“Il nuovo esecutivo insista con le riforme”, intervista all’Ambasciatore USA John Phillips

U.S. Ambassador John Phillips

“Non fermate le riforme o perderete investimenti”, intervista all’Ambasciatore USA John Phillips

10 dicembre 2016

La seguente intervista è apparsa sul quotidiano “Il Corriere della Sera” del giorno 10 dicembre 2016
di Maurizio Caprara

«È importante che qualunque sia il governo, chiunque lo guidi, si tengano d’occhio quelle riforme. Non possono essere cancellate dall’agenda», dice l’ambasciatore degli Stati Uniti John R. Phillips nel parlare dei cambiamenti che sono in discussione da anni per aggiornare il sistema politico italiano, la macchina della giustizia, le norme sulle attività delle imprese. «Qualunque governo ci sia, è essenziale. Perché l’Italia ha enormi talenti, ingegni, qualità. Ma le sue potenzialità, economicamente enormi, sono molto soffocate», aggiunge durante un’ora di intervista al Corriere della Sera.

L’avvocato democratico arrivato a Roma nel 2013 per rappresentare Barack Obama rimarrà ancora per poco nell’ufficio di via Veneto nel quale riceve. Lo lascerà il 18 gennaio, due giorni prima dell’insediamento dell’atipico repubblicano Donald Trump alla Casa Bianca. Si può immaginare che dallo studio nell’ambasciata verranno portati via la scultura con il viso di John Kennedy, il tapis roulant per allenarsi le gambe tenuto vicino ai computer. Rimarrà forse il mappamondo. Resterà comunque quel che di storico depositatosi, nel corso di decenni, nell’atmosfera di questa stanza impiegata da chi ufficialmente impersona nel nostro Paese lo Stato più potente del mondo. Phillips, tra le altre, pronuncia un’affermazione che forse non rientra solo nella cronaca: «La disinformazione e la propaganda provenienti dalla Russia stanno raggiungendo con i loro tentacoli tanti Paesi: arrivano in tutta Europa, negli Stati Uniti e di certo in Italia.

Ambasciatore, quali sviluppi si aspetta dopo le dimissioni presentate dal presidente del Consiglio Matteo Renzi? 

«Quanto avviene rientra nei vostri meccanismi democratici, ci sono state votazioni, il nocciolo della democrazia. Il presidente Sergio Mattarella è profondamente impegnato nel cercare di procedere. Ciò che è importante per l’Italia è andare avanti con un governo stabile e che consenta di prevedere come si muoverà. Specialmente sull’agenda delle riforme da realizzare. Alcune sono davvero essenziali».

Per gli effetti che avrebbero sull’economia? 

«Perché non si ottengono investimenti stranieri quanto servirebbe? Ci si potrebbe domandare: perché vi bypassano? Potete identificarne le ragioni. Attualmente l’Italia è all’ottavo posto, e indietreggia, negli investimenti statunitensi in Europa. Dovrebbe essere al terzo. Forse al secondo, considerato che per la manifattura è il secondo Paese in Europa. Perché le società preferiscono investire altrove?».

Lei, il 12 settembre scorso, sostenne che una vittoria del No nel referendum costituzionale sulla riforma del Senato avrebbe comportato «un grosso passo indietro» negli investimenti delle compagnie americane in Italia. Conferma quel giudizio? 

«Non era uno schiaffo. Ho voluto rendere chiaro che ci sarebbero potute essere ripercussioni, se si guardava il referendum come lo vedevano compagnie americane. Amministratori delegati con i quali ho contatti erano colpiti dalle riforme proposte e in alcuni casi applicate. Da quella del sistema giudiziario al provvedimento sul lavoro, il “jobs act”. Se fai affari hai bisogno di permessi. Le attese costano. Quando ti senti dire che una decisione richiede sei anni…».

Ripeterebbe quel giudizio sul referendum? 

«Assolutamente. Nella lettera di incarico Obama mi ha scritto che lo rappresento, ho preso il compito sul serio. Non parlavo a nome mio, ma della politica americana. È stato evidente quando Obama, ricevendo Renzi a Washington, ha usato frasi anche più forti delle mie, ha dichiarato che il referendum era importante e così la riforma in esame. Nessuno ha sollevato domande».

Da ambasciatore in Italia lei si trova in un punto di osservazione che su determinate questioni si interessa anche di Maghreb, Medio Oriente, Est fino alla Russia. Ritiene che nel nostro Paese altri Stati compiano attività che l’opinione pubblica non vede o non vede abbastanza? 

«La disinformazione e la propaganda provenienti dalla Russia stanno raggiungendo con i loro tentacoli tanti Paesi: arrivano in tutta Europa, negli Stati Uniti e di certo in Italia. È qualcosa alla quale fare attenzione».

Quali scopi avrebbe? 

«Sono bravi in questo, in Russia. Spendono un sacco di soldi. Uno degli obiettivi è creare divisioni nell’Unione Europea e nelle nostre alleanze. Mosca si lamenta molto delle sanzioni, ma non sono congegnate per punire, bensì per cambiare una condotta inaccettabile: l’annessione della Crimea, la violazione di confini non avevano precedenti da decenni e richiedono una risposta coordinata e uniforme. Per dimostrare che non sono senza conseguenze».

Come cambieranno i rapporti tra Stati Uniti e Italia con Trump alla Casa Bianca? Sulla Nato, per esempio, non vorrebbe spendere molte energie. 

«Sono ambasciatore dell’Amministrazione Obama, non di quella di Trump, però in genere le affermazioni delle campagne elettorali vanno verificate nei fatti. Sulla Nato la designazione del generale James Mattis alla Difesa è rassicurante. Un nuova persona non può cambiare in modo drastico cose così radicate».

Maurizio Caprara intervista l’Ambasciatore USA John Phillips