Rapporto 2019 sul rispetto dei diritti umani – Italia

11 marzo 2020
Rapporto sul rispetto dei diritti umani – Italia
(available in English)

SINTESI

La Repubblica italiana è una democrazia multipartitica, con un Parlamento bicamerale composto dalla Camera dei deputati e dal Senato. La Costituzione attribuisce il potere esecutivo al Consiglio dei ministri, guidato dal presidente del consiglio. Il presidente della Repubblica è il capo dello Stato e nomina il presidente del consiglio dopo un giro di consultazioni con i leader di tutti i partiti politici rappresentati in Parlamento. Le elezioni parlamentari del marzo 2018 sono state giudicate libere e corrette.

La Polizia di Stato e i Carabinieri hanno il compito di mantenere la sicurezza interna. I carabinieri fanno capo al ministero della Difesa, ma sono soggetti anche al coordinamento del ministero dell’Interno. Sono principalmente una forza di polizia interna organizzata secondo criteri militari, con alcune responsabilità al di fuori dei confini nazionali. La Polizia di Stato fa capo al ministero dell’Interno. Le forze armate sono responsabili della sicurezza esterna, ma hanno anche compiti specifici in materia di sicurezza interna, ad esempio per quanto riguarda la sorveglianza degli edifici pubblici. Le autorità civili esercitano un controllo effettivo sulle forze di sicurezza. Le problematiche rilevanti in materia di diritti umani includono: episodi di violenze o minacce di violenze contro membri di minoranze nazionali/razziali/etniche, fra cui violenze o minacce di violenze, respingimenti e ricorso al lavoro forzato, coatto o minorile.

Lo Stato indaga, persegue penalmente e punisce i funzionari pubblici che commettono violazioni dei diritti umani.

Sezione 1. Rispetto dell’integrità della persona, inclusa la garanzia di non incorrere in:

A. ESECUZIONI ARBITRARIE E ALTRE UCCISIONI ILLEGALI O DETTATE DA MOTIVAZIONI POLITICHE
Non sono stati registrati casi di esecuzioni arbitrarie o illegali commesse dallo Stato o da suoi rappresentanti.

B. SPARIZIONI
Non sono stati registrati casi di sparizioni a opera o per conto delle autorità pubbliche.

C. TORTURE E ALTRI TRATTAMENTI O PUNIZIONI CRUDELI, INUMANI O DEGRADANTI
La Costituzione e la legge vietano pratiche di questo genere e non sono stati registrati casi di pubblici ufficiali che vi abbiano fatto ricorso.

CONDIZIONI DELLE PRIGIONI E DELLE STRUTTURE DETENTIVE

Le condizioni delle prigioni e delle strutture detentive complessivamente rispettano i parametri internazionali, ma alcune strutture soffrono di gravi problemi di sovraffollamento e vetustà.

Condizioni fisiche: la popolazione carceraria nei penitenziari di Como, Brescia, Larino (in provincia di Campobasso) e Taranto è pari al 200 per cento della capacità della struttura. La legge prescrive che i detenuti in attesa di giudizio vengano tenuti separati da quelli che hanno ricevuto una condanna definitiva, ma secondo l’organizzazione non governativa Associazione Antigone, in quei penitenziari sono collocati nelle stesse sezioni del carcere.

Secondo un rapporto pubblicato a luglio dall’Associazione Antigone, la carenza di attività disponibili per i detenuti in alcuni casi ha contribuito a innescare episodi di autolesionismo. Nel 2018, per esempio, 63 detenuti si sono suicidati; 4 di questi episodi sono avvenuti nel carcere di Poggioreale, a Napoli. In diversi casi, l’assistenza sanitaria, incluse diagnosi, terapie e supporto psichiatrico, è stata giudicata insufficiente. In diversi penitenziari, le autorità non hanno implementato programmi per la prevenzione dei suicidi o la promozione della salute tra i detenuti.

Amministrazione: le autorità aprono inchieste di fronte a denunce credibili di maltrattamenti.

Vigilanza indipendente: il Governo consente a organizzazioni indipendenti per la difesa dei diritti umani, ai parlamentari e ai mezzi di informazione di visitare le carceri e i centri di detenzione. Inoltre, garantisce ai rappresentanti dell’Ufficio dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR) e alle organizzazioni non governative l’accesso ai centri di detenzione per migranti e rifugiati, in linea con le procedure normalmente adottate dall’UNHCR. Dal 12 al 22 marzo una delegazione del Comitato per la prevenzione della tortura del Consiglio d’Europa ha visitato il Paese; alla fine dell’anno, il rapporto su questa visita non era ancora stato pubblicato.

D. ARRESTI O DETENZIONI ARBITRARIE
La Costituzione proibisce gli arresti e le detenzioni arbitrarie e garantisce a ogni individuo il diritto di contestare in tribunale la legalità del proprio arresto o detenzione. Il Governo in generale rispetta tali obblighi.

PROCEDURE DI ARRESTO E TRATTAMENTO DEI DETENUTI

Per arrestare una persona le forze dell’ordine hanno bisogno del mandato di un giudice, tranne nei casi in cui un reo venga sorpreso in flagranza di reato o esista un pericolo specifico e immediato a cui far fronte. La legge impone alle autorità di informare un detenuto sulla ragione del suo arresto. Quando le autorità arrestano una persona senza un mandato, un tribunale del riesame è chiamato a decidere, entro 24 ore, se esistono prove sufficienti per convalidare l’arresto. A quel punto un pubblico ministero ha 48 ore per confermare l’arresto e raccomandare il rinvio a giudizio. Nei casi di presunta attività terroristica, le autorità possono trattenere i sospettati per 48 ore prima di portare il caso davanti a un magistrato. Questi diritti e procedure sono generalmente rispettati.

Non esiste l’istituto della libertà su cauzione; tuttavia, i giudici possono concedere la libertà provvisoria ai detenuti in attesa di giudizio. Lo Stato si fa carico dei costi dell’assistenza legale per le persone indigenti. La legge impone alle autorità di consentire a un detenuto di parlare con un avvocato entro 24 ore dall’arresto, o entro 48 ore nel caso di presunte attività terroristiche. Tuttavia, in circostanze eccezionali, se il pubblico ministero ha necessità di interrogare l’imputato riguardo a questioni legate a reati di criminalità organizzata o se il giudice paventa il rischio che l’avvocato possa tentare di inquinare le prove, possono passare fino a cinque giorni prima che l’imputato sia autorizzato a conferire con il suo legale.

I detenuti stranieri non ricevono sistematicamente informazioni sui loro diritti in una lingua che siano in grado di comprendere, come prescrive la legge. L’Associazione Antigone ha denunciato che nel 2017 quasi uno straniero arrestato su quattro non ha potuto consultarsi con un avvocato prima di essere interrogato dalle autorità, a causa delle barriere linguistiche e della mancanza di interpreti.

Carcerazione preventiva: la carcerazione preventiva oltre i termini stabiliti dalla legge (fra i 2 e i 6 anni) e i ritardi nei processi rappresentano un problema. Le autorità normalmente rispettano il limite massimo per la carcerazione preventiva. Alla data del 30 settembre circa il 32 per cento di tutti i detenuti era in attesa di giudizio, ma in nessun caso la durata della carcerazione preventiva equivaleva o superava le pene massime previste per il presunto reato commesso. Secondo analisti indipendenti e magistrati, il gran numero di casi di droga e immigrazione in attesa di giudizio, la mancanza di misure di riparazione giudiziaria, la presenza di un maggior numero di detenuti stranieri e l’insufficiente digitalizzazione degli atti giudiziari hanno determinato dei ritardi. In alcuni casi non è stato possibile porre questi detenuti agli arresti domiciliari, perché non possedevano una residenza legale o a causa della carenza di risorse, come agenti, magistrati e personale giudiziario.

E. NEGAZIONE DEL DIRITTO A UN PROCESSO PUBBLICO ED EQUO
La Costituzione garantisce l’indipendenza del potere giudiziario e in generale il Governo rispetta l’indipendenza e l’imparzialità della magistratura. Sono stati registrati casi sporadici in cui la giustizia è stata ostacolata da episodi di corruzione giudiziaria e casi di indagini condotte per motivazioni politiche. Diversi processi subiscono lunghi ritardi.

PROCEDURE PROCESSUALI

La Costituzione garantisce il diritto a un processo pubblico ed equo, e una magistratura indipendente in generale assicura il rispetto di tale diritto.

Gli imputati sono considerati innocenti fino a prova contraria e hanno il diritto di essere informati in maniera rapida e dettagliata delle accuse a loro carico. I processi sono pubblici e imparziali, ma possono subire ritardi a causa dell’insufficiente numero di giudici e personale giudiziario e delle manovre messe in atto dagli avvocati. Gli imputati hanno il diritto di essere presenti al processo.

La legge garantisce agli imputati il diritto di consultare tempestivamente un avvocato scelto da loro, o gliene fornisce uno a spese dello Stato se non sono in condizioni di pagarlo. Gli imputati dispongono di un tempo adeguato per discutere e preparare il processo insieme ai loro avvocati, in strutture appropriate messe a disposizione in tutte le carceri. Esperti di diritto hanno segnalato che alcuni detenuti esteri non hanno la possibilità di accedere in modo tempestivo agli indispensabili servizi di interpretariato o traduzione. Un imputato può chiedere un contraddittorio con i testimoni d’accusa o interrogarli, e presentare testimoni e prove a proprio discarico. Gli imputati non possono essere costretti a deporre o a confessare la propria colpevolezza e hanno il diritto di ricorrere in appello contro le sentenze.

Le istituzioni nazionali ed europee criticano la lentezza delle procedure giudiziarie. Secondo i dati del ministero della Giustizia, il tempo necessario per arrivare a una sentenza di primo grado per le procedure penali nel 2018 era mediamente di 396 giorni, e di 861 giorni in caso di ricorso in appello. Il tempo necessario per giungere a sentenza nella Corte di cassazione era in media di 1.299 giorni. Le norme sulla prescrizione stabiliscono che un processo penale deve terminare entro una certa data. Sono i tribunali a decidere sull’applicabilità di tali norme. Gli imputati in alcuni casi hanno sfruttato a proprio vantaggio i ritardi delle procedure giudiziarie per far scadere i termini della prescrizione ed evitare in tal modo una sentenza di condanna o assicurarsi il rilascio in attesa del processo di appello. La percentuale di detenuti con sentenza definitiva o non impugnabile in appello è aumentata negli ultimi 10 anni. Alla data del 30 settembre il 67 per cento dei detenuti aveva ricevuto una sentenza definitiva, contro il 51 per cento del 2009.

PRIGIONIERI E DETENUTI POLITICI

Non sono stati registrati casi di prigionieri o detenuti per ragioni politiche.

PROCEDURE GIUDIZIARIE CIVILI E RISARCIMENTI

La legge stabilisce che gli individui e le organizzazioni possono chiedere risarcimenti in sede civile per le violazioni dei diritti umani attraverso i tribunali nazionali. Gli individui, una volta esaurite tutte le possibilità di appello nei tribunali nazionali, possono rivolgersi, per casi riguardanti presunte violazioni dei diritti umani da parte dello Stato, alla Corte europea dei diritti dell’uomo.

RESTITUZIONE DELLE PROPRIETÀ

In generale l’Italia aderisce alla Dichiarazione di Terezín e rispetta la maggioranza dei suoi scopi e obbiettivi. La comunità ebraica non ha nessun caso rilevante di richieste di restituzione pendenti. La commissione Anselmi, un organismo tecnico che aveva il mandato di indagare sulla confisca di beni di ebrei durante l’Olocausto e la loro restituzione, aveva riferito nel 2002 che in generale i deportati sopravvissuti che avevano chiesto la restituzione dei loro beni l’avevano ottenuta, ma quei sopravvissuti o i loro eredi che non l’avevano fatto non avevano ricevuto compensazioni. Secondo l’Unione delle comunità ebraiche, le autorità nazionali e locali non sono state efficaci fino in fondo nella ricerca di persone che potrebbero aver titolo a chiedere la restituzione di proprietà comunitarie e proprietà senza eredi, ma il Governo si è comunque dimostrato collaborativo e attento alle preoccupazioni della comunità nell’ambito della protezione e del ripristino delle proprietà comunitarie. La Comunità ebraica di Roma continua a chiedere assistenza a livello internazionale per ricostituire il patrimonio della biblioteca della comunità, saccheggiata dai nazisti nel 1943.

F. VIOLAZIONI ARBITRARIE DELLA PRIVACY, DEI DIRITTI DELLA FAMIGLIA, DEL DOMICILIO O DELLA CORRISPONDENZA

La legge proibisce questo tipo di azioni, ma si è avuta notizia di alcuni casi in cui il Governo non ha rispettato tali divieti.

Il procuratore generale della Corte di cassazione può autorizzare intercettazioni ai danni di persone sospettate di terrorismo su richiesta del presidente del consiglio. Nel 2018 il Garante per la protezione dei dati personali ha registrato 707 violazioni della normativa sulla privacy in generale, imponendo sanzioni pecuniarie per 8,1 milioni di euro. La legge consente ai magistrati di distruggere intercettazioni illegali scoperte o confiscate dalle forze dell’ordine che sono irrilevanti ai fini del processo.

Sezione 2. Rispetto delle libertà civili, fra cui:

A. LIBERTÀ DI ESPRESSIONE, INCLUSA LA LIBERTÀ DI STAMPA

La Costituzione garantisce la libertà di espressione, inclusa la libertà di stampa, e solitamente il Governo rispetta tale diritto. Una stampa indipendente, una magistratura efficiente e un sistema politico democratico funzionante concorrono insieme a promuovere la libertà di espressione, inclusa la libertà di stampa.

Libertà di espressione: la reclusione è consentita solo in caso di grave violazione dei diritti fondamentali e incitamento all’odio. i discorsi basati sulla discriminazione razziale, etnica, nazionale o religiosa costituiscono un reato punibile con una pena fino a 18 mesi di reclusione. La negazione dell’Olocausto rappresenta una circostanza aggravante che comporta pene più severe nei procedimenti giudiziari.

La legge considera blasfemia le offese contro qualsiasi divinità e le sanziona con ammende tra i 51 e i 309 euro. Nel corso dell’anno non sono stati registrati casi relativi all’applicazione di questa legge, e nemmeno condanne basate su di essa. Il 26 luglio le autorità comunali di Saonara, vicino a Padova, hanno adottato un regolamento che sanziona la blasfemia pubblica con un’ammenda di 400 euro.

Stampa e mezzi di informazione, inclusi quelli telematici: Lo scenario dell’informazione indipendente è molto vivace ed esprime un’ampia varietà di opinioni, senza restrizioni.

Violenze e vessazioni: l’Indice mondiale della libertà di stampa 2019, compilato dall’organizzazione non governativa Reporter senza frontiere (RSF), definiva “allarmante” il livello di violenza contro i giornalisti, inclusi casi di intimidazioni verbali e fisiche, da parte di soggetti privati, in particolare in Campania, Calabria, Puglia, Sicilia e Lazio.

RSF ha affermato che capita sempre più spesso i giornalisti si autocensurino a causa delle pressioni dei politici e delle reti di criminalità organizzata. A gennaio Paolo Borrometi, un giornalista che collabora con l’agenzia di stampa Agenzia Giornalistica Italia, ha ricevuto una lettera minatoria, probabilmente da un’organizzazione criminale. Borrometi era già sotto scorta della polizia perché i giudici avevano elementi per ritenere che un’organizzazione criminale volesse ucciderlo, a causa delle sue inchieste sui traffici illeciti di quell’organizzazione.

Il rapporto 2019 delle organizzazioni partner della Piattaforma del Consiglio d’Europa per la promozione del giornalismo e la protezione dei giornalisti ha espresso preoccupazione per le aggressioni fisiche e verbali contro i giornalisti da parte di gruppi neofascisti.

Anche se le autorità in generale non hanno preso parte alle violenze o vessazioni ai danni dei giornalisti, né le hanno approvate, RSF e la Piattaforma del Consiglio d’Europa hanno condannato l’ex vicepresidente del consiglio per la sua retorica ostile nei confronti dei mezzi di informazione e dei giornalisti sui social media. Il 23 maggio un gruppo di poliziotti dei reparti antisommossa ha picchiato con i manganelli e preso a calci Stefano Origone, un giornalista del quotidiano La Repubblica che stava seguendo gli scontri fra manifestanti nei pressi di un comizio organizzato dal partito di estrema destra Casa Pound a Genova. Origone ha riportato la frattura di due dita e di una costola prima che un altro agente di polizia fermasse il pestaggio gridando: “Fermatevi, fermatevi, è un giornalista”. La polizia ha aperto un’inchiesta sull’episodio e ha espresso rammarico per l’accaduto.

Il 1° agosto la Federazione nazionale della stampa italiana (FNSI) ha denunciato l’ostilità verso i giornalisti che chiamano in causa pubblici funzionari. Valerio Muzio, un giornalista di uno dei principali quotidiani del Paese, La Repubblica, ha filmato l’intimidazione subita da alcuni agenti di polizia che si erano accorti che stava riprendendo il figlio dell’ex vicepresidente del consiglio Matteo Salvini a bordo di una moto d’acqua della polizia, a dispetto dei regolamenti. Il 5 agosto il capo della polizia Franco Gabrielli ha aperto un’inchiesta su possibili limitazioni della libertà di stampa in ordine a questo incidente. Il 4 agosto la FNSI ha espresso solidarietà al giornalista Sandro Ruotolo, che aveva criticato Salvini in un tweet e in seguito aveva ricevuto minacce via Twitter da altri utenti.

Leggi contro la diffamazione: la calunnia e la diffamazione sono reati penali punibili con pene detentive fino a tre anni, che possono essere incrementate se il reato è rivolto contro un politico o un funzionario pubblico. Ci sono stati casi di funzionari pubblici che hanno citato giornalisti per diffamazione. Le sanzioni penali per diffamazione raramente vengono applicate. Il 22 settembre la Corte di cassazione ha sentenziato, basandosi sulla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, che i giornalisti condannati per diffamazione non possono essere puniti con il carcere. La detenzione è legittima solo in caso di grave violazione dei diritti fondamentali e incitamento all’odio. Ad agosto l’ex presidente del consiglio Matteo Renzi ha intentato causa per diffamazione ad Antonio Padellaro, ex direttore del quotidiano indipendente Il Fatto Quotidiano, per aver paragonato Renzi all’ex vicepresidente del consiglio Matteo Salvini durante un talk show.

Il 7 marzo la Corte europea dei diritti dell’uomo ha condannato l’Italia per la sentenza ai danni dell’ex direttore responsabile del quotidiano Libero Alessandro Sallusti, che era stato condannato a una pena detentiva per la pubblicazione di alcuni articoli nel 2007. Nel 2012 la Corte di cassazione aveva confermato una condanna a 14 mesi di reclusione, giudicata incompatibile con la Convenzione europea dei diritti dell’uomo, e 5.000 euro di ammenda.

L’11 giugno il settimanale L’Espresso ha riportato la notizia che un giudice di Milano aveva assolto il giornalista Emiliano Fittipaldi dall’accusa di diffamazione ai danni dell’ex vicepresidente del consiglio per aver dichiarato durante uno spettacolo televisivo che era impossibile “mettere le navi della Marina e sparare a chiunque si avvicina, come qualche volta Salvini ha proposto”.

Impatto delle organizzazioni non governative: RSF ha sottolineato che molti giornalisti di Roma e del Sud Italia affermano di aver subito pressioni da parte di organizzazioni mafiose e bande criminali locali. Il 15 agosto, a Sulmona, ignoti hanno bruciato la macchina di Claudio Lattanzio, fotogiornalista del quotidiano locale Il Centro. Anche la FNSI ha riferito di minacce contro giornalisti da parte di gruppi della criminalità organizzata. Nel corso dell’anno, secondo un rapporto di RSF, circa 20 giornalisti hanno ottenuto una scorta di polizia 24 ore su 24 per aver ricevuto minacce da organizzazioni criminali, mentre altri 200 nel 2018 avevano ottenuto una scorta occasionale. A febbraio un giornalista è stato aggredito da un gruppo di persone mentre realizzava un servizio televisivo su dei clan mafiosi in Abruzzo. Lo stesso giornalista era stato aggredito alla fine del 2017 mentre indagava sul presunto sostegno di un altro clan mafioso al gruppo radicale Casa Pound, a Ostia.

LIBERTÀ DI ACCESSO A INTERNET

Il Governo non ha ristretto o interrotto l’accesso alla Rete né ha censurato contenuti online, e non si sono avute denunce credibili di controlli da parte del Governo sulle comunicazioni private per via telematica senza apposita autorizzazione legale. Il Centro nazionale per il contrasto alla pedopornografia, che fa parte della Polizia di Stato, monitora i siti web per individuare reati legati alla pornografia minorile.

LIBERTÀ DI RICERCA E DI EVENTI CULTURALI

Non sono stati registrati casi di limitazioni della libertà di ricerca o di eventi culturali da parte dello Stato.

B. LIBERTÀ DI RIUNIONE PACIFICA E DI ASSOCIAZIONE
La Costituzione garantisce la libertà di riunione pacifica e di associazione e in generale il Governo rispetta tali diritti.

C. LIBERTÀ DI CULTO
Si veda l’International Religious Freedom Report del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti d’America all’indirizzo https://www.state.gov/religiousfreedomreport/.

D. LIBERTÀ DI MOVIMENTO:
La legge garantisce la libertà di spostarsi all’interno del Paese, di viaggiare all’estero, di emigrare e di tornare in patria, e in generale il Governo rispetta tali diritti.

E. SFOLLATI INTERNI
Non applicabile.

F. PROTEZIONE DEI RIFUGIATI
Abusi ai danni di migranti, rifugiati e apolidi: le organizzazioni umanitarie internazionali hanno accusato il Governo di mettere in pericolo i migranti incoraggiando le autorità libiche, con risorse e collaborazione, a soccorrere i migranti in mare e riportarli nei centri di accoglienza in Libia. Le associazioni e le organizzazioni internazionali considerano inumane le condizioni di vita nei centri libici. Il 18 gennaio 117 persone sono affogate quando la Guardia costiera italiana ha girato la richiesta di soccorso proveniente dalla loro imbarcazione alla Guardia costiera libica, che non ha risposto. L’imbarcazione si trovava a circa 80 chilometri dalla costa libica, quindi nella zona di ricerca e soccorso della Libia, quando è affondata. I magistrati italiani hanno indagato sulle responsabilità della Guardia costiera italiana nell’incidente e il 7 febbraio hanno stabilito che aveva agito in conformità alla legge e in linea con le sue procedure di ricerca e soccorso.

Gli organi di informazione hanno riportato alcuni episodi di violenze contro rifugiati. A luglio ignoti hanno lanciato pietre contro nove braccianti immigrati che si recavano a lavorare nei campi vicino a Foggia, ferendoli gravemente.

L’Organizzazione internazionale delle migrazioni (OIM), l’UNHCR e le organizzazioni non governative hanno denunciato lo sfruttamento lavorativo di richiedenti asilo, in particolare nell’agricoltura e nel settore dei servizi (si veda la sezione 7.b), e di sfruttamento sessuale di migranti minori non accompagnati (si veda la sezione 6, Minori).

Lo Stato ha portato alla luce casi di corruzione e criminalità organizzata nella gestione delle risorse stanziate per richiedenti asilo e rifugiati. Il 2 luglio le forze dell’ordine hanno arrestato 11 membri di quattro ONG con l’accusa di truffa e riciclaggio di denaro nella gestione di centri per migranti.

Il Governo collabora con l’UNHCR e altre organizzazioni internazionali e umanitarie per garantire protezione e assistenza a sfollati interni, rifugiati, rifugiati che rientrano nel loro Paese, richiedenti asilo, apolidi e altre categorie assimilabili. L’incertezza sulla disponibilità degli Stati membri dell’Unione Europea ad accettare una quota di migranti in arrivo ha influenzato la disponibilità delle autorità a proteggere i migranti e i richiedenti asilo portati nel Paese dalle imbarcazioni di soccorso.

Respingimenti: Amnesty International e altre ONG hanno accusato il governo di incoraggiare i respingimenti esercitando pressioni sulle ONG per limitare i salvataggi di migranti nel mar Mediterraneo e incoraggiando la Guardia costiera libica a riportare in Libia i migranti soccorsi. L’UNHCR non ha classificato questi episodi come respingimenti, ma ha dichiarato che sta esaminando la legalità delle azioni dell’Italia. L’UNHCR non considera la Libia un “porto sicuro”, perché il Paese nordafricano non ha firmato le convenzioni delle Nazioni unite sui rifugiati applicabili.

Accesso al diritto d’asilo: nel dicembre del 2018 il precedente Governo ha promulgato una legge promossa dall’allora ministro dell’Interno che puntava, fra le altre cose, a ridurre l’immigrazione clandestina in Italia ed eliminare lo status di protezione umanitaria per i migranti. L’approvazione della legge ha determinato un aumento dei migranti a cui viene negata qualsiasi forma di protezione. Inoltre, ha chiuso i porti del Paese alle navi di soccorso che il Governo sospettava di comunicare con trafficanti di persone che facevano base in Libia per coordinare i salvataggi in mare al largo della costa libica. Il 31 gennaio una nave di soccorso

battente bandiera olandese ha attraccato a Lampedusa senza l’autorizzazione del Governo. Le autorità hanno arrestato il capitano della nave, Carola Rackete, ma hanno rilasciato lei e la nave quando altri Paesi europei hanno accettato di prendere in carico una parte dei richiedenti asilo. Il 20 maggio sei esperti delle Nazioni Unite hanno inviato una lettera al Governo esprimendo preoccupazione per l’incompatibilità del decreto sicurezza con il diritto alla vita e il principio di non respingimento. Il 5 agosto il Parlamento ha approvato un decreto su immigrazione e sicurezza che attribuisce al ministero dell’Interno la facoltà di vietare alle navi di soccorso delle ONG sospettate di collaborare con i trafficanti l’ingresso nelle acque territoriali italiane. Con la formazione di un nuovo Governo di coalizione a settembre e l’uscita di Salvini dal Governo, alcuni decreti sulla sicurezza sono oggetto di revisione ed è stato di nuovo consentito alla maggior parte delle navi di soccorso delle ONG di attraccare nei porti italiani. Da gennaio al 7 novembre, le autorità hanno registrato 9.944 nuovi arrivi via mare. Tra agosto 2018 e luglio 2019 il ministero dell’Interno ha espulso 6.862 immigrati clandestini.

Alcune organizzazioni non governative e osservatori indipendenti hanno richiamato l’attenzione sulle difficoltà delle procedure di asilo, come l’incoerenza dei criteri applicati nei centri di accoglienza e l’inadeguata quantità di assegnazioni delle vittime del traffico di persone e dei minori non accompagnati a servizi di assistenza appropriati.

Le Commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale impiegano in media 6 mesi per prendere in esame le richieste di asilo. In caso di ricorso in appello, la procedura può durare fino a due anni. Le autorità hanno chiuso i centri per migranti più grandi in Sicilia e nel Lazio, dove i servizi forniti ai richiedenti asilo non sempre erano adeguati. Il 31 luglio i centri per migranti ospitavano 105.000 migranti, in calo del 34 per cento rispetto all’anno precedente. Tra gennaio e agosto, il Governo ha ricevuto 16.865 richieste di asilo.

Paese d’origine o di transito sicuro: l’Italia aderisce al Regolamento di Dublino dell’Unione Europea e alle sue successive revisioni, che individua lo Stato membro responsabile di prendere in esame una richiesta di asilo principalmente sulla base del primo punto di ingresso irregolare.

Libertà di movimento: La legge consente alle autorità di trattenere i migranti e i richiedenti asilo in centri di identificazione ed espulsione fino a 180 giorni, se le autorità stabiliscono che rappresentano un pericolo per l’ordine pubblico o possono cercare di sottrarsi a una sentenza di espulsione o a una condanna detentiva che precede l’espulsione. Il Governo ha abbinato gli sforzi per ridurre i flussi di migranti nel mar Mediterraneo trasportanti da trafficanti di persone con restrizioni della libertà di movimento fino a 72 ore, dopo che i migranti sono arrivati nei centri di accoglienza.

Impiego: Secondo la Federazione lavoratori dell’agroindustria (FLAI), affiliata alla Confederazione generale italiana del lavoro (CGIL), e altri sindacati e ONG, i datori di lavoro continuano a operare discriminazioni contro i rifugiati nel mercato del lavoro, approfittando della limitata applicazione delle disposizioni legali che tutelano i non cittadini dallo sfruttamento. Inoltre, l’elevato tasso di disoccupazione nel Paese riduce le possibilità di trovare un impiego legale per molti rifugiati.

Accesso ai servizi di base: le autorità hanno istituito alloggi temporanei per i rifugiati, fra cui anche centri di alta qualità gestiti dalle autorità locali, anche se molti sono ospitati in centri più grandi di qualità variabile, per esempio strutture riadattate come vecchie scuole, caserme militari e appartamenti residenziali. L’UNHCR, l’OIM e altre organizzazioni umanitarie e ONG hanno segnalato che migliaia di stranieri immigrati legali e clandestini, fra cui anche rifugiati, vivevano in strutture abbandonate, inadeguate o sovraffollate a Roma e in altre grandi città. Hanno segnalato anche che i rifugiati avevano un accesso limitato ai servizi di assistenza sanitaria, consulenza legale, istruzione di base e altri servizi pubblici.

Alcuni rifugiati che lavorano nell’economia sommersa non possono permettersi di prendere appartamenti in affitto, soprattutto nelle grandi città, e spesso vivono in baracche improvvisate in aree rurali o occupano abusivamente edifici, dove vivono in condizioni inadeguate. Il 30 luglio la polizia ha sgomberato con la forza 400 persone, fra cui anche rifugiati, che occupavano abusivamente un edificio nella periferia di Torino costruito originariamente per ospitare gli atleti delle Olimpiadi. Alcune organizzazioni non governative e associazioni hanno dichiarato che le autorità comunali di Roma non hanno offerto alloggi pubblici alternativi alle persone sgomberate, fra cui figuravano anche rifugiati con regolare permesso di soggiorno.

Il 6 giugno dei rifugiati e altri migranti a Frosinone hanno inscenato una protesta contro la riduzione dell’indennità giornaliera erogata dal Governo ai richiedenti asilo: due agenti delle forze dell’ordine sono rimasti feriti. Il 2 settembre dei rifugiati e altri migranti hanno organizzato insieme a degli italiani un sit-in a Foggia, all’interno dell’edificio dove la Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale tiene le sue riunioni: i manifestanti protestavano per la mancanza di servizi e chiedevano maggiori controlli sullo sfruttamento della manodopera nel Sud Italia.

Soluzioni durature: i limitati sforzi del Governo per integrare i profughi nella società hanno prodotto risultati ambivalenti. Le autorità offrono servizi di insediamento ai rifugiati a cui viene riconosciuto il diritto di asilo. Il Governo e l’OIM assistono i migranti e i rifugiati che scelgono di tornare nel loro Paese d’origine.

Protezione temporanea: Tra gennaio e settembre, il Governo ha garantito protezione umanitaria a 16.761 persone e protezione sussidiaria a 2.614 persone.

G. APOLIDI

Non applicabile.

Sezione 3. Libertà di partecipare al processo politico

La Costituzione garantisce ai cittadini la possibilità di scegliere il proprio Governo attraverso elezioni a scadenze periodiche, libere e corrette, con voto segreto e basate su un suffragio universale e paritario.

ELEZIONI E PARTECIPAZIONE POLITICA

Elezioni recenti: gli osservatori nazionali e internazionali hanno giudicato le elezioni parlamentari del marzo 2018 libere e corrette. La missione di osservazione dell’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa ha riferito che le elezioni sono state aperte e pluralistiche e gli elettori hanno potuto scegliere fra un’ampia gamma di candidati. La missione ha sottolineato che la campagna elettorale, pur essendo stata condotta nel rispetto delle libertà, è stata molto accesa e a tratti caratterizzata da stereotipi discriminatori e discorsi intolleranti nei confronti degli immigrati, anche sui social media.

Partecipazione delle donne e delle minoranze: nessuna legge limita la partecipazione delle donne o dei membri delle minoranze al processo politico, e queste categorie vi prendono effettivamente parte.

Sezione 4. Corruzione e mancanza di trasparenza nell’amministrazione pubblica

La legge prevede sanzioni penali per la corruzione dei pubblici ufficiali e il Governo in alcuni casi ha applicato con efficacia queste leggi. In alcuni casi, i pubblici ufficiali coinvolti in attività corruttive restano impuniti. sono stati registrati alcuni casi di corruzione nel corso dell’anno.

Corruzione: il 25 febbraio un tribunale di Roma ha condannato l’ex sindaco Gianni Alemanno a sei anni di carcere e l’interdizione perpetua dai pubblici uffici per corruzione e per aver accettato fondi illegali da un gruppo di criminalità organizzata che otteneva proficui appalti pubblici.

Trasparenza finanziaria: i parlamentari hanno l’obbligo di divulgare la propria situazione patrimoniale e il proprio reddito. Le due camere del Parlamento pubblicano sul loro sito web un bollettino che contiene informazioni sui parlamentari (previo consenso di ciascun parlamentare). La legge stabilisce che il presidente di ciascuna Camera può ordinare ai parlamentari che non ottemperano a tale obbligo di presentare le loro dichiarazioni nell’arco di 15 giorni dalla richiesta, ma non prevede altre sanzioni. I ministri sono tenuti a pubblicare online le informazioni sulla loro situazione patrimoniale.

Sezione 5. Atteggiamento del Governo riguardo a inchieste internazionali e di organizzazioni non governative su presunte violazioni dei diritti umani

Le varie organizzazioni nazionali e internazionali per i diritti umani in generale svolgono la loro attività senza alcuna restrizione da parte del Governo, indagando e pubblicando quello che scoprono riguardo a casi di violazioni dei diritti umani. Anche se in generale i funzionari pubblici si sono dimostrati collaborativi e attenti alle sollecitazioni di queste organizzazioni, l’ex ministro Salvini ha accusato alcune ONG straniere di condurre attività di ricerca e soccorso nel Mediterraneo centrale in coordinamento con i trafficanti di persone.

Organismi dello Stato per la difesa dei diritti umani: il Comitato interministeriale dei diritti dell’uomo del ministero degli Affari esteri e la Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani del Senato della Repubblica si occupano di casi internazionali e di casi nazionali di alto profilo. L’Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali (UNAR), che dipende dal dipartimento per le Pari opportunità della Presidenza del consiglio dei ministri, assiste le vittime di discriminazioni.

Sezione 6. Discriminazioni e abusi da parte della società e traffico di persone

DONNE

Stupri e violenze domestiche: una nuova legge sulla violenza contro le donne adottata il 17 luglio impone sanzioni più severe per reati di violenza domestica e violenza di genere. La pena prevista per lo stupro, incluso lo stupro coniugale, va dai 6 ai 12 anni di reclusione. La legge considera reato penale i maltrattamenti fisici ai danni di una donna anche se a commetterli sono dei familiari, persegue penalmente gli autori di violenze contro le donne e protegge l’identità delle donne coinvolte. Le tutele giuridiche contro le violenze all’interno della famiglia consentono, per i casi urgenti, la presentazione di un’istanza di parte

presso un tribunale civile. Una legge che riguarda specificamente lo stalking prevede, fra le altre cose, la detenzione obbligatoria per atti di violenza sessuale, anche quando a commetterli è il partner. Le forze dell’ordine e le autorità giudiziarie perseguono i responsabili di violenze contro le donne, ma le vittime spesso rifiutano di sporgere denuncia per paura, vergogna o ignoranza della legge.

Tra gennaio e luglio 39 donne sono state uccise dal proprio partner. Il 15 marzo, a Castelvetrano, un uomo, dopo che la moglie aveva chiesto il divorzio, l’ha uccisa e poi si è suicidato.

Due sentenze relative a casi di violenze contro le donne, a marzo, sono state considerate eccessivamente indulgenti. A Bologna, la corte d’appello ha ridotto una sentenza di condanna da 30 a 16 anni di carcere perché l’imputato appariva aver agito sotto l’effetto di una “soverchiante tempesta emotiva e passionale”. In un secondo caso, a Genova, i magistrati hanno ridotto la condanna di un uomo che aveva ucciso la moglie da 30 a 16 anni perché provava un “misto di rabbia e di disperazione, profonda delusione e risentimento”.

Il dipartimento per le Pari opportunità gestisce un numero verde per le vittime di violenze che cercano assistenza immediata e un rifugio temporaneo. Gestisce anche un numero verde per le vittime di stalking.

Mutilazioni genitali femminili: la legge proibisce le mutilazioni genitali femminili, punibili con pene fino a 12 anni di reclusione, anche se il reato è stato commesso all’estero. Sono avvenuti casi di mutilazioni genitali femminili in alcune comunità di immigrati. Gli esperti stimano che il numero di donne vittime di mutilazioni genitali si aggiri fra le 60.000 e le 80.000, e che la maggior parte delle mutilazioni sia stata eseguita fuori dal Paese. L’Istituto europeo per l’uguaglianza di genere calcola tra il 15 e il 24 per cento la percentuale delle bambine originarie di Paesi dove questa pratica è comune che corrono il rischio di subire mutilazioni genitali in Italia. La magistratura spesso ha dovuto fare affidamento sulle informazioni delle ONG e le autodenunce delle comunità immigrate per individuare e perseguire casi di mutilazioni genitali femminili.

Molestie sessuali: i casi minori di molestie sessuali verbali in pubblico sono punibili con la reclusione fino a 6 mesi e un’ammenda fino a 516 euro. Per la legge, gli abusi emotivi basati sul genere costituiscono un reato. Il Governo fa rispettare efficacemente la legge. Le forze dell’ordine indagano sulle denunce di molestie sessuali presentate alle autorità.

Controllo coercitivo della crescita demografica: non sono stati registrati casi di aborti forzati o sterilizzazioni obbligatorie.

Discriminazioni: la legge attribuisce alle donne gli stessi diritti degli uomini e il Governo fa rispettare le leggi vietando le discriminazioni in tutti i settori. Ciononostante, le donne subiscono diffuse discriminazioni, in particolare nel mondo del lavoro (si veda anche la sezione 7.d, sulle disparità salariali fra generi).

MINORI

Iscrizione all’anagrafe: un bambino ottiene automaticamente la cittadinanza italiana se uno dei genitori è a sua volta cittadino, se nasce in territorio italiano da genitori ignoti o apolidi o se è figlio di genitori stranieri il cui Paese di origine non riconosce la cittadinanza a un bambino nato all’estero, se viene abbandonato sul suolo italiano e se è adottato. Gli enti locali impongono la registrazione immediata del minore alla nascita.

Abusi ai danni dei minori: gli abusi sessuali ai danni dei minori sono punibili con pene detentive dai 6 ai 24 anni, a seconda dell’età del minore. L’ONG Telefono Azzurro ha riportato 4.210 casi di abusi ai danni dei minori e 66 casi di minori scomparsi nel 2018. Circa 5.700 persone, per lo più adolescenti, hanno contattato il centro di assistenza del Telefono Azzurro attraverso i social media. Le autorità applicano programmi di prevenzione nelle scuole, indagano prontamente sulle denunce che ricevono e puniscono i responsabili.

Matrimoni precoci e matrimoni forzati: l’età minima prescritta dalla legge per potersi sposare è 18 anni, ma i tribunali minorili possono autorizzare il matrimonio di minori che abbiano compiuto almeno 16 anni. Il matrimonio forzato è punibile con pene detentive fino a 5 anni, o 6 anni se è coinvolto un minore. Il matrimonio forzato è perseguito anche se praticato per ragioni religiose. In un rapporto pubblicato a febbraio, l’ONG ECPAT International calcolava che la percentuale di matrimoni minorili illegali (all’interno della comunità, ma non riconosciuti dalla legge) nelle baraccopoli di Roma fosse addirittura del 77 per cento.

Sfruttamento sessuale ai danni di minori: le autorità fanno rispettare le leggi che proibiscono lo sfruttamento sessuale, la vendita di minori, l’offerta o l’induzione di un minore alla prostituzione e le pratiche legate alla pedopornografia. Gli osservatori indipendenti e il Governo stimano che siano almeno 5.000 i minori stranieri vittime di sfruttamento sessuale. Il 3 aprile un tribunale di Bari ha condannato due uomini rispettivamente a 6 anni e 6 mesi e 5 anni e 6 mesi di reclusione per aver avviato alla prostituzione almeno 4 minori tra il 2010 e il 2017. Secondo il dipartimento per le Pari opportunità, il numero di minori vittime di traffico di persone assistiti è salito dai 199 del 2017 ai 215 del 2018.

Sono stati registrati casi di pedopornografia. Il 21 giugno il Servizio della polizia postale e delle comunicazioni (un’unità della Polizia di Stato) ha annunciato un’operazione condotta in 10 regioni per smantellare una rete responsabile di scambio e vendita per via telematica di materiale pornografico

riguardante minori, e di usare due gruppi WhatsApp per adescare nuove vittime. Le autorità hanno messo sotto inchiesta 51 persone. Nel 2018 il Servizio della polizia postale e delle comunicazioni ha denunciato 532 persone accusate di essere coinvolte in abusi o sfruttamento sessuale ai danni di minori; 43 di queste persone sono state arrestate.

Save the Children Italia ha riferito che 263 minori sono stati vittime di sfruttamento della manodopera e circa 2.210 sono stati vittime di traffico di persone, principalmente a scopo di sfruttamento sessuale, in 5 delle 20 regioni del Paese.

L’età minima per il sesso consensuale è di 14 anni, o 13 se il partner ha meno di 18 anni e la differenza di età è inferiore a 3 anni.

Minori sfollati: il ministero dell’Interno ha riferito che tra gennaio e il 4 novembre sono arrivati nel Paese 1.335 minori non accompagnati. Alla data del 30 giugno il ministero del Lavoro e delle politiche sociali ha riferito che i minori non accompagnati presenti nel Paese sono 7.272, il 93 per cento dei quali di sesso maschile. Ha riferito anche che nel 2018 è stata dichiarata la scomparsa di 5.314 minori precedentemente registrati nei centri di accoglienza: questi minori sono a rischio di sfruttamento lavorativo e sessuale.

Sottrazione internazionale di minori: il Paese aderisce alla Convenzione dell’Aja del 1980 sugli aspetti civili della sottrazione internazionale di minori. Si veda l’Annual Report on International Parental Child Abduction del dipartimento di Stato degli Stati Uniti d’America all’indirizzo: https://travel.state.gov/content/travel/en/International-Parental-Child-Abduction/for-providers/legal-reports-and-data/reported-cases.html.

ANTISEMITISMO

In Italia risiedono approssimativamente 28.000 ebrei. La legge punisce l’esecuzione pubblica del saluto romano a braccio teso, tipico dell’epoca fascista, e la vendita o l’esibizione di cimeli fascisti o nazisti. Chi trasgredisce alla legge è punibile con pene fra i 6 mesi e i 2 anni di reclusione, con ulteriori 8 mesi se i cimeli fascisti o nazisti sono venduti per via telematica. Il 9 luglio le forze dell’ordine hanno arrestato Fabio Carlo D’Allio, capo del gruppo di estrema destra Legio Subalpina, per possesso di armi da guerra e hanno confiscato coltelli e altre armi in seguito a perquisizioni nelle case di altri 10 militanti di destra.

I pregiudizi antisemiti nella società perdurano. Alcuni gruppi estremisti si sono resi responsabili di dichiarazioni e azioni antisemite, fra cui atti vandalici e pubblicazione di materiale antisemita su internet.

L’Osservatorio antisemitismo della Fondazione Centro di documentazione ebraica contemporanea ha riportato 158 episodi di antisemitismo tra gennaio e il 5 agosto, ma nessuna aggressione violenta.

L’incitamento all’odio su internet e gli atti di bullismo sono le forme più comuni di aggressioni antisemite, secondo la Fondazione Centro di documentazione ebraica contemporanea. Il 5 agosto la Fondazione riportava 105 casi di insulti su internet e 181 casi di scritte sui muri o atti vandalici contro residenti ebrei. La maggior parte degli episodi è avvenuta durante le festività o celebrazioni ebraiche. Slogan e scritte antisemite sono comparsi in alcune città, fra cui Roma, Forlì e Livorno.

Il 30 ottobre il Senato della Repubblica ha approvato la proposta della senatrice a vita e sopravvissuta dell’Olocausto Liliana Segre di istituire una commissione speciale contro il razzismo, l’antisemitismo e l’intolleranza: tuttavia, durante la votazione 98 senatori di centrodestra. Liliana Segre, che fu espulsa da scuola per la sua confessione religiosa nel 1938 e deportata nel campo di concentramento nazista di Auschwitz nel 1943, ha osservato che “c’è un’onda crescente di razzismo e intolleranza che dev’essere fermata in tutti i modi possibili”. Successivamente, a novembre, il prefetto di Milano ha messo Liliana Segre sotto scorta dopo che la senatrice a vita aveva ricevuto un’ondata di minacce ed era stata oggetto di incitamenti all’odio antisemiti sui social media, culminati in una raffica di 200 messaggi d’odio al giorno (incluse negazioni dell’Olocausto) diretti contro di lei e i suoi familiari, che è andata avanti per alcuni giorni.

Il 13 febbraio, nell’Italia nordoccidentale, un uomo ha insultato un ebreo che camminava per strada con suo figlio e gli ha rubato la kippah. Quando la vittima ha reagito, l’uomo lo ha schiaffeggiato due volte e gli ha urlato commenti antisemiti.

Più di 2.000 agenti di polizia sorvegliano le sinagoghe e altri siti della comunità ebraica nel Paese.

TRAFFICO DI PERSONE

Si veda il Trafficking in Persons Report del dipartimento di Stato degli Stati Uniti d’America all’indirizzo: https://www.state.gov/trafficking-in-persons-report/.

PERSONE CON DISABILITÀ

La legge tutela i diritti delle persone con disabilità. Il Governo fa rispettare tali disposizioni, ma sono stati registrati episodi di discriminazione da parte della società e nel mondo del lavoro. Anche se la legge impone di garantire alle persone con disabilità l’accesso agli edifici pubblici e ai trasporti pubblici, le barriere fisiche continuano a rappresentare un problema,

Il 20 giugno le forze dell’ordine hanno arrestato 13 persone accusate di maltrattare un gruppo di persone con disabilità in un centro di riabilitazione a Novi Ligure.

MINORANZE NAZIONALI/RAZZIALI/ETNICHE

Le violenze e le discriminazioni da parte della società contro le minoranze etniche, fra cui rom, sinti e camminanti, continuano a costituire un problema. Sono stati registrati casi di discriminazioni basate sulla razza o l’etnia nel mondo del lavoro (si veda la sezione 7.d).

La stampa e le organizzazioni non governative hanno riportato casi di incitamento all’odio, aggressioni violente, sgomberi forzati di accampamenti abusivi e vessazioni da parte delle autorità comunali. A febbraio i mezzi di informazione hanno parlato della relazione dei servizi segreti al Parlamento, che avvisava che il Paese poteva trovarsi ad affrontare la minaccia del razzismo e della xenofobia e che c’era il rischio di un incremento delle aggressioni contro migranti e minoranze in vista delle elezioni europee di maggio.

Il 10 maggio le forze dell’ordine e la polizia municipale hanno evacuato con la forza un ex stabilimento per la produzione di fuochi d’artificio che ospitava un campo rom nei pressi di Napoli. Più di 450 persone avevano occupato illegalmente lo stabilimento dal 2016, in assenza di soluzioni abitative alternative. Il 21 maggio la Corte europea dei diritti dell’uomo, dopo aver esaminato il reclamo presentato da alcune delle persone colpite dal provvedimento di sgombero con il supporto dell’ONG Associazione 21 Luglio e del Centro europeo per i diritti dei rom, ha ordinato al Governo nazionale di garantire una soluzione abitativa temporanea a 10 famiglie; il 5 giugno la Corte ha appurato che il Governo aveva ottemperato alle sue direttive.

A giugno l’allora ministro dell’Interno Salvini ha annunciato di voler condurre un “censimento” della comunità rom e prendere misure per l’espulsione dei rom privi di cittadinanza italiana. Secondo l’Associazione 21 Luglio, l’alloggio continua a rappresentare un problema grave per i 25.000 rom presenti nel Paese, per la maggior parte originari dei Paesi balcanici. Complessivamente, 15.000 persone vivevano in 127 campi autorizzati, e altre 9.600, per la maggior parte rumeni e bulgari, vivevano in accampamenti informali, prevalentemente in Lazio e in Campania.

ATTI DI VIOLENZA, DISCRIMINAZIONI E ALTRI ABUSI BASATI SULL’ORIENTAMENTO SESSUALE E SULL’IDENTITÀ DI GENERE

La legge proibisce le discriminazioni ai danni di persone lesbiche, gay, bisessuali, transgender e intersessuali (LGBTI) nell’alloggio, nell’occupazione, nell’accesso alla cittadinanza e ai servizi pubblici, e il Governo fa rispettare queste disposizioni. Le organizzazioni non governative che difendono i diritti delle persone LGBTI denunciano episodi di violenze, discriminazioni e incitamento all’odio da parte della società.

La stampa ha riportato casi isolati di violenze contro coppie di gay e lesbiche avvenute nel corso dell’anno. Il 23 giugno un uomo ha aggredito e ferito due uomini omosessuali brasiliani a Pescara. Quando le persone lesbiche, gay, bisessuali, transgender e intersessuali denunciano reati, le autorità indagano, ma in alcuni casi non riescono a identificare i responsabili.

ALTRI TIPI DI VIOLENZE O DISCRIMINAZIONI DA PARTE DELLA SOCIETÀ

A marzo i mezzi di informazione hanno riportato la notizia che una donna musulmana che indossava l’hijab era stata aggredita verbalmente e fisicamente da una donna mentre viaggiava su un autobus a Torino; la donna le ha anche strappato l’hijab dal capo con violenza.

Sezione 7. Diritti dei lavoratori

A. LIBERTÀ DI ASSOCIAZIONE E DIRITTO ALLA CONTRATTAZIONE COLLETTIVA

La legge sancisce il diritto dei lavoratori di costituire organizzazioni sindacali indipendenti e di aderirvi, di condurre contrattazioni collettive e di scioperare nei termini previsti dalla legge. La discriminazione antisindacale è illegale e i lavoratori licenziati per attività sindacali hanno il diritto di chiedere il reintegro, a patto che il loro datore di lavoro abbia più di 15 dipendenti in un reparto o più di 60 in tutto il Paese.

La legge proibisce di costituire organizzazioni sindacali all’interno delle forze armate. Per gli scioperi che riguardano servizi pubblici essenziali (come trasporti, servizi igienico-sanitari e sanità), la legge stabilisce l’obbligo di fornire un preavviso maggiore che in altri settori e il divieto di scioperi multipli, a pochi giorni di distanza l’uno dall’altro. Nel settore del trasporto pubblico, la legge consente lo sciopero solo se le sigle sindacali che lo convocano rappresentano almeno il 50 per cento della forza lavoro.

Il Governo fa rispettare efficacemente queste leggi. I datori di lavoro che violano la legge sono soggetti a pene pecuniarie, detentive o entrambe le cose. Queste sanzioni in genere rappresentano un deterrente sufficiente a scoraggiare le violazioni, anche se le procedure amministrative e giudiziarie a volte sono soggette a lunghi ritardi. I giudici hanno efficacemente sanzionato i rari casi di violazioni.

Lo Stato e i datori di lavoro in generale rispettano la libertà di associazione e il diritto a condurre contrattazioni collettive, anche se sono stati registrati casi in cui i datori di lavoro hanno cancellato unilateralmente accordi contrattuali. I datori di lavoro continuano a usare contratti a tempo determinato e subappalti per evitare di assumere lavoratori con diritto alla contrattazione collettiva.

B. DIVIETO DI LAVORO FORZATO O COATTO

La legge vieta qualsiasi forma di lavoro forzato o coatto e il Governo fa rispettare con efficacia la legge. Le pene per le violazioni sono sufficientemente severe da scoraggiare le violazioni. Le condanne effettivamente comminate dai tribunali per lavoro forzato e coatto, tuttavia, sono notevolmente più basse di quelle previste dalla legge. La legge prevede pene severe per gli intermediari illeciti (“caporali”) e le imprese che sfruttano i lavoratori nel settore agricolo, soprattutto nel caso del lavoro forzato ma anche in casi generici di sfruttamento. Specifica le condizioni in cui si può parlare di sfruttamento dei braccianti e include programmi speciali a sostegno dei lavoratori stagionali impiegati nell’agricoltura. La legge punisce il reclutamento illegale di lavoratori vulnerabili e manodopera coatta (il cosiddetto caporalato). Le pene per tale illecito vanno da sanzioni pecuniarie fino alla sospensione dell’autorizzazione a condurre attività commerciali. Nel 2018, l’anno più recente per cui siano disponibili dati, il ministero del Lavoro e delle politiche sociali ha dedicato maggiore attenzione a questo problema. L’Ispettorato del lavoro e i Carabinieri hanno condotto 7.160 ispezioni in aziende agricole e hanno individuato 5.114 lavoratori irregolari, di cui 3.349 lavoratori non dichiarati e 263 lavoratori stranieri senza permesso di soggiorno. Il numero di queste irregolarità è rimasto sostanzialmente in linea con i dati del 2016 e del 2017.

Sono stati registrati casi di lavoro forzato. Secondo quanto riferito dalle ONG, nell’edilizia, nei servizi domestici, negli alberghi, nei ristoranti e nel settore agricolo, soprattutto al Sud, sono stati registrati casi di servitù per debiti. Anche quest’anno si è avuta notizia di alcuni casi marginali di cittadini cinesi costretti a lavorare in officine tessili e di persone con disabilità originarie della Romania e dell’Albania obbligate a mendicare da gruppi criminali. Un accampamento di immigrati intorno a San Ferdinando, in provincia di Reggio Calabria, ospitava circa 2.000 immigrati che guadagnavano approssimativamente 0,50 euro per cassa di arance raccolte. Sono stati registrati anche casi limitati di bambini vittime di lavoro forzato (si veda la sezione 7.c).

Si veda anche il Trafficking in Persons Report del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti d’America all’indirizzo www.state.gov/j/tip/rls/tiprpt.

C. DIVIETO DI LAVORO MINORILE ED ETÀ LAVORATIVA MINIMA

La legge proibisce di assumere minori al di sotto dei 16 anni di età. Per i minori sono previste restrizioni specifiche all’impiego in lavori rischiosi o pericolosi per la salute, come le attività che implicano la potenziale esposizione a sostanze pericolose, l’estrazione mineraria, i lavori di scavo e il lavoro con apparati elettrici. Nel settore dell’economia legale, il Governo in generale riesce a far rispettare efficacemente queste leggi e le sanzioni sono un deterrente sufficiente a scoraggiare le violazioni. L’applicazione è invece inefficace nel settore, relativamente ampio, dell’economia sommersa, specialmente al Sud e nelle aziende agricole a conduzione familiare.

Sono stati registrati alcuni casi limitati di lavoro minorile nel corso dell’anno, soprattutto all’interno di comunità di immigrati o rom. Nel 2018 l’Ispettorato del lavoro e i Carabinieri hanno individuato 263 braccianti minorenni, contro i 220 del 2017. Il numero di migranti clandestini tra i 15 e i 18 anni di età che entrano nel Paese via mare dal Nordafrica è diminuito: secondo il ministero dell’Interno, i minori non accompagnati arrivati nel Paese via mare sono scesi dai 3.536 del 2018 alla cifra di 1.335 fra gennaio e il 4 novembre. La maggior parte di questi minori proveniva dall’Africa subsahariana. Nella maggior parte dei casi sono arrivati in Sicilia e molti sono rimasti lì, all’interno di residenze protette, mentre altri si sono spostati in altre parti del Paese o in altri Paesi europei.

La legge garantisce protezione ai minori stranieri non accompagnati e crea un sistema di protezione che gestisce i minori dal momento in cui arrivano nel Paese fino al momento in cui raggiungono i 21 anni di età e sono in grado di mantenersi da soli. Alla data di giugno, il ministero del Lavoro e delle politiche sociali aveva individuato 7.272 minori non accompagnati, 4.736 dei quali avevano lasciato i rifugi che erano stati loro assegnati. Fra quelli assistiti, il 93 per cento era di sesso maschile e circa l’86 per cento aveva fra i 16 e i 17 anni di età; le ragazze rappresentavano il 7 per cento del totale e per il 32 per cento provenivano dalla Nigeria: questo gruppo è particolarmente a rischio di abusi sessuali e violenze.

Il ministero del Lavoro e delle politiche sociali è consapevole che i minori non accompagnati corrono rischi maggiori di essere avviati al lavoro minorile nell’agricoltura, nei bar, negli esercizi commerciali e nell’edilizia e si impegna per impedire che vengano sfruttati collocandoli in comunità protette che garantiscano loro istruzione e altri servizi. La legge ha creato anche un albo di tutori volontari, selezionati e addestrati presso il

tribunale minorile, per contribuire a proteggere i minori non accompagnati. Secondo un rapporto di Save the Children, alcuni dispositivi della legge non sono ancora stati pienamente implementati in tutto il Paese, anche se sono stati fatti progressi significativi. Oltre 4.000 persone si sono offerte come tutori volontari e hanno aiutato i migranti a integrarsi nelle comunità locali.

D. DISCRIMINAZIONI NELL’IMPIEGO E NELLA PROFESSIONE

La legge proibisce le discriminazioni nell’ambito dell’impiego e della professione. I mezzi di informazione hanno riportato alcuni casi di discriminazioni nell’impiego basate sulla razza o l’etnia. I sindacati hanno criticato il Governo per non aver provvisto l’UNAR delle risorse sufficienti a intervenire nei casi di discriminazione, e per la mancanza di misure legali adeguate ad affrontare nuove tipologie di discriminazione. Le sanzioni sono un deterrente sufficiente a scoraggiare le violazioni, ma il numero di ispezioni è insufficiente ad assicurare un’adeguata implementazione.

Sono stati registrati anche casi di discriminazioni basate sul genere, la religione, la disabilità, l’orientamento sessuale e l’identità di genere. Il Governo ha portato avanti campagne informative per promuovere la diversità e la tolleranza, anche sul luogo di lavoro.

In molti casi le vittime di discriminazioni, secondo i sindacati, non sono disposte a richiedere le forme di tutela offerte dalle leggi sul lavoro o dai contratti collettivi. Secondo i dati di EUROSTAT, nel 2017 i guadagni lordi orari percepiti dalle donne erano mediamente più bassi del 5 per cento rispetto agli uomini che svolgono lo stesso lavoro.

E. CONDIZIONI DI LAVORO ACCETTABILI

La legge non stabilisce un salario minimo, ma i contratti collettivi di lavoro negoziati tra i sindacati e i datori di lavoro hanno fissato dei minimi salariali per diversi settori economici.

A meno che un contratto collettivo non disponga diversamente, la legge stabilisce che nel settore industriale lo straordinario non possa superare le 80 ore a trimestre e le 250 ore all’anno. La legge vieta gli straordinari forzati e prevede ferie annue retribuite, impone periodi di riposo pari a 1 giorno a settimana e 11 ore al giorno. La legge fissa dei parametri di salute e sicurezza del lavoro, nonché le linee guida per gli indennizzi in caso di infortuni sul lavoro. La responsabilità di individuare situazioni insalubri rimane in capo agli esperti di salute e sicurezza del lavoro.

Il ministero del Lavoro e delle politiche sociali è responsabile dell’applicazione di queste leggi e le fa rispettare efficacemente, con il costante stimolo dei sindacati, nel settore dell’economia legale. Nel settore dell’economia sommersa (in particolare nell’agricoltura, nell’edilizia e nei servizi), che dà lavoro, secondo le stime, al 16 per cento della forza lavoro nazionale, le leggi sul lavoro vengono fatte rispettare solo in parte.

Le risorse, le ispezioni e le sanzioni pecuniarie in generale sono adeguate a garantire il rispetto della legge solo nel settore dell’economia legale. Le sanzioni non sono sufficienti a scoraggiare tutte le violazioni.

Nel 2018 l’Ispettorato del lavoro e i Carabinieri hanno condotto ispezioni in 144.163 aziende (incluse le aziende agricole), individuando 162.932 lavoratori assunti in violazione delle leggi sul lavoro. Di questi, 42.306 erano lavoratori non dichiarati e 1.332 erano migranti irregolari. L’Ispettorato del lavoro ha riscontrato 15.641 casi di violazioni della normativa sull’orario di lavoro e ha sospeso 8.789 aziende per la violazione specifica di impiegare oltre un quinto dei dipendenti senza un contratto formale; nel 2017 le aziende sospese per questa ragione erano state 6.932.

I lavoratori in nero spesso sono sfruttati e sottopagati, lavorano in condizioni anti-igieniche o sono esposti a rischi per la sicurezza. Secondo la CGIL, prassi di questo tipo interessano il settore dei servizi, l’edilizia e l’agricoltura.

Nel 2018 l’Associazione artigiani e piccole imprese di Mestre CGIA, ha stimato in circa 3 milioni il numero di lavoratori irregolari nel Paese, il 40 per cento dei quali nelle regioni del Sud. In alcune aree della Calabria, della Puglia, della Campania e della Sicilia sono stati registrati numeri elevati di lavoratori stranieri in nero, che vivono e lavorano in condizioni inadeguate o insicure.