Rapporto 2019 sulla tratta di Esseri Umani

20 giugno 2019
Rapporto sulla tratta di Esseri Umani 2019
(available in English)

ITALIA

ITALIA: Classe 2

Le autorità italiane non soddisfano appieno i criteri minimi per lo sradicamento della tratta di esseri umani, ma stanno facendo importanti sforzi in tal senso, per esempio attraverso un incremento dei fondi per l’assistenza alle vittime e la collaborazione internazionale sulle azioni giudiziarie. Tali sforzi, tuttavia, non sono seri e costanti come quelli messi in atto nel periodo oggetto del precedente rapporto. Nonostante l’impegno del Governo e gli sforzi per smantellare le reti di trafficanti di persone, c’è stato un calo del numero di arresti e indagini rispetto al precedente rapporto. Le organizzazioni non governative (ONG) e le organizzazioni internazionali segnalano alle autorità un gran numero di vittime di tratta di esseri umani, ma le autorità non valutano in modo sistematico i rischi per le vittime potenziali prima di procedere a un rimpatrio forzato o a un’espulsione verso Paesi dove le vittime potrebbero trovarsi ad affrontare rappresaglie o privazioni. Non esistono norme legali che tutelino le vittime dal rischio di incorrere in sanzioni per atti illeciti che i trafficanti le hanno costrette a commettere. L’Italia è stata pertanto retrocessa in classe 2.

RACCOMANDAZIONI

  • Valutare costantemente i rischi e garantire tutele legali per tutte le vittime potenziali prima di procedere a un rimpatrio forzato o a un’espulsione, anche nei casi in cui queste persone siano entrate nelle acque territoriali italiane e durante le operazioni condotte con l’assistenza del Governo italiano nelle zone di ricerca e salvataggio (SAR) libiche. • Garantire che le vittime che potrebbero dover affrontare rappresaglie o privazioni se tornassero nel loro Paese d’origine abbiano lo status legale e il diritto di rimanere in Italia. • Migliorare e applicare pienamente il meccanismo nazionale per l’assegnazione delle vittime di tratta di esseri umani ai servizi di assistenza in tutto il Paese, anche per quanto riguarda i minori a rischio; il meccanismo dovrebbe tenere conto delle circostanze e delle necessità specifiche delle vittime minorenni. • Migliorare i criteri di sicurezza all’interno e nelle vicinanze dei centri di accoglienza, per limitare i contatti fra i trafficanti e le vittime o le vittime potenziali. • Indagare e perseguire con decisione i casi di tratta di esseri umani e condannare i trafficanti a pene adeguate. • Incrementare la cooperazione internazionale con i Paesi di origine e di transito, in particolare la Nigeria, la Tunisia e la Libia, riguardo alla condivisione di informazioni e al contrasto delle reti di trafficanti. • Intensificare gli sforzi per individuare efficacemente le vittime di tratta di esseri umani a scopo di sfruttamento lavorativo incrementando il numero di ispezioni e addestrando gli ispettori del lavoro a riconoscere i segnali della tratta di esseri umani e indirizzare le vittime ai servizi di assistenza. • Accorpare i dati dei diversi ministeri ed enti pubblici che li raccolgono e creare una banda dati pubblicamente consultabile sulle indagini, i procedimenti giudiziari e le sentenze di condanna, che includa i dati sulle pene comminate.

REPRESSIONE GIUDIZIARIA

Le autorità hanno ridotto gli sforzi per far rispettare la legge. La legge 228 del 2003, intitolata “Misure contro la tratta di persone” (di qui in avanti, “legge contro la tratta”), ha trasformato in reato penale la tratta di esseri umani a scopo di sfruttamento sessuale e lavorativo e introdotto pene detentive (fra gli 8 e i 20 anni) sufficientemente severe e proporzionate, nel caso di tratta di esseri umani a scopo di sfruttamento sessuale, a quelle previste per altri reati gravi, come lo stupro. L’articolo 600 del codice penale ha trasformato in reato penale la riduzione o mantenimento in schiavitù o in servitù e ha prescritto le stesse sanzioni. Nel 2018 le autorità hanno indagato 314 persone per latratta di esseri umani, contro le 482 del 2017. Le forze dell’ordine hanno arrestato 99 sospetti trafficanti, contro i 133 del 2017. Le autorità hanno incriminato 139 imputati sulla base della legge contro la tratta, contro i 73 del 2017. Sempre sulla base della suddetta legge, i tribunali di primo grado e le corti d’appello hanno condannato 46 trafficanti, contro i 28 del 2017; inoltre, le autorità, sulla base dell’articolo 600 contro la schiavitù, hanno indagato 340 persone contro le 412 nel 2017 e ne hanno rinviate a giudizio 119, con 81 condanne contro le 108 del 2017.

Non esiste una banca dati pubblica unica sulle indagini, i procedimenti giudiziari, le sentenze di condanna e le pene comminate ai trafficanti di persone o alle loro vittime, una carenza sottolineata dal Gruppo di esperti sulla lotta alla tratta di esseri umani (Greta). I dati contenuti nelle varie banche dati gestite dallo Stato non sono pubblicamente consultabili. In un caso di alto profilo durante il periodo in esame, un tribunale di Palermo, a dicembre, ha condannato un imputato nigeriano all’ergastolo per il reato di tratta di esseri umani a scopo di sfruttamento sessuale, commesso facendo venire persone dalla Libia, e per altri reati commessi in un accampamento di immigranti clandestini all’interno della Libia. È stato il primo caso di condanna extraterritoriale in Italia per tratta di esseri umani e reati collegati commessi da uno straniero in Libia. La repressione giudiziaria della tratta di esseri umani è gestita da reparti specializzati dell’antimafia. Ogni volta che gli investigatori trovano chiare evidenze di tratta di esseri umani, trasferiscono il caso a un reparto antimafia e questo consente di far ripartire l’indagine, allungando i tempi per l’istruttoria e il processo. Per evitare questi ritardi, gli investigatori e gli inquirenti non specializzati in antimafia in certi casi incriminano gli imputati per reati diversi dalla tratta di esseri umani. I reparti antimafia privilegiano le indagini sulle reti criminali rispetto ai singoli casi, citando le limitate risorse disponibili. La riduzione dell’80 per cento degli arrivi e delle ammissioni di migranti clandestini rispetto al 2017 potrebbe essere uno dei motivi del calo del numero di indagini e arresti nel 2018.

Funzionari di alto livello si sono incontrati con rappresentanti del Niger, della Libia, della Tunisia, del Sudan, del Ghana e della Nigeria, ma la magistratura e le forze dell’ordine italiane continuano a lamentare l’inadeguatezza della collaborazione alle indagini offerta dai funzionari dei Paesi di origine e di transito. Gli inquirenti hanno segnalato il proseguimento della collaborazione con il Governo di accordo nazionale libico, come evidenziato dai mandati d’arresto (frutto di un’indagine congiunta) emessi da quest’ultimo nei confronti di 200 sospetti trafficanti in Libia. Le reti di trafficanti e le organizzazioni criminali diventano sempre più sofisticate e violente, in particolare le bande nigeriane legate alle organizzazioni criminali Black Axe, Supreme Viking Confraternity ed Eiye. Gli inquirenti hanno proseguito il programma di collaborazione con 22 Paesi africani, che consente ai magistrati locali di lavorare insieme ai loro colleghi italiani in un addestramento della durata di sei mesi, che rafforza la collaborazione tra l’Italia e i Paesi d’origine. I programmi di formazione delle forze dell’ordine includono abitualmente lezioni sull’identificazione delle vittime e le indagini sulla tratta di esseri umani. Non sono stati registrati casi di funzionari pubblici indagati o incriminati per complicità in reati legati alla tratta di esseri umani.

PROTEZIONE

Il Governo ha incrementato i suoi sforzi per garantire protezione alle vittime. Il dipartimento per le Pari opportunità, che coordina gli sforzi di protezione, ha riferito che le ONG, con il supporto del Governo, hanno assistito 1.373 vittime di tratta di esseri umani nel 2018, di cui 597 casi nuovi, contro 1.354 vittime assistite nel 2017. Delle vittime assistite dalle ONG, l’89 per cento era costituito da vittime di tratta di esseri umani a scopo di sfruttamento sessuale, il 6 per cento a scopo di sfruttamento lavorativo, l’1 per cento a scopo di accattonaggio forzato, l’1 per cento a scopo di avviamento forzato ad attività criminali e il 4 per cento da vittime di altre forme di  tratta di esseri umani o forme non specificate. Per ridurre il flusso di migranti dalla Libia, l’Italia ha proseguito le operazioni di addestramento della Guardia costiera libica e ha fornito altre motovedette, come hanno fatto anche altri Stati membri dell’Unione Europea. Molte ONG europee e internazionali, tuttavia, hanno criticato questo sforzo coordinato per rispedire immediatamente sulle coste libiche le imbarcazioni di migranti, menzionando le gravi condizioni di sicurezza e rispetto dei diritti umani in Libia e nei centri di detenzione libici, e il maggior rischio di rimanere vittime di tratta di esseri umani per i migranti costretti a rimanere nel Paese nordafricano. Per ridurre il flusso di migranti nel Mediterraneo, il Governo ha vietato alle navi di soccorso delle ONG che trasportano migranti raccolti nelle zone SAR della Libia di attraccare nei porti italiani. Il Governo ha continuato ad accettare un numero limitato di vittime potenziali di tratta di esseri umani vagliate precedentemente, attraverso “corridoi umanitari” approvati dall’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR), in alcuni casi con voli diretti dalla Libia e dal Niger. Il Governo ha proseguito il dialogo con l’Unione Europea per un’equa condivisione degli oneri legati alla gestione dei migranti in arrivo. Inoltre, ha finanziato quattro programmi di rimpatri volontari verso i Paesi di origine e offerto sostegno a programmi simili di rimpatri dalla Libia, gestiti dalle organizzazioni internazionali.

Le ONG si coordinano con le forze dell’ordine e i funzionari addetti all’immigrazione, sia nei punti di arrivo che nei centri di accoglienza più a lungo termine. Il Governo ha rispettato le procedure standard dell’UNHCR per individuare fra i richiedenti asilo vittime di tratta di esseri umani, ma secondo le ONG le autorità non hanno identificato adeguatamente molte delle vittime al loro arrivo, classificandole soltanto come richiedenti asilo o immigrati clandestini passibili di espulsione. Spesso le vittime, sotto il controllo dei loro trafficanti, rifiutano di dichiararsi tali. Il GRETA ha denunciato che le autorità non prendono misure per garantire che i funzionari addetti all’immigrazione conducano valutazioni su base personale dei rischi in ciascun caso, prima di un rimpatrio forzato o di un’espulsione, e hanno evidenziato casi del genere nei rimpatri verso la Tunisia e la Nigeria. Le ONG continuano a richiamare l’attenzione sulla necessità di tempi più lunghi per l’identificazione dei migranti nei porti di arrivo, in modo da accertare con più accuratezza lo status di vittime, ma riconoscono che le condizioni non favoriscono una permanenza superiore a uno o due giorni. Le ONG riferiscono anche di un miglioramento del coordinamento con i funzionari addetti all’immigrazione e le forze dell’ordine nella gestione dei nuovi arrivi. L’UNHCR ha addestrato 230 funzionari incaricati di valutare le richieste di asilo, più 70 interpreti, sui metodi per individuare le vittime di tratta di esseri umani. Anche l’Organizzazione internazionale per le migrazioni (OIM) ha offerto corsi di formazione per individuare le vittime al personale dei centri di accoglienza.

Le ONG, l’Unione Europea, e la Chiesa cattolica prevedono che il decreto legge varato dal Governo a settembre, che restringe l’accesso alle tutele umanitarie per certe categorie di richiedenti asilo potrebbe tradursi in maggiori rischi per i migranti clandestini che già risiedono in Italia. Anche se le persone già riconosciute ufficialmente come vittime di tratta di esseri umani continuano a essere trattate come una categoria protetta, le ONG denunciano che molti di questi migranti clandestini sono vittime o vittime potenziali, nella maggior parte dei casi a rischio di sfruttamento lavorativo.

I centri di accoglienza hanno una capacità sufficiente a soddisfare la domanda, grazie alla stretta sui criteri per concedere la protezione umanitaria e alla riduzione complessiva degli arrivi di migranti clandestini. Tuttavia, le organizzazioni internazionali continuano a sostenere che la maggior parte dei centri non è adeguatamente attrezzata per venire incontro alle esigenze specifiche delle vittime di tratta di esseri umani. Le autorità spesso ospitano le vittime e le vittime potenziali insieme ai migranti clandestini, in strutture che non dispongono di adeguate misure di sicurezza contro quei trafficanti, all’interno e all’esterno dei centri, che cercano di reclutare vittime o portare via quelle già sotto il loro controllo. Con un calo dell’80 per cento del numero di arrivi di migranti clandestini rispetto al 2017, le ONG e le organizzazioni internazionali hanno riscontrato un miglioramento delle procedure di identificazione iniziale delle vittime: le necessità più impellenti sono quindi diventate quelle legate all’assistenza alle vittime già presenti sul territorio nazionale. Le ONG hanno osservato un incremento della collaborazione e della condivisione delle informazioni da parte delle forze dell’ordine, in particolare a Roma e in particolare riguardo ai nuovi arrivi e ai minori provenienti da altri Paesi europei, anche se il livello di collaborazione tra forze dell’ordine e ONG varia da regione a regione.

Il Governo nel 2018 ha stanziato 24 milioni di euro per i programmi di assistenza alle vittime di tratta di esseri umani messi in opera dalle ONG, un incremento rispetto ai 22,5 milioni di euro stanziati nel 2017 e ai 15,5 milioni stanziati nel 2016. Il Governo ha esteso a 15 mesi la durata dei programmi di assistenza alle vittime finanziati dallo Stato. Gli enti locali forniscono finanziamenti aggiuntivi per tali programmi, ma le autorità non hanno fornito dati riguardo all’ammontare esatto. Il Governo ha collaborato con le ONG e le organizzazioni internazionali per garantire alloggio e servizi alle vittime. Le ONG hanno accolto positivamente lo stanziamento di maggiori fondi, da parte del Governo, per aumentare il numero delle strutture, anche per uomini e minori non accompagnati. Tuttavia, i livelli di finanziamento rimangono insufficienti per assistere le vittime di tratta di esseri umani già presenti in Italia dagli anni passati. Le ONG hanno denunciato la disomogeneità degli standard qualitativi dei programmi di assistenza nelle varie regioni. Il Governo non ha implementato un meccanismo formale di assegnazione ai servizi di assistenza per gli adulti o per i minori, come raccomandato dal GRETA e dalle ONG. Le ONG e il dipartimento per le Pari opportunità hanno ammesso l’esistenza di disomogeneità tra le diverse regioni riguardo all’efficienza e all’efficacia dell’attuale processo di assegnazione ai servizi di assistenza e hanno riscontrato che il livello di qualità è più basso nelle regioni del Sud. La disponibilità di servizi di interpretariato per i dialetti africani meno noti rimane un serio problema, considerando che le vittime vengono da ben 15 gruppi linguistici differenti.

Le vittime di nazionalità straniera ricevono assistenza per un periodo fino a 12 mesi e hanno diritto di richiedere un permesso di soggiorno temporaneo e un permesso di lavoro. Quando vengono identificate dalle autorità, nella fase iniziale di scrematura dei migranti, le vittime dia tratta di esseri umani possono accedere a strutture specializzate e prorogare il loro permesso di soggiorno temporaneo se hanno un lavoro o sono iscritte a un corso di formazione. Le autorità hanno accordato 270 permessi di soggiorno a vittime di tratta di esseri umani sulla base delle disposizioni dell’articolo 18, un dato in calo rispetto ai 418 del 2017 e ai 340 del 2016. Secondo le ONG e gli avvocati volontari, molte vittime, al loro arrivo, presentano domanda di asilo invece di richiedere protezione come vittime di tratta di esseri umani, o per le pressioni dei trafficanti o perché pensano che l’asilo garantisca maggiori libertà, un accesso più immediato a lavoro e servizi e un permesso di soggiorno a lunga scadenza.

I minori rappresentano quasi l’11 per cento di tutte le vittime che hanno ricevuto assistenza: molti sono minori di sesso maschile costretti a mendicare o a rubare. Il ministero dell’Interno ha formato un gruppo di lavoro dedicato a fornire supporto ai minori non accompagnati che corrono il rischio di finire vittime di tratta di esseri umani, sulla base di una legge del 2017 che garantisce loro maggiori tutele. Molti minori non accompagnati di nazionalità nigeriana vittime di tratta di esseri umani dichiarano un’età falsa per essere inviati in un centro di accoglienza per adulti, dove è più facile andarsene senza farsi notare con l’aiuto del proprio trafficante. Le ONG, tuttavia, hanno accolto positivamente il fatto che le autorità verifichino più attentamente l’età dichiarata dai ragazzi e affidino più spesso le vittime alle strutture di protezione per i minori, se non riescono ad appurare con sicurezza che si tratta di maggiorenni. Secondo i calcoli delle ONG, nel 2018 più di 5.000 minori sono stati vittime di tratta di esseri umani a scopo di sfruttamento sessuale in Italia. Le vittime minorenni di nazionalità straniera ricevono automaticamente un permesso di soggiorno fino all’età di 18 anni e vengono sistemate in centri generici per minorenni o in centri appositi per vittime di tratta di esseri umani che sono anche richiedenti asilo. Le ONG hanno segnalato che le strutture per i minori non accompagnati sono in numero insufficiente rispetto alle ingenti necessità. I minori ricevono assistenza e orientamento e vengono fatti iscrivere alle scuole pubbliche, con il supporto di tutori. Tuttavia, alla fine del 2017, secondo le stime, il 32 per cento dei minori non accompagnati aveva lasciato questi centri di sua spontanea volontà, esponendosi a maggiori rischi di finire vittime dia tratta di esseri umani.

Le autorità non impongono alle vittime di collaborare con le forze dell’ordine per ottenere assistenza e un permesso di soggiorno, ma le ONG e le organizzazioni internazionali segnalano che le autorità non applicano in modo sistematico questa politica e in alcuni casi danno la precedenza a quelli che collaborano. Il Governo offre anche una somma forfettaria di 1.500 euro alle vittime, ma le ONG sottolineano che la procedura di richiesta è estremamente complessa e che la somma è insufficiente. Il GRETA segnala anche che la garanzia di indennizzo per le vittime è inadeguata e sottolinea che le vittime non dispongono di opzioni legali sufficienti, in ambito penale e civile, per cercare di ottenere risarcimenti dai trafficanti. Il GRETA ha anche raccomandato al Governo di potenziare il ricorso agli strumenti legali esistenti per garantire risarcimenti alle vittime e di impegnarsi maggiormente per procedere a sequestri e confische dei beni dei trafficanti.

Nel codice penale italiano non esistono disposizioni che proibiscano di sanzionare le vittime per atti illeciti che sono state costrette a commettere dai trafficanti. La legge attuale esige che lo sfruttamento da parte del trafficante sia stato dimostrato in un procedimento penale e questo espone le vittime e le vittime potenziali al rischio di essere processate e condannate, se un tribunale non ha già condannato i trafficanti. Le ONG hanno citato anche le sfide continue che devono affrontare per adattarsi ai cambiamenti delle dinamiche e dei metodi della tratta di esseri umani e l’esigenza di un miglior coordinamento delle strategie per contrastare il fenomeno tra i ministeri, le organizzazioni internazionali e le ONG che lavorano sul campo, oltre che di una maggiore collaborazione da parte delle forze dell’ordine locali e degli inquirenti. ONG, magistrati inquirenti e funzionari locali hanno elogiato il contributo dei mediatori culturali qualificati assunti dal Governo o messi a disposizione da ONG finanziate dallo Stato, per la loro capacità di comunicare con i migranti e le vittime di tratta di esseri umani.

PREVENZIONE

L’azione del Governo italiano per prevenire la tratta di esseri umani è costante. Il dipartimento per le Pari opportunità, che coordina la Commissione interministeriale per il sostegno alle vittime di tratta, violenza e grave sfruttamento, ha la responsabilità di stilare il piano d’azione nazionale. Il Governo non ha completato il suo piano aggiornato per il 2019-2021, anche se ha coinvolto le ONG e altri parti interessate per ricevere suggerimenti. Il Governo non ha nominato un relatore indipendente.

Nel 2018 sono state condotte ispezioni in 116.846 siti, incluse 7.146 in aziende agricole, e sono stati individuati 33.800 lavoratori non registrati, fra cui 1.332 migranti clandestini.

Tutto questo a fronte di 160.347 siti oggetto di ispezione, fra cui 7.265 aziende agricole, e oltre 48.000 lavoratori non registrati individuati nel 2017; non è stato indicato quanti casi potenziali di tratta di esseri umani siano stati vagliati o individuati nell’ambito di queste procedure ispettive. Il Governo ha stanziato 11,1 milioni di euro, in aggiunta agli 11,9 milioni stanziati dalla Commissione europea, per iniziative finalizzate a prevenire e combattere lo sfruttamento lavorativo e a contrastare il fenomeno dell’intermediazione illecita di manodopera. Il GRETA ha raccomandato al Governo di intensificare gli sforzi per vagliare più efficacemente le vittime di tratta di esseri umani incrementando il numero di ispezioni nei luoghi di lavoro, potenziando la formazione degli ispettori e monitorando i metodi di reclutamento, anche nei settori dell’agricoltura, dei lavori domestici, del settore alberghiero e della ristorazione.

Il numero verde del dipartimento per le Pari opportunità riservato alle vittime di tratta di esseri umani ha ricevuto più di 3.802 richieste di informazioni, il 7 per cento delle quali riguardava potenziali casi di tratta di esseri umani, contro 4.033 richieste nel 2017. Le autorità locali e le organizzazioni non governative hanno continuato a distribuire volantini, poster, adesivi e pubblicità sui media per fornire informazioni sull’assistenza alle vittime di tratta di esseri umani. Non c’è stata nessuna iniziativa coordinata del Governo nazionale per ridurre la domanda di sesso a pagamento. Il Governo non ha portato avanti nessuna iniziativa per ridurre la domanda di turismo sessuale minorile da parte dei cittadini italiani o la domanda di lavoro forzato. L’Italia e il Governo di accordo nazionale libico mantengono accordi in tema di collaborazione giudiziaria ed estradizioni. Nel marzo del 2018 la polizia italiana ha lanciato un programma biennale in Egitto per la formazione di 360 funzionari delle forze dell’ordine di 22 Paesi africani sull’immigrazione e il controllo delle frontiere, che include il contrasto alla tratta di esseri umani. Il Governo ha continuato a portare avanti un programma di sensibilizzazione rivolto a tutti i Paesi del Corno d’Africa e dell’Africa occidentale, per informare i potenziali migranti dei rischi legati alla tratta di esseri umani.

PROFILO DELLA TRATTA DI ESSERI UMANI

Come riportato negli ultimi cinque anni, i trafficanti di persone sfruttano le vittime straniere in Italia. Le vittime provengono prevalentemente dalla Nigeria e altri Paesi africani, dalla Cina e dall’Europa orientale, e includono persone di etnia rom. L’Italia, secondo le stime, ha 1,5 milioni di lavoratori non registrati, che sono particolarmente vulnerabili alla tratta di esseri umani. I trafficanti di manodopera sono attivi nel settore agricolo, prevalentemente al Sud, e nell’edilizia, nei lavori domestici, nell’industria alberghiera e nella ristorazione, principalmente al Nord. Gli stabilimenti tessili sfruttano vittime cinesi e di altre nazionalità a Milano, Prato, Roma e Napoli. Criminali cinesi costringono le vittime a lavorare in appartamenti e sale massaggi. Circa l’80 per cento delle vittime di tratta di esseri umani è di nazionalità nigeriana. Secondo le stime delle organizzazioni internazionali, fino ai tre quarti delle donne e dei minori non accompagnati di nazionalità nigeriana arrivati in Italia nel 2018 sono vittime di  tratta di esseri umani. I nigeriani rappresentano quasi il 36 per cento delle vittime che hanno ricevuto permessi di soggiorno nel 2018, in primo luogo donne e ragazze vittime di tratta di esseri umani a scopo di sfruttamento sessuale tramite coercizione basata sull’esistenza di un debito e in molti casi attraverso rituali vudù. Diverse reti di trafficanti nigeriani hanno esteso le loro operazioni in tutta Italia e riceverebbero protezione dalle organizzazioni criminali italiane. Sul totale delle persone che praticano la prostituzione in strada, che secondo le stime ammonterebbe a 40-45.000 individui, il 60 per cento circa, secondo le ONG, è costituito da vittime effettive o potenziali della tratta di esseri umani; nella maggioranza dei casi sono originarie di Nigeria o Romania e una percentuale compresa fra il 5 e l’8 per cento è costituita da minori. Dal 2011 l’Italia ha accolto più di 700.000 migranti arrivati via mare, ma il ritmo degli arrivi è sceso significativamente nel 2018, in parte per effetto delle politiche del Governo tese a limitare il numero di migranti irregolari e dell’assistenza fornita dall’Italia alla Guardia costiera libica. Nel 2018 l’Italia ha ricevuto 23.370 arrivi di migranti irregolari via mare e poco più della metà (12.977) attraverso la Libia, dove molti hanno denunciato di aver subito estorsioni, torture e stupri a opera di milizie armate o trafficanti, in attesa del passaggio.

I trafficanti prendono spesso di mira i minori non accompagnati: fra loro, ci sono ragazzi che vengono costretti a lavorare in negozi, bar, ristoranti e forni, o costretti all’accattonaggio forzato. Secondo le stime delle autorità, fino al 30 per cento delle 61.000 persone che hanno presentato domanda di asilo nel 2018 è a rischio di finire vittima di tratta di esseri umani a fini di sfruttamento sessuale o lavorativo, in attesa che la richiesta venga presa in esame. Sempre secondo le autorità, nel 2018 sono arrivati  3.534 minori non accompagnati, in prevalenza di sesso maschile e per la maggioranza dall’Africa, un calo significativo rispetto ai 15.731 del 2017 e ai 25.846 del 2016. I richiedenti asilo possono lavorare legalmente nel Paese due mesi dopo aver presentato domanda di asilo, ma molti cercano lavoro da subito nell’economia sommersa, esponendosi maggiormente al rischio di finire vittime di tratta di esseri umani. Molti, inoltre, cercano di partire verso altri Paesi europei, ma questi ultimi, sulla base del Regolamento di Dublino dell’Unione Europea, possono rispedire le vittime nello Stato membro di arrivo. Questo regolamento probabilmente ha fatto aumentare il numero di richiedenti asilo o vittime di tratta di esseri umani costretti a rimanere in Italia o a tornare in Italia da un altro Paese europeo.