29 maggio 2018
Rapporto sulla libertà di religione nel mondo 2017
(available in English)
ITALIA
Sintesi
La libertà di religione e il diritto delle comunità religiose di creare le proprie istituzioni sono tutelati dalla Costituzione. La Costituzione specifica che lo Stato e la Chiesa cattolica sono reciprocamente indipendenti e i loro rapporti sono regolati da una serie di trattati, fra i quali un concordato che garantisce alla Chiesa una serie di privilegi e benefici, oltre a misure di sostegno finanziario. Gli altri gruppi religiosi devono registrarsi per ricevere agevolazioni fiscali e di altro genere. I gruppi registrati possono chiedere di stipulare un’intesa con lo Stato, che garantisce buona parte degli stessi benefici goduti dalla Chiesa cattolica. In alcune località i musulmani continuano a denunciare difficoltà per ottenere dalle amministrazioni locali l’autorizzazione a costruire moschee o tenerle aperte. A febbraio il ministero dell’Interno ha firmato un accordo con l’organizzazione musulmana più importante del Paese, con lo scopo dichiarato di prevenire la radicalizzazione e favorire la formazione di imam che gestiscano i fondi in modo trasparente e tengano le cerimonie religiose in italiano. Dopo una sentenza della Corte costituzionale , il Comune di Milano ha continuato a rifiutare l’autorizzazione per la costruzione di due nuove moschee e una chiesa protestante, indicando come ragione la limitata capacità di individuare sedi idonee a soddisfare i requisiti prescritti dalla legge. A Mestre e a Roma, le amministrazioni comunali hanno disposto la chiusura di alcune “moschee garage” (luoghi di culto informali), e a Pisa un gruppo di cittadini ha chiesto un referendum per bloccare la costruzione di una nuova moschea. Con sentenze distinte, un tribunale del Lazio ha ordinato la riapertura di cinque moschee garage che il Comune di Roma aveva chiuso nel 2016.
Sono stati registrati episodi di antisemitismo e anti-islamismo, fra cui minacce, incitamenti all’odio, scritte sui muri e atti vandalici. Nel 2016, l’anno più recente per il quale siano disponibili dati, l’Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali (UNAR), un ente semigovernativo, ha denunciato 240 casi di discriminazioni basate sull’appartenenza religiosa, contro i 28 dell’anno precedente. L’UNAR ha attribuito il forte incremento del numero di casi denunciati alla maggiore consapevolezza da parte della cittadinanza della possibilità di denunciare discriminazione via internet. Un rapporto dell’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE) ha citato 32 episodi di discriminazioni contro cristiani, 11 contro ebrei e 8 contro musulmani nel 2016, fra cui 2 casi di aggressione contro ebrei e 2 casi di aggressione contro musulmani. Secondo la Fondazione Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea, un’organizzazione non governativa, ci sono stati 109 episodi di antisemitismo nel corso dell’anno, contro i 130 dell’anno precedente; più della metà degli episodi consiste in casi di incitamento all’odio via internet. La presidente della Comunità ebraica di Roma ha protestato contro l’assoluzione, da parte di un tribunale di Roma, di due uomini accusati di incitamento all’odio razziale per aver intonato slogan antisemiti in occasione di una partita di calcio, nel 2013. Il 22 ottobre alcune persone hanno affisso adesivi antisemiti raffiguranti la vittima dell’Olocausto Anna Frank e scritto slogan antisemiti durante una partita di calcio allo Stadio olimpico di Roma. Una corte d’appello di Milano ha annullato la condanna pronunciata nel 2016 da un tribunale di primo grado, assolvendo l’ex direttore del quotidiano Libero dall’accusa di istigazione all’odio razziale per aver pubblicato nel 2015 un editoriale dal titolo “Bastardi islamici”.
Rappresentanti dell’Ambasciata e dei Consolati generali degli Stati Uniti si sono incontrati con esponenti del Governo e delle amministrazioni locali per esortare al rispetto della libertà di religione e al trattamento imparziale di tutte le fedi. Hanno discusso anche dell’integrazione dei richiedenti asilo e dei migranti appena arrivati, che in molti casi sono musulmani, nonché dello stato di avanzamento delle iniziative per giungere a un’intesa formale che regoli le relazioni tra lo Stato e i gruppi musulmani. L’Ambasciata e i Consolati generali si sono incontrati con organizzazioni della società civile e leader religiosi per promuovere il dialogo interreligioso e l’inclusione sociale degli immigrati, inclusi quelli appartenenti a minoranze religiose.
Sezione I. Demografia religiosa
Il Governo statunitense ha stimato la popolazione complessiva dell’Italia in 62,1 milioni di persone (stima del luglio 2017). Secondo un’inchiesta del Pew Research Center del 2017, circa il 77 per cento di tutti i residenti si identificano come cristiani cattolici. Fra gli altri gruppi religiosi, che sommati insieme rappresentano meno del 10 per cento della popolazione, figurano cristiani di altre confessioni, musulmani, ebrei, induisti, Baha’i e buddisti. Fra le comunità cristiane di altre confessioni si annoverano gli ortodossi, i testimoni di Geova, le Assemblee di Dio, l’Unione delle Chiese metodiste e valdesi, la Chiesa di Gesù Cristo dei santi degli ultimi giorni (mormoni) e una serie di gruppi protestanti più piccoli. Il restante 13 per cento della popolazione non ha nessuna affiliazione religiosa. Secondo stime della Fondazione ISMU (Iniziative e Studi sulla Multietnicità), un istituto di ricerca indipendente, su circa 5 milioni di residenti stranieri i musulmani sono 1,6 milioni, i cristiani ortodossi altrettanti, i cristiani cattolici 1 milione e i cristiani protestanti 250.000. Il Governo stima la popolazione ebraica in 30.000 persone.
Secondo il ministero dell’Interno e l’Istituto nazionale di statistica (ISTAT), la popolazione di fede musulmana è composta di cittadini autoctoni, immigrati e stranieri residenti, ma la crescita di questa confessione è dovuta soprattutto al consistente numero di immigrati provenienti dall’Europa orientale, dall’Africa, dal Medio Oriente e dall’Asia meridionale; la maggior parte dei musulmani vive nelle regioni settentrionali del Paese. Gli immigrati marocchini e albanesi rappresentano i due gruppi più numerosi. Secondo il ministero dell’Interno, i musulmani presenti in Italia sono in larghissima maggioranza sunniti.
Sezione II. Rispetto della libertà di religione da parte del Governo
Quadro giuridico
La Costituzione dichiara che tutti i cittadini sono uguali di fronte alla legge senza distinzione di religione e che sono liberi di professare le loro convinzioni in qualsiasi forma, individualmente o con altre persone, di promuoverle e di celebrare riti in pubblico o in privato, purché non offendano la morale pubblica. Secondo la Costituzione, ogni comunità religiosa ha il diritto di organizzarsi secondo i propri statuti, purché non siano in conflitto con l’ordinamento giuridico. Stabilisce inoltre che lo Stato non può imporre limitazioni o tasse speciali sulla costituzione o le attività di un gruppo con la motivazione che è di natura religiosa o persegue scopi religiosi. La Costituzione specifica che lo Stato e la Chiesa cattolica sono reciprocamente indipendenti e i loro rapporti sono regolati da una serie di trattati, fra i quali un concordato che garantisce alla Chiesa una serie di privilegi e benefici, oltre a misure di sostegno finanziario.
Le offese contro qualsiasi divinità sono considerate blasfemia, reato punibile con un’ammenda da 51 a 309 euro. Le autorità generalmente non fanno rispettare questa legge.
La Costituzione afferma che tutti i gruppi religiosi godono delle stesse libertà, e i rapporti fra lo Stato e i gruppi religiosi diversi da quello cattolico sono regolati dalla legge attraverso una “intesa”. I rappresentanti di una confessione diversa da quella cattolica che richiedono un’intesa devono prima di tutto presentare la loro richiesta alla Presidenza del Consiglio. Successivamente, il Governo e i rappresentanti del gruppo religioso negoziano una bozza di intesa, che dev’essere approvata dal consiglio dei ministri, firmata dal presidente del consiglio e infine trasmessa al Parlamento per l’approvazione definitiva. Una volta che il Parlamento l’ha approvata, i rapporti fra il Governo e il gruppo religioso, incluso il sostegno pubblico, sono regolati dall’intesa. Fra i gruppi che hanno sottoscritto un’intesa con lo Stato figurano l’Unione delle Chiese metodiste e valdesi, gli avventisti, le Assemblee di Dio, gli ebrei, i battisti, i luterani, i mormoni, la Chiesa ortodossa del Patriarcato di Costantinopoli, la Chiesa apostolica, l’Unione buddista italiana, i buddisti della Soka Gakkai e gli induisti.
La legge garantisce ai gruppi religiosi il diritto all’esenzione fiscale e il diritto di essere riconosciuti come persone giuridiche, a condizione di aver portato a termine una procedura di registrazione presso il ministero dell’Interno. Il riconoscimento giuridico è una condizione preliminare per poter chiedere la stipula di un’intesa. Un gruppo religioso può chiedere il riconoscimento del proprio status giuridico presentando a un prefetto, che rappresenta localmente il ministero dell’Interno, una richiesta che includa lo statuto del gruppo, una relazione sui suoi scopi e le sue attività, informazioni sui suoi uffici amministrativi, un bilancio triennale, la certificazione del merito di credito rilasciata da una banca e la certificazione del possesso della cittadinanza italiana o di un permesso di soggiorno da parte del suo rappresentante. Per essere approvato, lo statuto di un gruppo non dev’essere in conflitto con la legge. Se la richiesta viene approvata, il gruppo religioso deve sottostare al controllo del ministero dell’Interno. Il ministero può nominare un commissario per amministrare il gruppo, se individua delle irregolarità nelle sue attività. La Chiesa cattolica è l’unico gruppo religioso legalmente riconosciuto esentato dall’attività di controllo del ministero dell’Interno, in ottemperanza al concordato fra lo Stato e la Santa Sede.
Un’intesa garantisce automaticamente agli esponenti del clero libertà di accesso agli ospedali pubblici, alle prigioni e alle caserme militari, garantisce la validità civile dei matrimoni religiosi, agevola pratiche religiose specifiche per quanto riguarda i funerali e dispensa gli studenti dal frequentare le lezioni durante le feste religiose. Un gruppo religioso che non abbia stipulato un’intesa con lo Stato può richiedere al ministero dell’Interno questi benefici caso per caso. Un’intesa consente inoltre a un gruppo religioso di ricevere, attraverso una dichiarazione volontaria del contribuente in sede di dichiarazione dei redditi, una percentuale del gettito fiscale (il cosiddetto “8 per mille”). I contribuenti possono specificare il gruppo religioso, fra quelli che possiedono i requisiti necessari, a cui vogliono indirizzare questi fondi. Attraverso questo meccanismo, lo Stato nel 2017 ha messo a disposizione 986 milioni di euro: di questo totale, oltre l’81 per cento è andato alla Chiesa cattolica.
Il 27 giugno il Consiglio regionale del Veneto ha adottato un regolamento che mette al bando l’uso di burqa e niqab in istituzioni pubbliche come gli ospedali.
La legge consente alla Chiesa cattolica di selezionare gli insegnanti dell’ora settimanale di religione nella scuola pubblica, che vengono retribuiti dallo Stato. L’ora di religione è facoltativa e gli studenti che non intendono frequentarla possono studiare altre materie oppure, in alcuni casi, uscire anticipatamente da scuola con il consenso dei genitori. Gli insegnanti selezionati dalla Chiesa possono essere sia laici che religiosi e le loro lezioni includono argomenti stabiliti dallo Stato e rilevanti anche per religioni diverse da quella cattolica. I finanziamenti pubblici sono disponibili solo per questi insegnanti approvati dalla Chiesa cattolica. Se uno studente chiede un insegnante di religione di un gruppo religioso diverso da quello cattolico, è il gruppo in questione a dover provvedere l’insegnante e farsi carico dei costi, ma non è tenuto a ottenere l’approvazione dello Stato per il contenuto delle lezioni. Alcune amministrazioni locali forniscono aiuti finanziari agli studenti per frequentare una scuola privata con affiliazione religiosa (normalmente, ma non sempre, cattolica) che rispetti i parametri fissati dal Governo.
I reati basati sull’odio, inclusi quelli motivati da odio religioso, sono punibili con pene fino a 4 anni di reclusione. Le stesse disposizioni si applicano alla negazione di genocidi o ai crimini contro l’umanità.
Tutti i missionari e gli altri operatori religiosi stranieri devono richiedere un permesso di soggiorno speciale prima di arrivare nel Paese.
L’Italia fa parte della Convenzione Internazionale sui Diritti Civili e Politici.
Comportamento delle autorità
Il Governo italiano, insieme a organizzazioni che rappresentano il 70 per cento dei musulmani del Paese, ha firmato un impegno a cooperare per combattere il radicalismo e promuovere la coesione e l’integrazione sociale tra i musulmani, che include misure di formazione per gli imam finalizzate a una gestione trasparente dei fondi e l’obbligo di tenere le loro prediche in italiano. Con una sentenza che stabilisce un precedente, la Corte di cassazione ha confermato la condanna di un sikh che portava con sé un kirpan (un coltello cerimoniale); l’uomo si era difeso invocando la rilevanza religiosa del proprio atto. I musulmani continuano a incontrare difficoltà nell’ottenere autorizzazioni per nuove moschee o moschee già esistenti. Il Consiglio comunale di Sesto San Giovanni ha bloccato la costruzione di un centro culturale islamico e di una moschea e le autorità comunali di Milano continuano a negare l’autorizzazione per la costruzione di due nuove moschee e una chiesta protestante. A Mestre e a Roma, le autorità hanno chiuso una “moschea garage” della comunità bangladese, e a Pisa un gruppo di cittadini ha chiesto un referendum per bloccare la costruzione di una nuova moschea. A Roma, il Tribunale Amministrativo Regionale (TAR) del Lazio ha ordinato alle autorità di riaprire cinque moschee garage chiuse dalla polizia nel 2016. A Bologna, per la prima volta da vent’anni, le autorità hanno vietato ai musulmani di usare lo stadio locale per celebrare la festività dell’Id al-adha. Esponenti politici di diversi partiti hanno pronunciato dichiarazioni critiche nei confronti dell’islam, e uno ha chiesto l’espulsione di un imam per le sue affermazioni sulle donne.
Il Governo ha negoziato bozze di intesa con i testimoni di Geova, la Chiesa ortodossa rumena e la Chiesa episcopale, ma non le ha sottoposte all’approvazione del Parlamento.
Anche i gruppi musulmani non sono riusciti a stipulare un’intesa che regoli i loro rapporti con lo Stato. A febbraio il ministero dell’Interno ha firmato un patto preliminare con alcuni gruppi musulmani, ma non è riuscito a condurre in porto un’intesa a causa, secondo quanto dichiarato, dell’assenza di un’unica organizzazione legale che rappresenti tutte le comunità musulmane. Paolo Naso, uno studioso e consulente indipendente che ha presieduto la commissione che ha stilato il patto, ha dichiarato che si è trattato di un passo importante verso la stipula di un’intesa formale tra lo Stato e la comunità islamica. Dopo il patto preliminare, non ci sono stati ulteriori progressi verso un’intesa definitiva. La conseguenza è che le moschee continuano a non poter accedere ai fondi dell’8 per mille a disposizione dei gruppi religiosi che hanno sottoscritto un’intesa, e i dipendenti musulmani non hanno garantito il diritto di prendersi la giornata libera in occasione delle loro festività religiose. Secondo il Governo e altri pubblici funzionari, difficilmente si potrà giungere alla stipula di un’intesa se non verrà creato un gruppo unico che rappresenti tutte le associazioni musulmane. Alla fine dell’anno, l’unico gruppo musulmano legalmente riconosciuto come entità religiosa dal ministero dell’Interno era il Centro islamico culturale d’italia, che gestisce la Grande Moschea di Roma. Altri gruppi musulmani sono stati riconosciuti come organizzazioni non lucrative di utilità sociale (Onlus).
Il 1° febbraio l’ex Ministro dell’Interno Marco Minniti e nove federazioni e associazioni islamiche, fra cui le tre più importanti – l’Unione delle comunità islamiche d’Italia, la Confederazione islamica italiana e i Giovani musulmani d’Italia, che rappresentano, sommate insieme, quasi il 70 per cento dei musulmani del Paese – hanno firmato un accordo (Patto nazionale per un islam italiano) per combattere insieme contro il radicalismo e promuovere la coesione sociale e l’integrazione dei musulmani, in particolare quelli di seconda generazione. Il patto include disposizioni per addestrare gli imam a tenere le loro prediche in italiano (ma senza specificare chi finanzierà questa formazione) e stabilisce che le comunità devono gestire in modo trasparente i loro fondi e le donazioni ricevute dall’Italia e dall’estero.
Il 15 maggio la Corte di cassazione ha confermato la condanna di un sikh, cittadino indiano, che portava con sé un kirpan (coltello cerimoniale). L’imputato, che era stato condannato a una sanzione pecuniaria di 2.000 euro, sosteneva che portare un coltello, come portare un turbante, era un precetto religioso sacro per i sikh. Con quella che il giurista Alessandro Negri ha definito una sentenza importante, che stabilisce un precedente, la Corte di cassazione ha dissentito dalla tesi dell’imputato, argomentando che “una società multietnica è una necessità, ma non può portare alla formazione di arcipelaghi culturali configgenti […] ostandovi l’unicità del tessuto culturale e giuridico del nostro Paese che individua la sicurezza pubblica come un bene da tutelare e, a tal fine, pone il divieto del porto di armi”.
I musulmani continuano a incontrare difficoltà per ottenere dalle amministrazioni locali l’autorizzazione a costruire delle moschee. Alla data di novembre esistevano 5 moschee ufficiali (a Ravenna, Roma, Colle Val d’Elsa, Milano e Forlì, quest’ultima inaugurata a maggio), contro oltre 800 luoghi di culto ufficiosi per musulmani, noti colloquialmente come “moschee garage”. Le amministrazioni locali, che hanno la facoltà di introdurre regole urbanistiche applicabili ai luoghi di culto, continuano a citare come ragione per il rifiuto della concessione edilizia la mancanza di piani regolatori che autorizzino la costruzione di luoghi di culto in siti specifici. Anche se le amministrazioni comunali, come quella di Milano, possono rifiutare, ed effettivamente rifiutano, le concessioni edilizie anche ad altri gruppi religiosi, la carenza di luoghi di culto ufficiali appare particolarmente grave per i musulmani. Esponenti politici locali del partito della Lega Nord, fra cui Jacopo Alberti, un consigliere regionale lombardo, hanno espresso timori riguardo alle comunità islamiche che ambiscono a costruire una propria moschea.
Il 10 ottobre il Consiglio comunale di Sesto San Giovanni, vicino a Milano, ha bloccato la costruzione di un centro culturale islamico con moschea, sostenendo che il centro non rispettava tutti i requisiti stipulati in due documenti sottoscritti nel 2013 e nel 2015. In particolare, il Consiglio comunale ha affermato che il centro non aveva stanziato fondi per la costruzione di un parcheggio e altri servizi, come precedentemente concordato.
Il 1° settembre le autorità locali di Bologna hanno vietato l’uso di uno stadio per la celebrazione dell’Id al-adha. Il presidente del Centro culturale islamico, Boubakeur Gueddouda, ha espresso il suo rammarico e disappunto, sottolineando che la comunità islamica usava quello stadio per celebrare l’Id al-adha da vent’anni.
Il 20 marzo il sindaco di Milano Giuseppe Sala ha dichiarato che la legge regionale lombarda, che impone criteri edilizi stringenti per i luoghi di culto, nel quadro della normativa urbanistica, ha limitato notevolmente la capacità delle autorità comunali di autorizzare nuove moschee.
Il 7 aprile la Corte Costituzionale ha confermato la validità della misura di una legge regionale varata dal Veneto nel 2016 che limita l’ubicazione di nuovi luoghi di culto nelle periferie urbane. La Corte ha dichiarato invece nulla un’altra disposizione della stessa legge che imponeva l’uso della lingua italiana durante le funzioni religiose, stabilendo che tale norma era in contraddizione con la libertà di culto.
A Firenze il sindaco Dario Nardella e l’imam Izzedin Elzir hanno proseguito le discussioni, senza tuttavia riuscire a individuare un luogo adatto per la costruzione di una moschea per la comunità musulmana. I 30.000 musulmani che risiedono nell’area metropolitana, secondo le stime, continuano a pregare in tre piccole strutture in vari punti della città, di grandezza inadeguata ad accogliere tutti i fedeli. A giugno il sindaco ha proposto alla comunità islamica locale di creare una moschea in un’ex caserma ai margini della città di Scandicci, ma le autorità locali hanno bloccato l’iniziativa. La comunità musulmana locale sta anche cercando di raccogliere fondi privati per l’acquisizione di uno spazio da usare come moschea, ma i suoi rappresentanti hanno affermato che la mancanza di una concessione resta l’impedimento principale alla costruzione di un luogo di culto. Il 22 dicembre l’arcivescovo di Firenze Giuseppe Betori ha firmato un accordo con l’imam Elzir per la costruzione di una moschea su un terreno che la Chiesa ha venduto alla comunità musulmana a Sesto Fiorentino, fuori dai confini del Comune di Firenze. Secondo le notizie riportate dalla stampa, l’eventuale moschea, con una capacità di diverse centinaia di persone, non sarebbe in grado di accogliere tutta la comunità islamica dell’area metropolitana di Firenze, stimata in circa 30.000 individui.
Il Comune di Milano ha continuato, come già nel 2016, a negare l’autorizzazione per la costruzione di due nuove moschee e una chiesta protestante, indicando come ragione la limitata capacità di individuare sedi adeguate, come imposto dalla legge regionale lombarda, che prevede che le amministrazioni locali possano introdurre regole urbanistiche che limitano l’ubicazione dei luoghi di culto.
La comunità musulmana di Thiene, in Veneto, ha dato il via alla costruzione di una moschea per cui aveva ottenuto, nel 2015, la concessione edilizia, in linea con i requisiti della legge regionale. Alla fine dell’anno, i lavori di costruzione erano ancora in corso.
Invocando la mancanza di concessioni edilizie o l’inadeguatezza delle norme di sicurezza, il Comune di Mestre, il 5 aprile, e quello di Roma, il 6 ottobre, hanno disposto ciascuno la chiusura di una moschea garage gestita da una comunità religiosa bangladese. I rappresentanti della comunità hanno organizzato manifestazioni pubbliche di 100-200 persone nelle due città nel mese di ottobre, sostenendo che non vengono offerte loro vie legali per istituire nuovi luoghi di culto. Il Comune di Mestre ha promesso di autorizzare la comunità a costruire una nuova moschea in un altro luogo, ma alla fine dell’anno il luogo in questione non era ancora stato individuato.
Con sentenze distinte, il TAR del Lazio ha ordinato al Comune di Roma la riapertura di cinque moschee garage chiuse dalle forze dell’ordine nel 2016 per mancanza di adeguata autorizzazione. Le moschee sono state riaperte.
Le amministrazioni locali continuano ad affittare terreni demaniali a tassi agevolati ai gruppi religiosi, solitamente cattolici, per la costruzione di luoghi di culto. Inoltre, i finanziamenti pubblici contribuiscono a preservare e mantenere in buono stato i luoghi di culto storici, che sono per la quasi totalità cattolici.
Un gruppo di cittadini locali ha richiesto un referendum sulla costruzione di una nuova moschea a Pisa, sostenendo che un luogo di culto islamico esiste già e che “i soldi per la nuova moschea potrebbero venire dal Qatar, che finanzia i Fratelli musulmani”. Alla fine dell’anno la richiesta di referendum non era ancora stata presa in esame.
Il 29 aprile la consigliera regionale del Veneto Elena Donazzan, del partito Forza Italia, ha chiesto l’espulsione dal Paese di Nuhi Krasniqi, imam e capo dell’associazione musulmana sunnita di Bassano del Grappa, dopo che questi aveva invocato, in occasione di un’intervista televisiva, la sottomissione delle donne a Dio e al profeta Maometto. Riferendosi a Krasniqi la Donazzan ha dichiarato: “Se all’imam non piace l’idea che una donna […] possa girare per le strade della sua città senza velo, può fare le valigie e tornarsene da dove è venuto”.
Esponenti di vari partiti politici, fra cui la Lega Nord, Fratelli d’Italia e CasaPound, hanno pronunciato dichiarazioni critiche nei confronti dell’islam. Intervistato dal quotidiano tedesco Die Welt il 3 gennaio, il leader della Lega Nord Matteo Salvini ha detto: “La cultura dell’Islam […] è arretrata e non compatibile con la nostra società”. Il 27 settembre CasaPound ha organizzato a Roma una marcia per chiedere la chiusura delle moschee garage. Giorgia Meloni, presidente del partito Fratelli d’Italia, ha twittato il 9 ottobre: “Non possiamo negare che sia in corso un processo di islamizzazione dell’Europa”.
Il Governo ha organizzato una serie di eventi commemorativi per il Giorno della Memoria, l’anniversario della liberazione del campo di concentramento di Auschwitz, il 27 gennaio. Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha tenuto una cerimonia in cui ha sottolineato la necessità di “conoscere, indagare, studiare, riflettere. […] Nulla deve fermare la nostra volontà di ricordare”. Il 18 e il 19 gennaio l’ex ministra dell’Istruzione, dell’università e della ricerca Valeria Fedeli ha accompagnato un gruppo di 100 studenti a visitare il campo di concentramento di Auschwitz, in collaborazione con l’Unione delle comunità ebraiche italiane (UCEI). Ha anche firmato un accordo con l’UCEI per promuovere corsi di formazione per insegnanti e programmi di studio per studenti finalizzati a preservare la memoria dell’Olocausto. Il 19 gennaio il sindaco di Milano Sala ha tenuto una cerimonia per dedicare una pietra d’inciampo (stolpersteine) alla memoria della vittima dell’Olocausto Dante Coen, la prima di altre sei analoghe per italiani vittime dell’Olocausto.
L’Italia fa parte dell’Alleanza internazionale per la memoria dell’Olocausto.
Sezione III. Rispetto della libertà di religione Nella società
Nel 2016, l’anno più recente per il quale siano disponibili dati, il numero verde dell’UNAR ha ricevuto 240 denunce di episodi di discriminazione motivati dall’identità religiosa, contro le 28 dello scorso anno. L’Ufficio non ha fornito dettagli sul tipo di episodi o i gruppi religiosi interessati. Ha attribuito il forte incremento del numero di casi denunciati alla migliore conoscenza da parte dei cittadini delle modalità per denunciare discriminazioni per via telematica. Poiché religione ed etnia spesso sono strettamente legate, in molti casi è difficile stabilire se un episodio di discriminazione sia motivato esclusivamente dall’identità religiosa.
Un rapporto dell’OSCE sui reati fondati sull’odio nel 2016, basato sui dati forniti da organizzazioni internazionali, associazioni della società civile e Santa Sede, ha citato 32 episodi di discriminazioni contro cristiani, 11 atti di antisemitismo e 8 episodi di discriminazioni contro musulmani. Nella maggioranza dei casi si è trattato di reati contro la proprietà, ma vi sono state anche due aggressioni contro ebrei, due contro musulmani e un caso di minacce contro musulmani. In uno degli atti di violenza antiebraici, un gruppo di persone ha insultato e aggredito un giovane ebreo che portava la kippah; nell’altro episodio, un gruppo ha aggredito un gruppo di studenti riconoscibilmente ebrei mentre uscivano da un campo di calcio. In uno degli atti di violenza anti-islamici, una donna musulmana che indossava il velo e sua figlia sono state insultate, e la figlia è stata schiaffeggiata quando ha reagito all’insulto; nell’altro episodio, una donna musulmana ha ricevuto insulti e sputi mentre accompagnava i suoi figli a scuola. Nel terzo caso, l’OSCE riferisce che una pallottola è stata lasciata in segno di minaccia all’interno di una sala di preghiera musulmana.
L’Osservatorio antisemitismo del Centro di documentazione ebraica contemporanea (CDEC) ha registrato 109 atti di antisemitismo nel corso dell’anno, contro i 130 del 2016. Fra gli episodi di antisemitismo pubblicati sul sito del CDEC figurano casi di discriminazioni, vessazioni verbali e telematiche (soprattutto in occasione di partite di calcio e altri eventi sportivi) e scritte sui muri denigratorie. L’incitamento all’odio e il bullismo su internet sono le forme più comuni di attacchi antisemiti, secondo il CDEC, che anche lo scorso anno ha tenuto in funzione un numero verde riservato alle vittime e ai testimoni di casi di antisemitismo. Noemi di Segni, presidente dell’UCEI, e Ruth Dureghello, presidente della comunità ebraica di Roma, hanno dichiarato di sentirsi sconfortate e preoccupate per gli episodi di antisemitismo, ma incoraggiate dal fatto che il Governo stesse prendendo sul serio la questione. Noemi Di Segni ha dichiarato di sentirsi spaventata dall’ascesa di un antisemitismo “sofisticato”.
Il 12 aprile la polizia di Bologna ha fronteggiato un uomo che gridava imprecazioni in arabo: l’uomo ha strillato “Siete ebrei, vi ammazzo tutti” e poi ha ferito due agenti con un coltello.
Da un’inchiesta pubblicata a settembre dall’Agenzia dell’Unione Europea per i diritti fondamentali, incentrata sulle discriminazioni denunciate dai musulmani che vivono in 15 Stati membri dell’Unione, è emerso che il 25 per cento dei musulmani che vivono in Italia ha detto di essersi sentito discriminato a causa della propria religione nei cinque anni precedenti (la percentuale più alta fra i 15 Paesi oggetto dell’inchiesta) e solo il 16 per cento ha detto di essere a conoscenza dell’esistenza di almeno un’organizzazione che può offrire loro supporto in casi di discriminazione. I musulmani residenti in Italia hanno dichiarato un livello di fiducia nelle forze dell’ordine tra i più bassi in assoluto fra i 15 Paesi oggetto dell’inchiesta. Inoltre, il livello di attaccamento al Paese di residenza è il più basso (3,3 su una scala di 5) fra tutti i Paesi oggetto dell’inchiesta.
Il 4 luglio il giornalista Stefano Cassinelli e il prete ortodosso ed ex parlamentare Alessandro Meluzzi hanno fondato a Milano il Partito anti-islamizzazione. Il programma del partito mette l’accento sulla necessità di informare il pubblico di quelli che descrive come i rischi associati alla crescita delle comunità islamiche.
A settembre il parlamentare Massimo Corsaro, esponente di una fazione politica separatasi dal partito Forza Italia, si è scagliato contro il parlamentare ebreo Emanuele Fiano, autore della proposta di legge per la trasformazione in reato penale della negazione dell’Olocausto, chiedendo, in un post su Facebook, se Fiano avesse le sopracciglia folte “per coprire i segni della circoncisione”. Corsaro, secondo i mezzi di informazione, ha negato qualsiasi intento antisemita, sostenendo di avere soltanto voluto insultarlo con un epiteto offensivo.
I mezzi di informazione hanno riportato numerosi atti di antisemitismo in eventi sportivi che vedono coinvolta la squadra di calcio della SS Lazio. Il 7 febbraio un tribunale di Roma ha assolto dall’accusa di istigazione all’odio razziale due tifosi di questa squadra che erano stati filmati nel 2013 mentre intonavano il coro “giallorosso ebreo” durante una partita nella capitale. (Il giallo e il rosso sono i colori della squadra rivale della Lazio, l’AS Roma.) Il tribunale ha stabilito che i cori non costituiscono reato perché sono stati pronunciati “nel contesto di una rivalità sportiva”. La presidente della comunità ebraica romana Ruth Dureghello, in una lettera di protesta contro l’assoluzione, ha affermato che si è trattato di un “precedente allarmante per la giustizia”, perché “legittima l’utilizzo dell’aggettivo ‘ebreo’ in forma dispregiativa”.
Il 23 ottobre la polizia di Stato e le autorità calcistiche hanno aperto delle inchieste a seguito di un incontro di calcio, tenutosi il giorno precedente, fra l’AS Roma e il Cagliari Calcio. Le autorità hanno affermato di ritenere che la responsabilità dell’affissione di adesivi antisemiti raffiguranti la vittima dell’Olocausto Anna Frank con indosso la maglietta dell’AS Roma e delle scritte “Romanista ebreo” sulle barriere trasparenti, i muri e i bagni di una sezione dello Stadio olimpico di Roma fosse da attribuirsi a tifosi della SS Lazio. La presidente della comunità ebraica romana Ruth Dureghello ha twittato: “Questo non è calcio, questo non è sport. Antisemiti fuori dagli stadi”, accompagnando il tweet con un’immagine degli adesivi. La Dureghello ha anche dichiarato: “Gli stadi non possono essere posti al di fuori della legge, dove individui antisemiti, razzisti e omofobi possono trovare un posto per esibirsi”.
In risposta, la Federazione italiana giuoco calcio, dopo essersi consultata con il ministro dello Sport Luca Lotti e l’UCEI ha diffuso un comunicato in cui annunciava che un brano del Diario di Anna Frank sarebbe stato letto ad alta voce prima di tutte le partite della settimana successiva, “per condannare i recenti episodi di antisemitismo e per continuare a coltivare la memoria della Shoah”. Anche la dirigenza della SS Lazio ha espresso delusione e rammarico, e il presidente del club, Claudio Lotito, ha deposto una corona di fiori bianchi e azzurri (i colori della squadra) davanti alla Grande Sinagoga di Roma. Lotito ha annunciato che la squadra manderà ogni anno 200 giovani ad Auschwitz per educarli alla storia dell’Olocausto. Successivamente la squadra ha indossato magliette con impressa l’immagine di Anna Frank e la scritta “No all’antisemitismo”.
A luglio i mezzi d’informazione hanno riportato la notizia che la polizia aveva fatto irruzione in uno stabilimento balneare che recava scritto su una delle porte: “Vietato entrare, camere a gas”. Il prefetto di Venezia ha ordinato la rimozione di “ogni riferimento al fascismo”. La presidente dell’UCEI Noemi Di Segni ha espresso il proprio sdegno per l’insulto alla memoria delle vittime dell’olocausto.
Il 18 dicembre una corte d’appello di Milano ha assolto Maurizio Belpietro, l’ex direttore del quotidiano Libero dall’accusa di “istigazione all’odio razziale” rovesciando la condanna pronunciata nel 2016 da un tribunale di primo grado. Il tribunale di primo grado aveva condannato Belpietro a quasi 11 mesi di carcere per aver pubblicato un editoriale dal titolo “Bastardi islamici” nel 2015, in seguito all’attacco terroristico al locale Bataclan a Parigi. Belpietro era rimasto in libertà in attesa della sentenza d’appello.
Il CDEC ha dichiarato che sono in circolazione 44 libri contenenti linguaggio antisemita, 21 di nuova pubblicazione e 23 ristampe di vecchie edizioni. Il Centro non ha specificato i titoli dei libri che sostiene essere antisemiti.
I mezzi di informazione hanno riportato episodi di scritte e manifesti antisemiti, come svastiche dipinte sui muri, stereotipi antisemiti e scritte inneggianti a gruppi neonazisti in diverse città, fra cui Roma, Milano e Reggio Calabria. Il 3 settembre le autorità hanno scoperto delle svastiche e slogan antisemiti come “No agli ebrei” su una fermata d’autobus vicino a una scuola ebraica di Milano. Il 27 luglio le autorità hanno trovato svastiche e scritte che esaltavano Hitler sulle panchine di fronte al Memoriale della Shoah a Milano. A Milano, il 21 gennaio, la figlia della vittima dell’Olocausto Dante Coen ha trovato la pietra d’inciampo installata due giorni prima in memoria di suo padre deturpata con vernice nera. Il 28 gennaio migliaia di persone hanno sfilato per protestare contro questo atto di vandalismo, legate insieme da una corda rossa, che secondo gli organizzatori simboleggiava il loro legame con la “catena della memoria” delle vittime dell’Olocausto. Alla marcia hanno partecipato il sindaco di Milano Sala e il ministro della Giustizia Andrea Orlando, e secondo i mezzi di informazione quest’ultimo avrebbe detto: “È importante una reazione pronta e immediata, in modo che chiunque pensi di cancellare una testimonianza del genere ottiene l’effetto contrario”.
Il 4 aprile, i leader della comunità islamica di Bologna hanno trovato la scritta “Non siete i benvenuti” e una croce vicino all’ingresso di una moschea locale.
Secondo il rapporto dell’OSCE sui reati fondati sull’odio nel 2016, tutti i 32 episodi anticristiani sono reati contro la proprietà, e quasi tutti contro la Chiesa cattolica: si tratta di casi di furti, profanazione di tombe, atti vandalici e scritte sui muri; c’è stato anche un caso di incendio doloso contro una chiesa cattolica. Sono stati registrati diversi episodi di atti vandalici contro sale del regno dei testimoni di Geova.
Il rapporto dell’OSCE ha citato nove reati contro la proprietà con motivazioni antisemite nel 2016. Fra questi, scritte neonaziste o altre scritte antisemite, furti e atti vandalici. In uno di questi episodi è stato vandalizzato un cimitero ebraico e sono stati rubati o danneggiati degli articoli religiosi. In un altro episodio, alcuni hacker hanno aggiunto contenuti antisemiti al sito web di un gruppo ebraico.
L’OSCE ha riportato cinque episodi di reati contro la proprietà con motivazioni anti-islamiche nel 2016. C’è stato un incendio doloso contro una macelleria di proprietà di un musulmano e una testa di maiale lasciata accanto a un piccolo ristorante di proprietà di un pachistano. Gli altri episodi hanno riguardato atti di vandalismo e scritte anti-islamiche.
A gennaio, l’arcivescovo cattolico di Palermo, Corrado Lorefice, ha trasferito alla comunità ebraica una struttura di proprietà della Chiesa costruita sopra le rovine della Grande Sinagoga di Palermo.
Sezione IV. Le politiche e l’impegno del Governo statunitense
Rappresentanti dell’Ambasciata e dei Consolati generali degli Stati Uniti d’America si sono incontrati con esponenti del Governo e delle amministrazioni locali a Roma, Napoli, Milano, Torino, Bologna, Firenze, Modena, Reggio Emilia e Colle Val d’Elsa per esortare alla tolleranza religiosa. Durante questi incontri, i rappresentanti dell’Ambasciata e delle autorità italiane hanno discusso anche dell’integrazione dei richiedenti asilo e dei migranti, molti dei quali sono musulmani. Funzionari dell’Ambasciata si sono riuniti con rappresentanti del ministero dell’Interno e della Presidenza del consiglio per discutere la questione dell’istituzione di un accordo che formalizzi i rapporti fra la comunità musulmana e lo Stato.
Funzionari dell’Ambasciata e dei Consolati hanno continuato a incontrare anche rappresentanti di associazioni della società civile, come la Caritas, la Comunità di Sant’Egidio, l’Integra e l’Anolf, oltre a esponenti cattolici, musulmani ed ebraici nelle varie città. I nostri funzionari hanno esortato a favorire l’inclusione sociale degli immigrati (molti dei quali sono musulmani) e il dialogo tra i diversi gruppi religiosi, e hanno monitorato la capacità dei diversi gruppi di praticare liberamente la propria fede. Rappresentanti dell’Ambasciata si sono incontrati con esponenti della comunità ebraica per discutere del problema dell’antisemitismo tra i tifosi di calcio. L’Ambasciata anche quest’anno ha ospitato oratori ed eventi focalizzati sull’integrazione dei migranti appena arrivati, in gran parte musulmani, e degli immigrati di seconda generazione.