Rapporto 2020 sulla tratta di Esseri Umani

25 giugno 2020
Rapporto 2020 sulla tratta di Esseri Umani
(available in English)

ITALIA

UFFICIO PER IL MONITORAGGIO E IL CONTRASTO DELLA TRATTA DI ESSERI UMANI

ITALIA: Categoria 1

Le autorità italiane non soddisfano appieno i criteri minimi per lo sradicamento della tratta di esseri umani, ma stanno facendo importanti sforzi in tal senso. Il Governo nel complesso ha dimostrato un maggior impegno rispetto al periodo oggetto del precedente rapporto: l’Italia è rimasta pertanto in classe 2. Fra gli sforzi messi in campo, ci sono l’incremento del numero di vittime identificate e assistite, l’incremento dei fondi per l’assistenza alle vittime e la formazione delle forze dell’ordine e iniziative di cooperazione e assistenza con le forze dell’ordine di altri Paesi per contrastare i reati di tratta di esseri umani transnazionale. Il Governo italiano, tuttavia, non soddisfa i criteri minimi in diversi aspetti fondamentali. Le autorità hanno riportato un calo del numero di indagini, procedimenti giudiziari e condanne per il reato di tratta di esseri umani rispetto al periodo oggetto del precedente rapporto e non hanno fornito dati sulle pene comminate. Il Governo ha continuato a non avere un piano d’azione nazionale e non ha applicato in modo coerente il meccanismo nazionale per l’identificazione e l’assegnazione delle vittime ai servizi di assistenza.

RACCOMANDAZIONI PER L’ITALIA

Indagare e perseguire con decisione i casi di tratta di esseri umani e condannare i trafficanti a pene adeguate. • Accrescere le misure attive per l’identificazione delle vittime migliorando e applicando in modo coerente il meccanismo nazionale per l’identificazione e l’assegnazione delle vittime ai servizi di assistenza in tutto il Paese, anche per quanto riguarda i minori a rischio. • Valutare costantemente i rischi di tratta di esseri umani e garantire tutele legali per tutte le vittime potenziali prima di procedere a un rimpatrio forzato o a un’espulsione, anche nei casi in cui queste persone siano entrate nelle acque territoriali italiane e durante le operazioni condotte con l’assistenza del Governo italiano nelle zone di ricerca e salvataggio (SAR) libiche. • Continuare ad accrescere le tutele in favore dei lavoratori immigrati applicando in modo costante e omogeneo normative rigorose e tenendo sotto osservazione le agenzie di collocamento lavorativo e gli intermediari di manodopera, anche indagando e perseguendo penalmente i trafficanti di esseri umani a scopo di sfruttamento lavorativo. • Implementare un sistema di controllo delle licenze e un processo di accreditamento per sale massaggi, intermediari di manodopera e agenzie di collocamento lavorativo. • Continuare a incrementare la cooperazione internazionale con i Paesi di origine e di transito, in particolare la Nigeria, la Tunisia e la Libia, riguardo alla condivisione di informazioni e al contrasto delle reti di trafficanti. • Migliorare i parametri di sicurezza all’interno e nelle vicinanze dei centri di accoglienza, per limitare i contatti fra i trafficanti e le vittime o potenziali vittime. • Intensificare gli sforzi per individuare efficacemente le vittime di tratta di esseri umani a scopo di sfruttamento lavorativo incrementando il numero di ispezioni e addestrando gli ispettori del lavoro a riconoscere i segnali di tratta e indirizzare le vittime ai servizi di assistenza. • Rafforzare la cooperazione con le forze dell’ordine di altri Paesi per prevenire e indagare sul fenomeno del turismo sessuale minorile. • Accorpare i dati dei diversi ministeri e creare una banca dati pubblicamente consultabile sulle indagini, i procedimenti giudiziari e le sentenze di condanna, che includa i dati relativi alle pene comminate.

REPRESSIONE GIUDIZIARIA

Le autorità non sempre prendono misure per far rispettare la legge. La legge 228 del 2003, intitolata “Misure contro la tratta di persone”, (da qui in avanti, “legge contro la tratta”) ha trasformato in reato penale la tratta di esseri umani a scopo di sfruttamento sessuale e lavorativo e introdotto pene detentive (fra gli 8 e i 20 anni) sufficientemente severe e proporzionate, nel caso della tratta di esseri umani a scopo di sfruttamento sessuale, a quelle previste per altri reati gravi, come lo stupro. L’articolo 600 del codice penale ha trasformato in reato penale la riduzione o mantenimento in schiavitù o in servitù e prescrive le medesime sanzioni. Il ministero dell’Interno ha riferito che nel 2019 sono state indagate 135 persone per reati legati alla tratta di esseri umani, un dato in calo rispetto alle 314 del 2018 e alle 482 del 2017, secondo le cifre del suddetto ministero e di quello della Giustizia. Sempre il ministero dell’Interno ha riferito che nel 2019 sono state indagate e arrestate 117 persone sulla base dell’articolo 600 del codice penale sulla schiavitù, contro le 417 del 2018 e le 513 del 2017, come riportato dal ministero della Giustizia. In uno dei casi più rilevanti, ad aprile, la polizia ha arrestato 11 sospetti trafficanti accusati di sottoporre a sfruttamento sessuale tramite coercizione basata sull’esistenza di un debito; i sospetti trafficanti si introducevano con l’inganno nei centri per migranti per indurre alla prostituzione donne che avevano contratto debiti per arrivare in Europa. Anche se il ministero dell’Interno ha fornito solo dati parziali, le autorità hanno riferito di aver sottoposto a procedimento giudiziario sulla base della legge contro la tratta 80 sospettati nel 2019, contro i 139 del 2018. Le autorità hanno riferito anche di aver sottoposto a procedimento giudiziario sulla base dell’articolo 600 e dell’articolo 602 122 sospettati nel 2019 e altrettanti nel 2018. Nel 2019, anche se per quanto riguarda i tribunali di primo grado i dati sono soltanto parziali, il Governo ha riferito che sono stati condannati 42 trafficanti di persone in base alla legge sulla tratta, contro i 46 condannati nel 2018 sia dai tribunali di primo grado che dalle corti d’appello. I tribunali di primo grado hanno riferito inoltre che nel 2019 sono stati condannati in base all’articolo 600 e all’articolo 602 48 trafficanti, contro le 95 condanne pronunciate nel 2018 da parte sia dei tribunali di primo grado che delle corti d’appello. Le autorità non hanno fornito dati sulle pene comminate, ma i mezzi di informazione hanno riportato un caso degno di nota del dicembre 2019 in cui un trafficante rumeno è stato riconosciuto colpevole di numerosi reati, fra cui la tratta di esseri umani, ed è stato condannato a 20 anni di reclusione.

Non esiste una banca dati pubblica unica che raccolga le statistiche sulle indagini, i procedimenti giudiziari, le sentenze di condanna e le pene comminate ai trafficanti di persone o alle loro vittime, una carenza sottolineata dal Gruppo di esperti sulla lotta alla tratta di esseri umani (GRETA). I procedimenti giudiziari relativi alla tratta di esseri umani sono gestiti da reparti specializzati dell’antimafia, composti da magistrati inquirenti e polizia giudiziaria. Ogni volta che gli investigatori trovano chiare evidenze di tratta di esseri umani, trasferiscono il caso a un reparto antimafia, che riavvia l’indagine, allungando in questo modo i tempi per l’istruttoria e il processo. Per evitare questi ritardi, gli investigatori e gli inquirenti non specializzati in antimafia in alcuni casi incriminano gli imputati per reati diversi dalla tratta di esseri umani. I reparti antimafia hanno continuato a dare la priorità alle indagini sulle reti criminali rispetto ai singoli casi, adducendo come motivo le limitate risorse a loro disposizione. La mancanza di un sufficiente numero di interpreti, specie per quanto riguarda i dialetti dell’Africa occidentale, continua a rappresentare un ostacolo per le attività di arresto e di indagine delle forze dell’ordine, e limita i benefici delle intercettazioni effettuate dagli investigatori. Le organizzazioni non governative (ONG) hanno citato i continui problemi con cui devono misurarsi per adattarsi ai cambiamenti delle dinamiche e dei metodi della tratta di esseri umani e hanno sottolineato un miglior coordinamento delle strategie di contrasto al fenomeno tra i ministeri, le organizzazioni internazionali e le ONG che lavorano sul campo, oltre che una maggiore collaborazione da parte delle forze dell’ordine locali e degli inquirenti. Durante il periodo in esame, funzionari di alto livello si sono incontrati con rappresentanti del Niger, della Tunisia e della Costa d’Avorio, ma la magistratura e le forze dell’ordine italiane continuano a lamentare l’inadeguatezza della collaborazione alle indagini offerta dai funzionari dei Paesi di origine e di transito: in molti casi, la natura transnazionale del reato rende difficile giungere a procedimenti giudiziari e condanne.

La formazione delle forze dell’ordine, per cui non erano disponibili dati nel 2018, è stata potenziata. I programmi di formazione delle forze dell’ordine includono abitualmente lezioni sull’identificazione delle vittime e i metodi di indagine relativi alla tratta di esseri umani.. Nel 2019 sono stati organizzati 6 programmi di formazione per 193 agenti della Polizia di frontiera e 17 per altri 510 agenti di polizia sull’identificazione e la protezione delle vittime. L’Accademia di polizia ha organizzato corsi di formazione per il contrasto della tratta di esseri umani per 60 dei suoi agenti e il ministero dell’Interno, in collaborazione con due organizzazioni internazionali, ha offerto corsi di formazione dello stesso tipo a un numero non precisato di membri delle forze dell’ordine e delle commissioni per l’esame delle richieste di asilo. Nel 2019 il Governo ha erogato fondi a un’organizzazione internazionale per un progetto di contrasto alla tratta di esseri umani in Nigeria, incentrato sul miglioramento della cooperazione giudiziaria internazionale fra l’Italia e il Paese africano. Il Governo ha segnalato un maggior coordinamento con le forze dell’ordine nigeriane grazie all’istituzione di un gruppo di lavoro incentrato sulla criminalità organizzata nigeriana, per facilitare la raccolta e la diffusione di informazioni sul tratta di esseri umani fra inquirenti, forze dell’ordine, organizzazioni internazionali e ONG. Per la prima volta, esponenti di gruppi di criminalità organizzata nigeriani hanno accettato di collaborare con gli inquirenti, fornendo informazioni che sono state cruciali per smantellare queste reti. Le reti di trafficanti e le bande criminali diventano sempre più organizzate e violente, in particolare le gang nigeriane legate alle organizzazioni criminali Black Axe, Supreme Viking Confraternity ed Eiye. Durante il periodo in esame, è proseguito un programma biennale in Egitto per la formazione di funzionari delle forze dell’ordine di 22 Paesi africani sull’immigrazione e il controllo delle frontiere, che include il contrasto alla tratta di esseri umani. Non sono stati registrati casi di funzionari pubblici indagati o incriminati per complicità in reati legati alla tratta di esseri umani.

PROTEZIONE

Il Governo ha incrementato i suoi sforzi per garantire protezione alle vittime, ma l’individuazione attiva delle vittime rimane un problema e le misure che limitano significativamente l’accesso alla protezione umanitaria per certi richiedenti asilo sono rimaste in vigore. Il Governo ha incrementato l’attività di identificazione delle vittime durante il periodo in esame, individuando 657 nuove vittime rispetto alle 597 del 2018. Il dipartimento per le Pari opportunità, che coordina gli sforzi di protezione, ha riferito che le ONG, con il supporto del Governo, hanno assistito 1.877 vittime della tratta, anche in questo caso un dato in aumento rispetto alle 1.373 vittime assistite nel 2018. Sull’insieme delle nuove vittime assistite dalle ONG, il 50 per cento era costituito da vittime di tratta a fini di sfruttamento sessuale o sfruttamento sessuale, l’11 per cento da vittime di tratta a fini di sfruttamento lavorativo o sfruttamento lavorativo e il resto da potenziali vittime di forme di sfruttamento non individuate.  Il 72 per cento delle vittime identificate nel 2019 è di nazionalità nigeriana, il 4 per cento di nazionalità rumena e il 3 per cento di nazionalità ivoriana. Tra le vittime assegnate ai programmi di assistenza, l’83 per cento è di sesso femminile, il 16 per cento di sesso maschile, l’1 per cento transgender e il 3 per cento è costituito da minori. Le autorità non hanno riportato casi di cittadini italiani o minori vittime di tratta. Ci sono diversi enti che assegnano le vittime ai servizi di assistenza: fra questi, i centri per migranti e la commissione che prende in esame le richieste di asilo, che hanno assegnato ai servizi di assistenza rispettivamente il 10 e il 25 per cento delle vittime. Le commissioni regionali hanno utilizzato le linee guida nazionali per il riconoscimento della domanda di asilo per individuare le vittime di tratta fra i richiedenti. Un meccanismo ufficiale di assegnazione delle vittime ai servizi di assistenza esiste, ma è stato applicato in modo disomogeneo nel periodo in esame. Le ONG e il dipartimento per le Pari opportunità hanno ammesso l’esistenza di disomogeneità tra le diverse regioni riguardo all’efficienza e all’efficacia dell’attuale processo di assegnazione ai servizi di assistenza e hanno riscontrato che il livello di qualità è più basso nelle regioni del Sud. Durante il periodo in esame, almeno 6 uffici locali del ministero dell’Interno e 6 commissioni regionali per l’esame delle richieste di asilo hanno firmato un accordo con ONG locali per contribuire a migliorare l’identificazione e l’assistenza delle vittime. Le ONG hanno riferito il persistere di lacune negli sforzi di identificazione attiva delle vittime da parte delle autorità nel periodo in esame. Per ridurre il flusso di migranti dalla Libia, l’Italia ha continuato a effettuare operazioni di addestramento congiunte e a fornire assistenza alla Guardia costiera libica, come hanno fatto anche altri Stati membri dell’Unione Europea. Tuttavia, molte ONG hanno criticato questo sforzo coordinato, perché il risultato in molti casi è stato che gli occupanti di imbarcazioni soccorse nell’area di ricerca e soccorso libica sono stati riportati sulle rive del Paese nordafricano; le ONG hanno citato le gravi condizioni di sicurezza e diritti umani esistenti all’interno della Libia e dei centri di detenzione libici, e il fatto che i migranti costretti a rimanere in quel Paese corrono maggiori rischi di finire vittime dei trafficanti di esseri umani. Durante il periodo in esame, il Governo ha continuato a ritardare l’attracco ai porti italiani delle navi umanitarie delle ONG che trasportano profughi e migranti dalle acque della zona di ricerca e soccorso libica, in attesa di raggiungere accordi per il ricollocamento dei migranti con altri Stati membri dell’Unione Europea. Il Governo ha finanziato quattro programmi di rimpatri volontari verso i Paesi di origine e offerto sostegno a programmi analoghi di rimpatri dalla Libia, gestiti dalle organizzazioni internazionali.

Le ONG si coordinano con le forze dell’ordine e i funzionari addetti all’immigrazione, sia nei punti di arrivo che nei centri di accoglienza più a lungo termine. Il Governo ha rispettato le procedure standard dell’UNHCR per individuare vittime della tratta fra i richiedenti asilo, ma le ONG sostengono che molte delle vittime non sono state identificate adeguatamente al loro arrivo e sono state classificate come richiedenti asilo o immigrati clandestini passibili di espulsione. Le ONG continuano a richiamare l’attenzione sulla necessità di concedere più tempo per l’identificazione dei rifugiati e dei migranti nei porti di arrivo, per accertare meglio l’eventuale condizione di vittime di tratta, ma riconoscono che le condizioni non favoriscono una permanenza superiore a uno o due giorni. Nel codice penale italiano non esistono disposizioni che attestino espressamente la non perseguibilità delle vittime della tratta per atti illeciti che siano state costrette a commettere dai trafficanti: tuttavia, durante il periodo in esame, non sono stati registrati casi di condanne a carico di vittime costrette a commettere tali reati. La legge attuale esige che lo sfruttamento da parte del trafficante sia già stato dimostrato in un procedimento penale e questo espone le vittime e le vittime potenziali al rischio di essere processate e condannate, se i trafficanti non sono già stati condannati da un tribunale. Secondo le ONG, l’Unione Europea e la Chiesa cattolica, il decreto legge varato dal Governo nel settembre del 2018, che è rimasto in vigore durante tutto il periodo in esame, potrebbe tradursi, per via del fatto che restringe l’accesso alle tutele umanitarie per certe categorie di richiedenti asilo, in maggiori rischi per i migranti clandestini che già risiedono in Italia. Il Governo in ogni caso ha stilato una legge, attualmente all’esame del Consiglio dei ministri, per ripristinare in parte alcune tutele. Le persone già riconosciute ufficialmente come vittime di tratta di esseri umani continuano a essere trattate come una categoria protetta, ma le ONG denunciano che molti di questi migranti irregolari sono vittime o vittime potenziali, nella maggior parte dei casi a rischio di sfruttamento lavorativo. Le organizzazioni internazionali continuano a sottolineare che la maggior parte dei centri non è adeguatamente attrezzata per venire incontro alle esigenze specifiche delle vittime della tratta. Le autorità spesso ospitano le vittime e le vittime potenziali nelle stesse strutture dei migranti clandestini, che non dispongono di adeguate misure di sicurezza contro quei trafficanti, all’interno e all’esterno dei centri, che cercano di reclutare vittime o portare via quelle già sotto il loro controllo.

Il Governo ha collaborato con le ONG e le organizzazioni internazionali per garantire alloggio e servizi alle vittime. Nel 2018 ha stanziato 24 milioni di euro per un periodo di 15 mesi per programmi di assistenza alle vittime implementati da ONG; nel 2019 ha stanziato gli stessi fondi e assegnato e finanziato 26 progetti. Nel 2017 la somma destinata a questi programmi era stata di 22,5 milioni di euro. Nel 2019 il ministero dell’Interno ha finanziato, insieme a un’organizzazione internazionale, un programma per garantire alle vittime di sfruttamento lavorativo, incluse le vittime della tratta di esseri umani a scopo di sfruttamento lavorativo, alloggi protetti e servizi legali. Gli enti locali erogano finanziamenti aggiuntivi per tali programmi, ma le autorità non hanno fornito dati sull’ammontare esatto. Considerando la vastità dei potenziali beneficiari, i fondi stanziati dal Governo non sono sufficienti. Le ONG hanno denunciato la disomogeneità degli standard qualitativi dei programmi di assistenza nelle varie regioni. La legge autorizza un’assistenza pubblica iniziale fra i 3 e i 6 mesi per tutte le vittime della tratta. Dopo l’assistenza iniziale, le vittime di nazionalità straniera possono ottenere permessi di soggiorno e di lavoro temporanei e hanno la possibilità di richiedere un permesso di soggiorno permanente; inoltre, possono ricevere 6 mesi di aiuti per l’alloggio, rinnovabili per altri 6 mesi se la vittima ha trovato un lavoro o si è iscritta a un corso di formazione. Nel 2019 le autorità hanno accordato 155 permessi di soggiorno a vittime della tratta di esseri umani sulla base delle disposizioni dell’articolo 18, un dato in calo rispetto ai 270 del 2018 e ai 418 del 2017. Delle vittime che hanno ricevuto un permesso di soggiorno, 19 sono state identificate dalle forze dell’ordine e il 39 per cento è di sesso maschile. Secondo le ONG e gli avvocati volontari, molte vittime, al loro arrivo, presentano domanda di asilo invece di chiedere le protezioni garantite alle vittime della tratta, o per le pressioni dei trafficanti o perché pensano che l’asilo garantisca maggiori libertà, un accesso più immediato a lavoro e servizi e la possibilità di ottenere un permesso di soggiorno a lunga scadenza. Nel 2019 le autorità hanno approvato solo l’1 per cento delle domande di permesso di soggiorno per ragioni umanitarie, limitando significativamente la protezione umanitaria e aumentando potenzialmente il rischio che i richiedenti finiscano vittime dei trafficanti di esseri umani. La disponibilità di servizi di interpretariato per i dialetti africani meno noti rimane un serio problema, considerando che le vittime provengono da ben 15 gruppi linguistici differenti. Non è facile nemmeno trovare interpreti fidati, perché molti interpreti, a quanto riportato, provengono dalle stesse comunità delle persone accusate di tratta di esseri umani.

Il GRETA ha raccomandato l’istituzione di un meccanismo nazionale di assegnazione ai servizi di assistenza distinto per i minori, che tenga conto delle esigenze specifiche di questi ultimi, ma il Governo non ha dato seguito a questa raccomandazione nel periodo in esame. I minori rappresentano quasi il 13 per cento di tutte le vittime che hanno ricevuto assistenza: molti sono di sesso maschile e costretti a mendicare o a rubare. Secondo i calcoli delle ONG, nel 2019 sono diverse migliaia i minori vittime di tratta di esseri umani a scopo di sfruttamento sessuale in Italia. Molti minori non accompagnati di nazionalità nigeriana vittime della tratta dichiarano un’età falsa per essere inviati in un centro di accoglienza per adulti, dove è più facile andarsene senza dare nell’occhio con l’aiuto del proprio trafficante. Le ONG, tuttavia, hanno accolto con favore il fatto che le autorità abbiano cominciato a verificare più attentamente l’età dichiarata dai ragazzi e ad affidare più spesso le vittime alle strutture di protezione per minori, se non riescono ad appurare con certezza che sono maggiorenni. Le vittime minorenni di nazionalità straniera ricevono automaticamente un permesso di soggiorno fino all’età di 18 anni e vengono sistemate in centri generici per minori o in centri appositamente destinati a vittime di tratta che sono anche richiedenti asilo. I minori ricevono assistenza e orientamento e vengono fatti iscrivere alle scuole pubbliche, con il supporto di tutori. Tuttavia, una percentuale rilevante dei minori non accompagnati ha lasciato questi centri di propria spontanea volontà, accrescendo notevolmente il rischio di finire vittime dei trafficanti di esseri umani.

Non c’è l’obbligo di collaborare con le forze dell’ordine per ottenere assistenza e un permesso di soggiorno, ma le ONG e le organizzazioni internazionali segnalano che le autorità non applicano in modo sistematico questa politica e in alcuni casi danno la precedenza a chi collabora. Il Governo offre anche una somma forfettaria di 1.500 euro alle vittime, ma il GRETA e le ONG sottolineano che la procedura per richiederla è estremamente complessa e che la somma è insufficiente. Il GRETA ha anche raccomandato al Governo di potenziare il ricorso agli strumenti legali esistenti per garantire risarcimenti alle vittime e impegnarsi maggiormente per procedere a sequestri e confische dei beni dei trafficanti. Le autorità non hanno concesso risarcimenti a vittime della tratta durante il periodo in esame. ONG, magistrati inquirenti e funzionari locali hanno elogiato il contributo costante dei mediatori culturali qualificati assunti dal Governo o messi a disposizione da ONG finanziate dallo Stato per la loro capacità di comunicare con rifugiati, migranti e vittime della tratta.

PREVENZIONE

L’impegno del Governo italiano per prevenire la tratta di esseri umani è costante. Il dipartimento per le Pari opportunità, che coordina la Commissione interministeriale per il sostegno alle vittime di tratta, violenza e grave sfruttamento, ha la responsabilità di stilare il piano d’azione nazionale contro la tratta di esseri umani, di coordinare i programmi di prevenzione e assistenza alle vittime e di presentare due volte l’anno un rapporto sul fenomeno. Nel 2019 il dipartimento per le Pari opportunità ha selezionato 21 progetti, uno per ogni regione italiana, incentrati sulla prevenzione della tratta di minori non accompagnati e vittime di sfruttamento lavorativo. Il Governo non ha completato il suo piano aggiornato per il 2019-2021: tuttavia, ha creato una commissione tecnica interministeriale, con la partecipazione anche di ONG, per elaborare questo piano. Continua a non esserci un relatore nazionale indipendente. Il Governo ha lanciato una campagna nazionale per far conoscere meglio il numero verde nazionale riservato alle vittime della tratta di esseri umani. Le autorità locali e le organizzazioni non governative hanno continuato a distribuire volantini, poster, adesivi e pubblicità sui media per fornire informazioni sull’assistenza alle vittime della tratta. Il Governo ha continuato a prendere parte a un programma di sensibilizzazione, finanziato in parte dal Governo stesso, rivolto a tutti i Paesi del Corno d’Africa e dell’Africa occidentale e mirato a informare i potenziali migranti dei rischi legati alla tratta di esseri umani.

Il gruppo di lavoro interministeriale incaricato di affrontare il problema dello sfruttamento lavorativo, con particolare attenzione al settore agricolo e al fenomeno del caporalato, ha presentato un piano triennale da 84 milioni di euro, ma non ha riferito altri risultati concreti. Con il cofinanziamento di un’organizzazione internazionale, il ministero del Lavoro ha messo a disposizione 23 milioni di euro per iniziative mirate a prevenire e contrastare lo sfruttamento lavorativo e il lavoro nero e a fornire ai lavoratori immigrati una formazione professionale. Il ministero dell’Agricoltura ha adottato un codice etico per la filiera del pomodoro, ma non ha riferito risultati concreti in conseguenza di questa iniziativa. Le assunzioni fittizie e il sequestro del passaporto continuano a costituire un problema. Gli esperti stimano che il numero dei lavoratori agricoli, in particolare lavoratori stagionali, che corrono il rischio di finire vittime di tratta a scopo di sfruttamento lavorativo in Italia si aggira fra i 150.000 e i 180.000. Nel settore agricolo, i datori di lavoro a volte presentano certificati contraffatti sui loro lavoratori, ostacolando le ispezioni e la possibilità di individuare vittime della tratta. Anche se è illegale, i datori di lavoro o i reclutatori di manodopera a volte costringono i lavoratori a pagare una commissione di collocamento, accrescendo la loro vulnerabilità alla tratta. C’è una carenza di vigilanza e regolamentazione sulle sale massaggi, che continuano a essere luoghi ad alto rischio per la tratta di esseri umani a scopo di sfruttamento sessuale. Nel 2019 le autorità hanno riferito di aver condotto ispezioni in 128.376 siti, fra cui 5.950 del settore agricolo; nel 2018 le ispezioni erano state 116.846 (di cui 7.146 nel settore agricolo) e nel 2017 160.347 (di cui 7.265 nel settore agricolo). Nel 2018 le autorità avevano identificato più di 33.800 lavoratori non registrati, e 48.000 nel 2017: non è specificato quanti casi potenziali di tratta di esseri umani siano stati vagliati o individuati nell’ambito di queste procedure ispettive. Nel 2019 il Governo ha notevolmente incrementato gli sforzi di indagine sul fenomeno del caporalato, indagando 917 sospettati contro i 580 del 2018, un incremento del 58 per cento. Anche se il caporalato non risponde ai criteri della definizione di tratta di esseri umani a scopo di sfruttamento lavorativo, l’incremento degli sforzi per contrastare il fenomeno ha ridotto la domanda di manodopera coatta. Il Governo, tuttavia, non regolamenta in modo efficace le agenzie di reclutamento della manodopera o gli intermediari di manodopera illegali, e stando ai dati forniti dalle autorità stesse nessuna agenzia è stata indagata o sottoposta a procedimento giudiziario per tratta di esseri umani a scopo di sfruttamento lavorativo, nemmeno per casi di assunzioni fittizie. Il GRETA ha raccomandato al Governo di intensificare gli sforzi per vagliare più efficacemente le vittime della tratta di esseri umani incrementando il numero di ispezioni nei luoghi di lavoro, potenziando la formazione degli ispettori e monitorando i metodi di reclutamento, anche nei settori dell’agricoltura, dei lavori domestici, del settore alberghiero e della ristorazione.

Le autorità hanno riferito di aver ricevuto 3.711 chiamate al numero verde del dipartimento delle Pari opportunità per le vittime della tratta di esseri umani nel 2019, contro le 3.802 del 2018. Delle nuove vittime assegnate ai servizi di assistenza nel 2019, l’11 per cento è passato attraverso il numero verde. Non c’è stata nessuna iniziativa coordinata del Governo nazionale per ridurre la domanda di sesso a pagamento. Anche se il fenomeno ha continuato a rappresentare motivo di preoccupazione nel periodo in esame, con almeno un caso di un cittadino italiano coinvolto in attività di turismo sessuale minorile all’estero, il Governo non ha indagato nessun sospettato e non ha preso misure per ridurre la domanda di turismo sessuale minorile da parte di cittadini italiani.

PROFILO DELLA TRATTA DI ESSERI UMANI

Come riportato negli ultimi cinque anni, i trafficanti di esseri umani in Italia sfruttano vittime straniere, e in misura minore italiane. Le vittime provengono prevalentemente dalla Nigeria e altri Paesi africani, dalla Cina, dalla Romania e da altri Paesi dell’Europa orientale, e includono persone di etnia rom. Trafficanti di esseri umani, spesso appartenenti a reti di criminalità organizzata cinese, fanno entrare clandestinamente in Italia donne cinesi a scopo di sfruttamento sessuale, facendole lavorare in appartamenti, saloni di bellezza, circoli e sale massaggi. Le sale massaggi a volte sono usate come paraventi per l’acquisto di sesso a pagamento, e questo lascia pensare che dietro possa esserci la tratta di esseri umani a scopo di sfruttamento sessuale. Su un numero stimato di 40-45.000 persone coinvolte nella prostituzione in strada, circa il 60 per cento (24-27.000 persone) secondo le ONG è vittima di tratta o a rischio di diventarlo, e una percentuale compresa fra il 5 e l’8 per cento (fra le 2.000 e le 3.200 persone) è composta da minori. Le vittime di tratta di esseri umani a scopo di sfruttamento sessuale sono in maggioranza di nazionalità nigeriana, anche se negli ultimi tempi il loro numero è diminuito; il Governo e la società civile continuano tuttavia a sottolineare che le donne e i minori non accompagnati originari di quel Paese rimangono estremamente vulnerabili alla tratta di esseri umani, a causa dell’attività persistente di numerose reti organizzate di trafficanti nigeriani. Molte di queste reti hanno esteso le loro operazioni in tutta Italia e possono contare, a quanto pare, sulla protezione delle organizzazioni criminali italiane. Secondo le stime delle organizzazioni internazionali, fino ai tre quarti delle donne e dei minori non accompagnati di nazionalità nigeriana arrivati in Italia nel 2018 sono vittime di tratta. I trafficanti sottopongono a sfruttamento sessuale donne e ragazze nigeriane usando una coercizione basata sull’esistenza di un debito e rituali vudù. Le autorità riferiscono che i trafficanti incoraggiano le vittime nigeriane a presentare domanda di asilo per far loro ottenere un permesso di soggiorno legale e continuare a sfruttarle più facilmente. A volte usano donne migranti a scopo di sfruttamento sessuale all’interno e nelle vicinanze dei centri di accoglienza per migranti. Si registrano casi di cittadini italiani che praticano turismo sessuale minorile all’estero. I trafficanti spesso prendono di mira i minori non accompagnati, che sono particolarmente vulnerabili alla tratta di esseri umani: i minori vengono sottoposti a sfruttamento sessuale, costretti a commettere crimini o a mendicare e obbligati a lavorare in negozi, bar, ristoranti e panetterie. Minori di etnia rom corrono il rischio di finire vittime della tratta, a scopo, fra le altre cose, di sfruttamento sessuale e accattonaggio forzato. Secondo le autorità, il numero di minori non accompagnati è in costante diminuzione: nel 2019 sono arrivati nel Paese 1.680 minori non accompagnati, contro 3,534 nel 2018, 15,731 nel 2017 e 25.846 nel 2016.

I trafficanti di manodopera sono attivi nel settore agricolo, prevalentemente al Sud, nell’edilizia, nei lavori domestici, nell’industria alberghiera e nella ristorazione. Il Governo nordcoreano potrebbe aver costretto cittadini nordcoreani a lavorare in Italia; in ogni caso, nel gennaio del 2020 le autorità italiane hanno ottenuto la partenza di tutti i lavoratori nordcoreani rimanenti. I trafficanti usano assunzioni fittizie, sequestro del passaporto e coercizione basata sull’esistenza di un debito per tenere sotto controllo le loro vittime; estorcono anche pagamenti alle famiglie delle vittime nel Paese di origine. L’Italia, secondo le stime, ha 1,5 milioni di lavoratori non registrati e 3,7 milioni di lavoratori irregolari che corrono il rischio di finire vittime della tratta di esseri umani a scopo di sfruttamento lavorativo. Per il settore agricolo in particolare, gli esperti stimano che il numero di lavoratori a rischio di diventare manodopera coatta in Italia si aggiri fra 150.000 e 180.000. In questo comparto, i datori di lavoro a volte presentano certificati contraffatti sui loro lavoratori, ostacolando le ispezioni e la possibilità di individuare vittime della tratta. L’Italia ha circa 600.000 immigrati clandestini, molti dei quali rischiano di diventare vittime della tratta, soprattutto a causa delle limitazioni imposte dal Governo alla possibilità di accedere alla protezione umanitaria e la riduzione delle misure di sostegno offerte ai migranti, che sono entrate in vigore nel 2018. Il ritmo degli arrivi di rifugiati e migranti è sceso precipitosamente nel 2018 e nel 2019, in parte per effetto delle politiche del Governo tese a limitare il numero di migranti irregolari e l’assistenza fornita dall’Italia alla Guardia costiera libica. Nel 2018 l’Italia ha ricevuto 23.370 arrivi di migranti irregolari via mare e 11.471 nel 2019, molti dei quali attraverso la Libia, dove le vittime hanno denunciato di aver subito estorsioni, torture e stupri a opera di milizie armate o trafficanti, in attesa del passaggio verso l’Italia. Nel 2017 rappresentanti dello Stato, fra cui agenti dei servizi segreti, si sono incontrati con un noto trafficante di persone per discutere misure per tenere sotto controllo i flussi di profughi e migranti dalla Libia: in occasione di questo incontro, il presunto trafficante avrebbe chiesto alle autorità italiane fondi per gestire l’accoglienza dei migranti in Libia. Gli immigrati clandestini che arrivano via mare sono prevalentemente tunisini, pachistani e ivoriani. Circa 5.000 rifugiati e migranti irregolari sono arrivati via terra, prevalentemente da Iraq, Pakistan e Afghanistan. Nel 2019, sulle circa 31.000 persone che hanno presentato domanda di asilo, fino al 30 per cento, secondo le stime delle autorità, erano a rischio di finire vittime di tratta di esseri umani a scopo di sfruttamento sessuale o lavoro forzato, in attesa di una pronuncia sulla loro richiesta. I permessi per ragioni umanitarie approvati sono scesi all’1 per cento delle domande presentate, a causa di un decreto, entrato in vigore nel 2018, che limita significativamente la possibilità di accedere alla protezione umanitaria: questo potrebbe rendere i migranti più vulnerabili ai trafficanti. I trafficanti prendono di mira i centri per migranti per reclutare e poi sfruttare richiedenti asilo, a volte asserendo di essere loro parenti per poter accedere alla struttura. I richiedenti asilo possono lavorare legalmente nel Paese due mesi dopo aver presentato domanda di asilo, ma molti cercano lavoro da subito nell’economia sommersa, esponendosi maggiormente al rischio di finire nelle mani dei trafficanti di esseri umani. Molti cercano anche di spostarsi in altri Paesi europei: tuttavia, in base al Regolamento di Dublino della Commissione europea, i Paesi hanno sei mesi di tempo per rispedire le vittime nel Paese dell’Unione Europea in cui sono arrivati; se non riescono a farlo nei tempi stabiliti devono accettare la loro richiesta di asilo. Questo regolamento probabilmente è all’origine del numero di richiedenti asilo o vittime della tratta di esseri umani costretti a rimanere in Italia o a tornare in Italia da un altro Paese europeo.