Rapporto 2018 sul rispetto dei diritti umani – Italia

aprile 2019
Rapporto sul rispetto dei diritti umani – Italia
(available in English)

SINTESI

La Repubblica italiana è una democrazia multipartitica, con un Parlamento bicamerale composto dalla Camera dei deputati e dal Senato. La Costituzione attribuisce il potere esecutivo al Consiglio dei ministri, guidato dal presidente del Consiglio. Il presidente della Repubblica, che è il capo dello Stato, nomina il presidente del Consiglio dopo un giro di consultazioni con i leader di tutti i partiti politici rappresentati in Parlamento. Gli osservatori internazionali hanno giudicato le elezioni parlamentari nazionali del 4 marzo 2013 libere e corrette.

Le autorità civili esercitano un controllo effettivo sulle forze di sicurezza.

Fra le problematiche relative ai diritti umani figurano l’abuso delle cause per diffamazione a mezzo stampa, i reati che coinvolgono atti di violenza rivolti contro esponenti di gruppi minoritari e il ricorso al lavoro forzato, coatto o minorile.

Lo Stato indaga, persegue penalmente e punisce i funzionari pubblici che commettono violazioni dei diritti umani.

Sezione 1. Rispetto dell’integrità della persona, inclusa la garanzia di non incorrere in:

a. Esecuzioni arbitrarie e altre uccisioni illegali o dettate da motivazioni politiche

Non sono stati registrati casi di esecuzioni arbitrarie o illegali da parte dello Stato o di suoi rappresentanti.

b. Sparizioni

Non sono stati registrati casi di sparizioni legate a ragioni politiche, a opera o per conto delle autorità pubbliche.

c. Torture e altri trattamenti o punizioni crudeli, inumani o degradanti

La Costituzione e la legge vietano pratiche di questo genere e non sono stati registrati casi di pubblici ufficiali che vi abbiano fatto ricorso.

Condizioni delle prigioni e delle strutture detentive

Le condizioni delle prigioni e delle strutture detentive nella maggior parte dei casi rispettano i parametri internazionali, ma alcune strutture soffrono di gravi problemi di sovraffollamento e vetustà.

Condizioni fisiche: Il problema del sovraffollamento è particolarmente grave in alcune strutture: nei penitenziari di Como, Brescia e Larino (in provincia di Campobasso) è detenuto un numero di persone pari al 200 per cento della capacità. La legge prescrive che i detenuti in attesa di giudizio vengano tenuti separati da quelli che hanno ricevuto una condanna definitiva, ma le autorità in certi casi li mettono nelle stesse sezioni del carcere, secondo l’organizzazione non governativa Associazione Antigone.

Secondo un rapporto pubblicato nel mese di luglio dall’Associazione Antigone, in alcune strutture detentive i detenuti non hanno la possibilità di fare abbastanza attività all’aria aperta e non hanno a disposizione sufficienti opportunità di formazione e lavoro. In alcuni casi estremi, queste limitazioni hanno contribuito a innescare episodi di autolesionismo.

Il 25 ottobre la Corte europea dei diritti dell’uomo ha condannato il Governo italiano per trattamenti inumani e degradanti a danno del capomafia Bernardo Provenzano, di 83 anni, per aver continuato, nel 2016, ad applicare nei suoi confronti il regime di detenzione speciale. Provenzano è morto in prigione quello stesso anno, quattro mesi dopo aver chiesto gli arresti domiciliari.

Amministrazione: le autorità conducono appropriate indagini sulle denunce credibili di maltrattamenti.

Vigilanza indipendente: il Governo consente a organizzazioni indipendenti per la difesa dei diritti umani, ai parlamentari e ai mezzi di informazione di visitare le carceri e i centri di detenzione. Inoltre, garantisce ai rappresentanti dell’Ufficio dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR) e alle organizzazioni non governative l’accesso ai centri di detenzione per migranti e rifugiati, in linea con le procedure normalmente adottate dall’UNHCR.

Miglioramenti: Il 20 agosto il Governo ha adottato tre decreti di riforma del sistema penitenziario, per migliorare la qualità dei servizi sanitari, personalizzare i servizi per i detenuti e facilitare le relazioni con i familiari dei detenuti.

d. Arresti o detenzioni arbitrarie

La Costituzione proibisce gli arresti e le detenzioni arbitrarie e garantisce a ogni individuo il diritto di contestare in tribunale la legalità del proprio arresto o detenzione, e il Governo in generale rispetta queste disposizioni.

Ruolo della polizia e degli apparati di sicurezza

La Polizia di Stato e i Carabinieri hanno il compito di mantenere la sicurezza interna. Nonostante rappresentino una delle cinque suddivisioni delle forze armate, i Carabinieri svolgono anche compiti di polizia civile. Il ministero dell’Interno svolge un ruolo di coordinamento fra la Polizia di Stato e i reparti non militari dei Carabinieri. Le forze armate sono responsabili della sicurezza esterna, ma hanno anche compiti specifici in materia di sicurezza interna, ad esempio per quanto riguarda la sorveglianza degli edifici pubblici. Le altre due forze di polizia sono la Polizia penitenziaria, che gestisce il sistema carcerario, e la Guardia di finanza, il corpo di polizia doganale sottoposto al controllo del ministero dell’Economia e delle finanze.

Le autorità civili esercitano un controllo effettivo sulla Polizia di Stato e i Carabinieri e lo Stato dispone di meccanismi per individuare e sanzionare i casi di abusi. Anche se nel corso dell’anno non sono stati registrati casi di reati impuniti riguardanti le forze di sicurezza, in alcune occasioni il protrarsi delle indagini da parte della magistratura e di altre autorità ha limitato l’efficacia dei meccanismi previsti per indagare e sanzionare gli abusi delle forze dell’ordine.

Procedure di arresto e trattamento dei detenuti

Per arrestare una persona le forze dell’ordine hanno bisogno del mandato di un giudice, tranne nei casi in cui sia in corso un reato o esista un pericolo specifico e immediato a cui far fronte. La legge impone alle autorità di informare un detenuto sulla ragione del suo arresto. Quando le autorità arrestano una persona senza un mandato, un magistrato inquirente è chiamato a decidere, entro 24 ore, se esistono prove sufficienti per richiedere la convalida dell’arresto. A quel punto ha 48 ore per confermare l’arresto e raccomandare l’eventuale rinvio a giudizio. Nei casi di presunta attività terroristica, le autorità possono trattenere i sospettati per 48 ore prima di portare il caso davanti a un magistrato. Questi diritti sono generalmente rispettati.

Non esiste l’istituto della libertà su cauzione; tuttavia, i giudici possono concedere la libertà provvisoria a detenuti in attesa di giudizio. Lo Stato si fa carico dei costi dell’assistenza legale per le persone indigenti. La legge impone alle autorità di consentire a un detenuto di parlare con un avvocato entro 24 ore dall’arresto, o entro 48 ore nel caso di presunte attività terroristiche. In circostanze eccezionali (di solito in casi di criminalità organizzata o quando c’è il pericolo che gli avvocati possano tentare di inquinare le prove) il magistrato inquirente può prendersi fino a 5 giorni per interrogare il sospettato prima che questi abbia la possibilità di parlare con un legale. La legge consente ai familiari dei detenuti di incontrare i loro congiunti.

I cittadini stranieri detenuti non ricevono sistematicamente informazioni sui loro diritti in una lingua che possano comprendere. Secondo il rapporto pubblicato nel 2018 dall’Associazione Antigone, nel 2017 quasi uno straniero arrestato su quattro non ha potuto consultarsi con un avvocato prima di essere interrogato dalle autorità, perché non c’erano interpreti disponibili. La riservatezza degli esami medici dei detenuti non è garantita.

Carcerazione preventiva: la lunghezza della carcerazione preventiva e i tempi lunghi dei processi rappresentano un problema. Le autorità hanno rispettato i termini massimi di carcerazione preventiva, che vanno dai 2 ai 6 anni a seconda della gravità del reato. Secondo gli ultimi dati disponibili forniti dal ministero della Giustizia, alla data del 31 ottobre circa il 17 per cento di tutti i detenuti era in attesa di giudizio, ma in nessun caso la durata della carcerazione preventiva equivaleva o superava le pene massime previste per il presunto reato commesso. Secondo analisti indipendenti e magistrati, la lunghezza dei processi è dovuta al gran numero di casi di droga e immigrazione in attesa di giudizio, alla mancanza di misure di riparazione giudiziaria e alla presenza di un maggior numero di detenuti stranieri, che in alcuni casi non possono essere messi agli arresti domiciliari perché non possiedono una residenza legale; inoltre, c’è un’insufficiente quantità di agenti e risorse, che include la carenza di magistrati e personale giudiziario.

e. Negazione del diritto a un processo pubblico ed equo

La Costituzione garantisce l’indipendenza del potere giudiziario e in generale il Governo rispetta l’indipendenza e l’imparzialità della magistratura. Sono stati registrati casi sporadici di episodi di corruzione giudiziaria che hanno ostacolato la giustizia e casi di indagini condotte per motivazioni politiche. Un numero rilevante di processi subisce lunghi ritardi.

Procedure processuali

La Costituzione garantisce il diritto a un processo pubblico ed equo, e una magistratura indipendente in generale fa rispettare tale diritto. La legge garantisce la presunzione di innocenza e il diritto degli imputati a essere informati in maniera rapida e dettagliata delle accuse a loro carico. I processi sono pubblici e imparziali, ma possono subire ritardi. Gli imputati hanno il diritto di essere presenti al processo.

La legge garantisce agli imputati il diritto di consultare tempestivamente un avvocato scelto da loro, o gliene fornisce uno a spese dello Stato se non sono in condizioni di pagarlo. Gli imputati dispongono di un tempo adeguato per discutere e preparare il processo insieme ai loro avvocati, in strutture appropriate disponibili in tutte le prigioni. Tutti gli imputati possono chiedere un contraddittorio con i testimoni d’accusa o interrogarli, e presentare testimoni e prove a proprio discarico. Gli imputati non possono essere costretti a deporre o a confessare la propria colpevolezza e hanno il diritto di ricorrere in appello contro le sentenze.

Le istituzioni nazionali ed europee continuano a criticare la lentezza delle procedure giudiziarie. Alla data del 23 gennaio, secondo i dati del ministero della Giustizia, la durata media di un processo civile per la sentenza di primo grado nel 2017 è stata di 360 giorni. Le norme sulla prescrizione stabiliscono che i processi penali devono terminare entro una certa data. Sono i tribunali a decidere sull’applicabilità di tali norme. Per evitare una sentenza di colpevolezza nel processo o per ottenere il rilascio in attesa del processo d’appello, gli imputati hanno spesso sfruttato a proprio vantaggio i ritardi delle procedure giudiziarie per far scadere i termini della prescrizione.

Prigionieri e detenuti politici

Non sono stati registrati casi di prigionieri o detenuti per ragioni politiche.

Procedure giudiziarie civili e risarcimenti

Secondo la legge, gli individui e le organizzazioni possono chiedere risarcimenti in sede civile per violazioni dei diritti umani attraverso i tribunali nazionali. Gli individui, una volta esaurite tutte le possibilità di appello nei tribunali nazionali, possono rivolgersi, per casi riguardanti presunte violazioni dei diritti umani da parte dello Stato, alla Corte europea dei diritti dell’uomo. Secondo il ministero della Giustizia, nel 2017 la lunghezza media dei procedimenti giudiziari civili, inclusi i gradi di giudizio successivi, era di 935 giorni. In caso di ricorso alla Corte di cassazione, la durata si allunga in media a circa 8 anni.

Restituzione delle proprietà

La restituzione di beni confiscati ai tempi dell’Olocausto non è più un tema di interesse. Esistono leggi e meccanismi appositi e lo Stato italiano ha sottoscritto la Dichiarazione di Terezín del 2009. Il Rapporto Anselmi del 2001, commissionato dal Governo, ha riscontrato che in generale le proprietà private confiscate prima e durate il periodo dell’Olocausto erano state restituite ai legittimi proprietari e che erano stati fatti progressi significativi riguardo alla restituzione di proprietà comunitarie e proprietà senza eredi. L’Unione delle comunità ebraiche non ha riferito di nessun caso rilevante di richieste di risarcimento pendenti relative all’epoca dell’Olocausto, nemmeno riguardanti cittadini esteri, e ha dichiarato che lo Stato italiano è collaborativo e attento alle esigenze della comunità nell’ambito della tutela e ripristino delle proprietà comunitarie. La Comunità ebraica di Roma continua a chiedere assistenza a livello internazionale per rintracciare il contenuto della biblioteca della comunità, saccheggiata dai nazisti nel 1943.

  1. Violazioni arbitrarie della privacy, dei diritti della famiglia, del domicilio o della corrispondenza

La legge proibisce questo tipo di azioni, ma vi sono stati alcuni casi in cui il Governo non ha rispettato tali divieti. Il procuratore generale della Corte di cassazione può autorizzare intercettazioni ai danni di persone sospettate di terrorismo su richiesta del presidente del Consiglio. Secondo osservatori indipendenti, come l’ex ufficiale dei Carabinieri Angelo Jannone, che ha scritto sull’argomento, le procure non sempre limitano l’uso delle intercettazioni a casi di assoluta necessità, come richiesto dalla Corte di cassazione. La legge consente ai magistrati di distruggere intercettazioni illegali scoperte o confiscate dalle forze dell’ordine che sono considerate irrilevanti ai fini del processo.

Sezione 2. Rispetto delle libertà civili, fra cui:

  1. Libertà di espressione, inclusa la libertà di stampa

La Costituzione garantisce la libertà di espressione, inclusa la libertà di stampa, e in generale il Governo rispetta tale diritto. Una stampa indipendente, una magistratura efficiente e un sistema politico democratico funzionante concorrono insieme ad assicurare la libertà di espressione, inclusa la libertà di stampa.

Libertà di espressione: i discorsi di incitamento alla violenza basati sulla discriminazione razziale, etnica, nazionale o religiosa costituiscono un reato punibile con una pena fino a 18 mesi di reclusione. La negazione dell’Olocausto rappresenta una circostanza aggravante nei procedimenti giudiziari contro questo tipo di discorsi. Nel corso dell’anno non sono stati registrati casi di condanne per questo reato.

Le offese contro qualsiasi divinità sono considerate blasfemia, reato punibile con un’ammenda da 51 a 309 euro. Nel corso dell’anno non sono stati registrati casi relativi all’applicazione di questa legge.

Libertà di stampa e di informazione: Lo scenario dell’informazione indipendente è molto vivace ed esprime senza restrizioni un’ampia varietà di opinioni.

Violenze e vessazioni: l’organizzazione non governativa Reporter senza frontiere ha definito il livello delle violenze contro i giornalisti (incluse intimidazioni e minacce fisiche e verbali) “allarmante”, soprattutto in Campania, Calabria e Sicilia. Il 10 aprile le forze dell’ordine hanno arrestato tre persone sospettate di progettare un’azione violenta contro un giornalista, Paolo Borrometi, per aver pubblicato articoli e foto sul fratello di uno di loro, che era stato condannato per reati di mafia a Siracusa.

Reporter senza frontiere ha affermato anche che i giornalisti subiscono pressioni da parte dei politici e scelgono sempre più spesso di autocensurarsi. A causa delle minacce ricevute da organizzazioni criminali, nel 2017 10 giornalisti hanno ricevuto una protezione 24 ore su 24 da parte delle forze dell’ordine, mentre altri 200, sempre secondo il rapporto di Reporter senza frontiere, hanno ricevuto una protezione occasionale. Anche se in generale le autorità non hanno praticato o approvato atti di violenza o vessazioni ai danni di giornalisti, Reporter senza frontiere ha condannato la dichiarazione del vicepresidente del Consiglio e ministro dell’Interno Matteo Salvini, che a giugno ha minacciato di ritirare la protezione delle forze dell’ordine al celebre giornalista Roberto Saviano, oggetto di minacce di morte per i suoi articoli sulla criminalità organizzata. Saviano ha criticato le iniziative di Salvini per ridurre i flussi migratori e ha ingaggiato un lungo dibattito pubblico con il ministro. Salvini non ha dato seguito alla sua minaccia.

Il 12 settembre, secondo la Federazione nazionale della stampa italiana (FNSI), la Federazione europea dei giornalisti (EFJ) e la Federazione internazionale dei giornalisti (IFJ), il vicepresidente del consiglio Luigi Di Maio, leader della formazione populista Movimento 5 Stelle, ha minacciato di tagliare le inserzioni pubblicitarie degli organismi pubblici sui giornali che “inquinano il dibattito pubblico”.

Il 13 settembre, su ordine dei pubblici ministeri della città siciliana di Catania, nel quadro di un’indagine su una sospetta fuga di notizie che ha violato la riservatezza di un’indagine giudiziaria, la polizia ha perquisito la casa ed esaminato il contenuto del telefono cellulare e del computer del giornalista d’inchiesta Salvo Palazzolo. Palazzolo, specializzato in servizi sulla mafia siciliana e altre reti criminali per il quotidiano La Repubblica, con sede a Roma, aveva rivelato a marzo, in un articolo, informazioni giudiziarie riguardanti l’indagine sull’attentato del 1992 in via d’Amelio, a Palermo.

Leggi contro la diffamazione: i giornalisti riconosciuti colpevoli di diffamazione possono essere condannati a pene detentive fino a 6 anni. Continuano a essere numerosi i casi di funzionari pubblici che citano giornalisti per diffamazione. Per esempio, il 20 giugno il ministro Salvini ha querelato Saviano per diffamazione, dopo che quest’ultimo aveva definito Salvini su Twitter “buffone” e “ministro della malavita”.

Impatto delle organizzazioni non governative: Reporter senza frontiere ha rimarcato il fatto che molti giornalisti, in particolare a Roma e nel Sud del Paese, hanno affermato di aver subito pressioni da parte di gruppi mafiosi e bande criminali locali, e la FNSI ha denunciato alcuni casi di minacce contro giornalisti da parte di esponenti di organizzazioni criminali. Marilù Mastrogiovanni, una giornalista d’inchiesta pugliese e direttrice de Il Tacco d’Italia, un sito di informazione regionale, è sotto scorta delle forze dell’ordine da anni.

Libertà di accesso a internet

Il Governo non ha ristretto o interrotto l’accesso alla Rete né ha censurato contenuti online, e non si sono avute denunce credibili di controllo delle comunicazioni private per via telematica da parte dello Stato senza apposita autorizzazione legale. Il Centro nazionale per il contrasto alla pedopornografia, un’unità speciale del Servizio della polizia postale e delle comunicazioni della Polizia di Stato, monitora i siti web per individuare reati legati alla pornografia minorile. Secondo le statistiche dell’Unione internazionale delle telecomunicazioni, nel 2017 circa il 61 per cento della popolazione usava internet.

Libertà di ricerca e di eventi culturali

Non sono stati registrati casi di limitazioni della libertà di ricerca o di eventi culturali da parte dello Stato.

b. Libertà di riunione pacifica e di associazione

La Costituzione garantisce la libertà di riunione e di associazione e in generale il Governo rispetta tali diritti.

c. Libertà di culto

Si veda il rapporto International Religious Freedom Report del dipartimento di Stato degli Stati Uniti d’America all’indirizzo:  .

d. Libertà di movimento:

La Costituzione garantisce la libertà di spostarsi all’interno del Paese, di viaggiare all’estero, di emigrare e di tornare in patria, e in generale il Governo rispetta tali diritti.

Il Governo collabora con l’UNHCR e altre organizzazioni umanitarie per garantire protezione e assistenza ai rifugiati, ai richiedenti asilo, agli apolidi o ad altre categorie assimilabili. La persistente imprevedibilità dei flussi migratori e l’incertezza sulla disponibilità di altri Stati membri dell’Unione Europea a farsi carico di una quota dei migranti in arrivo hanno messo a dura prova la capacità delle autorità di proteggere i migranti e i richiedenti asilo portanti nel Paese da imbarcazioni di soccorso.

Abusi ai danni di migranti, rifugiati e apolidi: immigrati e rifugiati di diversa provenienza spesso sono rimasti nei centri di accoglienza più a lungo del limite di 35 giorni fissato dalla legge. Alcuni rappresentanti di organizzazioni umanitarie internazionali hanno accusato il Governo di mettere in pericolo i migranti incoraggiando le autorità libiche a soccorrere i migranti in mare e riportarli nei centri di accoglienza in Libia, dove le condizioni di vita sono giudicate inumane da organizzazioni internazionali e associazioni.

I mezzi di informazione hanno riportato alcuni casi di violenze contro rifugiati. Il 3 febbraio un militante di destra, Luca Traini, ha attraversato in macchina la città di Macerata sparando contro sei migranti e ferendoli. Traini è stato arrestato e incriminato per tentato omicidio.

L’Organizzazione internazionale delle migrazioni (OIM), l’UNHCR e le organizzazioni non governative hanno riportato casi di sfruttamento lavorativo di richiedenti asilo, in particolare nell’agricoltura e nel settore dei servizi (si veda la sezione 7.b), e di sfruttamento sessuale di minori non accompagnati (si veda la sezione 6, Minori).

La corruzione e la criminalità organizzata hanno distratto una parte delle risorse destinate ai richiedenti asilo e ai profughi. Il 26 giugno la polizia ha arrestato sei dirigenti di un’associazione responsabile della gestione di alcuni centri per migranti nella provincia di Latina, con accuse di truffa e maltrattamenti ai danni di richiedenti asilo.

Protezione dei rifugiati

Respingimenti: alcune organizzazioni non governative, fra cui Amnesty International, hanno accusato il Governo di incoraggiare i respingimenti esercitando pressioni sulle organizzazioni non governative per limitare i salvataggi di migranti nel mar Mediterraneo e incoraggiando la guardia costiera libica a riportare i migranti in Libia, che l’UNHCR non considera un “porto sicuro” e che non ha sottoscritto le convenzioni delle Nazioni Unite sui rifugiati applicabili. L’UNHCR non ha affermato che ciò costituisce un caso di respingimento, ma ha dichiarato che sta esaminando la legalità delle azioni dell’Italia.

Accesso al diritto d’asilo: la legge prevede la concessione dell’asilo politico o dello status di rifugiato e l’Italia dispone di un sistema per garantire protezione ai rifugiati. Alcune organizzazioni non governative e osservatori indipendenti hanno evidenziato difficoltà nelle procedure di asilo, come l’incoerenza dei criteri applicati nei centri di accoglienza e l’inadeguatezza del numero di assegnazioni delle vittime del traffico di persone e dei minori non accompagnati a servizi di assistenza appropriati. Il ministro dell’Interno Salvini ha annunciato la sua intenzione di aumentare il numero dei funzionari preposti a decidere sulla concessione del diritto d’asilo, ma ha anche emesso una circolare che esorta questi ultimi ad applicare criteri più restrittivi nella concessione della protezione umanitaria, sostenendo che a molti migranti economici viene erroneamente accordato un regolare permesso di soggiorno.

Le Commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale impiegano fino a 9 mesi, a seconda della regione, per prendere in esame le richieste di asilo. Se si tiene conto anche degli appelli, la procedura può durare fino a due anni. Il ministro dell’Interno Salvini si è impegnato a ridurre i fondi destinati all’accoglienza, alla protezione e all’integrazione dei migranti, e a destinare maggiori risorse all’espulsione di migranti illegali, asserendo che il sistema di accoglienza esistente faceva poco per integrare i migranti ed era fonte di corruzione.

L’elevato numero di migranti e rifugiati arrivati nel Paese dal 2014, soprattutto attraverso il Mediterraneo centrale, dalla Libia, ha messo a dura prova il sistema di asilo. Tra gennaio e agosto, il Governo ha ricevuto circa 38.000 richieste di asilo. Tra gennaio e settembre, le autorità hanno accordato asilo o altre forme di tutela legale a 23.700 persone.

Tra il 1° gennaio e il 5 novembre sono arrivati nel Paese in totale 3.368 minori non accompagnati (si veda la sezione 6, Minori, e la sezione 7.c).

Paese d’origine o di transito sicuro: l’Italia aderisce al Regolamento di Dublino dell’Unione Europea e alle sue successive revisioni, che prevedono in linea generale il trasferimento della domanda di asilo al primo Stato membro in cui è arrivato il richiedente asilo, o il rimpatrio del richiedente asilo nel Paese di provenienza, se è giudicato sicuro.

Libertà di movimento: La legge consente alle autorità di trattenere i migranti e i richiedenti asilo in centri di identificazione ed espulsione fino a 90 giorni, se le autorità stabiliscono che rappresentano un pericolo per l’ordine pubblico o possono cercare di sottrarsi a una sentenza di espulsione o a una condanna detentiva che precede l’espulsione. Gli sforzi del Governo per ridurre il flusso di migranti che sbarcano nel Paese attraversando il Mediterraneo a bordo di imbarcazioni fornite da reti di trafficanti di persone sono stati accompagnati da restrizioni della libertà di movimento fino a 72 ore, una volta che i migranti soccorsi in mare arrivano nei centri di accoglienza. Alla data del mese di dicembre 2017 c’erano 417 stranieri detenuti in 9 centri. Il Comitato per la prevenzione della tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti (CPT) del Consiglio d’Europa ha sottolineato che “può venire impedito a diverse categorie di cittadini esteri di lasciare gli hotspot [centri temporanei], senza una chiara base legale”.

Impiego: i richiedenti asilo possono lavorare legalmente per due mesi dopo la presentazione della domanda d’asilo. Secondo i sindacati, fra cui la Federazione lavoratori dell’agroindustria (FLAI), affiliata alla Confederazione generale italiana del lavoro (CGIL), i datori di lavoro continuano a operare discriminazioni contro i non cittadini nel mercato del lavoro, approfittando dell’insufficiente applicazione delle disposizioni legali che tutelano i non cittadini dallo sfruttamento. inoltre, l’elevato tasso di disoccupazione nel Paese riduce le possibilità di trovare un impiego legale per molti rifugiati.

Accesso ai servizi di base: le autorità hanno allestito centri temporanei per ospitare immigrati di diversa provenienza, tra cui anche rifugiati e richiedenti asilo, ma non sono riuscite a tenere il passo con il ritmo sostenuto degli arrivi e l’incremento del numero di domande di asilo. Alla data del 31 luglio c’erano più di 160.458 persone ospitate in diversi siti in tutto il Paese. Una parte di queste persone era ospitata in centri gestiti direttamente dalle autorità locali, generalmente considerati di alta qualità, mentre il resto alloggiava in centri di qualità molto variabile, che includono strutture riadattate come ex scuole, caserme militari e appartamenti in edifici residenziali. Il 10 aprile il CPT ha riferito che tutti i centri temporanei visitati nel giugno del 2017 “avevano un numero di presenze superiore regolarmente alla capacità ufficiale”, con conseguente deterioramento delle condizioni di vita. Il CPT ha riscontrato condizioni di sovraffollamento e carenze di manutenzione e arredamento nel centro di permanenza per rimpatri di Caltanissetta; i servizi igienico-sanitari avevano bisogno di ingenti interventi di riparazione. Il CPT ha denunciato anche l’inadeguatezza dei servizi forniti ai migranti nel centro di transito di Lampedusa e l’insufficiente numero di posti nelle residenze protette per minori non accompagnati, che si traduce in lunghe permanenze nei centri di transito temporanei. Rappresentanti dell’UNHCR, dell’OIM e di altre organizzazioni umanitarie e organizzazioni non governative hanno denunciato il fatto che migliaia di stranieri con e senza permesso di soggiorno, tra cui migranti e rifugiati, vivevano in edifici abbandonati e in strutture inadeguate e sovraffollate a Roma e in altre grandi città, e avevano un accesso limitato a cure mediche, servizi di consulenza legale, istruzione di base e altri servizi pubblici.

In alcuni casi, rifugiati e richiedenti asilo che lavorano nell’economia sommersa non sono in grado di prendere appartamenti in affitto, soprattutto nelle grandi città, e spesso occupano abusivamente edifici, dove vivono insieme ai loro figli in condizioni inadeguate. Il 21 marzo la polizia ha sgomberato con la forza 100 migranti e profughi che avevano occupato abusivamente un edificio nella periferia di Roma. Alcune organizzazioni non governative e associazioni hanno affermato che le autorità comunali di Roma non hanno offerto alloggi pubblici alternativi ai migranti sgomberati che avevano i requisiti per ottenerli, inclusi profughi con regolare permesso di soggiorno.

Il 10 agosto 34 richiedenti asilo a Toscolano Maderno, in provincia di Brescia, hanno protestato per la mancanza di assistenza medica, corsi di lingua e formazione professionale nel centro per migranti in cui vivevano.

Soluzioni durature: il Governo prende misure limitate per integrare i profughi nella società, con risultati ambivalenti. Distribuisce i richiedenti asilo nelle diverse aree del Paese e garantisce loro alloggio e servizi in attesa che venga presa in esame la loro richiesta, oltre a servizi di insediamento dopo la concessione dell’asilo. In collaborazione con l’OIM, aiuta i migranti e i rifugiati che scelgono di tornare nel loro Paese d’origine.

Protezione temporanea: il Governo ha offerto protezione anche a individui privi dei requisiti per richiedere asilo. Tra gennaio e settembre, il Governo ha garantito protezione umanitaria a 16.761 persone e protezione sussidiaria a 2.614 persone.

Sezione 3. Libertà di partecipare al processo politico

La Costituzione garantisce ai cittadini la possibilità di scegliere il proprio Governo attraverso elezioni a scadenze periodiche, libere e corrette, con voto segreto e basate su un suffragio universale e paritario.

Elezioni e partecipazione politica

Elezioni recenti: gli osservatori nazionali e internazionali hanno giudicato le elezioni parlamentari del 4 marzo libere e corrette.

Partecipazione delle donne e delle minoranze: nessuna legge limita la partecipazione delle donne e dei membri delle minoranze al processo politico, e le suddette categorie vi prendono effettivamente parte.

Sezione 4. Corruzione e mancanza di trasparenza nell’amministrazione pubblica

La legge prevede sanzioni penali per la corruzione dei pubblici ufficiali e in generale il Governo applica queste leggi in modo efficace: a volte, tuttavia, i pubblici ufficiali coinvolti in attività corruttive restano impuniti.

Corruzione: secondo l’Autorità nazionale anticorruzione, nel 2017 i cittadini hanno denunciato all’autorità circa 5.190 casi di corruzione. Tra gennaio e luglio la Guardia di finanza ha arrestato 115 persone e ne ha indagate più o meno altre 642 per abuso di potere, corruzione, peculato e truffa.

Il 21 gennaio la Corte dei conti della Lombardia ha confiscato beni per un valore di 5 milioni di euro all’ex presidente della Regione Roberto Formigoni, che è stato condannato per corruzione. Il 19 settembre un tribunale d’appello di Milano ha incrementato la sua pena a 7 anni e mezzo di reclusione. Il 26 gennaio la Corte di cassazione ha confermato la condanna, pronunciata nel 2014, nei confronti dell’ex assessore regionale lombardo Massimo Ponzoni, un alleato politico di Formigoni, a 5 anni e 10 mesi di carcere per corruzione. Ponzoni era accusato di aver ricevuto tangenti in cambio dell’autorizzazione alla costruzione di un centro commerciale.

Trasparenza finanziaria: i parlamentari hanno l’obbligo di divulgare la propria situazione patrimoniale e il proprio reddito. Ogni Camera ha creato sul proprio sito web un bollettino accessibile al pubblico che contiene informazioni su ogni parlamentare, ma solo se quest’ultimo ha acconsentito alla pubblicazione online. La legge stabilisce che i presidenti di ciascuna Camera possono ordinare ai parlamentari che non ottemperano a tale obbligo di presentare le loro dichiarazioni nell’arco di 15 giorni, ma non prevede altre sanzioni. La situazione patrimoniale dei ministri dev’essere pubblicata online.

Sezione 5. Atteggiamento del Governo riguardo a inchieste internazionali e di organizzazioni non governative su presunte violazioni dei diritti umani

Le varie organizzazioni nazionali e internazionali per i diritti umani in generale svolgono la loro attività senza alcuna restrizione da parte del Governo, indagando e pubblicando quello che scoprono riguardo a casi di violazioni dei diritti umani. Anche se in generale i funzionari pubblici si sono dimostrati collaborativi e attenti alle sollecitazioni di queste organizzazioni, il ministro Salvini ha rigettato l’annuncio dell’alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, che ha dichiarato di voler inviare una squadra nel Paese per “valutare le notizie su un drastico incremento degli atti di violenza e razzismo ai danni di migranti, persone di origine africana e rom”. Salvini ha replicato che il Governo potrebbe prendere in considerazione, come ritorsione, la riduzione degli attuali livelli di finanziamento delle Nazioni Unite.

Organismi dello Stato per la difesa dei diritti umani: il Comitato interministeriale dei diritti dell’uomo del ministero degli Affari esteri e la Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani del Senato della Repubblica si occupano di casi internazionali e di casi nazionali di alto profilo. L’Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali (UNAR) del dipartimento per le Pari opportunità della Presidenza del consiglio dei ministri assiste le vittime di discriminazioni.

Sezione 6. Discriminazioni e abusi da parte della società e traffico di persone

Donne

Stupri e violenze domestiche: la pena prescritta per lo stupro, incluso lo stupro coniugale, va dai 5 ai 12 anni di reclusione. La legge considera reato penale i maltrattamenti fisici ai danni di una donna anche se a commetterli sono dei familiari, persegue penalmente gli autori di violenze contro le donne e protegge l’identità delle donne coinvolte. Le tutele giuridiche contro le violenze all’interno della famiglia consentono, per i casi urgenti, la presentazione di un’istanza di parte presso un tribunale civile. Una legge che riguarda specificamente lo stalking prevede, fra le altre cose, la detenzione obbligatoria per atti di violenza sessuale, anche quando a commetterli è il partner. Le forze dell’ordine e le autorità giudiziarie perseguono i responsabili di violenze contro le donne, ma le vittime spesso rifiutano di sporgere denuncia per paura, vergogna o ignoranza della legge.

Tra gennaio e luglio 44 donne sono state uccise dal proprio partner. Il 22 luglio, a Caserta, un uomo ha ucciso sua moglie e poi si è suicidato; nel 2017 la donna aveva denunciato suo marito per maltrattamenti, ma poi aveva ritirato la denuncia.

Il dipartimento per le Pari opportunità gestisce un numero verde per le vittime di violenze che cercano assistenza immediata e un rifugio temporaneo. Gestisce anche un numero verde per le vittime di stalking. Le autorità hanno riportato un incremento del 53 per cento delle telefonate a un numero verde gestito dalle autorità per la segnalazione di casi di violenze e abusi tra gennaio e giugno, rispetto allo stesso periodo del 2017.

Mutilazioni genitali femminili: le mutilazioni genitali femminili rappresentano un problema in alcune comunità di immigrati. Sono un reato punibile con pene fino a 12 anni di reclusione. Gli esperti stimano il numero di donne vittime di mutilazioni genitali fra le 60.000 e le 81.000, soprattutto nigeriane ed egiziane. La maggior parte delle mutilazioni sono state eseguite al di fuori del Paese. Il dipartimento per le Pari opportunità ha attivato un numero verde per le vittime e altre parti coinvolte che vogliono richiedere il supporto delle autorità e delle organizzazioni non governative.

Molestie sessuali: i casi minori di molestie sessuali verbali in pubblico sono punibili con la reclusione fino a 6 mesi e un’ammenda fino a 516 euro. Il Governo fa rispettare efficacemente la legge. Secondo un decreto del Governo, gli abusi emotivi basati sulla discriminazione di genere costituiscono un reato. Le forze dell’ordine indagano sulle denunce di molestie presentate alle autorità.

Controllo coercitivo della crescita demografica: non sono stati registrati casi di aborti forzati o sterilizzazioni obbligatorie.

Discriminazioni: la legge attribuisce alle donne gli stessi diritti degli uomini. Il Governo fa rispettare le leggi vietando ogni forma di discriminazione in tutti i settori.

Minori

Iscrizione all’anagrafe: un bambino ottiene automaticamente la cittadinanza italiana se è figlio di cittadini italiani, se nasce in territorio italiano da genitori ignoti o apolidi o se è figlio di genitori stranieri il cui Paese di origine non riconosce la cittadinanza a un bambino nato all’estero. La cittadinanza è inoltre garantita se il bambino viene abbandonato sul suolo italiano e in caso di adozione. Gli enti locali registrano immediatamente tutte le nascite.

Abusi ai danni dei minori: gli abusi sessuali ai danni di minori sono puniti con pene tra i 6 e i 12 anni di reclusione. Le autorità applicano programmi di prevenzione nelle scuole, indagano prontamente sulle denunce che ricevono e puniscono i responsabili. Il Telefono Azzurro, un’organizzazione non governativa che difende i diritti dei minori, ha segnalato un incremento del 7 per cento delle denunce di abusi ai danni di minori nel 2017, rispetto all’anno precedente. Circa 5.600 persone, per lo più adolescenti, hanno contattato il centro di assistenza del Telefono Azzurro attraverso i social media.

Matrimoni precoci e matrimoni forzati: l’età minima prescritta dalla legge per potersi sposare è 18 anni, ma i tribunali minorili possono autorizzare il matrimonio di minori che abbiano compiuto almeno 16 anni. Secondo le organizzazioni non governative, centinaia di donne sono state vittime di matrimoni forzati.

Sfruttamento sessuale ai danni di minori: le autorità fanno rispettare le leggi che proibiscono lo sfruttamento sessuale, la vendita di minori, l’offerta o l’induzione di un minore alla prostituzione e le pratiche legate alla pedopornografia. Gli osservatori indipendenti e il Governo stimano che siano almeno 6.000 i minori stranieri vittime di sfruttamento sessuale. Secondo il dipartimento per le Pari opportunità, il numero di minori vittime di traffico di persone assistiti è salito dagli 82 del 2016 ai 199 del 2017.

Sono stati registrati casi di pedopornografia. Il 6 luglio la polizia postale ha annunciato di aver arrestato due persone e di averne indagate altre 12 in diverse città del Paese, sospettate di aver creato su Facebook una rete per scambiarsi video e foto di minori sottoposti ad abusi. Alla fine dell’anno, l’inchiesta era ancora in corso.

Il 26 luglio, Save the Children Italia ha riportato le testimonianze di alcuni migranti minorenni che erano stati sottoposti a sfruttamento sessuale da parte dei trafficanti di persone che li avevano aiutati ad attraversare il confine con la Francia o avevano fornito loro cibo e alloggio temporaneo.

L’età minima per avere rapporti sessuali consensuali varia dai 13 ai 16 anni, in base al rapporto fra i partner.

Minori sfollati: Il ministero dell’Interno ha riferito che tra agosto 2017 e il mese di luglio sono arrivati nel Paese 6.042 minori non accompagnati, pari a circa un quarto di quelli registrati nei due anni fino a luglio.

Sottrazione internazionale di minori: il Paese aderisce alla Convenzione dell’Aja del 1980 sugli aspetti civili della sottrazione internazionale di minori. Si veda l’Annual Report on International Parental Child Abduction del dipartimento di Stato degli Stati Uniti d’America all’indirizzo: https://travel.state.gov/content/travel/en/International-Parental-Child-Abduction/for-providers/legal-reports-and-data.html.

Antisemitismo

In Italia risiedono approssimativamente 30.000 ebrei. La legge punisce l’esecuzione pubblica del saluto romano a braccio teso, tipico dell’epoca fascista, e la vendita o l’esibizione di cimeli fascisti o nazisti. Chio trasgredisce alla legge è punibile con pene fra i 6 mesi e i 2 anni di reclusione, con ulteriori 8 mesi se tali merci sono vendute per via telematica. Il 23 ottobre i giudici di Milano hanno rinviato a giudizio per apologia di fascismo quattro dirigenti dell’associazione di estrema destra Lealtà Azione, che avevano esibito simboli e scandito slogan fascisti durante una marcia a Milano, nel 2016.

I pregiudizi antisemiti nella società perdurano. Alcuni gruppi estremisti si sono resi responsabili di dichiarazioni e azioni antisemite, fra cui atti vandalici e pubblicazione di materiale antisemita su internet. L’Osservatorio antisemitismo della Fondazione Centro di documentazione ebraica contemporanea ha riportato 163 episodi di antisemitismo tra gennaio e il 5 novembre, ma nessuna aggressione violenta.

L’incitamento all’odio su internet e gli atti di bullismo sono le forme più comuni di aggressioni antisemite, secondo la Fondazione Centro di documentazione ebraica contemporanea. Tra gennaio e il 5 novembre la Fondazione ha riportato 109 casi di insulti su internet e 11 casi di scritte sui muri o atti vandalici contro residenti ebrei. La maggior parte degli episodi è avvenuta durante le festività o celebrazioni ebraiche.

Slogan e scritte antisemite sono comparsi in alcune città, fra cui Roma, Milano e Torino. Il 25 gennaio le autorità, a Firenze, hanno scoperto che una pietra d’inciampo, in commemorazione di vittime dell’Olocausto, era stata rimossa e danneggiata. In altre città si sono registrati casi di targhe e lapidi commemorative che sono state trafugate.

Il 12 giugno le forze dell’ordine hanno aperto un’indagine su un episodio avvenuto a San Maurizio Canavese, in Piemonte, dove ignoti hanno scritto con la vernice spray, su un negozio di barbiere proprietà di un cittadino ebreo, “Questo è un negozio ebreo”. Vicino al negozio vandalizzato è anche stata data alle fiamme un’automobile.

Più di 2.000 agenti di polizia sorvegliano le sinagoghe e altri siti della comunità ebraica nel Paese.

Traffico di persone

Si veda il Trafficking in Persons Report del dipartimento di Stato degli Stati Uniti d’America all’indirizzo: www.state.gov/j/tip/rls/tiprpt/.

Persone con disabilità

La legge tutela i diritti delle persone con disabilità. Il Governo fa rispettare tali disposizioni, ma sono stati registrati episodi di discriminazione da parte della società e di discriminazione nell’impiego. Anche se la legge impone di garantire alle persone con disabilità l’accesso agli edifici pubblici e ai trasporti pubblici, le barriere fisiche continuano a rappresentare un problema.

Il 25 marzo la polizia ha arrestato 15 persone, fra cui infermieri, medici e un prete, accusate di aver maltrattato un gruppo di persone con disabilità in un centro di riabilitazione a Venosa, in provincia di Potenza. Le vittime avevano graffi, lividi e altri segni di violenza aggravata sul corpo.

Minoranze nazionali/razziali/etniche

Le violenze e le discriminazioni da parte della società contro le popolazioni rom, sinti e camminanti, e altre minoranze etniche, continuano a costituire un problema. Sono stati registrati casi di discriminazioni basate sulla razza o sull’etnia nella professione e nell’impiego (si veda la sezione 7.d).

La stampa e le organizzazioni non governative hanno riportato casi di incitamento all’odio, aggressioni violente, sgomberi forzati di accampamenti abusivi e vessazioni da parte delle autorità comunali. Il 26 luglio la Polizia di Stato e la Polizia locale hanno evacuato con la forza un campo rom dove vivevano più di 400 persone, in container forniti dal Comune di Roma. Il Comune aveva creato il campo nel 2005 per ospitare famiglie rom provenienti soprattutto dalla Bosnia Erzegovina e dalla Romania. Le organizzazioni non governative e altri ministri del Governo hanno criticato il ministro dell’Interno Salvini per il suo annuncio, a giugno, di voler condurre un “censimento” della comunità rom e di voler prendere misure per espellere i rom non cittadini, commentando che “i rom italiani purtroppo te li devi tenere a casa”.

Secondo l’organizzazione non governativa Associazione 21 Luglio, nel 2017 l’alloggio ha continuato a rappresentare un problema grave per i 28.000 rom presenti nel Paese, per la maggior parte originari dei Paesi balcanici. Complessivamente, 18.000 persone vivevano in circa 150 campi autorizzati, e altre 10.000, tra cui molti rumeni e bulgari, vivevano in accampamenti informali, prevalentemente in Lazio e in Campania.

Il 26 luglio le autorità comunali di Roma e le forze dell’ordine hanno sgomberato il “Camping River”, il più grande campo rom abusivo nella capitale, per ragioni di salute pubblica e tutela dei minori. La maggior parte delle persone che vivevano nel campo ha rifiutato le soluzioni abitative alternative proposte dalle autorità, perché voleva rimanere vicino a parenti e membri del proprio clan. Alcuni di loro hanno creato accampamenti non autorizzati all’interno di parchi pubblici.

Il 18 luglio lo European Roma Rights Centre ha obbiettato alle dichiarazioni del ministro dell’Interno Salvini sulla necessità di una “pulizia di massa, via per via, quartiere per quartiere, piazza per piazza”.

Il 17 agosto 10 migranti nordafricani sono penetrati in un campo rom a Pisa e hanno aggredito un membro della comunità locale.

Atti di violenza, discriminazioni e altri abusi basati sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere

La legge proibisce le discriminazioni ai danni di persone lesbiche, gay, bisessuali, transgender e intersessuali (LGBTI) nell’alloggio, nell’occupazione, nell’accesso alla cittadinanza e ai servizi pubblici. Le organizzazioni non governative che difendono i diritti delle persone LGBTI denunciano episodi di violenze, discriminazioni e incitamento all’odio da parte della società.

La stampa ha riportato casi isolati di violenze contro coppie di gay e lesbiche avvenute nel corso dell’anno. Il 22 agosto l’organizzazione non governativa Gay Center Rome ha reso noto che tre persone hanno aggredito e denunciato un uomo gay a Roma, dopo avergli chiesto se fosse omosessuale. Alla fine dell’anno, le indagini su questo episodio erano ancora in corso.

Sezione 7. Diritti dei lavoratori

a. Libertà di associazione e diritto alla contrattazione collettiva

La legge sancisce il diritto dei lavoratori di costituire organizzazioni sindacali indipendenti e di aderirvi, di condurre contrattazioni collettive e di scioperare nei termini previsti dalla legge. La discriminazione antisindacale è illegale e i lavoratori licenziati per attività sindacali hanno il diritto di chiedere il reintegro, a patto che il loro datore di lavoro abbia più di 15 dipendenti in un reparto o più di 60 in tutto il Paese.

La legge proibisce di costituire organizzazioni sindacali all’interno delle forze armate. Per gli scioperi che riguardano servizi pubblici essenziali (come trasporti, servizi igienico-sanitari e sanità), la legge stabilisce l’obbligo di fornire un preavviso maggiore e il divieto di scioperi multipli, a pochi giorni di distanza l’uno dall’altro. Nel settore del trasporto pubblico, la legge consente lo sciopero solo se le sigle sindacali che lo convocano rappresentano almeno il 50 per cento della forza lavoro.

Il Governo fa rispettare efficacemente queste leggi. I datori di lavoro che violano la legge sono soggetti a pene pecuniarie, detentive o entrambe le cose. Queste sanzioni in genere rappresentano un deterrente sufficiente a scoraggiare le violazioni, anche se le procedure amministrative e giudiziarie a volte sono soggette a lunghi ritardi. I giudici hanno efficacemente sanzionato i rari casi di violazioni.

Lo Stato e i datori di lavoro in generale rispettano la libertà di associazione e il diritto a condurre contrattazioni collettive, anche se sono stati registrati casi in cui i datori di lavoro hanno cancellato unilateralmente accordi contrattuali. I datori di lavoro continuano a usare contratti a tempo determinato e subappalti per evitare di assumere lavoratori con diritto alla contrattazione collettiva.

b. Divieto di lavoro forzato o coatto

La legge vieta qualsiasi forma di lavoro forzato o coatto e il Governo fa rispettare con efficacia la legge. Le pene per le violazioni sono sufficientemente severe da scoraggiare le violazioni. Le condanne effettivamente comminate dai tribunali per lavoro forzato e coatto, tuttavia, sono notevolmente più basse di quelle previste dalla legge. La legge prevede pene severe per gli intermediari illeciti (“caporali”) e le imprese che sfruttano i lavoratori nel settore agricolo, soprattutto nel caso del lavoro forzato, ma anche in casi generici di sfruttamento. Specifica le condizioni in cui si può parlare di sfruttamento dei braccianti e include programmi speciali a sostegno dei lavoratori stagionali impiegati nell’agricoltura. La legge punisce il reclutamento illegale di lavoratori vulnerabili e il lavoro forzato (il cosiddetto “caporalato”). Le pene per tale illecito vanno da sanzioni pecuniarie alla sospensione dell’autorizzazione a condurre attività commerciali. Nel 2017, l’anno più recente per cui siano disponibili dati, il ministero del Lavoro e delle politiche sociali ha dedicato maggiore attenzione a questo problema. L’Ispettorato del lavoro e i Carabinieri hanno condotto 7.265 ispezioni in aziende agricole e hanno individuato 5.222 lavoratori irregolari, di cui 3.549 lavoratori non dichiarati e 230 lavoratori stranieri senza permesso di soggiorno. Queste irregolarità erano in linea con i dati del 2016.

Nel corso dell’anno sono stati registrati casi di lavoro forzato. Nell’edilizia, nei servizi domestici, negli alberghi, nei ristoranti e nel settore agricolo, soprattutto al Sud, vi sono stati casi di servitù per debiti, secondo l’organizzazione non governativa Parsec. Anche quest’anno si è avuta notizia di alcuni casi marginali di cittadini cinesi costretti a lavorare in officine tessili e di persone con disabilità originarie della Romania e dell’Albania obbligate a mendicare da gruppi criminali. Sono stati registrati anche casi limitati di bambini vittime di lavoro forzato (si veda la sezione 7.c).

Si veda anche il Trafficking in Persons Report del dipartimento di Stato degli Stati Uniti d’America all’indirizzo: www.state.gov/j/tip/rls/tiprpt/.

c. Divieto di lavoro minorile ed età lavorativa minima

La legge proibisce di assumere minori al di sotto dei 16 anni di età. Per i minori sono previste restrizioni specifiche all’impiego in lavori rischiosi o pericolosi per la salute, come le attività che implicano la potenziale esposizione a sostanze pericolose, l’estrazione mineraria, i lavori di scavo e il lavoro con apparati elettrici. Le pene per chi assume manodopera minorile includono pesanti ammende a carico del datore di lavoro o la sospensione delle attività commerciali dell’azienda. Il Governo in generale riesce a far rispettare efficacemente queste leggi nel settore dell’economia legale. L’applicazione è invece inefficace nel settore, relativamente ampio, dell’economia sommersa, specialmente al Sud e nelle aziende agricole a conduzione familiare.

Sono stati registrati alcuni casi limitati di lavoro minorile nel corso dell’anno, soprattutto all’interno di comunità di immigrati o rom. Nel 2017, l’anno più recente per cui siano disponibili dati, l’Ispettorato del lavoro e i Carabinieri hanno individuato 220 braccianti minorenni. Il numero di migranti clandestini tra i 15 e i 18 anni di età che entrano nel Paese via mare dal Nordafrica è diminuito: secondo il ministero dell’Interno, i minori non accompagnati arrivati nel Paese via mare sono scesi dai 15.779 del 2017 ai 3.177 del 2018 (alla data del mese di settembre). La maggior parte di questi minori proveniva dall’Africa subsahariana. Nella maggior parte dei casi sono arrivati in Sicilia e molti sono rimasti lì, all’interno di residenze protette, mentre altri si sono spostati in altre parti del Paese o in altri Paesi europei.

La legge garantisce protezione ai minori stranieri non accompagnati, creando un sistema di protezione che gestisce i minori dal momento in cui arrivano fino al momento in cui raggiungono la maggiore età e sono in grado di mantenersi da soli. Alla fine di gennaio il ministero del Lavoro e delle politiche sociali aveva individuato 14.939 minori non accompagnati, 4.332 dei quali avevano lasciato i rifugi che erano stati loro assegnati. Fra quelli assistiti, il 93 per cento era di sesso maschile e circa l’84 per cento aveva fra i 16 e i 17 anni di età. Le ragazze rappresentavano il 7 per cento del totale e per il 60 per cento provenivano da Eritrea e Nigeria; questo gruppo è particolarmente a rischio di abusi sessuali e violenze.

Il ministero del Lavoro e delle politiche sociali è consapevole che i minori non accompagnati corrono rischi maggiori di essere avviati al lavoro minorile e si impegna per impedire che vengano sfruttati collocandoli in comunità protette che garantiscano loro istruzione e altri servizi. La legge ha creato anche un albo di tutori volontari, selezionati e addestrati presso il tribunale minorile, per contribuire a proteggere i minori non accompagnati. Secondo un rapporto di Save the Children, alcuni dispositivi della legge non sono ancora stati pienamente implementati, ma sono stati fatti progressi significativi. Oltre 4.000 persone si sono offerte come tutori volontari e hanno aiutato i migranti a integrarsi nelle comunità locali.

d. Discriminazioni nell’impiego e nella professione

La legge proibisce le discriminazioni nell’ambito dell’impiego e della professione. I mezzi di informazione hanno riportato alcuni casi di discriminazioni nell’impiego basate sulla razza o l’etnia. I sindacati hanno criticato il Governo per non aver provvisto l’UNAR delle risorse sufficienti a intervenire in tutti i casi di discriminazione, e per la mancanza di misure legali adeguate ad affrontare nuove tipologie di discriminazione.

Sono stati registrati anche casi di discriminazioni basate sul genere, la religione, la disabilità, l’orientamento sessuale e l’identità di genere. Il Governo ha portato avanti campagne informative per promuovere la diversità e la tolleranza, anche sul luogo di lavoro.

In molti casi le vittime di discriminazioni, secondo i sindacati, non sono disposte a richiedere le forme di tutela offerte dalle leggi sul lavoro o dai contratti collettivi. Secondo Eurostat, nel 2016 (l’anno più recente per cui sono disponibili dati), il compenso orario lordo delle donne era inferiore del 5,3 per cento a quello degli uomini che svolgono lo stesso lavoro.

e. Condizioni di lavoro accettabili

La legge non stabilisce un salario minimo, ma i contratti collettivi di lavoro negoziati tra i sindacati e i datori di lavoro fissano dei minimi salariali per diversi settori economici. Nel 2017 il Governo ha fissato la soglia di povertà ufficiale a 1.085 euro al mese per una famiglia di due persone.

A meno che un contratto collettivo non disponga diversamente, la legge stabilisce che nel settore industriale lo straordinario non possa superare le 80 ore a trimestre e le 250 ore all’anno. La legge vieta gli straordinari forzati e prevede ferie annue retribuite. Impone periodi di riposo pari a 1 giorno a settimana e 11 ore al giorno. La legge fissa i parametri di base per la salute e la sicurezza del lavoro, nonché le linee guida per gli indennizzi in caso di infortuni sul lavoro.

Il ministero del Lavoro e delle politiche sociali è responsabile dell’applicazione di queste leggi e le fa rispettare efficacemente, con il costante stimolo dei sindacati, nel settore dell’economia legale. Nel settore dell’economia sommersa, che dà lavoro, secondo le stime, al 16 per cento della forza lavoro nazionale, le leggi sul lavoro vengono fatte rispettare solo in parte.

Le risorse, le ispezioni e le sanzioni pecuniarie in generale sono adeguate a garantire il rispetto della legge solo nel settore dell’economia legale. Le sanzioni per le violazioni includono pene detentive e pecuniarie, ma non sono sufficienti a scoraggiare tutte le violazioni.

Nel 2017, l’ultimo anno per cui sono disponibili dati, l’Ispettorato del lavoro e i Carabinieri hanno condotto ispezioni in 160.347 aziende (incluse le aziende agricole), individuando 252.659 lavoratori assunti in violazione delle leggi sul lavoro. Di questi, 48.073 erano lavoratori non dichiarati e 1.227 erano migranti irregolari. Gli ispettori hanno riscontrato 12.800 casi di violazioni della normativa sull’orario di lavoro e hanno sospeso circa 6.932 aziende per la violazione specifica di impiegare oltre un quinto dei dipendenti senza un contratto formale. Il numero di aziende sorprese a violare la legge è più o meno in linea con il dato del 2016 (7.013).

I lavoratori in nero spesso sono sfruttati e sottopagati, lavorano in condizioni antigieniche o sono esposti a rischi per la sicurezza. Secondo la più grande confederazione sindacale, la CGIL, prassi di questo tipo interessano il settore dei servizi, l’edilizia e l’agricoltura.

Nel 2016 un centro di ricerca indipendente, l’Associazione artigiani e piccole imprese Mestre CGIA, ha stimato in 3,1 milioni il numero di lavoratori irregolari nel Paese, il 40 per cento dei quali nelle regioni del Sud. In alcune aree della Calabria, della Puglia, della Campania e della Sicilia sono stati registrati numeri elevati di lavoratori stranieri in nero, che vivono e lavorano in condizioni inadeguate o insicure. Questi dati sono ancora giudicati attendibili.