Rapporto sul traffico di persone 2018

28 giugno 2018
Rapporto sul traffico di persone 2018
(available in English)

ITALIA

UFFICIO PER IL MONITORAGGIO E IL CONTRASTO DEL TRAFFICO DI PERSONE

Rapporto 2018 sul traffico di persone

ITALIA: CLASSE 1

Le autorità italiane soddisfano appieno i criteri minimi per lo sradicamento del traffico di persone. Il Governo ha continuato a dimostrare un impegno serio e costante durante il periodo in esame, consentendo all’Italia di rimanere in classe 1. Il Governo ha dato prova di un impegno serio e costante migliorando il coordinamento fra organismi pubblici, organizzazioni internazionali e organizzazioni non governative nell’identificazione delle vittime del traffico di persone tra i migranti irregolari che arrivano via mare, aumentando i finanziamenti in favore delle organizzazioni non governative che forniscono alloggio e altre forme di assistenza alle vittime, garantendo maggiori tutele ai minori non accompagnati e potenziando le indagini sui reati legati al traffico di persone. Benché le autorità soddisfino i criteri minimi, molte vittime appartenenti a gruppi vulnerabili non vengono identificate: si tratta in particolare di individui coinvolti nella prostituzione e migranti ospitati nei centri di accoglienza. Gli stanziamenti pubblici in favore delle organizzazioni non governative rimangono inadeguati alle necessità. Il Governo non ha preso misure rilevanti a livello nazionale per ridurre la domanda di sesso a pagamento e non ha rilasciato informazioni sulle pene comminate dai tribunali ai trafficanti condannati.

RACCOMANDAZIONI PER L’ITALIA

Attuare le linee guida previste dal piano nazionale per migliorare l’identificazione di possibili vittime tra i migranti e i richiedenti asilo; potenziare il coordinamento tra Governo nazionale, Regioni ed enti locali, in modo da assicurare supporto e finanziamenti adeguati alle indagini sul traffico di persone e all’assistenza ai sopravvissuti; indagare e perseguire con decisione i casi di traffico di persone e condannare i trafficanti a pene dissuasive; fornire più servizi di mediazione linguistica e culturale per i nuovi arrivati, in particolare per le lingue africane meno conosciute; garantire una formazione costante per gli agenti delle forze dell’ordine, gli impiegati del servizio immigrazione, i primi soccorritori e altri funzionari pubblici, in tutte le regioni e località, riguardo alle procedure di identificazione e assegnazione; migliorare i servizi e l’assistenza a lungo termine per le vittime minorenni; migliorare la struttura di coordinamento nazionale in modo da coinvolgere tutti gli organismi pubblici interessati e le organizzazioni non governative e compilare dati accurati sull’identificazione delle vittime, le indagini, i processi, le condanne e le pene comminate, distinguendo fra i casi di traffico di persone a scopo di sfruttamento sessuale e quelli a scopo di sfruttamento lavorativo, e comunicare le informazioni alla cittadinanza; incrementare la cooperazione internazionale con i Paesi di origine e di transito, in particolare la Nigeria, riguardo alla condivisione di informazioni e al contrasto delle reti di trafficanti; incrementare le misure di prevenzione per ridurre la domanda di sesso a pagamento e applicare in modo incisivo a livello locale le leggi penali esistenti; potenziare le iniziative a livello nazionale per sensibilizzare l’opinione pubblica contro tutte le forme di traffico di persone.

REPRESSIONE GIUDIZIARIA

Le autorità hanno incrementato gli sforzi per far rispettare la legge. La legge 228 del 2003, intitolata “Misure contro la tratta di persone” (di qui in avanti, “legge contro la tratta”), ha trasformato in reato penale il traffico di persone a scopo di sfruttamento sessuale e lavorativo e introdotto pene detentive (fra gli 8 e i 20 anni) sufficientemente severe e proporzionate, nel caso del traffico di persone a scopo di sfruttamento sessuale, alle pene previste per altri reati gravi, come lo stupro. Nelle statistiche giudiziarie non sono riportati dati specifici riguardo ai reati legati al traffico di persone a fini di sfruttamento lavorativo. Nel 2017 le autorità hanno indagato 482 persone per traffico di persone, contro le 290 del 2016. Le forze dell’ordine hanno arrestato 133 sospetti trafficanti, contro i 58 del 2016. Le autorità hanno incriminato 73 imputati sulla base della legge contro la tratta, a fronte di 0 nel 2016 e 17 nel 2015. Sempre sulla base della suddetta legge, i tribunali di primo grado e le corti d’appello hanno condannato 28 trafficanti, a fronte di 31 nel 2016 e 12 nel 2015. Inoltre, le autorità hanno indagato 412 persone sulla base delle disposizioni del codice penale contro la schiavitù, che non rientra nella definizione della legge contro la tratta ma rappresenta comunque un fenomeno collegato, con 108 condanne rispetto alle 43 del 2016.

Le autorità non hanno comunicato dati sulle pene comminate in base alla legge contro la tratta nel 2017 o negli anni precedenti, limitandosi a dichiarare che i trafficanti condannati generalmente hanno ricevuto pene detentive comprese tra i 7 e gli 8 anni (tra i 6 e i 9 anni nel 2016). Per esempio, a novembre, un giudice di Palermo ha condannato due trafficanti nigeriani a 8 e 7 anni di carcere rispettivamente, e ha imposto loro di versare un risarcimento di 20.000 euro alla vittima. A luglio un tribunale di Lecce ha condannato 9 stranieri e 2 italiani a 11 anni di carcere ciascuno per traffico di persone a scopo di sfruttamento lavorativo. Sempre a luglio un tribunale di Roma ha confermato la condanna di un cittadino rumeno a 12 anni di carcere per traffico di persone a scopo di sfruttamento sessuale ai danni di due minori. Gli investigatori hanno dato la priorità alle reti di trafficanti, come testimoniato dall’arresto a Palermo, a novembre, di 23 nigeriani appartenenti all’organizzazione criminale Black Axe, dall’arresto di 28 trafficanti di persone a scopo di sfruttamento lavorativo nel settore agricolo nell’arco dei 12 mesi fino a novembre 2017 e dall’arresto a febbraio, da parte della Guardia di finanza, di una banda di 7 trafficanti di persone a scopo di sfruttamento lavorativo in Calabria. Alcuni Paesi d’origine hanno affermato che la collaborazione alle indagini con le autorità italiane è insufficiente. Gli inquirenti hanno segnalato i risultati positivi del rafforzamento della collaborazione con il Governo di accordo nazionale libico, come evidenziato dai mandati d’arresto (frutto di un’indagine congiunta) emessi da quest’ultimo nei confronti di 200 sospetti trafficanti in Libia. Non sono stati registrati casi di funzionari pubblici indagati o incriminati per complicità in reati legati al traffico di persone.

La varietà e il numero di corsi di formazione sul traffico di persone a disposizione di membri delle forze dell’ordine e inquirenti sono aumentati. Le autorità hanno finanziato diverse esercitazioni e simulazioni sui metodi per combattere il traffico di persone, con il coinvolgimento di vari organismi pubblici. Per esempio, un’iniziativa di formazione organizzata a settembre con la partecipazione di organizzazioni non governative. Gli inquirenti hanno avviato uno scambio con 22 Paesi africani per consentire agli inquirenti locali di lavorare insieme alle loro controparti italiane in un addestramento durato sei mesi, rafforzando la collaborazione tra l’Italia e i paesi d’origine. Il programma di addestramento per le forze dell’ordine include le procedure per l’identificazione delle vittime e le indagini su reati legati al traffico di persone.

PROTEZIONE

Il Governo ha incrementato i suoi sforzi per garantire protezione alle vittime. Il Dipartimento per le Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri coordina le iniziative in tal senso e ha riferito che le organizzazioni non governative finanziate dallo Stato hanno assistito 1.354 vittime potenziali nel 2017, un incremento significativo rispetto alle 851 del 2016; tuttavia, questo dato non distingue tra vittime del traffico di persone e altre forme di sfruttamento, perciò non è chiaro se vi siano stati effettivamente dei miglioramenti sul piano dell’identificazione delle vittime. Delle 1.354 vittime complessive, 176 sono vittime di sfruttamento lavorativo e 24 di accattonaggio forzato. Il 15 per cento è di sesso maschile e l’1 per cento transgender. Circa il 71 per cento viene dalla Nigeria, e un’organizzazione internazionale stima che fino ai tre quarti delle donne e dei minori non accompagnati di nazionalità nigeriana arrivati in Italia nel 2017 siano vittime del traffico di persone. I minori rappresentano quasi l’11 per cento di tutte le vittime che hanno ricevuto assistenza: molti sono minori di sesso maschile costretti a mendicare o a rubare. Il Ministero dell’Interno ha formato un gruppo di lavoro dedicato a fornire supporto ai minori non accompagnati che corrono il rischio di finire vittime del traffico di persone, ed è entrata in vigore una nuova legge che garantisce loro maggiori tutele. Le organizzazioni non governative riferiscono che molti minori nigeriani non accompagnati vittime del traffico di persone hanno fra i 15 e i 17 anni di età, ma su indicazione dei loro trafficanti dichiarano abitualmente di averne 18 o più, l’età necessaria per poter presentare domanda d’asilo ed essere trasferiti in un centro d’accoglienza per adulti, dove è più facile andarsene senza farsi notare con l’aiuto del loro trafficante. Le stesse organizzazioni, tuttavia, hanno confermato che le autorità verificano più attentamente l’età dichiarata dai ragazzi, e se non riescono ad appurare con sicurezza che si tratta di maggiorenni affidano le vittime alle strutture di protezione per i minori. Secondo i calcoli delle organizzazioni non governative, nel 2017 più di 6.000 minori sono stati vittime di traffico di persone a scopo di sfruttamento sessuale in Italia.

Il Governo, per garantire strutture di accoglienza e servizi alle vittime, ha fatto affidamento prevalentemente su organizzazioni non governative e organizzazioni internazionali, che hanno segnalato un miglioramento complessivo del coordinamento con i funzionari addetti all’immigrazione, sia nei punti di arrivo che nei centri d’accoglienza più à lungo termine. Il Governo segue le procedure standard stabilite dall’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) per vagliare la presenza di vittime del traffico di persone fra i richiedenti asilo. Tuttavia, le organizzazioni non governative che hanno il compito di accogliere i migranti all’arrivo continuano a sottolineare la necessità di periodi di tempo più lunghi per intervistare e vagliare i migranti nei porti d’arrivo (hot spot) e capire con certezza se sono vittime di traffico di persone; d’altra parte, gli hot spot possono essere sovraffollati, con poca privacy e non adatti per un soggiorno superiore a uno o due giorni. Le organizzazioni fanno notare che il livello di fondi pubblici resta insufficiente di fronte al significativo incremento del numero di vittime del traffico di persone nell’anno corrente e in quelli passati, e segnalano inoltre la necessità di un meccanismo più formale per l’assegnazione ai servizi di assistenza. Sia le organizzazioni che le autorità mettono l’accento sulla cruciale importanza di avere a disposizione un maggior numero di interpreti per i dialetti africani meno conosciuti, nella fase iniziale di scrematura dei migranti. Un’organizzazione non governativa calcola che i centri d’accoglienza esistenti potrebbero ospitare in condizioni adeguate solo il 25 per cento dei migranti. Non sono attrezzati per venire incontro alle esigenze specifiche delle vittime del traffico di persone e non dispongono di adeguate misure di sicurezza per contrastare i tentativi dei trafficanti di reclutare vittime. Il Governo nel 2017 ha stanziato 22,5 milioni di euro a beneficio esclusivo dei programmi di assistenza per le vittime del traffico di persone messi in opera da organizzazioni non governative, un incremento significativo rispetto ai 14,5 milioni di euro stanziati nel 2016 e agli 8 milioni stanziati nel 2015. Gli enti locali

forniscono finanziamenti aggiuntivi per tali programmi, ma non sono disponibili dati. Le organizzazioni non governative finanziate dallo Stato hanno garantito strutture distinte per uomini e minori non accompagnati. Le organizzazioni osservano che gli standard di qualità per i programmi di assistenza sono disomogenei, con una persistente disparità nei livelli di programmazione fra le varie regioni italiane. il Governo ha preso misure per risolvere il problema, finanziando 18 programmi di assistenza distribuiti in modo più equo fra tutte le regioni italiane.

Le vittime di nazionalità straniera ricevono assistenza per un periodo fino a sei mesi e hanno diritto di richiedere un permesso di soggiorno temporaneo e un permesso di lavoro. Le vittime maggiorenni possono prorogare il loro permesso di soggiorno temporaneo se hanno un lavoro o sono iscritte a un corso di formazione. Il Governo nel 2017 ha assegnato 418 permessi di soggiorno alle vittime, contro i 340 del 2016. Le vittime minorenni ricevono automaticamente un permesso di soggiorno fino all’età di 18 anni e vengono sistemate in centri generici per minorenni o in centri appositi per vittime di traffico di persone che sono anche richiedenti asilo. I minori ricevono assistenza e orientamento e vengono fatti iscrivere alle scuole pubbliche locali, con il supporto di tutori; tuttavia, alla fine del 2017, secondo le stime, il 32 per cento dei minori non accompagnati aveva lasciato questi centri, con maggiori rischi di finire vittime del traffico di persone. La collaborazione con le autorità giudiziarie non è un requisito per ottenere un permesso di soggiorno, ma alcune organizzazioni non governative e organizzazioni internazionali riferiscono che le autorità danno la precedenza a quelli che collaborano.

Un’organizzazione non governativa ha osservato significativi miglioramenti nella collaborazione tra i diversi organismi pubblici lo scorso anno, citando gli insegnamenti appresi nei tanti anni di gestione congiunta della crisi dei migranti, in particolare per quanto riguarda la scrematura coordinata dei richiedenti asilo allo scopo di individuare le vittime del traffico di persone. Hanno segnalato le sfide continue che hanno dovuto affrontare per adattarsi ai cambiamenti delle dinamiche e dei metodi del traffico di persone, e la relativa esigenza di un miglior coordinamento tra le organizzazioni non governative locali che lavorano sul campo, le organizzazioni internazionali e il Governo nazionale. Le organizzazioni non governative hanno sottolineato anche che l’assistenza alle vittime da parte dell’Unione Europea è insufficiente, di fronte al gran numero di persone che continuano ad arrivare via mare. Organizzazioni non governative, magistrati inquirenti e funzionari locali hanno elogiato il contributo dei mediatori culturali qualificati assunti dal Governo o messi a disposizione da organizzazioni non governative finanziate dallo Stato, per la loro capacità di comunicare con i migranti e le vittime del traffico di persone.

PREVENZIONE

L’azione del Governo italiano per prevenire il traffico di persone è costante. A ottobre è stato creato un gruppo di lavoro interministeriale per coordinare l’attuazione continuativa del piano d’azione nazionale 2016-2017. Il Dipartimento per le Pari opportunità, che coordina la Commissione interministeriale per il sostegno alle vittime di tratta, violenza e grave sfruttamento, sovrintende ai programmi di protezione e prevenzione. L’Ispettorato del lavoro ha condotta ispezioni in 160.347 siti, contro i 94.025 del 2016, incluse 7.265 aziende agricole, e ha individuato più di 48.000 lavoratori non registrati, contro i 30.000 del 2016; non è stato indicato quanti casi potenziali di traffico di persone siano stati vagliati o individuati nell’ambito di queste procedure ispettive. Il Governo ha varato una campagna nazionale per la sensibilizzazione dell’opinione pubblica sul problema del traffico di persone: nell’ambito di questa campagna, è stato diffuso sulle reti televisive

nazionali un video che pubblicizza il numero verde contro il traffico di persone. Le autorità locali e le organizzazioni non governative hanno continuato a distribuire volantini, poster, adesivi e pubblicità sui media per fornire informazioni sull’assistenza alle vittime del traffico di persone. Il numero verde del dipartimento per le Pari opportunità riservato alle vittime ha ricevuto oltre 4.033 richieste di informazioni, contro le 2.900 del 2016: di questo totale, 487 erano casi potenziali di traffico di persone. Alcune amministrazioni comunali hanno sostenuto campagne di educazione civica portate avanti da organizzazioni non governative e hanno applicato sanzioni pecuniarie a persone che praticano la prostituzione e a chi acquista sesso a pagamento per violazione della normativa sulla prostituzione in strada; non è chiaro, tuttavia, se le forze dell’ordine cerchino di individuare potenziali vittime del traffico di persone, nel quadro di queste operazioni. Non c’è stata nessuna iniziativa coordinata del Governo nazionale per ridurre la domanda di sesso a pagamento. Sono stati organizzati corsi di formazione contro il traffico di persone per il personale diplomatico e i militari destinati a essere impiegati in missioni internazionali di mantenimento della pace. il Governo non ha affrontato il problema della domanda di turismo sessuale minorile nel mondo né ha perseguito penalmente i cittadini italiani che vi prendono parte.

A livello internazionale, l’Italia ha implementato un accordo per realizzare operazioni congiunte e offrire addestramento alla Guardia Costiera libica attraverso l’Operazione Sophia, finalizzata a ridurre il flusso di migranti irregolari che attraversano il Mediterraneo centrale. Il Governo italiano ha fornito motovedette e addestramento alla Guardia Costiera libica per metterla nelle condizioni di bloccare più efficacemente contrabbandieri e trafficanti e soccorrere le navi cariche di migranti. Alcune organizzazioni non governative europee e internazionali, tuttavia, hanno criticato queste iniziative coordinate per rispedire in Libia le imbarcazioni dei migranti e impedire ad altri di tentare l’attraversamento verso l’Italia, perché i migranti costretti a rimanere in Libia sono esposti a pericoli per la loro incolumità, violazioni dei diritti umani e maggiori rischi di finire vittime del traffico di persone. L’Italia e il Governo di accordo nazionale libico mantengono anche accordi in tema di collaborazione giudiziaria ed estradizioni. La Polizia italiana nel marzo del 2018 ha avviato un programma di formazione biennale per 360 funzionari di polizia provenienti da 22 Paesi africani sull’immigrazione e il controllo delle frontiere; il corso ha sede in Egitto e include una formazione finalizzata al contrasto del traffico di persone. Il Governo ha messo in campo un programma di comunicazione rivolto a tutti i Paesi del Corno d’Africa e dell’Africa Occidentale, per informare i potenziali migranti dei rischi legati al traffico di persone.

PROFILO DEL TRAFFICO DI PERSONE

Come segnalato negli ultimi cinque anni, l’Italia è un Paese di destinazione, di transito e di origine per donne, bambini e uomini vittime del traffico di persone a scopo di sfruttamento sessuale e lavorativo. Le vittime provengono prevalentemente dalla Nigeria e altri Paesi africani, dalla Cina e dall’Europa orientale, e includono persone di etnia Rom. I nigeriani rappresentavano il 36 per cento delle vittime che hanno ricevuto permessi di soggiorno nel 2017, in primo luogo donne e ragazze vittime di traffico di persone a scopo di sfruttamento sessuale tramite servitù per debiti e coercizione sotto minaccia di rituali vudù. Gli uomini vengono costretti al lavoro coatto, nel settore agricolo al Sud e nell’edilizia, nei servizi domestici, negli alberghi e nei ristoranti al Nord. I cinesi vittime del traffico di persone vengono costretti a lavorare all’interno di stabilimenti tessili a Milano, Prato, Roma e Napoli. Le bande criminali nigeriane si sono rafforzate e riceverebbero protezione dalle reti criminali italiane. Soggetti criminali cinesi costringono le vittime anche a lavorare in appartamenti e sale massaggi.

L’imponente flusso di migranti e richiedenti asilo africani attraverso il Mediterraneo è proseguito, anche se a un ritmo meno intenso. L’Italia nel 2017 ha ricevuto 119.310 arrivi di migranti irregolari, contro i 181.436 arrivi del 2016 e i 154.000 del 2015, quasi tutti attraverso la Libia. La maggior parte dei migranti si affida a contrabbandieri del loro Paese d’origine, e molti sono soggetti a traffico di persone durante il tragitto o all’arrivo in Italia. I minori non accompagnati sono fortemente a rischio: fra loro, ci sono ragazzi costretti a lavorare in negozi, bar, ristoranti e forni, o costretti all’accattonaggio forzato. Secondo l’UNHCR, 15.731 delle persone arrivate nel 2017 erano minori non accompagnati, contro i 25.846 arrivi del 2016, quasi tutti ragazzi e in maggioranza provenienti dall’Africa. I richiedenti asilo possono lavorare per due mesi dopo la presentazione della richiesta, anche se molti migranti successivamente cercano un impiego in nero nell’economia sommersa, accrescendo le probabilità di finire vittime del traffico di persone. Molti, inoltre, cercano di partire verso altri Paesi europei.