20 marzo 2023
Rapporto sul rispetto dei diritti umani – Italia
(available in English)
SINTESI
La Repubblica italiana è una democrazia multipartitica, con un Parlamento bicamerale composto dalla Camera dei deputati e dal Senato. La Costituzione attribuisce il potere esecutivo al Consiglio dei ministri, guidato dal presidente del consiglio. Il presidente della Repubblica è il capo dello Stato e nomina il presidente del consiglio dopo un giro di consultazioni con i leader di tutti i partiti politici rappresentati in Parlamento. Le elezioni parlamentari che si sono tenute a settembre sono state giudicate libere e corrette. Il presidente della Repubblica viene eletto dai parlamentari e dai delegati regionali; l’ultima elezione del capo dello Stato si è tenuta a gennaio.
La Polizia di Stato e i Carabinieri (un corpo di polizia militare) hanno il compito di mantenere la sicurezza interna. La Polizia di Stato fa capo al ministero dell’Interno. I Carabinieri fanno capo al ministero della Difesa, ma sono soggetti anche al coordinamento del ministero dell’Interno: sono principalmente una forza di polizia interna organizzata secondo criteri militari, con alcune responsabilità al di fuori dei confini nazionali. Le forze armate sono responsabili della sicurezza esterna, ma hanno anche compiti specifici in materia di sicurezza interna, ad esempio per quanto riguarda la sorveglianza degli edifici pubblici. Le autorità civili esercitano un controllo effettivo sulle forze di sicurezza.
Fra le problematiche rilevanti in materia di diritti umani figurano notizie credibili di: violenze o minacce di violenze contro giornalisti; reati che includono violenze o minacce di violenze contro minoranze nazionali, razziali ed etniche; reati, violenze o minacce di violenze con motivazioni antisemite; violenze contro persone lesbiche, omosessuali, bisessuali, transgender, queer o intersessuali.
Lo Stato prende misure per individuare, indagare, perseguire penalmente e punire i funzionari pubblici che commettono violazioni dei diritti umani o atti di corruzione.
Sezione 1. Rispetto dell’integrità della persona:
A. ESECUZIONI ARBITRARIE E ALTRE UCCISIONI ILLEGALI O DETTATE DA MOTIVAZIONI POLITICHE
Non sono stati registrati casi di esecuzioni arbitrarie o illegali commesse dallo Stato o da suoi rappresentanti.
B. SPARIZIONI
Non sono stati registrati casi di sparizioni a opera o per conto delle autorità pubbliche.
C. TORTURE E ALTRI TRATTAMENTI O PUNIZIONI CRUDELI, INUMANI O DEGRADANTI E ALTRI ABUSI CORRELATI
La Costituzione e la legge vietano la tortura o trattamenti o punizioni crudeli, inumani o degradanti. Le procure hanno avviato procedimenti giudiziari contro autorità carcerarie accusate di aver messo in atto pratiche di questo genere.
Il 12 luglio un giudice ha disposto il rinvio a giudizio di 105 guardie penitenziarie del carcere di Santa Maria Capua Vetere, accusate di aver picchiato, nel marzo del 2020, un gruppo di detenuti che aveva protestato per chiedere più mascherine, guanti e disinfettante per le mani per proteggersi contro il covid-19. Dodici delle guardie penitenziarie sono state rinviate a giudizio anche per omicidio colposo, a causa della morte di un detenuto algerino. L’inizio del processo è stato fissato per il 7 novembre. In un procedimento distinto, il 18 febbraio, un tribunale di Milano ha condannato quattro detenuti a pene fino a 5 anni e 4 mesi di reclusione per sequestro di persona, lesioni personali e devastazione nel quadro della rivolta nel penitenziario di San Vittore nel 2020.
L’Associazione Antigone, un’organizzazione non governativa (ONG) italiana che monitora il rispetto dei diritti umani dei detenuti, ha denunciato alla magistratura episodi analoghi di presunti maltrattamenti in altre tre strutture carcerare. Il 20 aprile un giudice ha disposto il rinvio a giudizio di 22 guardie penitenziarie per una serie di abusi ai danni di almeno 11 detenuti che sarebbero avvenuti in un carcere di Torino fra il 2017 e il 2019.
Condizioni delle prigioni e delle strutture detentive
Le carceri e i centri di detenzione in alcuni casi sono sovraffollati e lo spazio per attività sociali e culturali è insufficiente. Casi di maltrattamenti ai danni di detenuti sono stati denunciati da ONG e organi di informazione.
Condizioni fisiche vessatorie: nei penitenziari di Brescia, Grosseto, Latina e Busto Arsizio il numero di detenuti oltrepassa il 160 per cento della capacità della struttura. La legge prescrive che i detenuti in attesa di giudizio vengano tenuti separati da quelli che hanno ricevuto una condanna definitiva, ma nei penitenziari succitati le autorità li hanno collocati nelle stesse sezioni del carcere, secondo quanto denunciato dall’Associazione Antigone.
Secondo un rapporto pubblicato a luglio dall’Associazione Antigone, circa un terzo dei penitenziari visitati dalla ONG nel corso dell’anno non rispettava il requisito minimo di 3 metri quadri di spazio per ogni detenuto. Il rapporto ha sottolineato anche che le carceri di Augusta e di Santa Maria Capua Vetere non disponevano di acqua corrente in sufficiente quantità. La mancanza di accesso all’attività fisica ha contribuito, in alcuni casi, a problemi di salute mentale. Ristretti Orizzonti, una ONG che tiene traccia dei decessi in carcere, ha riferito che alla data del 10 ottobre 66 detenuti si erano suicidati e 60 erano morti per altre cause. L’Associazione Antigone ha affermato che il sovraffollamento e la mancanza di servizi hanno contribuito a numerosi decessi.
In molti casi, l’assistenza sanitaria nelle carceri (per quanto riguarda la diagnostica, le terapie e il supporto psichiatrico, fra le altre cose) è inadeguata.
A marzo e aprile il Comitato per la prevenzione della tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti (CPT) del Consiglio d’Europa ha visitato 4 strutture penitenziarie, 9 commissariati di polizia, 4 unità psichiatriche e 2 case di riposo e ha fornito osservazioni preliminari alle autorità. Alla fine dell’anno non era ancora stato pubblicato un rapporto definitivo sulla visita.
Amministrazione: le autorità aprono un’indagine, se ci sono denunce credibili di maltrattamenti.
Vigilanza indipendente: oltre alle visite periodiche del CPT, il Governo consente a organizzazioni indipendenti per la difesa dei diritti umani, ai parlamentari, ai garanti nazionali e regionali dei diritti delle persone private della libertà personale e ai mezzi di informazione di visitare le carceri e i centri di detenzione. Inoltre, garantisce accesso ai centri di detenzione per migranti e rifugiati ai rappresentanti dell’Ufficio dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR), della Croce rossa italiana, dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni (OIM), di Medici senza Frontiere e dell’Ufficio europeo di sostegno per l’asilo.
D. ARRESTI O DETENZIONI ARBITRARIE
La Costituzione proibisce gli arresti e le detenzioni arbitrarie e garantisce a ogni individuo il diritto di contestare in tribunale la legalità del proprio arresto o detenzione. Il Governo in generale rispetta tali obblighi.
Procedure di arresto e trattamento dei detenuti
Per arrestare una persona le forze dell’ordine hanno bisogno del mandato di un giudice, tranne nei casi in cui un reo venga sorpreso in flagranza di reato o esista un pericolo specifico e immediato a cui far fronte. La legge impone alle autorità di informare un detenuto sulla ragione del suo arresto. Quando le autorità arrestano una persona senza un mandato, un tribunale del riesame è chiamato a decidere, entro 24 ore, se esistono prove sufficienti per convalidare la misura. A quel punto, un pubblico ministero ha 48 ore di tempo per confermare il provvedimento e raccomandare il rinvio a giudizio. Nei casi di presunta attività terroristica, le autorità possono trattenere i sospettati per 48 ore prima di portare il caso davanti a un magistrato. Questi diritti e procedure generalmente vengono rispettati.
Non esiste l’istituto della libertà su cauzione; tuttavia, i giudici possono concedere la libertà provvisoria ai detenuti in attesa di giudizio, e spesso lo fanno. Lo Stato si fa carico dei costi dell’assistenza legale per le persone indigenti. La legge impone alle autorità di consentire a un detenuto di parlare con un avvocato entro 24 ore dall’arresto, o entro 48 ore nel caso di presunte attività terroristiche. Tuttavia, in circostanze eccezionali, se il pubblico ministero ha necessità di interrogare l’imputato riguardo a questioni legate a reati di criminalità organizzata o se il giudice paventa il rischio che il suo avvocato possa tentare di inquinare le prove, possono passare fino a cinque giorni prima che l’imputato sia autorizzato a conferire con il proprio legale.
Carcerazione preventiva: la carcerazione preventiva oltre i termini stabiliti dalla legge (fino a 6 anni) e i ritardi nei processi rappresentano un problema. Le autorità normalmente rispettano i limiti massimi previsti per la carcerazione preventiva e in nessun caso quest’ultima è stata pari o superiore alle pene massime previste per il reato che l’imputato era accusato di aver commesso. Secondo analisti indipendenti e magistrati, la lunghezza dei processi è dovuta al gran numero di casi di droga e immigrazione in attesa di giudizio, alla mancanza di misure di riparazione giudiziaria e alla distribuzione insufficiente degli uffici e delle risorse, in cui rientra anche il problema della carenza di magistrati e personale giudiziario. In alcuni casi non è stato possibile porre i detenuti agli arresti domiciliari poiché non possedevano una residenza legale o a causa della carenza di risorse, come agenti, magistrati e personale giudiziario.
E. NEGAZIONE DEL DIRITTO A UN PROCESSO PUBBLICO ED EQUO
La Costituzione garantisce l’indipendenza del potere giudiziario e in generale il Governo rispetta l’indipendenza e l’imparzialità della magistratura. Sono stati registrati casi sporadici in cui la giustizia è stata ostacolata da episodi di corruzione giudiziaria e casi di indagini condotte per motivazioni politiche.
Procedure processuali
La Costituzione garantisce il diritto a un processo pubblico ed equo e una magistratura indipendente, in generale, assicura il rispetto di tale diritto.
Gli imputati hanno diritto a un processo pubblico ed equo, ma è frequente che i processi subiscano ritardi a causa dell’insufficiente numero di giudici e personale giudiziario o a causa di manovre messe in atto dagli avvocati. Esperti di diritto hanno segnalato che i detenuti stranieri in alcuni casi non hanno avuto la possibilità di accedere in modo tempestivo a servizi di interpretariato o traduzione gratuiti.
Le istituzioni nazionali ed europee hanno criticato la lentezza delle procedure giudiziarie. Il ministero della Giustizia ha riferito che nel corso dell’anno giudiziario 2020/2021 il periodo intercorso fra un decreto di rinvio a giudizio e l’inizio del relativo procedimento penale è stato in media di 439 giorni, e di 956 giorni fra l’imputazione iniziale e il momento in cui un processo arriva in appello. Le norme sulla prescrizione stabiliscono che un processo penale deve terminare entro una data specifica. Sono i tribunali a decidere sull’applicabilità di tali norme. Gli imputati in alcuni casi hanno sfruttato a proprio vantaggio i ritardi delle procedure giudiziarie per far scadere i termini della prescrizione ed evitare in tal modo una sentenza di condanna o assicurarsi il rilascio dalla prigione in attesa del ricorso in appello da parte della procura. Nel 2020, secondo i dati del ministero della Giustizia, la prescrizione era stata applicata a 85.272 procedure giudiziarie. A settembre la percentuale di detenuti con condanna definitiva era del 71 per cento, contro appena il 69 per cento nel 2021.
Prigionieri e detenuti politici
Non sono stati registrati casi di prigionieri o detenuti per ragioni politiche.
Procedure giudiziarie civili e risarcimenti
Secondo la legge, gli individui e le organizzazioni possono chiedere risarcimenti in sede civile per violazioni dei diritti umani attraverso i tribunali nazionali. Le autorità abitualmente rispettano le decisioni dei tribunali in materia di diritti umani. Gli individui, una volta esaurite tutte le possibilità di appello nei tribunali nazionali, possono rivolgersi, per casi riguardanti presunte violazioni dei diritti umani da parte dello Stato, alla Corte europea dei diritti dell’uomo.
Confisca e restituzione delle proprietà
L’Italia aderisce alla Dichiarazione di Terezín e opera per il raggiungimento dei suoi scopi e obbiettivi. La comunità ebraica non ha nessun caso rilevante di richieste di restituzione pendenti con lo Stato. La commissione Anselmi, un organismo tecnico con il mandato di indagare sulla confisca di beni di ebrei durante l’Olocausto e la loro restituzione, aveva riferito nel 2002 che in generale i deportati sopravvissuti che avevano chiesto la restituzione dei propri beni l’avevano ottenuta, ma che i sopravvissuti o loro eredi che non avevano presentato domanda non avevano ricevuto compensazioni. Le istituzioni pubbliche, tuttavia, non hanno seguito le raccomandazioni della commissione di attivarsi per individuare sopravvissuti o loro eredi che potrebbero accampare diritti sui beni confiscati. L’Unione delle comunità ebraiche italiane (UCEI) ha riferito che in generale la maggior parte dei beni confiscata è stata restituita ai proprietari o ai loro parenti più stretti, tranne nei casi in cui non è stato possibile identificare questi ultimi. Ha anche sottolineato che le autorità nazionali e locali non sono state efficaci fino in fondo nella ricerca di persone che potrebbero aver titolo a chiedere la restituzione di proprietà comunitarie e proprietà senza eredi, ma che il Governo si è comunque dimostrato collaborativo e attento alle preoccupazioni della comunità per quanto riguarda la protezione e il ripristino delle proprietà comunitarie. La Comunità ebraica di Roma continua a chiedere assistenza a livello internazionale per ricostituire il patrimonio della biblioteca della comunità, saccheggiata dai nazisti nel 1943.
Una legge del dicembre 2020 ha incrementato le compensazioni per i superstiti dell’Olocausto, gli ebrei vittime di persecuzione e i loro eredi, allo scopo di agevolare l’accesso a un’indennità pubblica di 500 euro al mese; la legge ha anche semplificato le procedure per ottenere l’assegno, rendendo meno complessa la trafila da seguire per dimostrare l’avvenuta discriminazione.
Il rapporto del dipartimento di Stato al Congresso degli Stati Uniti d’America sulla legge per la giustizia nei confronti dei sopravvissuti che non hanno ricevuto compensazioni (nota come JUST Act), pubblicato nel luglio del 2020, si può trovare sul sito del dipartimento di Stato.
F. VIOLAZIONI ARBITRARIE DELLA PRIVACY, DEI DIRITTI DELLA FAMIGLIA, DEL DOMICILIO O DELLA CORRISPONDENZA
La legge proibisce questo tipo di azioni e non sono stati registrati casi di interferenze arbitrarie o illecite da parte delle autorità.
Sezione 2. Rispetto delle libertà civili
A. LIBERTÀ DI ESPRESSIONE, ANCHE PER CHI FA PARTE DELLA STAMPA E DI ALTRI MEZZI DI INFORMAZIONE
La Costituzione garantisce la libertà di espressione, anche per chi fa parte della stampa e di altri mezzi di informazione, e in generale il Governo rispetta tale diritto. Una stampa indipendente, una magistratura efficiente e un sistema politico democratico funzionante concorrono insieme a salvaguardare la libertà di espressione, anche per chi fa parte dei mezzi di informazione.
Libertà di espressione: la legge considera blasfemia le offese contro qualsiasi divinità e le sanziona con ammende. Nel corso dell’anno non sono stati registrati casi relativi all’applicazione di questa legge, e nemmeno condanne basate su di essa.
I discorsi basati sulla discriminazione razziale, etnica, nazionale o religiosa costituiscono un reato punibile con pene fino a 18 mesi di reclusione. La detenzione è legittima solo nel caso di grave violazione dei diritti fondamentali e incitamento all’odio. La negazione dell’Olocausto rappresenta una circostanza aggravante che comporta pene più severe nei procedimenti giudiziari.
Leggi contro la diffamazione: la diffamazione e la calunnia sono punite dalla legge con pene che vanno dal pagamento di sanzioni pecuniarie fino a tre anni di reclusione. Chi viene condannato per aver riportato delle falsità presentandole come notizie vere può finire in carcere, inclusi i direttori di giornali, riviste e siti social. Le sanzioni penali per diffamazione raramente vengono applicate. Nel dicembre del 2021 un tribunale ha condannato il giornalista Massimo Fini per aver pubblicato intenzionalmente degli articoli che includevano dettagli infondati sul disastro della nave Costa Concordia nel 2012. Fini è stato condannato a pagare le spese processuali e a pubblicare la sentenza di condanna su quotidiani nazionali e sul suo blog per 15 giorni. Nel 2021 la Corte costituzionale ha decretato l’incostituzionalità di una disposizione della legge del 1948 sulla stampa, perché imponeva ai giudici di punire tutti i casi di diffamazione con il carcere se commessi a mezzo stampa e consistenti nell’ “attribuzione di un fatto determinato”.
Impatto delle organizzazioni non governative: l’ONG Reporter senza frontiere ha denunciato la forte ostilità di cui sono stati oggetto i giornalisti, con una ventina di loro, soprattutto a Roma e nel Sud, che hanno ricevuto una scorta della polizia 24 ore su 24 a causa di minacce gravi o tentativi di omicidio nei loro confronti da parte di gruppi criminali. A Roma, alcuni giornalisti sono stati presi di mira da militanti neofascisti e nelle regioni settentrionali da anarchici e gruppi neonazisti.
Le forze dell’ordine hanno segnalato 64 casi di intimidazioni ai danni di giornalisti, 55 dei quali per via telematica, fra gennaio e giugno, contro i 110 episodi analoghi nello stesso periodo del 2021. In 8 casi si ritiene che la responsabilità sia di gruppi di criminalità organizzata. Il Comitato per la protezione dei giornalisti ha chiesto alle autorità di indagare su un’aggressione contro il giornalista Francesco Di Giorgio, che ha subito un attentato incendiario contro il proprio autoveicolo ad Altipiani di Arcinazzo, in provincia di Frosinone, poco dopo aver pubblicato un video su Facebook in cui sosteneva che gli allevatori abbandonavano in giro il loro bestiame. Il comitato ha segnalato anche che il 24 maggio le forze dell’ordine hanno perquisito la redazione della Radiotelevisione italiana (RAI) e l’abitazione del giornalista Paolo Mondani, sequestrando dei documenti; l’operazione è stata autorizzata dai pubblici ministeri di Caltanissetta in seguito alla pubblicazione di dettagli di un’indagine su presunti legami fra la criminalità organizzata e gruppi di estrema destra.
Reporter senza Frontiere ha segnalato che i giornalisti che subiscono minacce da parte di organizzazioni criminali tendono sempre più spesso, per paura, ad autocensurarsi. Il 31 luglio dei gruppi anarchici hanno vandalizzato la redazione del quotidiano nazionale La Stampa in seguito a una serie di articoli critici sulle loro attività.
L’organo di stampa indipendente Ossigeno ha riportato 118 casi di minacce contro giornalisti fra gennaio e aprile. Circa il 31 per cento dei giornalisti che hanno ricevuto minacce di morte in precedenza era stato accusato di diffamazione; il 7 per cento dei giornalisti che hanno ricevuto minacce ha subito aggressioni violente.
Libertà di accesso a internet
Il Governo non ha ristretto o interrotto l’accesso alla Rete né ha censurato contenuti online; non vi è stata nessuna denuncia credibile di casi di monitoraggio delle comunicazioni private per via telematica da parte delle autorità senza apposita autorizzazione legale.
B. LIBERTÀ DI RIUNIONE PACIFICA E DI ASSOCIAZIONE
La Costituzione garantisce la libertà di riunione pacifica e di associazione e in generale il Governo rispetta tali diritti.
C. LIBERTÀ DI CULTO
Si veda l’International Religious Freedom Report del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti d’America.
D. LIBERTÀ DI MOVIMENTO E DIRITTO A LASCIARE IL PAESE
La legge garantisce la libertà di spostarsi all’interno del Paese, di viaggiare all’estero, di emigrare e di tornare in patria, e in generale il Governo rispetta tali diritti.
E. PROTEZIONE DEI RIFUGIATI
Il Governo collabora con l’UNHCR e altre organizzazioni internazionali e umanitarie per garantire protezione e assistenza ai rifugiati, ai richiedenti asilo e ad altre categorie assimilabili.
Accesso al diritto d’asilo: la legge prevede la concessione dell’asilo politico o dello status di rifugiato e l’Italia dispone di un sistema per garantire protezione ai rifugiati.
A metà dicembre del 2021 erano entrati nel Paese via mare, complessivamente, 63.062 migranti irregolari, contro 32.919 nello stesso periodo del 2020. L’incremento degli arrivi, unito al timore di un possibile contagio da covid-19, ha messo alla prova la capacità delle autorità di garantire alloggio e altri servizi a migranti e richiedenti asilo. La responsabilità della gestione dei migranti durante il periodo di quarantena per il covid-19 è stata affidata alla Croce rossa italiana.
ONG e osservatori indipendenti hanno richiamato l’attenzione sulle difficoltà delle procedure di asilo, come l’incoerenza dei criteri applicati nei centri di accoglienza e l’inadeguato numero di vittime di tratta di esseri umani e minori non accompagnati assegnati a servizi di assistenza adeguati e appropriati. Le ONG sostengono che molte vittime non vengono individuate adeguatamente al momento dell’arrivo, con il rischio che alcune rimangano all’interno del sistema classificate come richiedenti asilo o come immigrati clandestini passibili di espulsione.
Nel corso dell’anno sono arrivati alle frontiere del Paese numerosi rifugiati in fuga dal conflitto in Ucraina. Le regole in vigore hanno garantito protezione temporanea per un anno, prorogabile per un altro anno, ai cittadini ucraini e ai soggiornanti di lungo periodo in Ucraina fuggiti dal Paese dopo l’inizio dell’invasione su larga scala da parte della Russia, il 24 febbraio. Il decreto ha garantito anche l’accesso alle cure sanitarie, all’istruzione e all’assistenza finanziaria, consentendo ai beneficiari di lavorare legalmente.
Il Governo ha approvato l’erogazione di un contributo di sostentamento di 300 euro per adulto e 150 euro per bambino per tre mesi a quel 60 per cento circa di rifugiati ucraini che non vivevano già in strutture abitative fornite dallo Stato. Il 31 luglio il ministero dell’Interno ha riferito che i centri per migranti dello Stato ospitavano 14.354 profughi ucraini. Le ONG hanno riferito di aver garantito una sistemazione ad altre migliaia di persone, in collaborazione con famiglie private. Il Governo ha anche erogato fondi a ONG per assicurare alloggio ai rifugiati, con l’assistenza del dipartimento della Protezione civile. La polizia di frontiera ha trasferito molti dei rifugiati, al loro arrivo, alle autorità regionali e locali, che li hanno alloggiati in strutture alberghiere. Il ministero dell’Interno ha adottato un piano per i minori ucraini non accompagnati ospitati da enti locali e famiglie private.
Respingimenti: Amnesty International e altre ONG hanno accusato il Governo di essere venuto meno al suo dovere di proteggere i migranti con il rinnovo, il 7 febbraio del 2021, del memorandum di intesa del 2017 con la Libia sul contrasto all’immigrazione illegale. Le autorità italiane in alcuni casi hanno cooperato con la Guardia costiera libica per confiscare imbarcazioni con a bordo migranti nelle acque libiche e riportarle nel Paese nordafricano. Le organizzazioni della società civile, inclusa l’UNHCR, non considerano la Libia un “Paese sicuro” a causa dell’assenza di un sistema di asilo funzionante, delle difficoltà, ampiamente denunciate, che incontrano profughi e richiedenti asilo in quel Paese (come la mancanza di protezione dagli abusi), dell’assenza di soluzioni durature e dei maggiori rischi di finire vittime della tratta di esseri umani per i migranti costretti a rimanere in Libia.
Abusi ai danni di migranti e rifugiati: le organizzazioni umanitarie internazionali e le associazioni per i diritti umani hanno accusato il Governo di mettere in pericolo i migranti incoraggiando le autorità libiche, attraverso la fornitura di risorse e collaborazione, a intercettare i migranti in mare e riportarli nei centri di accoglienza del Paese nordafricano. Le associazioni umanitarie e le organizzazioni internazionali considerano inumane le condizioni di vita nei centri di accoglienza libici.
L’OIM, l’UNHCR e le ONG hanno denunciato lo sfruttamento lavorativo dei richiedenti asilo (che include la tratta di manodopera), in particolare nell’agricoltura e nel settore dei servizi (si veda la sezione 7.b), e lo sfruttamento sessuale (che include la tratta di minori effettuata con questa finalità) dei migranti minorenni non accompagnati (si veda la sezione 6, Minori).
Le autorità hanno portato alla luce casi di corruzione e criminalità organizzata nella gestione delle risorse stanziate per richiedenti asilo e rifugiati. Il 7 maggio gli organi di informazione hanno riportato la notizia di un’indagine a carico dell’ex sindaco di Isola Capo Rizzuto Gianluca Bruno e dell’ex ragioniere della prefettura di Crotone Carmelo Giordano. I due sono stati indagati per presunta corruzione nella gestione di un centro per migranti. Le forze dell’ordine hanno indagato anche su sospette infiltrazioni della criminalità organizzata (si veda la Sezione 6, sui minori sfollati). Il 14 settembre la procura di Catanzaro ha concluso le indagini e ha chiesto il rinvio a giudizio per i due uomini. Il 20 ottobre il tribunale di Catanzaro ha tenuto un’udienza preliminare per decidere se procedere con le accuse penali.
Libertà di movimento: la legge consente alle autorità di trattenere i migranti e i richiedenti asilo in centri di identificazione ed espulsione fino a 120 giorni, se le autorità stabiliscono che rappresentano un pericolo per l’ordine pubblico o c’è il rischio che cerchino di sottrarsi a una sentenza di espulsione o a una condanna detentiva che precede l’espulsione. Tra agosto del 2021 e luglio, il Governo ha espulso 61 stranieri sospettati di rappresentare una minaccia per la sicurezza nazionale. Il Governo opera per ridurre il flusso di migranti che attraversano il mar Mediterraneo a bordo di imbarcazioni di trafficanti di esseri umani e impone restrizioni alla libertà di movimento dei migranti fino a 72 ore dopo l’arrivo nei centri di accoglienza.
Impiego: secondo sindacati e ONG, i datori di lavoro continuano a operare discriminazioni contro i rifugiati nel mercato del lavoro, approfittando della limitata applicazione delle disposizioni legali che tutelano i non cittadini dallo sfruttamento.
Accesso ai servizi di base: l’UNHCR, l’OIM e altre organizzazioni umanitarie e ONG hanno segnalato che migliaia di immigrati legali e clandestini, fra cui anche rifugiati, vivono in strutture abbandonate, inadeguate o sovraffollate a Roma e in altre grandi città. Hanno segnalato inoltre che queste persone hanno un accesso limitato ai servizi di assistenza sanitaria, consulenza legale, istruzione di base e altri servizi pubblici. Molti rifugiati che lavorano nell’economia sommersa non possono permettersi di prendere appartamenti in affitto, soprattutto nelle grandi città, e spesso vivono in rifugi di fortuna in zone di campagna oppure all’interno di edifici occupati, in condizioni inadeguate. Le ONG sostengono che il Governo fornisce servizi limitati e destinati principalmente a maschi giovani, che tradizionalmente rappresentano la maggioranza dei nuovi arrivi, e in molti casi non richiede il supporto delle autorità locali. Molti rifugiati ucraini hanno incontrato difficoltà nell’accedere a cure sanitarie e servizi specializzati per donne e bambini. I minori ucraini hanno potuto iscriversi alle scuole pubbliche, ma molti non hanno ricevuto assistenza per l’apprendimento dell’italiano e l’integrazione nelle scuole locali.
Soluzioni durature: i limitati sforzi del Governo per integrare i rifugiati nella società hanno prodotto risultati ambivalenti. Le autorità offrono ai rifugiati servizi di reinsediamento e, insieme all’OIM, assistono i migranti e i rifugiati che scelgono di tornare nel loro Paese d’origine. Il 25 agosto il Governo ha consentito la ricollocazione in Francia di 38 richiedenti asilo, in applicazione del meccanismo volontario di solidarietà adottato il 10 giugno da 18 Stati membri dell’Unione Europea e altri 3 Paesi europei. L’accordo prevedeva la ridistribuzione di 10.000 richiedenti asilo ogni anno, scelti in primo luogo fra quelli soccorsi dalle navi delle ONG, con il sostegno finanziario della Commissione europea e in collaborazione con l’OIM.
Protezione temporanea: il Governo ha offerto protezione temporanea anche a individui privi dei requisiti per richiedere asilo. Tra gennaio e luglio le autorità hanno garantito protezione speciale a 185 persone e protezione sussidiaria a 2.258 persone.
G. APOLIDI
Secondo l’ONG Associazione 21 Luglio, nel 2021 vivevano nel Paese meno di 1.000 apolidi di etnia rom. Nella maggior parte dei casi, si tratta di bambini nati in Italia da genitori provenienti dall’ex Jugoslavia. La legge accorda la cittadinanza ai bambini nati nel Paese da genitori apolidi, a patto che entrambi abbiano ottenuto il riconoscimento ufficiale della loro condizione; in caso contrario, il bambino non riceverà la cittadinanza italiana alla nascita e sarà registrato come apolide. La legge garantisce alle persone ufficialmente riconosciute come apolidi il diritto di chiedere la naturalizzazione come cittadini italiani dopo cinque anni di residenza legale nel Paese.
Sezione 3. Libertà di partecipare al processo politico
Elezioni e partecipazione politica
Elezioni recenti: gli osservatori nazionali e internazionali hanno giudicato le elezioni parlamentari del 25 settembre libere e corrette.
Partecipazione delle donne e dei membri di gruppi minoritari: nessuna legge limita la partecipazione delle donne o dei membri di gruppi storicamente emarginati al processo politico e le suddette categorie vi prendono effettivamente parte.
Sezione 4. Corruzione e mancanza di trasparenza nell’amministrazione pubblica
La legge prevede sanzioni penali per la corruzione dei pubblici ufficiali e il Governo, in alcuni casi, ha applicato con efficacia queste leggi. La corruzione rappresenta un problema. Ci sono stati casi di pubblici ufficiali coinvolti in attività corruttive.
Corruzione: si sono verificati casi di aggressioni, su cui le autorità hanno aperto indagini, ai danni di giornalisti che avevano condotto inchieste su episodi di criminalità organizzata e corruzione. Reporter senza frontiere ha dichiarato che i giornalisti che conducono inchieste su episodi di criminalità organizzata e corruzione in alcuni casi sono fatti oggetto di intimidazioni, violenze fisiche e minacce di morte.
Il 21 luglio un tribunale ha condannato Enrico Picinelli, ex senatore di Forza ed ex assessore all’urbanistica della provincia di Bergamo, a 7 anni di carcere per corruzione. Nel 2013 e nel 2014 Picinelli aveva ricevuto tangenti per 275.000 euro per approvare un piano regolatore.
Sezione 5. Atteggiamento del Governo nei confronti di inchieste internazionali e di organizzazioni non governative su presunte violazioni dei diritti umani
Le varie organizzazioni nazionali e internazionali per i diritti umani in generale svolgono la loro attività senza alcuna restrizione da parte del Governo, indagando e pubblicando quello che scoprono riguardo a casi di violazioni dei diritti umani. I funzionari pubblici generalmente hanno un atteggiamento attento e collaborativo nei confronti di questi gruppi.
Organismi dello Stato per la difesa dei diritti umani: L’Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali (UNAR), che dipende dal dipartimento per le Pari opportunità della Presidenza del consiglio dei ministri, assiste le vittime di discriminazioni. Il Comitato interministeriale dei diritti dell’uomo del ministero degli Affari esteri e la Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani del Senato della Repubblica si occupano di casi internazionali e di casi nazionali di alto profilo.
Sezione 6. Discriminazioni e abusi da parte della società
Donne
Stupri e violenze domestiche: la pena prevista per le persone, di qualunque genere, riconosciute colpevoli di uno stupro, incluso lo stupro coniugale, va dai 6 ai 12 anni di reclusione. La legge considera reato penale i maltrattamenti fisici ai danni di una donna anche se a commetterli sono dei familiari, persegue penalmente gli autori di violenza di genere e aiuta a tutelare l’identità delle donne che hanno subito violenza di genere. Il Governo fa rispettare efficacemente la legge. Le tutele giuridiche contro le violenze domestiche consentono, per i casi urgenti, la presentazione di un’istanza di parte presso un tribunale civile. Una legge che riguarda specificamente lo stalking prevede, fra le altre cose, la detenzione obbligatoria per atti di violenza sessuale, anche quando a commetterli è il partner. Le autorità giudiziarie perseguono i responsabili di violenza di genere, ma le vittime spesso rifiutano di sporgere denuncia per paura, vergogna o ignoranza della legge. La violenza di genere, in particolare il femminicidio, continua a rappresentare un problema serio.
Tra agosto 2021 e luglio 68 donne sono state uccise dal proprio partner o da un ex partner. Nello stesso periodo, le autorità hanno segnalato 15.817 casi di stalking. Il 23 agosto la polizia ha arrestato Giovanni Padoani, che ha ucciso la compagna Alessandra Matteuzzi con un martello. Il 29 luglio la donna aveva denunciato Padoani per stalking. Il ministro della Giustizia ha aperto un’indagine per appurare se i magistrati e le forze dell’ordine avrebbero dovuto prendere misure preventive per proteggere la vittima.
Il dipartimento per le Pari opportunità gestisce un numero verde per le vittime di violenza di genere che cercano assistenza immediata e un rifugio temporaneo. Gestisce anche un numero verde per le persone che subiscono stalking. Tra gennaio e marzo, il numero verde ha ricevuto 7.814 telefonate valide.
Molestie sessuali: per la legge, le molestie sessuali costituiscono un reato. Le molestie sessuali in pubblico o per telefono possono essere punite con pene fino a 6 mesi di reclusione e 516 euro di multa. Il Governo fa rispettare efficacemente la legge. Le forze dell’ordine indagano sulle denunce di molestie sessuali.
Diritti riproduttivi: non sono stati registrati casi di aborti forzati o sterilizzazioni obbligatorie da parte delle autorità.
Osservatori indipendenti e ONG hanno denunciato che le autorità sanitarie pubbliche non stanziano risorse sufficienti per fornire ai cittadini un adeguato livello di servizi e consulenza sulla salute riproduttiva.
Lo Stato garantisce accesso a servizi di salute sessuale e riproduttiva per le vittime di violenza sessuale. Nel quadro della gestione clinica degli episodi di stupro sono messi a disposizione servizi di contraccezione d’emergenza. Le ONG hanno denunciato che in alcuni casi i rappresentanti dello Stato non sono sufficientemente addestrati per individuare le vittime e indirizzarle alle fonti di assistenza necessarie.
Discriminazioni: la legge attribuisce alle donne gli stessi diritti e la stessa condizione giuridica degli uomini, sia per quanto riguarda il diritto di famiglia, il diritto religioso, lo stato delle persone e le norme che regolano la nazionalità sia per quanto riguarda le normative che regolano il lavoro, la proprietà, l’eredità, l’impiego, l’accesso al credito e la proprietà o gestione di imprese o beni immobiliari. Il Governo fa rispettare queste disposizioni vietando le discriminazioni in tutti i settori della società e dell’economia. La legge non consente alle donne di risposarsi prima che siano trascorsi 300 giorni dal divorzio o dall’annullamento del matrimonio. Possono chiedere al tribunale un’esenzione da questa limitazione se dimostrano di non essere incinte. Ciononostante, le donne subiscono discriminazioni, in particolare nel mondo del lavoro (si veda anche la sezione 7.d a proposito delle disparità salariali fra i generi).
Violenze e discriminazioni etniche o razziali sistemiche
Esistono diverse leggi che cercano di tutelare i membri delle minoranze etniche e razziali da violenze e discriminazioni. Il Governo in generale fa rispettare con efficacia queste leggi. Le discriminazioni contro membri di minoranze etniche, fra cui rom, sinti e camminanti, continuano a costituire un problema. Sono stati registrati casi di discriminazioni basate sulla razza o l’etnia nel mondo del lavoro (si veda la sezione 7.d).
I mezzi di informazione e le ONG hanno riportato casi di incitamento all’odio, aggressioni violente, sgomberi forzati di accampamenti abusivi e vessazioni da parte delle autorità comunali. Nel 2020 le autorità hanno riportato 1.111 casi di discriminazioni, 848 casi di odio razziale, 192 casi di discriminazioni nei confronti di persone con disabilità e 72 casi di discriminazioni contro persone lesbiche, gay, bisessuali, transgender, queer e intersessuali (LGBTQI+). Il 21 aprile un tribunale di Venezia ha ordinato alla Regione Veneto di modificare la legge regionale che imponeva ai genitori stranieri di cittadini italiani di pagare un contributo annuo fino a 2.000 euro per poter accedere ai servizi della sanità pubblica: la misura è stata giudicata discriminatoria perché gli stessi servizi erano liberamente accessibili al resto della popolazione.
L’Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali (UNAR), un’istituzione pubblica, ha riportato 721 episodi di discriminazioni etniche a livello nazionale fra gennaio e giugno. Il Centro europeo per i diritti dei rom ha denunciato che i rom sono regolarmente vittime di discriminazioni e sgomberi forzati. Il 30 maggio le autorità locali a Roma hanno annunciato l’intenzione di chiudere tre accampamenti rom abusivi entro la fine dell’anno e fornire supporto finanziario per aiutare le famiglie sgomberate a prendere appartamenti in affitto. I rom che vivono in accampamenti abusivi denunciano condizioni di sovraffollamento (sette o otto persone per ogni roulotte, baracca o container) e sottolineano che gli accampamenti normalmente sono ubicati alla periferia di un centro abitato di medie o grandi dimensioni, con difficoltà ad accedere ai servizi pubblici, alle opportunità di istruzione e impiego e ai trasporti pubblici.
L’ONG Associazione 21 luglio ha segnalato che nel 2021 erano 11.300 i rom che vivevano in 109 campi autorizzati in 68 Comuni, e altri 6.500 quelli che vivevano in accampamenti abusivi, soprattutto in Lazio e in Campania. Delle persone di etnia rom che vivono in campi autorizzati, il 49 per cento ha la cittadinanza italiana, il 41 per cento la cittadinanza di Paesi dell’ex Jugoslavia e il 10 per cento la cittadinanza rumena.
Minori
Iscrizione all’anagrafe: un bambino ottiene la cittadinanza italiana se uno dei genitori è a sua volta cittadino, se nasce in territorio italiano da genitori entrambi ignoti o formalmente riconosciuti come apolidi, se è figlio di genitori stranieri il cui Paese di origine non riconosce la cittadinanza a un bambino nato all’estero, se viene abbandonato sul suolo italiano o se è adottato. Gli enti locali impongono la registrazione immediata del minore alla nascita.
Abusi ai danni dei minori: gli abusi ai danni dei minori sono punibili con pene detentive dai 6 ai 24 anni, a seconda dell’età del minore. Gli abusi ai danni dei minori all’interno della famiglia sono punibili con pene detentive fino a 7 anni. Il 24 giugno le forze dell’ordine hanno arrestato un bidello sospettato di aver adescato e commesso abusi sessuali nei confronti di diverse studentesse in una scuola superiore in provincia di Trapani . Il 1° settembre le autorità hanno riferito il caso di una madre che commetteva abusi nei confronti di un bambino di 11 anni che viveva in una struttura condivisa da alcune famiglie rom; la donna impediva al bambino di andare a scuola e lo costringeva a raccogliere nei cassonetti oggetti riutilizzabili. Tra gennaio e aprile ci sono state 3.589 denunce di minori scomparsi, di cui il 67 per cento circa stranieri. Le autorità applicano programmi di prevenzione nelle scuole, indagano prontamente sulle denunce che ricevono e puniscono i responsabili.
Matrimoni infantili, matrimoni precoci e matrimoni forzati: l’età minima prescritta dalla legge per potersi sposare è 18 anni, ma i tribunali minorili possono autorizzare il matrimonio di minori che abbiano compiuto almeno 16 anni. Il matrimonio forzato è punibile con pene fino a 5 anni di reclusione, che diventano 6 se è coinvolto un minore. Il matrimonio forzato è perseguito anche se praticato per ragioni religiose. Il 14 maggio un magistrato ha disposto il rinvio a giudizio dei genitori e altri parenti di una ragazza pachistana con le accuse di sequestro di persona e omicidio. La ragazza era scomparsa a Reggio Emilia dopo un incontro con i suoi genitori, che cercavano di costringerla a sposare un cugino in Pakistan. Prima della sua sparizione, aveva contattato i servizi sociali locali e si era trasferita in una comunità protetta. Dopo la sua sparizione, i genitori sono tornati in Pakistan.
Sfruttamento sessuale ai danni di minori: le autorità fanno rispettare le leggi che proibiscono lo sfruttamento sessuale ai danni di minori, la vendita di minori, la tratta di minori a scopo di sfruttamento sessuale (offrire o indurre un minore a prostituirsi) e le pratiche legate alla pedopornografia. Gli osservatori indipendenti e il Governo stimano che siano almeno 4.000 i minori stranieri vittime di sfruttamento sessuale, che include la tratta di minori a scopo di sfruttamento sessuale. Secondo il dipartimento per le Pari opportunità, il numero di minori vittime di tratta di esseri umani assistiti è sceso dai 105 del 2020 ai 59 del 2021. L’ONG Telefono Azzurro ha osservato che la quantità di materiali contenenti abusi sessuali pubblicata online è quasi raddoppiata nel 2021 rispetto all’anno precedente, e che i casi di pedofilia e abusi sessuali segnalati all’organizzazione sono quasi triplicati.
Il 15 gennaio le forze dell’ordine hanno arrestato un uomo responsabile di tratta di minori a scopo di sfruttamento sessuale: l’uomo è stato condannato a sei anni di carcere per lo sfruttamento sessuale di minori stranieri avviati alla prostituzione. Sono stati registrati casi di pedopornografia. Il 29 gennaio le autorità hanno arrestato due persone accusate di sfruttamento sessuale e di aver pubblicato immagini di minori nudi o intenti a rapporti sessuali con adulti, in due casi non collegati tra loro a Bari e a Catania. Nel 2021 il Servizio della polizia postale e delle comunicazioni ha segnalato 1.282 casi di persone sotto indagine per pedofilia online, con un incremento dell’8 per cento rispetto al 2020. L’ONG Save the Children Italia ha segnalato che la pandemia di covid-19 ha fatto aumentare i casi di sfruttamento sessuale e altri abusi ai danni di minori, perché spesso le vittime sono state costrette a subire abusi in appartamenti sovraffollati e senza precauzioni sanitarie. L’età minima per il sesso consensuale è di 14 anni, o 13 se la differenza di età con il partner è inferiore a 3 anni.
Minori sfollati: il ministero dell’Interno ha riferito che tra gennaio e il 28 agosto sono arrivati nel Paese 5.460 minori non accompagnati. Alla data del 30 giugno, secondo quanto dichiarato dal ministero del Lavoro e delle politiche sociali, erano presenti nel Paese 15.595 minori non accompagnati, l’80 per cento dei quali di sesso maschile. In circa un terzo dei casi si tratta di minori ucraini sfollati. Le autorità hanno localizzato 3.087 dei 4.410 minori stranieri di cui era stata denunciata la scomparsa tra gennaio e giugno; 1.323 rimangono quindi a rischio di sfruttamento lavorativo e sessuale, tratta inclusa.
Antisemitismo
In Italia risiedono approssimativamente 27.000 ebrei. La legge punisce l’esecuzione pubblica del saluto romano a braccio teso, tipico dell’epoca fascista, e la vendita o l’esibizione di cimeli fascisti o nazisti. Le condanne possono portare a pene fra i 6 mesi e i 2 anni di reclusione, con ulteriori 8 mesi se i cimeli in questione sono venduti per via telematica. La coordinatrice nazionale per la lotta contro l’antisemitismo ha riconosciuto che il sistema giudiziario spesso non dà seguito a procedimenti fondati su questi capi d’accusa. La presidenza del Consiglio dei ministri, nel suo rapporto finale sull’operato del gruppo tecnico di lavoro per la ricognizione sulla definizione di antisemitismo approvata dall’Alleanza internazionale per la memoria dell’Olocausto, ha osservato che le norme del codice penale non coprono “adeguatamente le motivazioni o finalità di discriminazione o di odio antisemita o pregiudizio antisemita”.
I pregiudizi antisemiti nella società perdurano. Alcuni gruppi estremisti si sono resi responsabili di dichiarazioni e azioni antisemite, fra cui atti di violenza fisica contro gli ebrei, azioni vandaliche contro imprese di proprietà di ebrei e sinagoghe e pubblicazione di materiale antisemita su internet. L’Osservatorio antisemitismo, che fa parte della Fondazione Centro di documentazione ebraica contemporanea, ha denunciato 150 episodi di antisemitismo fra gennaio e il 31 agosto, inclusi atti di violenza.
Il 20 maggio, a Milano, due uomini hanno aggredito un uomo ebreo che indossava una kippah, gli hanno sputato addosso e gli hanno urlato insulti; la vittima è finita in ospedale. Il 25 gennaio due ragazze adolescenti hanno aggredito fisicamente e insultato verbalmente un bambino ebreo in provincia di Livorno, dicendogli “stai zitto, devi morire nel forno”. Il 25 agosto diverse organizzazioni ebraiche hanno denunciato di aver ricevuto un messaggio di posta elettronica contenente minacce di morte.
L’incitamento all’odio su internet e gli atti di bullismo sono le forme più comuni di aggressioni antisemite, secondo il Centro di documentazione ebraica contemporanea. Il centro ha riportato quattro episodi di insulti su internet e 27 casi di scritte sui muri dirette contro residenti ebrei durante la prima metà del 2022. La maggior parte degli episodi è avvenuta durante le festività o le celebrazioni ebraiche. Slogan e graffiti antisemiti sono comparsi in alcune città, fra cui Milano, Roma e Genova. Più di 2.000 agenti di polizia sorvegliano regolarmente le sinagoghe e altri siti della comunità ebraica nel Paese.
Tratta di esseri umani
Si veda il Trafficking in Persons Report del dipartimento di Stato degli Stati Uniti d’America.
Atti di violenza, discriminazioni legali e altri abusi basati sull’orientamento sessuale, l’identità o l’espressione di genere o le caratteristiche sessuali
Discriminazioni legali: la legge non considera reato la condotta sessuale consensuale fra adulti dello stesso sesso.
Violenze contro persone LGBTQI+: le ONG che difendono i diritti delle persone LGBTQI+ denunciano episodi di violenze, discriminazioni e incitamento all’odio da parte della società. L’UNAR ha ricevuto 162 denunce di episodi di discriminazione contro persone LGBTQI+ tra gennaio e giugno. Il 17 maggio il sito Gay.it ha dichiarato di aver ricevuto, nel 12 mesi precedenti, circa 20.000 telefonate e messaggi online, che nel 64 per cento dei casi riguardavano discriminazioni contro membri della comunità gay e nel 12 per cento dei casi discriminazioni contro persone transgender. Circa il 35 per cento delle richieste di aiuto riguardava casi di discriminazione sul luogo di lavoro, il 15 cento casi di mobbing, ricatti e pornovendette, il 19 per cento aggressioni e il 15 per cento atti di bullismo.
I mezzi di informazione hanno riportato casi di violenze contro individui LGBTQI+. Ci sono stati episodi di discriminazioni e violenze ai danni di donne lesbiche e bisessuali. L’8 maggio l’associazione Tessere le Identità ha denunciato un’aggressione ai danni di una delle sue iscritte, picchiata e gettata per le scale a causa del suo orientamento sessuale. Quando una persona LGBTQI+ denuncia un reato, le autorità abitualmente aprono un’indagine.
Discriminazioni: la legge vieta ai datori di lavoro, sia pubblici che privati, di discriminare i lavoratori sulla base dell’orientamento sessuale, dell’identità o dell’espressione di genere o delle caratteristiche sessuali e riconosce le persone e le coppie LGBTQI+ e le loro famiglie. Il Governo fa rispettare la legge. La legge non punisce le discriminazioni in altri ambiti, come l’istruzione e l’alloggio, e l’incitamento a commettere violenze sulle stesse basi.
Disponibilità di procedure per il riconoscimento giuridico del genere: il riconoscimento giuridico del genere è possibile, ma la persona interessata deve presentare una richiesta a un tribunale competente. L’autodeterminazione non è consentita. Una persona può chiedere un intervento di riassegnazione chirurgica del sesso oppure, se non desidera l’intervento chirurgico, un cambiamento legale del nome e l’aggiornamento del marcatore di genere. Sono i tribunali a decidere, tenendo conto della disforia di genere e dell’immedesimazione irreversibile con il genere percepito. La richiesta deve includere una documentazione psicodiagnostica e medica che attesti il percorso di affermazione di genere, la volontà irreversibile di rettificare il sesso anagrafico e l’immedesimazione definitiva e irreversibile con il genere vissuto. Il 7 marzo il tribunale di Roma per la prima volta ha riconosciuto come non binario il genere di una persona e ha affermato che è possibile ottenere il riconoscimento del proprio genere anagrafico senza doversi sottoporre a un intervento chirurgico di affermazione di genere o a una terapia ormonale.
Pratiche mediche o psicologiche non volontarie o coercitive dirette specificamente nei confronti di persone LGBTQI+: non sono stati registrati casi di pratiche mediche o psicologiche non volontarie o coercitive dirette specificamente nei confronti di persone LGBTQI+.
Restrizioni della libertà di espressione, di associazione o di riunione pacifica: la legge non limita la libertà di espressione, di associazione o di riunione pacifica per le persone LGBTQI+.
Persone con disabilità
La Costituzione e le leggi impongono alle autorità di garantire alle persone con disabilità parità di accesso all’istruzione, ai servizi sanitari, agli edifici pubblici e ai trasporti. Il Governo fa rispettare efficacemente tali disposizioni, ma sono stati registrati episodi di discriminazione da parte della società e nel mondo del lavoro. Anche se la legge impone di garantire alle persone con disabilità l’accesso agli edifici pubblici e ai trasporti pubblici, le barriere fisiche continuano a rappresentare un problema e le autorità non sempre forniscono informazioni in un formato accessibile. Il 19 aprile l’associazione Assoutenti ha fatto causa a dei turisti seduti in un’area di un treno riservata a persone con disabilità che si sarebbero rifiutati di cedere il posto a sette persone con disabilità. I mezzi di informazione e i social media hanno riportato numerosi casi di scale mobili e ascensori non funzionanti in edifici pubblici e di persone con disabilità che non hanno potuto utilizzare trasporti pubblici e altri servizi. Il 4 agosto le forze dell’ordine hanno arrestato quattro dipendenti di una casa di cura di Manfredonia accusati di aver ripetutamente insultato e picchiato persone con disabilità. Uno dei dipendenti è stato accusato anche di violenza sessuale.
Sezione 7. Diritti dei lavoratori
A. LIBERTÀ DI ASSOCIAZIONE E DIRITTO ALLA CONTRATTAZIONE COLLETTIVA
La legge sancisce il diritto dei lavoratori di costituire organizzazioni sindacali indipendenti e di aderirvi, di condurre contrattazioni collettive e di scioperare nei termini previsti dalla legge. La discriminazione antisindacale è illegale e i lavoratori licenziati per attività sindacali hanno il diritto di chiedere il reintegro. Una legge approvata il 28 aprile introduce il diritto, per i membri delle forze armate, di creare sindacati indipendenti.
Per gli scioperi che si ripercuotono sui servizi pubblici essenziali (come trasporti, servizi igienico-sanitari e sanità), la legge stabilisce l’obbligo di fornire un preavviso maggiore che in altri settori e vieta di mettere in atto scioperi multipli, a pochi giorni di distanza l’uno dall’altro. Nel settore del trasporto pubblico, la legge consente lo sciopero solo se le sigle sindacali che lo convocano rappresentano almeno il 50 per cento della forza lavoro.
Il Governo fa rispettare efficacemente le leggi che tutelano la libertà di associazione, la contrattazione collettiva e il diritto di sciopero dei lavoratori. Le sanzioni sono proporzionate a quelle previste da altre leggi riguardanti violazioni dei diritti civili, anche se le procedure amministrative e giudiziarie a volte sono soggette a lunghi ritardi. I trasgressori abitualmente vengono sanzionati con multe e i giudici hanno punito in modo efficace i rari casi di violazioni che si sono registrati.
Lo Stato in generale rispetta la libertà di associazione e il diritto a condurre contrattazioni collettive, anche se sono stati registrati casi in cui i datori di lavoro hanno cancellato unilateralmente accordi contrattuali. I datori di lavoro continuano a usare contratti a tempo determinato (secondo le statistiche ufficiali del Governo, su 23,2 milioni di lavoratori dipendenti, a luglio, 3,16 milioni erano assunti con contratti a tempo determinato, il dato più alto dal 1977) e spesso ricorrono al subappalto per evitare di assumere lavoratori con diritto alla contrattazione collettiva.
B. DIVIETO DI LAVORO FORZATO O COATTO
La legge vieta e considera reato qualsiasi forma di lavoro forzato o coatto e il Governo fa rispettare con efficacia la legge. Le condanne effettivamente comminate dai tribunali per lavoro forzato e coatto sono notevolmente più basse di quelle previste dalla legge.
La legge prevede pene severe per gli intermediari illeciti (“caporali”) e le imprese che sfruttano i lavoratori nel settore agricolo, soprattutto nel caso di lavoro forzato ma anche in casi generici di sfruttamento. Specifica le condizioni in cui si può parlare di sfruttamento dei braccianti e include programmi speciali a sostegno dei lavoratori stagionali impiegati nell’agricoltura. Punisce il cosiddetto “caporalato”, il reclutamento di lavoratori agricoli assunti in nero con retribuzioni inferiori ai minimi di legge e costretti a lunghi orari di lavoro senza retribuzione aggiuntiva o possibilità di accedere alle tutele sindacali e sociali. Le pene per tale illecito vanno da sanzioni pecuniarie fino alla sospensione delle licenze commerciali e imprenditoriali, e in alcuni casi alla reclusione.
Secondo quanto riferito dalle ONG, nell’edilizia, nei servizi domestici, nell’industria alberghiera, nella ristorazione e nel settore agricolo, soprattutto nelle regioni meridionali del Paese, sono stati registrati casi di servitù per debiti. La pratica negli ultimi tempi si è estesa ad altri settori e regioni. I mezzi di informazione hanno riportato casi sporadici di cittadini cinesi costretti a lavorare nel settore tessile e di persone con disabilità originarie della Romania e dell’Albania obbligate a mendicare da gruppi criminali. Nel 2021, in Sicilia, 30.000 lavoratori durante la pandemia hanno lavorato in circa 5.500 aziende agricole per appena 15 euro al giorno. Nel corso dell’anno si sono registrati casi di lavoratori immigrati sottoposti a sfruttamento. Sono stati denunciati casi di contratti da 200 euro al mese per 10-12 ore di lavoro in stabilimenti balneari della Calabria. In alcune occasioni, I datori di lavoro si sarebbero rifiutati di pagare i lavoratori. Sono stati registrati anche casi di bambini vittime di lavoro forzato (si veda la sezione 7.c).
Nel 2021 gli ispettori del ministero del Lavoro e delle politiche sociali e i Carabinieri hanno individuato 2.192 vittime di sfruttamento della manodopera o caporalato, un dato in crescita del 18 per cento rispetto al 2020. Le autorità hanno attribuito questo incremento delle vittime individuate alla fine delle restrizioni legate al covid-19, che avevano reso più difficili le attività di ispezione. Delle vittime individuate, 380 erano immigrati clandestini. L’Ispettorato del lavoro ha individuato 1.680 lavoratori non registrati.
Secondo la Confederazione generale italiana del lavoro (CGIL), un sindacato nazionale, nel 2021 sono stati 81 i casi di sfruttamento che hanno dato luogo a un procedimento penale, un dato in calo rispetto ai 114 casi del 2020. La CGIL ha affermato che nel 2021 sono stati 14 gli esposti presentati direttamente dai lavoratori, contro i 12 del 2020.
Il Governo, attraverso l’Ispettorato del lavoro, ha continuato a concentrare la sua attenzione sul problema della manodopera coatta, in particolare nel settore agricolo. Ha messo a disposizione un meccanismo per regolarizzare i lavoratori stranieri senza documenti presenti nel Paese. Nel 2021 più di 220.000 lavoratori migranti hanno presentato domanda per ottenere il permesso di soggiorno attraverso questo programma. Il Governo stima in 600.000 il numero di immigrati clandestini nel Paese.
L’Ispettorato del lavoro e le organizzazioni sindacali hanno espresso il timore che le misure di confinamento legate al covid-19 abbiano accresciuto il rischio di sfruttamento per i lavoratori immigrati. Un provvedimento d’urgenza ha designato alcune categorie di lavoratori immigrati come “essenziali”, consentendo di abbreviare i tempi per la concessione del permesso di soggiorno. Questo provvedimento ha accresciuto i rischi di sfruttamento per queste persone, anche attraverso ricatti da parte del datore di lavoro. Secondo gli organi di informazione, alcuni datori di lavoro hanno manipolato e ricattato migranti che lavorano nel settore agricolo e come badanti in cambio della loro firma sulla domanda di regolarizzazione.
Nel 2020 un piano triennale (2020-2022) ha rilanciato gli sforzi del Governo per combattere lo sfruttamento della manodopera e altre pratiche illegali nel settore agricolo. Sulla base di questo piano, la Commissione europea e il ministero del Lavoro e delle politiche sociali hanno finanziato progetti per coordinare le ispezioni dell’Ispettorato del lavoro con le forze dell’ordine e il settore privato. A seguito delle ispezioni compiute nel Centro e nel Sud Italia, dal 1° gennaio al 31 dicembre 2021 sono state sottoposte a procedimento giudiziario 418 persone.
Si veda anche il Trafficking in Persons Report del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti d’America.
C. DIVIETO DI LAVORO MINORILE ED ETÀ LAVORATIVA MINIMA
La legge proibisce tutte le forme più gravi di lavoro minorile e prevede un’età lavorativa minima, incluse limitazioni all’orario di lavoro e restrizioni specifiche per i minori riguardo alle norme in materia di salute e sicurezza del lavoro. L’età lavorativa minima è di 16 anni e si applica in tutti i settori.
I minori fra i 16 e i 18 anni di età non possono lavorare più di 8 ore al giorno o 40 ore la settimana. Inoltre, sono previste restrizioni specifiche all’impiego in lavori rischiosi o pericolosi per la salute, come le attività che implicano la potenziale esposizione a sostanze pericolose, l’estrazione mineraria, i lavori di scavo e quelli con apparati elettrici.
Le autorità riescono a far rispettare le leggi sul lavoro minorile nel settore dell’economia legale. Le sanzioni sono proporzionate a quelle previste per reati gravi analoghi. I trasgressori abitualmente vengono sanzionati. L’applicazione delle norme è invece inefficace nel settore, relativamente esteso, dell’economia sommersa, specialmente nelle regioni meridionali del Paese e nelle aziende agricole a conduzione familiare.
Sono stati registrati casi di lavoro minorile nel corso dell’anno, soprattutto all’interno di comunità di immigrati e rom. Nel 2021 l’Ispettorato del lavoro e i Carabinieri hanno individuato 114 lavoratori minorenni, 58 dei quali nel settore dei servizi (alberghi e ristoranti). Gli altri lavoravano soprattutto nelle arti, nello sport e nell’intrattenimento. Gli ispettori hanno individuato anche 141 lavoratori minorenni con disabilità, soprattutto nel settore manifatturiero.
La legge garantisce protezione ai minori stranieri non accompagnati e crea un sistema di protezione che gestisce i minori dal momento in cui arrivano nel Paese fino al momento in cui raggiungono i 21 anni di età e sono in grado di mantenersi da soli. Il ministero del Lavoro e delle politiche sociali è consapevole che i minori non accompagnati corrono il rischio di essere avviati al lavoro minorile e si impegna per impedire abusi collocandoli in comunità protette che garantiscano loro istruzione e altri servizi. La legge ha creato anche un albo di tutori volontari, selezionati e addestrati presso il tribunale minorile, per contribuire a tutelare i minori non accompagnati.
D. DISCRIMINAZIONI IN MATERIA DI IMPIEGO E NELLE PROFESSIONI
La legge proibisce, in materia di impiego e nelle professioni, le discriminazioni basate su razza, religione, origine nazionale, colore della pelle, sesso (inclusa la gravidanza), etnia, disabilità, età, orientamento sessuale o identità di genere, condizione di AIDS/sieropositività o condizione di profugo o apolide. Il Governo fa rispettare efficacemente le normative del caso. Le sanzioni sono proporzionate a quelle previste da altre leggi riguardanti violazioni dei diritti civili, ma il numero delle ispezioni è insufficiente a garantire un’adeguata applicazione. I trasgressori abitualmente vengono sanzionati.
I mezzi di informazione hanno riportato casi di discriminazioni in materia di impiego basate sulla razza o l’etnia. I sindacati hanno criticato il Governo per non aver fornito all’UNAR risorse sufficienti per intervenire nei casi di discriminazione e per la mancanza di misure legali adeguate ad affrontare nuove tipologie di discriminazione.
Sono stati registrati casi di discriminazioni in materia di impiego basate sul genere, la religione, la disabilità, l’orientamento sessuale e l’identità di genere. Il Governo ha portato avanti campagne informative per promuovere la diversità e la tolleranza, anche sul luogo di lavoro. In molti casi le vittime di discriminazioni, secondo i sindacati, non sono disposte a richiedere le forme di tutela offerte dalle leggi sul lavoro o dai contratti collettivi, per timore di ritorsioni. Secondo statistiche Eurostat relative al 2020, l’ultimo anno per cui siano disponibili dati, il differenziale salariale grezzo di genere nel Paese era pari al 4,2 per cento.
Nel 2021 l’Ispettorato del lavoro ha condotto 51.752 ispezioni per la verifica del rispetto delle normative sul lavoro e del pagamento dei contributi previdenziali, e ha individuato 245 madri lavoratrici e donne incinte. I settori dove sono più frequenti le violazioni delle norme contro le discriminazioni in materia di impiego includono l’industria alberghiera e il commercio all’ingrosso e al dettaglio, ma si sono registrate violazioni anche nel settore del turismo e in quello dell’assistenza sanitaria e domiciliare. Secondo la CGIL, i sindacati hanno concentrato i loro sforzi sulla difesa dei diritti garantiti ai lavoratori dai contratti di lavoro nazionali, difendendo anche i diritti dei lavoratori transgender. La CGIL ha comunicato che le esenzioni fiscali riconosciute alle aziende che assumono donne ha portato a un incremento dell’occupazione femminile; il sindacato ha sottolineato che questi posti di lavoro sono quasi esclusivamente in contratti a tempo determinato o part-time, non lavori salariati a lungo termine.
Le vessazioni sul luogo di lavoro non sono considerate un reato in base alla legge.
E. CONDIZIONI DI LAVORO ACCETTABILI
Normative sulla retribuzione e l’orario di lavoro: la legge non stabilisce un salario minimo, ma i contratti collettivi di lavoro negoziati tra i sindacati e i datori di lavoro hanno fissato dei minimi salariali per diversi settori economici. Questi minimi salariali sono superiori alla soglia di povertà.
A meno che un contratto collettivo non disponga diversamente, la legge stabilisce che nel settore industriale lo straordinario non possa superare le 80 ore a trimestre e le 250 ore all’anno. La legge vieta gli straordinari forzati e prevede ferie annue retribuite, impone periodi di riposo pari a 1 giorno a settimana e 11 ore al giorno.
Salute e sicurezza del lavoro: la legge stabilisce i criteri di salute e sicurezza del lavoro e le linee guida per gli indennizzi in caso di infortuni. La responsabilità di individuare situazioni di inadeguata sicurezza ricade sugli esperti di salute e sicurezza del lavoro delle istituzioni pubbliche, che vi provvedono attraverso ispezioni condotte dagli stessi ispettori che si occupano di individuare le violazioni delle normative sulla retribuzione e l’orario di lavoro, soggetti alle stesse autorità. Il Governo rispetta la normativa relativa ai dispositivi di protezione individuale obbligatori, in linea con la contrattazione sindacale e le linee guida del ministero della Salute. In generale, se forniscono adeguata documentazione, i lavoratori possono chiedere di essere rimossi da situazioni che mettono a rischio la salute o l’incolumità.
I requisiti di salute e sicurezza del lavoro sono appropriati per la maggior parte dei settori dell’economia, ma le autorità hanno individuato casi di violazioni nel settore agricolo e in quello manifatturiero.
Nel settore agricolo, i lavoratori immigrati in alcuni casi sono costretti a lavorare in condizioni di sicurezza inadeguata, per esempio rimanendo all’aperto per periodi prolungati con temperature superiori ai 38° e ricevendo retribuzioni inferiori ai requisiti minimi stabiliti dalla legge. Oltre al settore agricolo, i sindacati e i lavoratori del settore della logistica hanno espresso preoccupazioni per i ritmi sfiancanti di lavoro, i dolori e gli infortuni legati al lavoro e i problemi di salute mentale, oltre alla mancanza di stabilità e sicurezza del posto di lavoro per i lavoratori con contratti a tempo determinato.
Nel 2021 ci sono stati 1.361 morti sul lavoro a causa di incidenti e 349.643 incidenti che hanno portato a infortuni. I morti sul lavoro nel 2021 sono diminuiti del 19,2 per cento rispetto al 2020. Gli incidenti fatali “tradizionali”, non legati alla pandemia di covid-19, sono aumentati di quasi il 10 per cento.
Applicazione delle normative sulla retribuzione, l’orario di lavoro e la salute e sicurezza del lavoro: le autorità fanno rispettare efficacemente le leggi sui minimi salariali, gli straordinari e la salute e sicurezza del lavoro. Le sanzioni per le violazioni sono proporzionate a quelle previste per reati gravi analoghi, come la frode e la negligenza, e abitualmente vengono applicate.
Il ministero del Lavoro e delle politiche sociali è responsabile dell’applicazione di queste normative e le fa rispettare efficacemente, con il costante stimolo dei sindacati, nel settore dell’economia legale. Le ispezioni sono condotte congiuntamente da rappresentanti del ministero del Lavoro e delle politiche sociali, dell’Istituto nazionale per la previdenza sociale (INPS) e dell’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL). Nel 2021 l’organico degli ispettori del lavoro a livello nazionale era di 3.848 persone, di cui 2.294 del ministero del Lavoro e delle politiche sociali, 942 dell’INPS, 223 dell’INAIL e 389 dei Carabinieri. Il numero di ispettori del lavoro è sufficiente ad assicurare l’osservanza delle norme e gli ispettori hanno il potere di effettuare ispezioni senza preavviso e comminare sanzioni.
Nel 2021 le autorità hanno compiuto 65.685 ispezioni, di cui 51.762 per la verifica del rispetto delle normative sul lavoro e del pagamento dei contributi previdenziali e 13.924 per la verifica del rispetto delle normative sulla salute e sicurezza del lavoro. Sono state effettuate inoltre 25.819 verifiche contabili tecniche e amministrative. L’Ispettorato del lavoro e i Carabinieri hanno condotto ispezioni in 117.608 aziende (incluse quelle agricole), contro le 103.857 del 2020, individuando 480.119 lavoratori assunti in violazione totale o parziale delle leggi sul lavoro.
Il Governo ha potenziato la formazione per gli ispettori del lavoro e i carabinieri e ha incrementato gli sforzi per informare i lavoratori stranieri del settore agricolo dei loro diritti. A luglio il ministero del Lavoro e delle politiche sociali ha avviato le procedure per assumere 1.249 persone in più, fra cui 1.174 ispettori tecnici, 50 funzionari statistici e 25 funzionari informatici. I Carabinieri sono stati autorizzati ad assumere 90 persone in più per vigilare sull’applicazione delle normative sul lavoro.
Economia sommersa: un’indagine condotta ad agosto dal ministero del Lavoro e delle politiche sociali ha portato all’individuazione di 15.150 lavoratori impiegati nell’economia sommersa, 739 dei quali immigrati clandestini. I lavoratori impiegati nell’economia sommersa sono stati individuati soprattutto nel settore agricolo, nell’industria manifatturiera, nel settore dei servizi e nell’edilizia. Tra i casi individuati, la percentuale di lavoratrici è scesa dal 40 per cento del 2019 al 30 per cento del 2021. I lavoratori individuati rappresentano il 26 per cento dei 59.362 lavoratori in situazione irregolare individuati nel corso di 39.052 ispezioni nel settore dell’economia sommersa. I lavoratori in nero spesso sono sfruttati e sottopagati, lavorano in condizioni anti-igieniche o sono esposti a rischi per la sicurezza.
Le leggi e le ispezioni per la verifica del rispetto delle normative sulla retribuzione, l’orario di lavoro, la salute e sicurezza del lavoro e altro riguardano anche le persone che lavorano nell’economia sommersa e a tempo parziale. Il ministero del Lavoro e delle politiche sociali garantisce tutele sociali per i lavoratori dell’economia sommersa, ma la natura stessa del lavoro in nero rende più difficile far rispettare le legge e garantire queste tutele. Le normative sul lavoro vengono fatte rispettare solo in parte nel settore dell’economia sommersa, in particolare nell’agricoltura, nell’edilizia e nei servizi (hotel, bar, ristoranti, trasporti e servizi di magazzino), dove è impiegato, secondo le stime, il 2,4 per cento dei lavoratori dipendenti e lo 0,7 per cento dei lavoratori autonomi del Paese, per un totale di 3,59 milioni di persone.
I sindacati hanno riferito che, in alcune aree della Calabria, della Puglia, della Campania e della Sicilia sono stati registrati numeri elevati di lavoratori stranieri in nero, che vivono e lavorano in condizioni inadeguate o insicure. Secondo i dati pubblicati dall’Istituto nazionale di statistica (ISTAT) nel 2021, il settore dell’economia sommersa rappresenta oltre l’11 per cento del PIL del Paese. Nelle ispezioni condotte nel 2021 è stato trovato il 70 per cento di lavoratori irregolari nelle regioni del Nordest, circa il 61 per cento nelle regioni del Nordovest e quasi il 60 per cento nelle regioni centrali e meridionali del Paese.