12 aprile 2022
Rapporto sul rispetto dei diritti umani – Italia
(available in English)
SINTESI
La Repubblica italiana è una democrazia multipartitica, con un Parlamento bicamerale composto dalla Camera dei deputati e dal Senato. La Costituzione attribuisce il potere esecutivo al Consiglio dei ministri, guidato dal presidente del consiglio. Il presidente della Repubblica è il capo dello Stato e nomina il presidente del consiglio dopo un giro di consultazioni con i leader di tutti i partiti politici rappresentati in Parlamento. Le elezioni parlamentari del marzo 2018 sono state giudicate libere e corrette. Il presidente della Repubblica viene eletto dai parlamentari e dai delegati regionali; l’ultima elezione del capo dello Stato si è tenuta nel 2015.
La Polizia di Stato e i Carabinieri (un corpo di polizia militare) hanno il compito di mantenere la sicurezza interna. La Polizia di Stato fa capo al ministero dell’Interno. I Carabinieri fanno capo al ministero della Difesa, ma sono soggetti anche al coordinamento del ministero dell’Interno: sono principalmente una forza di polizia interna organizzata secondo criteri militari, con alcune responsabilità al di fuori dei confini nazionali. Le forze armate sono responsabili della sicurezza esterna, ma hanno anche compiti specifici in materia di sicurezza interna, ad esempio per quanto riguarda la sorveglianza degli edifici pubblici. Le autorità civili esercitano un controllo effettivo sulle forze di sicurezza. Sono state riportate denunce credibili di abusi da parte di membri delle forze di sicurezza.
Le problematiche rilevanti in materia di diritti umani includono denunce credibili di: violenze o minacce di violenze contro giornalisti; leggi contro la diffamazione che prevedono pene fino a tre anni di carcere; negazione del diritto d’asilo; reati, violenze o minacce di violenze con motivazioni antisemite; reati che includono violenze o minacce di violenze contro membri di gruppi nazionali, razziali ed etnici minoritari e contro persone lesbiche, omosessuali, bisessuali, transgender, queer o intersesso; sfruttamento della manodopera.
Lo Stato individua, indaga, persegue penalmente e punisce i funzionari pubblici che commettono violazioni dei diritti umani. In alcuni casi ha applicato efficacemente le leggi contro la corruzione dei pubblici funzionari.
Sezione 1. Rispetto dell’integrità della persona:
a. Esecuzioni arbitrarie e altre uccisioni illegali o dettate da motivazioni politiche
Non sono stati registrati casi di uccisioni arbitrarie o illegali a opera di agenti delle forze dell’ordine.
b. Sparizioni
Non sono stati registrati casi di sparizioni a opera o per conto delle autorità pubbliche.
c. Torture e altri trattamenti o punizioni crudeli, inumani o degradanti
La Costituzione e la legge vietano pratiche di questo genere, ma sono stati registrati alcuni casi di pubblici ufficiali che vi hanno fatto ricorso.
L’11 gennaio un tribunale di Piacenza ha rinviato a giudizio 5 degli 11 carabinieri arrestati nel luglio del 2020 con l’accusa di aver preso parte a un’associazione a delinquere responsabile, dal 2017 al 2020, di arresti illegittimi, torture ai danni di persone sotto custodia, traffico di stupefacenti ed estorsioni. Il 21 luglio la procura di Torino ha richiesto il rinvio a giudizio a carico del direttore e del comandante della polizia penitenziaria del carcere del capoluogo piemontese per almeno 10 casi di maltrattamenti ai danni di detenuti nel 2018 e nel 2019, e per non aver denunciato alle autorità i responsabili.
Il 30 giugno il ministero della Giustizia ha sospeso 52 guardie carcerarie accusate di aver pestato un gruppo di prigionieri, nel carcere di Santa Maria Capua Vetere, che nel 2020 avevano protestato per avere più mascherine, guanti e disinfettanti per proteggersi dal covid-19. Il 15 luglio il presidente del consiglio Mario Draghi e la ministra della Giustizia Marta Cartabia hanno visitato la prigione e ordinato un’indagine interna per fare piena luce sull’accaduto. I magistrati hanno aperto fascicoli sull’operato di 110 persone, fra cui guardie carcerare di vario grado e il direttore della prigione. L’Associazione Antigone, un’organizzazione non governativa (ONG) italiana che monitora il rispetto dei diritti umani dei detenuti, ha denunciato episodi analoghi che sarebbero avvenuti in altri tre penitenziari.
Nel 2020 le autorità non hanno trovato prove delle accuse di sfruttamento sessuale e abusi contro alcuni militari italiani impegnati in una missione di pace dell’ONU e hanno chiuso il caso.
L’impunità delle forze di sicurezza non rappresenta un problema significativo.
Condizioni delle prigioni e delle strutture detentive
Le condizioni delle prigioni e delle strutture detentive complessivamente rispettano i parametri internazionali, ma alcune strutture soffrono di problemi di sovraffollamento e vetustà.
Condizioni fisiche: la popolazione carceraria nei penitenziari di Taranto, Brescia, Lodi e Lucca era pari a oltre il 180 per cento della capacità della struttura. La legge prescrive che i detenuti in attesa di giudizio vengano tenuti separati da quelli che hanno ricevuto una condanna definitiva, ma nei penitenziari succitati le autorità, secondo l’Associazione Antigone, li hanno collocati nelle stesse sezioni del carcere.
Secondo un rapporto pubblicato a marzo dall’Associazione Antigone, il 23 per cento dei 44 penitenziari visitati dalla ONG nel 2020 e nel 2021 non rispettava il requisito minimo di 3 metri quadri di spazio per ogni detenuto. Il rapporto sottolineava inoltre che il 29 per cento delle celle non disponeva di acqua calda. La mancanza di accesso all’attività fisica ha contribuito, in alcuni casi, a episodi di autolesionismo tra i detenuti.
Ristretti Orizzonti, una ONG che monitora i decessi in carcere, ha riferito che alla data del 4 settembre 35 detenuti si erano suicidati e 52 erano morti per altre cause. L’Associazione Antigone ritiene che il sovraffollamento e la mancanza di servizi siano all’origine di numerosi decessi.
In molti casi, l’assistenza sanitaria nelle carceri (sul piano della diagnostica, delle terapie e del supporto psichiatrico, fra le altre cose) è inadeguata. Il garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale ha denunciato che in alcune strutture sovraffollate le autorità non hanno consentito al personale di applicare tutte le misure raccomandate dal Governo per impedire la diffusione del covid-19. Nel dicembre del 2020 più di 1.000 detenuti e oltre 700 guardie carcerarie erano risultati positivi al covid-19.
Il rapporto più recente di un organismo internazionale per il monitoraggio delle strutture carcerarie è la relazione del gennaio del 2020 del Comitato per la prevenzione della tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti (CPT) del Consiglio d’Europa sulla visita effettuata in Italia nel gennaio del 2020. Nel rapporto era specificato che nel carcere di Viterbo il CPT aveva ascoltato numerose denunce di maltrattamenti fisici dei detenuti da parte delle guardie penitenziarie, soprattutto con schiaffi, pugni e calci. Nel carcere di Saluzzo, il CPT aveva ascoltato altre denunce di maltrattamenti fisici da parte delle guardie con pugni e calci. Nei penitenziari di Biella e di Milano Opera, aveva raccolto alcune denunce di uso eccessivo della forza da parte delle guardie penitenziarie. Il CPT aveva riscontrato un degrado delle condizioni fisiche e strutturali in un’ala del carcere di Viterbo.
Amministrazione: le autorità aprono un’inchiesta, se ci sono denunce credibili di maltrattamenti. A luglio i detenuti di due diversi penitenziari a Firenze e a Genova hanno inscenato proteste violente contro i maltrattamenti. I disordini sono scoppiati in seguito alla mancata autorizzazione delle visite ai detenuti e dei permessi per il lavoro all’esterno del carcere, e in reazione al sovraffollamento e alla mancanza di servizi.
Vigilanza indipendente: oltre alle visite periodiche del CPT, il Governo consente a organizzazioni indipendenti per la difesa dei diritti umani, ai parlamentari, ai garanti nazionali e regionali dei diritti delle persone private della libertà personale e ai mezzi di informazione di visitare le carceri e i centri di detenzione. Inoltre, garantisce accesso ai centri di detenzione per migranti e rifugiati ai rappresentanti dell’Ufficio dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR), della Croce rossa italiana, dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni (OIM), di Medici senza Frontiere e dell’Ufficio europeo di sostegno per l’asilo.
d. Arresti o detenzioni arbitrarie
La Costituzione proibisce gli arresti e le detenzioni arbitrarie e garantisce a ogni individuo il diritto di contestare in tribunale la legalità del proprio arresto o detenzione. Il Governo in generale rispetta tali obblighi.
Procedure di arresto e trattamento dei detenuti
Per arrestare una persona le forze dell’ordine hanno bisogno del mandato di un giudice, tranne nei casi in cui un reo venga sorpreso in flagranza di reato o esista un pericolo specifico e immediato a cui far fronte. La legge impone alle autorità di informare un detenuto sulla ragione del suo arresto. Quando le autorità arrestano una persona senza un mandato, un tribunale del riesame è chiamato a decidere, entro 24 ore, se esistono prove sufficienti per convalidare l’arresto. A quel punto, un pubblico ministero ha 48 ore per confermare il provvedimento e raccomandare il rinvio a giudizio. Nei casi di presunta attività terroristica, le autorità possono trattenere i sospettati per 48 ore prima di portare il caso davanti a un magistrato. Questi diritti e procedure sono generalmente rispettati.
Non esiste l’istituto della libertà su cauzione; tuttavia, i giudici possono concedere la libertà provvisoria ai detenuti in attesa di giudizio. Lo Stato si fa carico dei costi dell’assistenza legale per le persone indigenti. La legge impone alle autorità di consentire a un detenuto di parlare con un avvocato entro 24 ore dall’arresto, o entro 48 ore nel caso di presunte attività terroristiche. Tuttavia, in circostanze eccezionali, se il pubblico ministero ha necessità di interrogare l’imputato riguardo a questioni legate a reati di criminalità organizzata o se il giudice paventa il rischio che l’avvocato possa tentare di inquinare le prove, possono passare fino a cinque giorni prima che l’imputato sia autorizzato a conferire con il proprio legale.
Carcerazione preventiva: la carcerazione preventiva oltre i termini stabiliti dalla legge (fra i 2 e i 6 anni) e i ritardi nei processi rappresentano un problema. Le autorità normalmente rispettano i limiti massimi previsti per la carcerazione preventiva e in nessun caso quest’ultima è stata pari o superiore alle pene massime previste per il reato che l’imputato era accusato di aver commesso. Secondo analisti indipendenti e magistrati, la lunghezza dei processi è dovuta al gran numero di casi di droga e immigrazione in attesa di giudizio, alla mancanza di misure di riparazione giudiziaria e alla distribuzione insufficiente degli uffici e delle risorse, che include la carenza di magistrati e personale giudiziario. In alcuni casi non è stato possibile porre questi detenuti agli arresti domiciliari, poiché non possedevano una residenza legale o a causa della carenza di risorse, come agenti, magistrati e personale giudiziario.
e. Negazione del diritto a un processo pubblico ed equo
La Costituzione garantisce l’indipendenza del potere giudiziario e in generale il Governo rispetta l’indipendenza e l’imparzialità della magistratura. Sono stati registrati casi sporadici in cui la giustizia è stata ostacolata da episodi di corruzione giudiziaria e casi di indagini condotte per motivazioni politiche. Diversi processi subiscono lunghi ritardi.
Procedure processuali
La Costituzione garantisce il diritto a un processo pubblico ed equo e una magistratura indipendente in generale assicura il rispetto di tale diritto.
Gli imputati sono considerati innocenti fino a prova contraria e hanno il diritto di essere informati in maniera rapida e dettagliata delle accuse a loro carico. Hanno diritto a un processo pubblico ed equo, ma i processi possono subire ritardi a causa dell’insufficiente numero di giudici e personale giudiziario o a causa di manovre messe in atto dagli avvocati. Gli imputati hanno il diritto di essere presenti al processo.
La legge garantisce agli imputati il diritto di consultare tempestivamente un avvocato di loro scelta o di averne uno a spese dello Stato se non sono in condizioni di pagarlo. Gli imputati dispongono di un tempo adeguato a discutere e preparare il processo insieme ai loro avvocati, in strutture appropriate messe a disposizione in tutte le carceri. Esperti di diritto hanno segnalato che alcuni detenuti stranieri non hanno la possibilità di accedere in modo tempestivo agli indispensabili servizi di interpretariato o traduzione. Un imputato può chiedere un contraddittorio con i testimoni d’accusa o interrogarli, e presentare testimoni e prove a proprio discarico. Gli imputati non possono essere costretti a deporre o a confessare la propria colpevolezza e hanno il diritto di ricorrere in appello contro le sentenze.
Le istituzioni nazionali ed europee hanno criticato la lentezza delle procedure giudiziarie, che è stata aggravata ulteriormente dalla pandemia di covid-19. Il ministero della Giustizia ha riferito che il periodo che intercorre fra un decreto di rinvio a giudizio per un procedimento penale e l’inizio di un processo è in media di 478 giorni. Inoltre, trascorrono in media 1.038 giorni dal momento dell’imputazione iniziale prima che un caso arrivi in appello. Le norme sulla prescrizione stabiliscono che un processo penale deve terminare entro una data specifica. Sono i tribunali a decidere sull’applicabilità di tali norme. Gli imputati in alcuni casi hanno sfruttato a proprio vantaggio i ritardi delle procedure giudiziarie per far scadere i termini della prescrizione ed evitare in tal modo una sentenza di condanna o assicurarsi il rilascio in attesa del processo di appello. Nel 2019, secondo i dati del ministero della Giustizia, la prescrizione era stata applicata a 113.524 procedure giudiziarie. La percentuale di detenuti con sentenza definitiva, non impugnabile in appello, è aumentata negli ultimi 10 anni: alla data del settembre 2020 era del 66 per cento, contro appena il 51 per cento del 2009. A ottobre una nuova riforma del processo penale ha modificato la durata massima del tempo consentito per le varie fasi dei processi, nel tentativo di accelerare le procedure giudiziarie. In particolare, la nuova legge ha introdotto una prescrizione di due anni per i casi da discutere in appello e di un anno per i casi che arrivano fino alla Corte di cassazione, la più alta istanza giuridica del Paese.
Prigionieri e detenuti politici
Non sono stati registrati casi di prigionieri o detenuti per ragioni politiche.
Procedure giudiziarie civili e risarcimenti
La legge stabilisce che gli individui e le organizzazioni possono chiedere risarcimenti in sede civile per le violazioni dei diritti umani attraverso i tribunali nazionali. Gli individui, una volta esaurite tutte le possibilità di appello nei tribunali nazionali, possono rivolgersi, per casi riguardanti presunte violazioni dei diritti umani da parte dello Stato, alla Corte europea dei diritti dell’uomo.
Confisca e restituzione delle proprietà
L’Italia aderisce alla Dichiarazione di Terezín e opera per il raggiungimento dei suoi scopi e obbiettivi. La comunità ebraica non ha nessun caso rilevante di richieste di restituzione pendenti con lo Stato. La commissione Anselmi, un organismo tecnico con il mandato di indagare sulla confisca di beni di ebrei durante l’Olocausto e la loro restituzione, aveva riferito nel 2002 che in generale i deportati sopravvissuti che avevano chiesto la restituzione dei loro beni l’avevano ottenuta, ma quei sopravvissuti o i loro eredi che non avevano presentato domanda non avevano ricevuto compensazioni. Le istituzioni pubbliche, tuttavia, non hanno seguito le raccomandazioni della commissione Anselmi di attivarsi per individuare sopravvissuti o loro eredi che potrebbero accampare diritti sui beni confiscati. L’Unione delle comunità ebraiche italiane (UCEI) ha riferito che in generale la maggior parte dei beni confiscata è stata restituita ai proprietari o ai loro parenti più stretti, tranne quei casi in cui non è stato possibile identificarli. l’UCEI ha sottolineato inoltre che le autorità nazionali e locali non sono state efficaci fino in fondo nella ricerca di persone che potrebbero avere titolo a chiedere la restituzione di proprietà comunitarie e proprietà senza eredi, ma che il Governo si è comunque dimostrato collaborativo e attento alle preoccupazioni della comunità per quanto riguarda la protezione e il ripristino delle proprietà comunitarie. La Comunità ebraica di Roma continua a chiedere assistenza a livello internazionale per ricostituire il patrimonio della biblioteca della comunità, saccheggiata dai nazisti nel 1943.
Una legge del dicembre 2020 ha incrementato le compensazioni per i superstiti dell’Olocausto, gli ebrei vittime di persecuzione e i loro eredi, allo scopo di agevolare l’accesso a un’indennità pubblica di 500 euro al mese; la nuova legge, inoltre, semplifica le procedure per ottenere l’assegno, rendendo meno complessa la trafila da seguire per dimostrare l’avvenuta discriminazione.
Il rapporto del dipartimento di Stato al Congresso degli Stati Uniti d’America sulla legge per la giustizia nei confronti dei sopravvissuti che non hanno ricevuto compensazioni (nota come JUST Act), pubblicato nel luglio del 2020, si può trovare sul sito del dipartimento di Stato al seguente indirizzo: https://www.state.gov/reports/just-act-report-to-congress/.
f. Violazioni arbitrarie della privacy, dei diritti della famiglia, del domicilio o della corrispondenza
La legge proibisce questo tipo di azioni e non sono stati registrati casi di interferenze arbitrarie o illecite da parte delle autorità.
Sezione 2. Rispetto delle libertà civili
A. Libertà di espressione, anche PER CHI FA PARTE DELLA STAMPA E ALTRI MEZZI DI INFORMAZIONE
La Costituzione garantisce la libertà di espressione, anche per chi fa parte della stampa e altri mezzi di informazione, e in generale il Governo rispetta tale diritto. Una stampa indipendente, una magistratura efficiente e un sistema politico democratico funzionante concorrono insieme a salvaguardare la libertà di espressione, anche per chi fa parte dei mezzi di informazione.
Libertà di espressione: la legge considera blasfemia le offese contro qualsiasi divinità e le sanziona con ammende. Nel corso dell’anno non sono stati registrati casi relativi all’applicazione di questa legge, e nemmeno condanne basate su di essa.
I discorsi basati sulla discriminazione razziale, etnica, nazionale o religiosa costituiscono un reato punibile con una pena fino a 18 mesi di reclusione. La detenzione è legittima solo nel caso di grave violazione dei diritti fondamentali e incitamento all’odio. La negazione dell’Olocausto rappresenta una circostanza aggravante che comporta pene più severe nei procedimenti giudiziari.
Leggi contro la diffamazione: la diffamazione e la calunnia sono punite dalla legge con pene fino a tre anni di carcere. Il 22 giugno la Corte costituzionale ha giudicato incostituzionale una legge che punisce la diffamazione con pene fino a sei anni di reclusione se commessa a mezzo stampa e consistente nell’ “attribuzione di un fatto determinato”. È raro che vengano comminate sanzioni penali per casi di diffamazione, ma il 21 aprile un giudice di Roma ha condannato un ex direttore e un giornalista del quotidiano La Repubblica a versare 50.000 euro all’ex ministro dell’Interno Matteo Salvini come risarcimento per un articolo riguardante la cancellazione di un viaggio in Israele.
Impatto delle organizzazioni non governative: l’ONG Reporter senza Frontiere ha denunciato la crescente ostilità nei confronti dei giornalisti, dovuta soprattutto alle minacce di individui affiliati a organizzazioni criminali. Secondo la stessa organizzazione, circa 20 giornalisti, soprattutto a Roma e nel Sud, hanno ricevuto una scorta della polizia 24 ore su 24 in seguito a minacce gravi o tentativi di omicidio nei loro confronti. A Roma, alcuni giornalisti sono stati presi di mira da militanti neofascisti e sono diventati bersaglio di critiche e insulti sulle piattaforme di social media da parte di singoli cittadini e militanti politici.
Le forze dell’ordine hanno segnalato 123 casi di intimidazioni ai danni di giornalisti fra gennaio e luglio, contro i 103 dello stesso periodo nel 2020. Il Comitato per la protezione dei giornalisti ha segnalato alcune aggressioni ai danni di esponenti dei mezzi di informazione. L’11 aprile un uomo non identificato ha aggredito la giornalista televisiva di Rete 4 Carmen La Gatta e due redattori che erano con lei mentre stavano realizzando delle interviste nella città piemontese di Cuneo, usando la forza fisica, anche con una catena di metallo, per aggredire i giornalisti e il veicolo su cui viaggiavano. Secondo il Comitato per la protezione dei giornalisti, il 28 agosto, a Roma, una folla che protestava contro le misure del Governo per contrastare la pandemia di covid-19 ha circondato Antonella Alba, una giornalista che lavora per il canale della televisione pubblica RAI News 24, insultandola, aggredendola e ferendola fisicamente e cercando di rubarle il cellulare.
Il Comitato per la protezione dei giornalisti ha riferito anche che il 30 agosto, in occasione di un’altra manifestazione a Roma contro le misure anticovid, un manifestante ha minacciato il videogiornalista della Repubblica Francesco Giovannetti di lasciarlo “steso a terra” se non avesse spento la telecamera, quindi lo ha colpito con quattro o cinque pugni al volto; secondo un articolo, le forze dell’ordine sono intervenute e hanno catturato l’aggressore, mentre Giovannetti è stato portato in ospedale e curato per ferite alla testa.
Reporter senza Frontiere ha segnalato che i giornalisti che subiscono minacce da parte delle organizzazioni criminali tendono sempre più spesso, per paura, ad autocensurarsi. A febbraio e ad aprile, il direttore del quotidiano di Livorno Il Tirreno ha denunciato aggressioni verbali, minacce e un’aggressione fisica contro giornalisti della testata. Il quotidiano livornese ha ricevuto anche una registrazione che minacciava un attacco violento contro la redazione.
Il 15 aprile un tribunale di Bari ha condannato un esponente di un’organizzazione criminale a 16 mesi di reclusione per violenze e minacce ai danni di Maria Grazia Mazzola, una giornalista della RAI, la televisione pubblica.
La Federazione nazionale della stampa italiana (FNSI) ha segnalato a sua volta 110 casi di minacce a giornalisti fra gennaio e giugno, 18 dei quali da parte di organizzazioni criminali e 36 da parte di organizzazioni politiche estremiste.
Libertà di accesso a internet
Il Governo non ha ristretto o interrotto l’accesso alla Rete né ha censurato contenuti online, e non si sono avute denunce credibili di controlli da parte delle autorità sulle comunicazioni private per via telematica senza apposita autorizzazione legale. Il Centro nazionale per il contrasto alla pedopornografia, che fa parte della Polizia di Stato, monitora i siti web per individuare reati legati alla pornografia minorile.
Libertà di ricerca e di eventi culturali
Non sono stati registrati casi di limitazioni della libertà di ricerca o di eventi culturali da parte dello Stato.
b. Libertà di riunione pacifica e di associazione
La Costituzione garantisce la libertà di riunione pacifica e di associazione e in generale il Governo rispetta tali diritti.
c. Libertà di culto
Si veda l’International Religious Freedom Report del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti d’America all’indirizzo: https://www.state.gov/religiousfreedomreport/.
d. Libertà di movimento e diritto a lasciare il Paese
La legge garantisce la libertà di spostarsi all’interno del Paese, di viaggiare all’estero, di emigrare e di tornare in patria, e in generale il Governo rispetta tali diritti.
e. Status e trattamento degli sfollati interni
Non applicabile.
f. Protezione dei rifugiati
Il Governo collabora con l’UNHCR e altre organizzazioni internazionali e umanitarie per garantire protezione e assistenza ai rifugiati, ai richiedenti asilo e ad altre categorie assimilabili.
Accesso al diritto d’asilo: la legge prevede la concessione dell’asilo politico o dello status di rifugiato e l’Italia dispone di un sistema per garantire protezione ai rifugiati.
Alla data del 13 dicembre erano entrati nel Paese via mare complessivamente 63.062 migranti irregolari, contro 32.919 nello stesso periodo del 2020. L’incremento degli arrivi, unito al timore di un possibile contagio da covid-19, ha messo alla prova la capacità delle autorità di garantire alloggio e altri servizi a migranti e richiedenti asilo. La responsabilità della gestione dei migranti durante il periodo di quarantena per il covid-19 è stata affidata alla Croce rossa italiana.
Le autorità hanno autorizzato regolarmente lo sbarco di migranti soccorsi da navi di ONG, nonostante un decreto del ministero delle Infrastrutture e dei trasporti dell’aprile 2020 che stabiliva che, a causa della pandemia di covid-19, i porti italiani non potevano garantire di soddisfare i requisiti per essere considerati luoghi sicuri per i migranti soccorsi da navi battenti bandiera straniera al di fuori della zona di ricerca e salvataggio italiana. Alcune ONG e osservatori indipendenti hanno richiamato l’attenzione sulle difficoltà delle procedure di asilo, come l’incoerenza dei criteri applicati nei centri di accoglienza e l’inadeguata quantità di servizi di assistenza adeguati e appropriati per vittime di tratta di esseri umani e minori non accompagnati a. Le ONG sostengono che molte vittime non vengono individuate adeguatamente al loro arrivo, con il rischio che alcune rimangano all’interno del sistema classificate come richiedenti asilo o immigrati clandestini passibili di espulsione.
Alcune Commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale impiegano più di un anno per prendere in esame le richieste d’asilo, anche a causa delle misure preventive adottate in risposta al covid-19. In caso di ricorso in appello, la procedura può durare fino a 3 anni.
Paese d’origine o di transito sicuro: l’Italia aderisce al Regolamento di Dublino dell’Unione Europea e alle sue successive revisioni, che individua lo Stato membro a cui è affidata la responsabilità di prendere in esame una richiesta di asilo usando come criterio principale il primo punto di ingresso irregolare.
Respingimenti: Amnesty International e altre ONG hanno accusato il Governo di essere venuto meno al suo dovere di proteggere i migranti con il rinnovo, il 7 febbraio, del memorandum di intesa del 2017 con la Libia sul contrasto all’immigrazione illegale. Le autorità italiane hanno cooperato con la Guardia costiera libica per confiscare imbarcazioni con a bordo migranti nelle acque libiche e riportarle nel Paese nordafricano. L’UNHCR non considera la Libia un “Paese sicuro” a causa dell’assenza di un sistema di asilo funzionante, delle difficoltà, ampiamente denunciate, che incontrano profughi e richiedenti asilo in quel Paese (come la mancanza di protezione dagli abusi), dell’assenza di soluzioni durature e del maggior rischio di finire vittime di tratta di esseri umani per i migranti costretti a rimanere in Libia.
Abusi ai danni di migranti e rifugiati: le organizzazioni umanitarie internazionali e le associazioni per i diritti umani hanno accusato il Governo di mettere in pericolo i migranti incoraggiando le autorità libiche, attraverso la fornitura di risorse e collaborazione, a intercettare i migranti in mare e riportarli nei centri di accoglienza del Paese nordafricano. Le associazioni umanitarie e le organizzazioni internazionali considerano inumane le condizioni di vita nei centri di accoglienza libici.
L’OIM, l’UNHCR e le ONG hanno denunciato lo sfruttamento lavorativo (che include la tratta di manodopera) dei richiedenti asilo, in particolare nell’agricoltura e nel settore dei servizi (si veda la sezione 7.b), e lo sfruttamento sessuale (che include la tratta di minori a tale scopo) dei migranti minori non accompagnati (si veda la sezione 6, Minori).
Lo Stato ha portato alla luce casi di corruzione e criminalità organizzata nella gestione delle risorse stanziate per richiedenti asilo e rifugiati. Il 9 marzo, a Frosinone, le forze dell’ordine hanno arrestato tre persone e ne hanno indagate altre cinque con l’accusa di truffa e riciclaggio di denaro. Sono sospettate di aver tenuto i migranti in strutture sovraffollate in condizioni insalubri e di aver gonfiato i dati ufficiali sulla popolazione del centro per ricevere fondi pubblici.
Libertà di movimento: la legge consente alle autorità di trattenere i migranti e i richiedenti asilo in centri di identificazione ed espulsione fino a 120 giorni, se le autorità stabiliscono che rappresentano un pericolo per l’ordine pubblico o possono cercare di sottrarsi a una sentenza di espulsione o a una condanna detentiva che precede l’espulsione. Il garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale ha fatto notare che solo metà dei migranti trattenuti nei centri di identificazione ed espulsione è stata rimpatriata nel 2020 e ha criticato la mancanza di una vigilanza indipendente e di misure di riparazione giudiziaria per chi subisce violazioni dei propri diritti. Il Governo opera per ridurre il flusso di migranti che attraversano il mar Mediterraneo a bordo di imbarcazioni di trafficanti di esseri umani e impone restrizioni alla loro libertà di movimento fino a 72 ore dopo l’arrivo nei centri di accoglienza.
Impiego: secondo sindacati e ONG, i datori di lavoro continuano a operare discriminazioni contro i rifugiati nel mercato del lavoro, approfittando della limitata applicazione delle disposizioni legali che tutelano i non cittadini dallo sfruttamento. Inoltre, l’elevato tasso di disoccupazione e il confinamento imposto per contrastare l’epidemia di covid-19 hanno reso più difficile trovare un impiego legale per molti rifugiati.
Accesso ai servizi di base: l’UNHCR, l’OIM e altre organizzazioni umanitarie e ONG hanno segnalato che migliaia di immigrati legali e clandestini, fra cui anche rifugiati, vivono in strutture abbandonate, inadeguate o sovraffollate a Roma e in altre grandi città. Hanno segnalato inoltre che queste persone hanno un accesso limitato ai servizi di assistenza sanitaria, consulenza legale, istruzione di base e altri servizi pubblici.
Alcuni rifugiati che lavorano nell’economia sommersa non possono permettersi di prendere appartamenti in affitto, soprattutto nelle grandi città, e spesso vivono in rifugi di fortuna in zone di campagna oppure all’interno di edifici occupati in condizioni inadeguate.
Soluzioni durature: i limitati sforzi del Governo per integrare i rifugiati nella società hanno prodotto risultati ambivalenti. Molti richiedenti asilo si sono trasferiti in altri Paesi europei; in base a conversazioni nei centri di accoglienza di Catania, la maggior parte dei tunisini cercava di trasferirsi in Francia o in Germania mentre la maggior parte dei bengalesi puntava, al contrario, a rimanere nel Paese. Il Governo ha offerto ai rifugiati servizi di insediamento e insieme all’OIM assiste i migranti e i rifugiati che scelgono di tornare nel loro Paese d’origine.
Protezione temporanea: tra gennaio e luglio, il Governo ha garantito protezione speciale a 185 persone e protezione sussidiaria a 2.258 persone.
g. Apolidi
Secondo l’UNHCR, alla fine del 2020 vivevano nel Paese circa 3.000 apolidi. Nella maggior parte dei casi, si tratta di bambini nati in Italia da genitori provenienti dall’ex Jugoslavia. La legge accorda la cittadinanza italiana ai bambini nati in Italia da genitori apolidi, a patto che entrambi abbiano ottenuto il riconoscimento ufficiale della loro condizione; in caso contrario, il bambino non riceverà la cittadinanza italiana alla nascita e sarà registrato come apolide. La legge garantisce alle persone ufficialmente riconosciute come apolidi il diritto di chiedere la naturalizzazione come cittadini italiani dopo cinque anni di residenza legale nel Paese.
Secondo l’ONG Tavola Apolidia, molti apolidi riferiscono di incontrare difficoltà nel far valere i propri diritti, a causa della scarsa familiarità della pubblica amministrazione con il problema. Gli apolidi che non hanno ottenuto il riconoscimento ufficiale non hanno accesso a diritti fondamentali come il diritto a lavorare, a frequentare la scuola, a detenere proprietà o a ricevere assistenza sociale, documenti di identità e documenti per viaggiare. Sono anche a rischio di detenzione ed espulsione.
Sezione 3. Libertà di partecipare al processo politico
La Costituzione garantisce ai cittadini la possibilità di scegliere il proprio Governo attraverso elezioni a scadenze periodiche, libere e corrette, con voto segreto e basate su un suffragio universale e paritario.
Elezioni e partecipazione politica
Elezioni recenti: gli osservatori nazionali e internazionali hanno giudicato le elezioni parlamentari del 2018 libere e corrette.
Partecipazione delle donne e dei membri di gruppi minoritari: nessuna legge limita la partecipazione delle donne o dei membri di gruppi minoritari al processo politico e le suddette categorie vi prendono effettivamente parte.
Sezione 4. Corruzione e mancanza di trasparenza nell’amministrazione pubblica
La legge prevede sanzioni penali per la corruzione dei pubblici ufficiali e il Governo in alcuni casi ha applicato con efficacia queste disposizioni. La corruzione rappresenta un problema. In alcuni casi, i pubblici ufficiali coinvolti in attività corruttive restano impuniti e sono stati registrati casi isolati di corruzione all’interno della pubblica amministrazione nel corso dell’anno.
Il 29 marzo il Gruppo di Stati contro la corruzione del Consiglio d’Europa ha riscontrato l’assenza di “norme chiare ed effettivamente applicabili in materia di conflitto di interesse” per i parlamentari, di “un insieme definito di limitazioni in materia di sovvenzioni, doni, ospitalità, favori e altri benefici accordati ai parlamentari”, di “norme chiare sull’integrità parlamentare, in particolare mediante lo sviluppo di attività intensificate in materia di formazione specializzata” e sull’ “incompatibilità tra l’esercizio simultaneo della funzione di magistrato e quella di membro di un organismo di governo locale”.
Corruzione: a gennaio è cominciato in Calabria il processo contro 325 affiliati alla ‘ndrangheta. I reati di cui sono accusati gli imputati includono omicidio, estorsione, usura, riciclaggio di denaro, traffico di stupefacenti, corruzione e associazione criminale. Il procedimento giudiziario si propone di portare alla luce i profondi legami esistenti fra la criminalità organizzata e altri elementi della società. Alla fine dell’anno, il processo era ancora in corso.
Sezione 5. Atteggiamento del Governo riguardo a inchieste internazionali e di organizzazioni non governative su presunte violazioni dei diritti umani
Le varie organizzazioni nazionali e internazionali per i diritti umani in generale svolgono la loro attività senza alcuna restrizione da parte del Governo, indagando e pubblicando quello che scoprono riguardo a casi di violazioni dei diritti umani. I funzionari pubblici generalmente hanno un atteggiamento attento e collaborativo nei confronti di questi gruppi.
Organismi dello Stato per la difesa dei diritti umani: l’Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali (UNAR), che dipende dal dipartimento per le Pari opportunità della Presidenza del consiglio dei ministri, assiste le vittime di discriminazioni. il Comitato interministeriale dei diritti dell’uomo del ministero degli Affari esteri e la Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani del Senato della Repubblica si occupano di casi internazionali e di casi nazionali di alto profilo.
Sezione 6. Discriminazioni e abusi da parte della società
Donne
Stupri e violenze domestiche: la pena prevista per le persone, di qualunque genere, riconosciute colpevoli di uno stupro, incluso lo stupro coniugale, va dai 6 ai 12 anni di reclusione. La legge considera reato penale i maltrattamenti fisici ai danni di una donna anche se a commetterli sono dei familiari, persegue penalmente gli autori di violenze contro le donne e aiuta a tutelare l’identità delle vittime. Le tutele giuridiche contro le violenze all’interno della famiglia consentono, per i casi urgenti, la presentazione di un’istanza di parte presso un tribunale civile. Una legge che riguarda specificamente lo stalking prevede, fra le altre cose, la detenzione obbligatoria per atti di violenza sessuale, anche quando a commetterli è il partner. Le forze dell’ordine e le autorità giudiziarie perseguono i responsabili di violenze contro le donne, ma le vittime spesso rifiutano di sporgere denuncia per paura, vergogna o ignoranza della legge.
La pandemia di covid-19 potrebbe aver provocato e al tempo stesso occultato un incremento della violenza contro le donne. La pandemia in alcuni casi ha costretto le donne a rimanere a stretto contatto con i loro maltrattatori, con conseguente aumento degli abusi; inoltre, le restrizioni agli spostamenti e la minore disponibilità di fondi per organizzazioni della società civile e organismi pubblici hanno ridotto il livello dei servizi sociali e ostacolato la denuncia di episodi di maltrattamenti e la possibilità di portare assistenza alle vittime sopravvissute.
Tra l’agosto 2020 e il luglio 2021 62 donne sono state uccise dal proprio partner o da un ex partner. Nello stesso periodo, le autorità hanno segnalato 11.832 casi di stalking. Il 22 giugno, per esempio, le forze dell’ordine hanno arrestato a Catanzaro un uomo accusato di sottoporre sua moglie a violenze da oltre trent’anni; la donna era stata pugnalata, picchiata e stuprata più volte.
Il dipartimento per le Pari opportunità gestisce un numero verde per le vittime di violenze che cercano assistenza immediata e un rifugio temporaneo. Gestisce anche un numero verde per le vittime di stalking. Tra gennaio e marzo ha ricevuto 7.974 telefonate, con un incremento del 39 per cento rispetto allo stesso periodo del 2020; nel 72 per cento di questi casi, i maltrattamenti sono avvenuti in casa, e nel 48 per cento di fronte a bambini.
Molestie sessuali: per la legge, gli abusi emotivi basati sul genere costituiscono un reato. I casi meno gravi di molestie sessuali verbali in pubblico sono punibili con la reclusione fino a 6 mesi e un’ammenda. Il Governo fa rispettare efficacemente la legge. Le forze dell’ordine indagano sulle denunce di molestie sessuali presentate alle autorità.
Diritti riproduttivi: non sono stati registrati casi di aborti forzati o sterilizzazioni obbligatorie da parte delle autorità.
Osservatori indipendenti e ONG hanno denunciato che le autorità sanitarie pubbliche non stanziano risorse sufficienti per fornire ai cittadini un adeguato livello di servizi e consulenza sulla salute riproduttiva.
Lo Stato garantisce accesso a servizi di salute sessuale e riproduttiva per le persone sopravvissute a una violenza sessuale. Nel quadro della gestione clinica degli episodi di stupro sono messi a disposizione servizi di contraccezione d’emergenza. Le ONG hanno denunciato che in alcuni casi i rappresentanti dello Stato non sono sufficientemente addestrati per individuare le vittime e indirizzarle alle fonti di assistenza necessarie.
Discriminazioni: la legge attribuisce alle donne gli stessi diritti degli uomini e il Governo fa rispettare queste disposizioni vietando le discriminazioni in tutti i settori della società e dell’economia. Ciononostante, le donne subiscono diffuse discriminazioni, in particolare nel mondo del lavoro (si veda anche la sezione 7.d, sulle disparità salariali fra i generi).
Violenze e discriminazioni etniche o razziali sistemiche
La legge tutela i membri delle minoranze etniche e razziali contro le violenze e le discriminazioni. Le violenze e le discriminazioni da parte della società contro le minoranze etniche, fra cui rom, sinti e camminanti, continuano a costituire un problema. Sono stati registrati casi di discriminazioni basate sulla razza o l’etnia nel mondo del lavoro (si veda la sezione 7.d).
La stampa e le ONG hanno riportato casi di incitamento all’odio, aggressioni violente, sgomberi forzati di accampamenti abusivi e vessazioni da parte delle autorità comunali. Nel 2019 le autorità hanno segnalato 726 casi di reati di odio razziale, fra cui 234 casi di incitamento alla violenza, 147 atti di profanazioni di tombe e 93 atti di violenza fisica. Il 22 settembre le forze dell’ordine a Foggia hanno arrestato tre persone e indagato altre tre per due episodi di violenza contro un minorenne colombiano e un paraguaiano, che sono stati anche insultati per la loro nazionalità e le loro origini culturali.
Il Centro europeo per i diritti dei rom ha denunciato almeno sette casi di sgomberi forzati di rom dai loro accampamenti abusivi fra gennaio e luglio. Il 1° luglio le autorità locali hanno chiuso un campo rom nei dintorni di Roma: delle 105 persone che vivevano nel campo, 33 hanno trovato altri alloggi e 48 hanno ricevuto assistenza finanziaria per prendere appartamenti in affitto o sono state ospitate in strutture pubbliche. Questi campi spesso non hanno accesso alla rete idrica, elettrica o fognaria. Vivere in un campo segregato normalmente significa vivere in condizioni di sovraffollamento (sette o otto persone per roulotte, baracca o container) alla periferia di un centro abitato di medie o grandi dimensioni.
L’ONG Associazione 21 luglio segnala che nel 2020 erano 11.500 i rom che vivevano in 119 campi autorizzati in 68 Comuni, e 7.300, in maggioranza rumeni, quelli che vivevano in accampamenti abusivi, soprattutto in Lazio e in Campania. Più della metà delle persone che vivono in campi autorizzati è costituita da minorenni. La loro aspettativa di vita media è inferiore di circa 10 anni a quella del resto della popolazione. L’assenza di dispositivi sanitari ha reso difficile, se non impossibile, per i rom che vivono in quei campi, seguire le linee guida raccomandate dalle autorità per la prevenzione del covid-19. Il sovraffollamento di alcuni campi ha indotto alcuni Comuni a mettere in quarantena interi campi, invece di singoli individui a rischio.
Minori
Iscrizione all’anagrafe: un bambino ottiene automaticamente la cittadinanza italiana se uno dei genitori è a sua volta cittadino, se nasce in territorio italiano da genitori ignoti o apolidi, se è figlio di genitori stranieri il cui Paese di origine non riconosce la cittadinanza a un bambino nato all’estero, se viene abbandonato sul suolo italiano o se è adottato. Gli enti locali impongono la registrazione immediata del minore alla nascita.
Abusi ai danni dei minori: gli abusi ai danni dei minori sono punibili con pene detentive dai 6 ai 24 anni, a seconda dell’età del minore. Gli abusi ai danni dei minori all’interno della famiglia sono punibili con pene detentive fino a 7 anni.
Il 10 marzo le forze dell’ordine hanno arrestato a Roma 29 persone e ne hanno indagate altre 64 con l’accusa di sfruttare minori costringendoli a commettere rapine e altri reati. I mezzi di informazione hanno scritto che la maggior parte delle vittime, che erano di etnia rom e avevano meno di 14 anni, non frequentava la scuola.
L’1 settembre le autorità hanno riferito il caso di una madre che commetteva abusi nei confronti di un bambino di 11 anni che viveva in una struttura condivisa da alcune famiglie rom; la donna impediva al bambino di andare a scuola e lo costringeva a raccogliere nei cassonetti oggetti riutilizzabili. Nel 2020 l’ONG Telefono Azzurro ha registrato un aumento del 41 per cento del numero di segnalazioni di abusi ai danni di minori. Nel 2020 ci sono state 13.527 denunce di minori scomparsi, di cui circa il 70 per cento stranieri. Le autorità applicano programmi di prevenzione nelle scuole, indagano prontamente sulle denunce che ricevono e puniscono i responsabili.
Matrimoni infantili, matrimoni precoci e matrimoni forzati: l’età minima prescritta dalla legge per potersi sposare è 18 anni, ma i tribunali minorili possono autorizzare il matrimonio di minori che abbiano compiuto almeno 16 anni. Il matrimonio forzato è punibile con pene detentive fino a 5 anni, che diventano 6 se è coinvolto un minore. Il matrimonio forzato è perseguito anche se praticato per ragioni religiose. Il 30 aprile una donna pachistana è scomparsa a Reggio Emilia dopo un incontro con i suoi genitori, che cercavano di costringerla a sposare un cugino in Pakistan. Prima della sua sparizione, aveva contattato i servizi sociali locali e si era trasferita in una comunità protetta. Dopo la sua sparizione, i genitori sono tornati in Pakistan.
Sfruttamento sessuale ai danni di minori: le autorità fanno rispettare le leggi che proibiscono lo sfruttamento sessuale ai danni di minori, la vendita di minori, la tratta di minori a scopo di sfruttamento sessuale (offrire o indurre un minore a prostituirsi) e le pratiche legate alla pedopornografia. Gli osservatori indipendenti e il Governo stimano che siano almeno 4.000 i minori stranieri vittime di sfruttamento sessuale, che include la tratta di minori a scopo di sfruttamento sessuale. Secondo il dipartimento per le Pari opportunità, il numero di minori vittime di tratta di esseri umani assistiti è sceso dai 160 del 2019 ai 105 del 2020.
Il 26 luglio le forze dell’ordine hanno arrestato il bidello di una scuola elementare di Brescia con l’accusa di aver praticato atti sessuali con minori. L’uomo, secondo le accuse, sarebbe anche responsabile di tratta di minori a scopo di sfruttamento sessuale, per aver cercato di costringere alcune delle vittime a prostituirsi.
Sono stati registrati casi di pedopornografia. A luglio le autorità in Lombardia hanno arrestato quattro persone e ne hanno indagate altre tre per aver prodotto video e foto di minori sfruttati che avevano rapporti sessuali con adulti e animali. Nel 2020 il Servizio della polizia postale e delle comunicazioni ha segnalato 1.578 casi di pedofilia online, con un incremento del 232 per cento rispetto al 2019. Save the Children Italia ha segnalato che la pandemia di covid-19 ha fatto aumentare i casi di sfruttamento sessuale e altri abusi ai danni di minori, perché spesso le vittime sono state costrette a subire abusi in appartamenti sovraffollati e senza precauzioni sanitarie.
L’età minima per il sesso consensuale è di 14 anni, o 13 se la differenza di età con il partner è inferiore a 3 anni.
Minori sfollati: il ministero dell’Interno ha riferito che tra gennaio e il 17 agosto sono arrivati nel Paese 5.101 minori non accompagnati. Alla data del 31 luglio il ministero del Lavoro e delle politiche sociali ha dichiarato che erano presenti nel Paese 8.382 minori non accompagnati, il 97 per cento dei quali di sesso maschile. Ha riportato inoltre che fra gennaio e luglio 325 minori già registrati nei centri di accoglienza sono spariti, esponendosi al rischio di sfruttamento sessuale e lavorativo, inclusa la tratta.
Sottrazione internazionale di minori: il Paese aderisce alla Convenzione dell’Aja del 1980 sugli aspetti civili della sottrazione internazionale di minori. Si veda l’Annual Report on International Parental Child Abduction del dipartimento di Stato degli Stati Uniti d’America all’indirizzo: https://travel.state.gov/content/travel/en/International-Parental-Child-Abduction/for-providers/legal-reports-and-data/reported-cases.html.
Antisemitismo
In Italia risiedono approssimativamente 28.000 ebrei. La legge punisce l’esecuzione pubblica del saluto romano a braccio teso, tipico dell’epoca fascista, e la vendita o l’esibizione di cimeli fascisti o nazisti. Chi trasgredisce la legge è punibile con pene fra i 6 mesi e i 2 anni di reclusione, con ulteriori 8 mesi se i cimeli in questione sono venduti per via telematica.
I pregiudizi antisemiti nella società perdurano. Alcuni gruppi estremisti si sono resi responsabili di dichiarazioni e azioni antisemite, fra cui atti di violenza fisica contro gli ebrei, azioni vandaliche contro imprese di proprietà di ebrei e sinagoghe e pubblicazione di materiale antisemita su internet. L’Osservatorio antisemitismo, che fa parte della Fondazione Centro di documentazione ebraica contemporanea, ha denunciato 123 episodi di antisemitismo fra gennaio e il 17 agosto, inclusi atti di violenza. A marzo un fattorino per la consegna di pasti a domicilio a Roma ha infetto sette coltellate a un collega ebreo, dopo avergli urlato contro insulti antisemiti. Il 23 maggio tre uomini con bandiere palestinesi e algerine hanno aggredito e sputato addosso a un uomo ebreo a Milano; la vittima è finita in ospedale. Ad agosto un migrante bengalese ha aggredito un turista israeliano a Pisa con una statuetta souvenir, gridando “Gli ebrei sono assassini!”.
Il 29 aprile 800 neonazisti, secondo le stime, hanno sfilato a Milano, con alcuni gruppi che eseguivano il saluto nazista. Il 7 giugno i ROS (i reparti speciali dei Carabinieri) hanno smantellato un gruppo estremista di estrema destra, l’Ordine Ario Romano, arrestando 12 persone. Sono state sequestrate fotografie di Hitler, svastiche e un libro con un elenco di cognomi ebrei.
L’incitamento all’odio su internet e gli atti di bullismo sono le forme più comuni di aggressioni antisemite, secondo la Fondazione Centro di documentazione ebraica contemporanea. Il 19 febbraio il tentativo di una sopravvissuta all’Olocausto di incoraggiare i più anziani a vaccinarsi contro il covid-19 ha scatenato commenti antisemiti sui social media. Alla data del 18 agosto la Fondazione aveva denunciato 41 casi di insulti su internet e 5 casi di scritte sui muri contro residenti ebrei. La maggior parte degli episodi è avvenuta durante le festività o le celebrazioni ebraiche. Slogan e graffiti antisemiti sono comparsi in alcune città, fra cui Milano, Roma e Busto Arsizio.
Più di 2.000 agenti di polizia sorvegliano le sinagoghe e altri siti della comunità ebraica nel Paese.
Tratta di esseri umani
Si veda il Trafficking in Persons Report del dipartimento di Stato degli Stati Uniti d’America all’indirizzo: https://www.state.gov/trafficking-in-persons-report/.
Persone con disabilità
La Costituzione e le leggi impongono alle autorità di garantire alle persone con disabilità parità di accesso all’istruzione, ai servizi sanitari, agli edifici pubblici e ai trasporti. Il Governo fa rispettare tali disposizioni, ma sono stati registrati episodi di discriminazione da parte della società e nel mondo del lavoro. Anche se la legge impone di garantire alle persone con disabilità l’accesso agli edifici pubblici e ai trasporti pubblici, le barriere fisiche continuano a rappresentare un problema e le autorità non sempre forniscono informazioni in formati accessibili. Il 10 marzo l’Associazione Coscioni ha riferito che un tribunale ha ordinato al Comune di Sperlonga di rimuovere le barriere fisiche che impediscono alle persone con disabilità di visitare il centro storico della città. I mezzi di informazione hanno riportato numerosi casi di scale mobili e ascensori non funzionanti in edifici pubblici e persone con disabilità che non hanno potuto utilizzare trasporti pubblici e altri servizi.
Il 28 luglio le forze dell’ordine hanno arrestato tre persone accusate di aver violentato una donna e commesso violenze contro altri residenti di una struttura assistenziale a Serradifalco.
Atti di violenza, discriminazioni e altri abusi basati sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere
Le ONG che difendono i diritti delle persone lesbiche, gay, bisessuali, transgender, queer e intersessuali (LGBTQI+) denunciano episodi di violenze, discriminazioni e incitamento all’odio da parte della società. Il sito Gay.it ha ricevuto 70 denunce di discriminazioni contro uomini omosessuali fra gennaio e luglio, contro le 64 registrate nel 2020.
La stampa ha riportato casi isolati di violenze contro individui LGBTQI+. Il 24 maggio un tribunale di Milano ha condannato un ex bancario a 18 anni di reclusione per aver ucciso una escort transgender brasiliana. Quando le persone LGBTQI+ denunciano reati, le autorità aprono regolarmente un’inchiesta, ma in alcuni casi non riescono a identificare i responsabili.
Sezione 7. Diritti dei lavoratori
a. Libertà di associazione e diritto alla contrattazione collettiva
La legge sancisce il diritto dei lavoratori di costituire organizzazioni sindacali indipendenti e di aderirvi, di condurre contrattazioni collettive e di scioperare nei termini previsti dalla legge. La discriminazione antisindacale è illegale e i lavoratori licenziati per attività sindacali hanno il diritto di chiedere il reintegro, a patto che il loro datore di lavoro abbia più di 15 dipendenti in un reparto o più di 60 in tutto il Paese.
La legge proibisce di costituire organizzazioni sindacali all’interno delle forze armate. Per gli scioperi che riguardano servizi pubblici essenziali (come trasporti, servizi igienico-sanitari e sanità), la legge stabilisce l’obbligo di fornire un preavviso maggiore che in altri settori e il divieto di scioperi multipli, a pochi giorni di distanza l’uno dall’altro. Nel settore del trasporto pubblico, la legge consente lo sciopero solo se le sigle sindacali che lo convocano rappresentano almeno il 50 per cento della forza lavoro.
Il Governo fa rispettare efficacemente queste leggi. Le sanzioni sono proporzionate a quelle previste da altre leggi riguardanti violazioni dei diritti civili, anche se le procedure amministrative e giudiziarie a volte sono soggette a lunghi ritardi. I giudici hanno efficacemente sanzionato i rari casi di violazioni che si sono registrati.
Lo Stato in generale rispetta la libertà di associazione e il diritto a condurre contrattazioni collettive, anche se sono stati registrati casi in cui i datori di lavoro hanno cancellato unilateralmente accordi contrattuali. Alcuni rappresentanti sindacali sono stati aggrediti mentre manifestavano e difendevano gli interessi dei lavoratori. A giugno, durante una manifestazione, il guidatore di un camion ha investito e ucciso un leader sindacale che stava protestando per ottenere condizioni lavorative migliori nel settore della logistica: il camion ha trascinato il sindacalista per diversi metri e poi il conducente si è dato alla fuga; l’uomo è stato poi arrestato dalle forze dell’ordine con l’accusa di omicidio stradale e omissione di soccorso; altri due manifestanti, secondo quanto riportato, sono stati colpiti dal veicolo, riportando ferite leggere. I datori di lavoro continuano a usare contratti a tempo determinato e subappalti per evitare di assumere lavoratori con diritto alla contrattazione collettiva.
b. Divieto di lavoro forzato o coatto
La legge vieta qualsiasi forma di lavoro forzato o coatto e il Governo fa rispettare con efficacia la legge. Le sanzioni per le violazioni sono proporzionate a quelle previste per altri reati gravi. Le condanne effettivamente comminate dai tribunali per lavoro forzato e coatto, tuttavia, sono notevolmente più basse di quelle previste dalla legge.
La legge prevede pene severe per gli intermediari illeciti (“caporali”) e le imprese che sfruttano i lavoratori nel settore agricolo, soprattutto nel caso del lavoro forzato ma anche in casi generici di sfruttamento. Specifica le condizioni in cui si può parlare di sfruttamento dei braccianti e include programmi speciali a sostegno dei lavoratori stagionali impiegati nell’agricoltura. Punisce il cosiddetto “caporalato”, il reclutamento di lavoratori agricoli assunti in nero con retribuzioni inferiori ai minimi di legge e costretti a lunghi orari di lavoro senza retribuzione aggiuntiva o possibilità di accedere alle tutele sindacali e sociali. Le pene per tale illecito vanno da sanzioni pecuniarie fino alla sospensione delle licenze commerciali e imprenditoriali, e in alcuni casi alla reclusione.
Il Governo ha continuato nella sua azione di contrasto al lavoro forzato, in particolare nel settore agricolo. L’Ispettorato del lavoro e le organizzazioni sindacali nel corso dell’anno hanno espresso il timore che le misure di confinamento legate all’epidemia di covid-19 possano far aumentare i rischi di sfruttamento dei lavoratori immigrati, molti dei quali erano designati come lavoratori essenziali, esponendoli al rischio, fra le altre cose, di essere ricattati dal datore di lavoro. Esiste un sistema per regolarizzare i lavoratori stranieri senza documenti presenti nel Paese. Secondo la stampa, alcuni datori di lavoro hanno manipolato e ricattato migranti che lavorano nel settore agricolo e come badanti in cambio della loro firma sulla domanda di regolarizzazione. Più di 220.000 lavoratori migranti hanno presentato domanda per ottenere il permesso di soggiorno attraverso il programma. Il Governo stima in 600.000 il numero di immigrati clandestini nel Paese.
Sono stati registrati casi di lavoro forzato. Secondo quanto riferito dalle ONG, nell’edilizia, nei servizi domestici, nell’industria alberghiera, nella ristorazione e nel settore agricolo, soprattutto al Sud, sono stati registrati casi di servitù per debiti. La pratica negli ultimi tempi si è estesa ad altri settori e regioni. I mezzi di informazione hanno riportato casi sporadici di cittadini cinesi costretti a lavorare nel settore tessile e di persone con disabilità originarie della Romania e dell’Albania obbligate a mendicare da gruppi criminali. In Sicilia, durante la pandemia, 30.000 lavoratori in circa 5.500 aziende agricole hanno lavorato per appena 15 euro al giorno. Sono stati registrati anche casi di bambini vittime di lavoro forzato (si veda la sezione 7.c).
Nel 2020 un nuovo piano triennale (2020-2022) ha rilanciato gli sforzi del Governo per combattere lo sfruttamento della manodopera e altre pratiche illegali nel settore agricolo. Nello stesso anno, la Commissione europea e il ministero del Lavoro hanno finanziato progetti per coordinare le ispezioni dell’Ispettorato del lavoro con le forze dell’ordine e il settore privato. Anche se la pandemia di covid-19 ha complicato il lavoro degli ispettori, le autorità nel 2020 hanno individuato a livello nazionale 1.850 vittime potenziali di caporalato e altre violazioni delle leggi del lavoro; 119 di loro erano immigrati clandestini. Squadre di ispettori, in diverse province del Centro e del Sud Italia, hanno condotto ispezioni in 758 siti, verificato 4.767 posizioni e individuato 1.069 violazioni della normativa sul lavoro e 205 vittime potenziali. In seguito alle ispezioni, sono state chiamate in giudizio 22 persone. Questo approccio fondato sul coinvolgimento di più organismi pubblici è stato allargato includendo un gruppo ad hoc composto da funzionari sanitari locali, ispettori di altre regioni e mediatori culturali messi a disposizione dall’OIM.
Si veda anche il Trafficking in Persons Report del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti d’America all’indirizzo: www.state.gov/j/tip/rls/tiprpt.
c. Divieto di lavoro minorile ed età lavorativa minima
La legge proibisce di assumere minori al di sotto dei 16 anni di età in tutti i settori e vieta le forme peggiori di lavoro minorile; sono previste inoltre restrizioni specifiche all’impiego in lavori rischiosi o pericolosi per la salute dei minori, come le attività che implicano la potenziale esposizione a sostanze pericolose, l’estrazione mineraria, i lavori di scavo e quelli con apparati elettrici. I minori fra i 16 e i 18 anni di età non possono superare le 8 ore di lavoro al giorno o le 40 a settimana. Le autorità in generale riescono a far rispettare le leggi sul lavoro minorile nel settore dell’economia legale. Le sanzioni sono proporzionate a quelle previste per altri reati gravi. L’applicazione delle norme è invece inefficace nel settore, relativamente ampio, dell’economia sommersa, specialmente al Sud e nelle aziende agricole a conduzione familiare.
Sono stati registrati alcuni casi di lavoro minorile nel corso dell’anno, soprattutto all’interno di comunità di immigrati e rom. Nel 2020 l’Ispettorato del lavoro e i Carabinieri hanno individuato 127 lavoratori minorenni, 51 dei quali nel settore dei servizi. Gli altri lavoravano nel settore delle arti, sport e intrattenimento, nel commercio all’ingrosso e al dettaglio e nel settore delle riparazioni di auto e moto.
La legge garantisce protezione ai minori stranieri non accompagnati e crea un sistema di protezione che gestisce i minori dal momento in cui arrivano nel Paese fino al momento in cui raggiungono i 21 anni di età e sono in grado di mantenersi da soli. Il ministero del Lavoro e delle politiche sociali è consapevole che i minori non accompagnati corrono il rischio di essere avviati al lavoro minorile e si impegna per impedire abusi collocandoli in comunità protette che garantiscano loro istruzione e altri servizi. La legge ha creato anche un albo di tutori volontari, selezionati e addestrati presso il tribunale minorile, per contribuire a proteggere i minori non accompagnati. Secondo un rapporto di Save the Children, alcuni dispositivi della legge non sono ancora stati pienamente implementati in tutto il Paese, anche se sono stati fatti progressi significativi.
d. Discriminazioni nell’impiego e nella professione
La legge proibisce le discriminazioni nell’ambito dell’impiego e della professione basate su razza, religione, origine nazionale, colore della pelle, sesso (inclusa la gravidanza), etnia, disabilità, età, orientamento sessuale o identità di genere, condizione di AIDS/sieropositività o condizione di profugo o apolide. Tuttavia, i mezzi di informazione hanno riportato casi di discriminazioni nell’impiego basate sulla razza o l’etnia. I sindacati hanno criticato il Governo per non aver fornito all’Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali le risorse sufficienti per intervenire nei casi di discriminazione e per la mancanza di misure legali adeguate ad affrontare nuove tipologie di discriminazione. Le sanzioni sono proporzionate a quelle previste da altre leggi riguardanti violazioni dei diritti civili, ma il numero delle ispezioni è insufficiente a garantire un’adeguata applicazione.
Sono stati registrati anche casi di discriminazioni basate sul genere, la religione, la disabilità, l’orientamento sessuale e l’identità di genere. Il Governo ha portato avanti campagne informative per promuovere la diversità e la tolleranza, anche sul luogo di lavoro.
In molti casi le vittime di discriminazioni, secondo i sindacati, non sono disposte a richiedere le forme di tutela offerte dalle leggi sul lavoro o dai contratti collettivi, per timore di ritorsioni. Secondo uno studio dell’EUROSTAT del 2021, i guadagni lordi orari percepiti dalle donne in Italia nel 2019 erano mediamente più bassi del 14,1 per cento rispetto agli uomini che svolgono lo stesso lavoro.
Nel 2020 il ministero del Lavoro e delle politiche sociali ha condotto 309 ispezioni a tutela delle madri lavoratrici e delle donne incinte. I settori dove le violazioni sono più frequenti includono l’industria alberghiera, il commercio all’ingrosso e al dettaglio, il turismo e l’assistenza sanitaria e domiciliare.
e. Condizioni di lavoro accettabili
Normative sulla retribuzione e l’orario di lavoro: la legge non stabilisce un salario minimo, ma i contratti collettivi di lavoro negoziati tra i sindacati e i datori di lavoro hanno fissato dei minimi salariali per diversi settori economici. Questi minimi salariali sono superiori alla soglia di povertà.
A meno che un contratto collettivo non disponga diversamente, la legge stabilisce che nel settore industriale lo straordinario non possa superare le 80 ore a trimestre e le 250 ore all’anno. La legge vieta gli straordinari forzati, prevede ferie annue retribuite e impone periodi di riposo pari a 1 giorno alla settimana e 11 ore al giorno.
Il ministero del Lavoro e delle politiche sociali è responsabile dell’applicazione di queste leggi e riesce a farle rispettare, con il costante stimolo dei sindacati, nel settore dell’economia legale. Le sanzioni per le violazioni delle normative sulla retribuzione e l’orario di lavoro sono proporzionate a quelle previste per reati analoghi. Il numero di ispettori, le risorse, le ispezioni e le sanzioni pecuniarie in generale sono adeguati a garantire il rispetto della legge nell’economia legale. L’Ispettorato del lavoro è autorizzato a eseguire ispezioni senza preavviso e a comminare sanzioni. Le sanzioni sono proporzionate a quelle previste per violazioni analoghe, ma rimangono insufficienti a scoraggiare le violazioni.
Salute e sicurezza del lavoro: la legge fissa dei parametri di salute e sicurezza del lavoro, nonché le linee guida per gli indennizzi in caso di infortuni. La responsabilità di individuare situazioni insalubri rimane in capo agli esperti di salute e sicurezza del lavoro delle istituzioni pubbliche.
Le ispezioni sul rispetto delle norme in materia di salute e sicurezza del lavoro vengono condotte dagli stessi ispettori che conducono quelle relative al rispetto delle norme in materia di retribuzione e orario di lavoro e sono soggette agli stessi organismi. Le autorità fanno rispettare le norme sulla salute e sicurezza del lavoro e le sanzioni sono proporzionate a quelle previste per violazioni analoghe, ma rimangono insufficienti a scoraggiare le violazioni.
Nel 2020 l’Ispettorato del lavoro e i Carabinieri hanno condotto ispezioni in 103.857 aziende (incluse le aziende agricole), individuando 93.482 lavoratori assunti in violazione della normativa sul lavoro. Nel settore agricolo, gli immigrati devono lavorare in condizioni poco sicure, per esempio rimanendo all’aperto per periodi prolungati con temperature superiori ai 38° e ricevendo retribuzioni inferiori ai requisiti minimi stabiliti dalla legge. Oltre al settore agricolo, i sindacati e i lavoratori nel settore della logistica hanno espresso preoccupazioni per i ritmi sfiancanti di lavoro, i dolori e gli infortuni legati al lavoro e i problemi di salute mentale, oltre alla mancanza di stabilità e sicurezza del posto di lavoro per i lavoratori con contratti a tempo determinato. Nel 2020 ci sono stati 1.270 morti sul lavoro a causa di incidenti nel settore industriale, e 554.340 incidenti che hanno portato a infortuni sul lavoro.
Economia sommersa: i lavoratori in nero spesso sono sfruttati e sottopagati, lavorano in condizioni non igieniche o sono esposti a rischi per la sicurezza. Nel settore dell’economia sommersa (in particolare nell’agricoltura, nell’edilizia e nei servizi), che dà lavoro, secondo le stime, al 16 per cento della forza lavoro nazionale, le leggi sul lavoro vengono fatte rispettare solo in parte. Secondo la Confederazione generale italiana del lavoro (CGIL), un sindacato nazionale, prassi di questo tipo interessano il settore dei servizi, l’edilizia e l’agricoltura. Secondo quanto denunciato dai sindacati, in alcune aree della Calabria, della Puglia, della Campania e della Sicilia sono stati registrati numeri elevati di lavoratori stranieri in nero, che vivono e lavorano in condizioni inadeguate o insicure. Secondo l’Istituto nazionale di statistica (ISTAT), il settore dell’economia sommersa rappresenta oltre l’11 per cento del PIL del Paese.