accesso sui marciapiedi) per persone costrette su una carrozzella o con mobilità ridotta. In molti casi, i Comuni garantiscono servizi di trasporto gratuito per le persone con disabilità che ne fanno richiesta.
Minoranze nazionali/razziali/etniche
Le violenze e le discriminazioni da parte della società contro le popolazioni rom, sinti e camminanti, e altre minoranze etniche, continuano a costituire un problema. Nel suo rapporto del 7 giugno, l’ECRI ha affermato: “La legge non considera reato penale le discriminazioni basate sul colore della pelle o sulla lingua, e le sanzioni previste non sempre sono una risposta efficace, proporzionata e dissuasiva ai reati che coinvolgono razzismo e discriminazione razziale”. Nel 2014, l’UNAR ha ricevuto 252 denunce di presunte discriminazioni basate sulla razza o l’etnia: in 99 casi, la magistratura ha aperto un’indagine sui presunti autori. Sono stati registrati casi di discriminazioni basate sulla razza o l’etnia nella professione e nell’impiego.
La stampa e le organizzazioni non governative hanno riportato casi di attacchi demagogici, aggressioni violente, sgomberi forzati di accampamenti abusivi, vessazioni da parte delle autorità comunali e tentativi da parte delle autorità pubbliche di togliere i bambini rom ai loro genitori. Nel suo rapporto del 7 giugno, l’ECRI ha espresso preoccupazione per la mancanza di uniformità nell’integrazione delle comunità straniere e rom e per i ritardi nell’implementazione della strategia nazionale per l’inclusione di rom, sinti e camminanti, del 2012. In particolare, ha riscontrato che la segregazione delle comunità rom in appositi campi e l’inadeguatezza delle condizioni di vita nei campi suddetti costituiscono una violazione dei diritti umani. L’ECRI ha citato un rapporto dell’UNAR e dell’Associazione nazionale dei Comuni italiani (ANCI) pubblicato nell’ottobre del 2015, in cui si segnala che quasi l’80 per cento dei rom nelle grandi città vive in accampamenti, il 36 per cento dei quali abusivi. L’organizzazione non governativa Comunità di Sant’Egidio ha calcolato che i rom concentrati ai margini delle aree urbane, nel Centro e nel Sud del Paese, sarebbero tra i 120.000 e i 170.000, compresi 70.000 in possesso della cittadinanza italiana.
Secondo l’organizzazione non governativa Associazione 21 Luglio, l’alloggio rimane un problema grave per 35.000 rom, quasi tutti nati all’estero. Alcuni di loro, compresi anziani e persone con disabilità, sono stati evacuati da accampamenti illegali dalle autorità locali, che non sempre hanno messo a disposizione alloggi adeguati. Il 24 giugno, Amnesty International e altre organizzazioni non governative hanno condannato il trasferimento da parte delle autorità locali di 75 famiglie rom (circa 300 persone) da un campo a Giugliano, vicino Napoli, a un’ex fabbrica di fuochi d’artificio (che era esplosa nel 2015). Le autorità hanno deciso di chiudere il campo originario, creato nel 2013, dopo che era venuto alla luce che era stato costruito nei pressi di una discarica di rifiuti tossici. Amnesty International ha sostenuto che la decisione rappresentava un caso di sgombero forzato perché il Comune non aveva consultato le famiglie prima di trasferirle nel nuovo insediamento, che mancava di strutture adeguate. Amnesty International ha riferito che un rappresentante dell’amministrazione locale ha chiesto ai proprietari di roulotte e veicoli ricreativi di metterli a disposizione come spazio abitativo per alcune famiglie, e che il nuovo insediamento disponeva soltanto di due gabinetti portatili e quattro fontanelle di acqua potabile. Altre famiglie hanno dovuto dormire dentro automobili o in ripari di fortuna.
Esponenti del Governo e amministratori locali, tra cui rappresentanti del ministero dell’Interno e dell’UNAR, si incontrano periodicamente con i rom e i loro rappresentanti.
In una lettera indirizza al presidente del consiglio Matteo Renzi, il 26 gennaio, Nils Muižnieks, commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa, ha espresso preoccupazione per i persistenti sgomberi forzati di rom, sinti e camminanti, in violazione degli impegni internazionali assunti dall’Italia e delle leggi nazionali.
Il 17 marzo, un tribunale di Roma ha riconosciuto il diritto alla cittadinanza di una donna rom di origine bosniaca nata in Italia. Il tribunale ha stabilito che la donna, essendo minorenne, non poteva essere considerata responsabile di non ottemperare ai requisiti per la concessione della cittadinanza, e che aveva pertanto il diritto di chiedere la cittadinanza italiana al compimento dei 18 anni.
Atti di violenza, discriminazioni e altri abusi basati sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere
Esistono leggi contro la discriminazione e si applicano specificamente alle persone lesbiche, gay, bisessuali, transgender e intersessuali vittime di reati omofobici e transfobici. Amnesty International sostiene che le pene per i reati generati dall’odio basati sull’orientamento sessuale e l’identità di genere non sono le stesse previste per altri tipi di reati d’odio. Non esiste alcuna disposizione di legge che consideri l’orientamento sessuale della vittima una circostanza aggravante nei reati generati dall’odio.
La stampa ha riportato casi isolati di violenze contro coppie di gay e lesbiche avvenute nel corso dell’anno. Secondo l’organizzazione non governativa Arcigay, tra il maggio del 2015 e il maggio del 2016, i mezzi di informazione hanno riportato almeno 104 casi di discriminazione contro persone lesbiche, gay, bisessuali, transgender e intersessuali. Il 3 giugno, la stampa locale ha riferito che un padre, ad Alba, aveva aggredito il partner di suo figlio e un altro amico, ferendoli gravemente. La stampa ha attribuito l’aggressione all’omofobia.
Dal 2006, la Gay Help Line, un’organizzazione non governativa che gestisce un numero verde che offre supporto alle persone lesbiche, gay, bisessuali, transgender e intersessuali, ha ricevuto in media 20.000 chiamate l’anno. Circa il 20 per cento dei chiamanti con meno di 25 anni era minorenne, mentre il 75 per cento ha raccontato di problemi a scuola e con la propria famiglia. La maggior parte dei chiamanti adulti (il 38 per cento) ha denunciato casi di discriminazione sul lavoro, mentre il 30 per cento ha denunciato episodi di violenza ai propri danni.
L’11 maggio, il Parlamento ha adottato un provvedimento che istituisce unioni civili legali per coppie dello stesso sesso.
Sezione 7. Diritti dei lavoratori
a. Libertà di associazione e diritto alla contrattazione collettiva
La legge, inclusi i regolamenti e i relativi statuti, sancisce il diritto dei lavoratori di costituire organizzazioni sindacali indipendenti e di aderirvi, di condurre contrattazioni collettive e di convocare scioperi nell’ambito della legge. Il Governo rispetta tali diritti. La discriminazione antisindacale è illegale e i lavoratori licenziati per attività sindacali hanno il diritto di chiedere il reintegro, a patto che il loro datore di lavoro abbia più di 15 dipendenti in un reparto o più di 60 in tutto il Paese.
La legge proibisce di costituire organizzazioni sindacali all’interno delle forze armate e consente agli accordi contrattuali a livello aziendale e territoriale di discostarsi dai contratti collettivi nazionali di settore che regolano i diritti e le condizioni di lavoro. Per gli scioperi che riguardano servizi pubblici essenziali (come trasporti, servizi igienico-sanitari e sanità), la legge stabilisce l’obbligo di fornire un preavviso maggiore e il divieto di scioperi multipli, a pochi giorni di distanza l’uno dall’altro. Nel settore del trasporto pubblico, la legge consente lo sciopero solo se le sigle sindacali che lo convocano rappresentano almeno il 50 per cento della forza lavoro.
Il Governo fa rispettare efficacemente queste leggi. I datori di lavoro che violano la legge sono soggetti ad ammende fino a 50.000 euro e alla reclusione fino a 3 mesi, o entrambe le cose. Queste sanzioni in genere rappresentano un deterrente sufficiente a scoraggiare le violazioni, anche se le procedure amministrative e giudiziarie a volte sono soggette a lunghi ritardi. I giudici hanno efficacemente sanzionato alcuni casi di violazioni.
Lo Stato e i datori di lavoro in generale rispettano la libertà di associazione e il diritto di condurre contrattazioni collettive. I datori di lavoro in generale rispettano il diritto dei lavoratori di organizzarsi e di condurre contrattazioni collettive, anche se sono stati registrati casi in cui hanno annullato unilateralmente accordi contrattuali. I datori di lavoro continuano a usare contratti a tempo determinato e subappalti per evitare di assumere lavoratori con diritto alla contrattazione collettiva.
b. Divieto di lavoro forzato o coatto
La legge vieta qualsiasi forma di lavoro forzato o coatto e il Governo fa rispettare con efficacia la legge. Le risorse e le ispezioni in generale sono adeguate. Le pene, che vanno dagli 8 ai 20 anni di reclusione, sono sufficientemente severe. Le condanne effettivamente comminate per lavoro forzato e coatto sono notevolmente più basse di quelle previste dalla legge.
Nel corso dell’anno sono stati registrati casi di lavoro forzato. Nell’edilizia, nei servizi domestici, negli alberghi, nei ristoranti e nel settore agricolo, soprattutto al Sud, sono stati registrati casi di servitù per debiti. Sono stati registrati casi di uomini e donne cinesi costretti a lavorare in stabilimenti tessili e persone con disabilità provenienti da Romania e Albania obbligate a mendicare. Il 30 maggio, le forze dell’ordine hanno fornito assistenza a tre rumeni che erano fuggiti da un recinto all’interno di un allevamento di pecore in provincia di Sassari, dove, a quanto affermavano, erano trattati come schiavi. Secondo i servizi comparsi sulla stampa, il datore di lavoro aveva sequestrato i telefoni cellulari dei lavoranti, li aveva costretti a vivere in un recinto senza riscaldamento insieme agli animali e li aveva sottoposti a maltrattamenti fisici.
Il 18 maggio, il Parlamento ha approvato una legge che inasprisce le pene per gli intermediari illeciti (“caporali”) e le imprese che sfruttano i lavoratori nel settore agricolo. In particolare, nuove misure specificano le condizioni in cui si può parlare di sfruttamento dei braccianti e includono programmi speciali a sostegno dei lavoratori stagionali impiegati nell’agricoltura.
Sono stati registrati anche casi di bambini vittime di lavoro forzato (si veda la sezione 7.c).
Si veda anche il Trafficking in Persons Report del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti d’America all’indirizzo www.state.gov/j/tip/rls/tiprpt.
c. Divieto di lavoro minorile ed età lavorativa minima
La legge proibisce di assumere minori al di sotto dei 16 anni di età. Per i minori sono previste restrizioni specifiche all’impiego in lavori rischiosi o pericolosi per la salute, come le attività che implicano la potenziale esposizione a sostanze e gas pericolosi, l’estrazione mineraria, i lavori di scavo e il lavoro con apparati di sollevamento ad alimentazione elettrica. Le pene per chi assume manodopera minorile includono pesanti ammende a carico del datore di lavoro o la sospensione delle attività commerciali dell’azienda. Il Governo in generale riesce ad applicare efficacemente queste leggi nel settore dell’economia legale. L’applicazione è inefficace nel settore, relativamente ampio, dell’economia sommersa, specialmente al Sud, dove sono comuni le imprese a conduzione familiare.
Sono stati registrati casi di lavoro minorile nel corso dell’anno. Il numero di migranti clandestini tra i 15 e i 18 anni di età che entrano nel Paese da Libia ed Egitto è aumentato. Quelli che entrano nel mercato del lavoro sommerso lavorano principalmente nel settore manifatturiero e nei servizi. Nel 2015 l’Ispettorato del lavoro ha denunciato 187 casi di minori che lavoravano illegalmente, nella maggioranza dei casi (il 63 per cento) nel settore dei servizi.
Il ministero del Lavoro e delle politiche sociali, in collaborazione con la Polizia di Stato e i Carabinieri, ha il compito di far rispettare le leggi sul lavoro minorile, ma i suoi sforzi hanno prodotti risultati limitati. Alla data del 30 settembre, il ministero dell’Interno aveva identificato 14.225 minori non accompagnati nel Paese, 6.357 dei quali erano fuggiti dalle strutture in cui erano ospitati. Fra quelli assistiti, il 94 per cento era di sesso maschile e circa l’81 per cento aveva fra i 16 e i 17 anni di età. I primi tre Paesi di origine per i lavoratori minorenni sono Egitto, Albania ed Eritrea.
Il ministero del Lavoro e delle politiche sociali è consapevole che i minori non accompagnati corrono rischi maggiori di essere avviati al lavoro minorile e si impegna per impedire che vengano sfruttati collocandoli in comunità protette che garantiscano loro istruzione e altri servizi.
d. Discriminazioni nell’impiego e nella professione
La legge proibisce le discriminazioni nell’impiego basate su razza, colore della pelle, sesso, religione, idee politiche, origine nazionale o cittadinanza, origine sociale, disabilità, orientamento sessuale o identità di genere, età, lingua, condizione di sieropositività o altre malattie trasmissibili. La legge stabilisce che a parità di lavoro vada corrisposto lo stesso salario. Il Governo fa rispettare efficacemente la legge imponendo multe sufficienti a scoraggiare le violazioni.
Sono stati registrati casi di discriminazioni nell’impiego basate sulla razza o l’etnia. I sindacati hanno criticato il Governo per non aver fornito all’UNAR le risorse sufficienti per intervenire in tutti i casi di discriminazione, e per la mancanza di misure legali adeguate ad affrontare nuove tipologie di discriminazione.
Sono stati registrati anche casi di discriminazioni basate sul genere, la religione, la disabilità, l’orientamento sessuale e l’identità di genere. Il Governo ha portato avanti campagne informative per promuovere la diversità e la tolleranza, anche sul luogo di lavoro.
In molti casi le vittime di discriminazioni non sono disposte a richiedere le forme di tutela offerte dalle leggi sul lavoro o dai contratti collettivi. Le donne sono sottorappresentate nei vertici della magistratura giudicante e inquirente. Il Consiglio superiore della magistratura ha riferito che tra il settembre 2014 e il 9 marzo solo un quarto delle nuove nomine di alti magistrati e procuratori sono andate a donne, nonostante siano oltre la metà di tutti i magistrati giudicanti e inquirenti. La Commissione nazionale per le società e la Borsa (CONSOB) ha riferito che nel 2015 le donne rappresentavano circa il 28 per cento dei consiglieri di amministrazione delle società quotate in Borsa. Secondo i dati di EUROSTAT, i salari percepiti dalle donne, per lavori analoghi, mediamente sono più bassi del 7,3 per cento di quelli degli uomini.
e. Condizioni di lavoro accettabili
La legge non stabilisce un salario minimo, ma i contratti collettivi di lavoro negoziati tra i sindacati e i datori di lavoro hanno fissato dei minimi salariali per diversi settori economici. Nel 2015, il Governo ha fissato la soglia di povertà ufficiale a 1.050,95 euro al mese per una famiglia di due persone. Per legge, la settimana lavorativa è di 40 ore. Gli straordinari non possono andare oltre le 2 ore al giorno, o una media di 12 ore a settimana. A meno che un contratto collettivo non disponga diversamente, la legge stabilisce che nel settore industriale lo straordinario non possa superare le 80 ore a trimestre e le 250 ore all’anno. La legge vieta gli straordinari forzati e prevede ferie annue retribuite, impone periodi di riposo pari a 1 giorno a settimana e 11 ore al giorno, prevede una retribuzione maggiore per gli straordinari e fissa i parametri di base per la salute e la sicurezza del lavoro, nonché le linee guida per gli indennizzi in caso di infortuni sul lavoro. La legge proibisce lo sfruttamento della manodopera e l’intermediazione illecita.
Il Governo, con il costante stimolo dei sindacati, fa rispettare efficacemente tali parametri nel settore dell’economia legale. Nel settore dell’economia sommersa, le leggi sul lavoro vengono fatte rispettare solo in parte. L’organismo incaricato dell’applicazione norme è il ministero del Lavoro e delle politiche sociali.
Le risorse, le ispezioni e le sanzioni pecuniarie in generale sono adeguate a garantire il rispetto della legge solo nel settore dell’economia legale. Le sanzioni per le violazioni includono la reclusione fino a 6 mesi e ammende fino a 6.400 euro, ma non sono sufficienti a scoraggiare integralmente le violazioni. Nel 2015, un numero adeguato di ispettori del lavoro (3.119) e agenti dei Carabinieri (324) hanno condotto ispezioni in 145.697 aziende, individuando 41.570 lavoratori non dichiarati, 1.716 immigrati clandestini e 187 lavoranti al di sotto dei limiti di età consentiti. In 10.200 casi, gli ispettori hanno riscontrato violazioni della normativa sull’orario di lavoro e hanno sospeso 7.100 aziende dove almeno un quinto dei dipendenti lavorava senza un contratto formale.
Nel 2015, la Guardia di finanza ha individuato 12.400 lavoratori non in regola e 11.300 lavoratori in nero, una parte dei quali, soprattutto immigrati senza permesso di soggiorno e richiedenti asilo, era vittima di sfruttamento. I lavoratori in nero erano spesso sottopagati, lavoravano in condizioni anti-igieniche o erano esposti a rischi per la sicurezza. Prassi di questo tipo interessano soprattutto il settore dei servizi, l’edilizia e l’agricoltura.
Il 12 settembre, un centro di ricerca indipendente, il CGIA, ha stimato in 3,5 milioni il numero di lavoratori non in regola nel Paese, di cui il 45 per cento impiegato come colf e badanti, il 18 per cento come braccianti agricoli, il 16 per cento in bar e ristoranti e il 15 per cento nell’edilizia.
A gennaio, il centro di ricerca indipendente Eurispes ha riferito che il 28 per cento dei lavoratori intervistati aveva accettato un impiego senza un regolare contratto. A lavorare sulla base di accordi informali o irregolari erano in particolare babysitter (80 per cento), insegnanti di ripetizione (79 per cento) e colf (72 per cento).
Secondo i sindacati, nel settore dell’agricoltura la maggior parte dei lavoratori è a rischio di sfruttamento. Nel 2015, il ministero del Lavoro e delle politiche sociali ha condotto altre 8.662 ispezioni nelle regioni meridionali, individuando 2.524 lavoratori non in regola e 3.629 lavoratori in nero; in 459 casi ha disposto la chiusura delle attività produttive. Nel 2015, i Carabinieri hanno arrestato due reclutatori accusati di sfruttare i lavoratori, e ne hanno messi altri 14 sotto indagine.
A maggio, l’Osservatorio Placido Rizzotto, della FLAI-CGIL, ha denunciato che circa 100.000 lavoratori stranieri erano assunti illegalmente nel settore agricolo e in molti casi sfruttati da intermediari illeciti (“caporali”). La maggior parte di questi lavoratori non disponeva di alloggi adeguati. Secondo il ministero del Lavoro e delle politiche sociali, il divario tra i salari dei cittadini italiani e quelli degli stranieri che lavorano nel Paese è mediamente di circa il 25 per cento.
In alcune aree della Calabria, della Puglia, della Campania e della Sicilia sono stati registrati numeri elevati di lavoratori stranieri in nero che vivono e lavorano, in via temporanea o permanente, in condizioni inadeguate o insicure.
L’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL) ha dichiarato che in genere i lavoratori sono in grado di rifiutare condizioni che possono rappresentare un rischio per la salute o la sicurezza senza mettere in pericolo il mantenimento del posto di lavoro, e le autorità tutelano i lavoratori in questa situazione.